Il filo invisibile è il film di Marco Simon Puccioni evento al cinema per tre giorni (dal 21 al 23 febbraio, distribuito da EuroPictures) e su Netflix dal 4 marzo. Racconta con sensibilità e normalità la storia di una famiglia arcobaleno, senza perdersi in luoghi comuni ma affrontando di petto la questione.
E ci pone interrogativi sul modo in cui noi osserviamo i cambiamenti della società che ci circonda e li metabolizziamo.
Film come Il filo invisibile, su Netflix dal 4 marzo, sono indispensabili per mostrare come la realtà sia più normale di quanto chiunque la immagini. Anche quando in una famiglia ci sono due padri e nessuna madre. Tutte le famiglie hanno i loro bei problemi da affrontare e non importa da chi o come sono composte.
Il ragazzo sta bene
Leone, il protagonista di Il filo invisibile, il film al cinema prima e su Netflix dopo, ha 16 anni e due papà, Paolo e Simone. È cresciuto con la consapevolezza di essere figlio di due padri. Sa chi è la sua dede (la donna che lo ha partorito dopo il non facile percorso dell’inseminazione artificiale), Tilly. E, non meno importante, non ha dubbi sulla sua identità sessuale.
- Il pregiudizio del gruppo dei pari e degli adulti
Leone è etero in un mondo che, invece, per pregiudizio lo vorrebbe gay. Del resto, uno dei cavalli di battaglia di tutti coloro che avversano le famiglie arcobaleno è proprio questo. Come se l’omosessualità fosse legata alla biologia o all’educazione. Se fosse così non si spiegherebbero, ad esempio, i criminali che nascono da famiglie per bene o, viceversa, le persone per bene che crescono in un contesto malavitoso.
Il pregiudizio, come la notizia un po’ originale che non ha bisogno di alcun giornale, vola veloce di bocca in bocca. Leone è abituato ai risolini dei compagni di classe, alle battute dietro alle spalle o alle allusioni sulla sua amicizia con il miglior amico Jacopo. Ha metabolizzato tutto, crescendo all’insegna del rispetto e della non violenza. Non gli pesano più le frecciatine di chi non è omofobo perché ha tanti amici gay.
Come tutti gli adolescenti, si è fatto delle domande e ha trovato delle risposte certe, sicure, inattaccabili. Tant’è che presto si invaghisce di Anna, la nuova arrivata della scuola che frequenta.
- Un progetto filmato
Per un progetto scolastico, Leone sta realizzando un documentario sulla sua famiglia “perfetta”, sulla sua storia e su quella dei due padri, Paolo e Simone. Sono uomini che hanno superato gli anta e messo da parte le loro aspirazioni personali per il bene della coppia. Stanno insieme da vent’anni, hanno lottato per la loro unione civile e lottano ancora per vedersi riconosciuti entrambi come i genitori di Leone.
La giustizia italiana, però, si muove sul principio del favor veritatis e non è facile per i due farsi riconoscere un diritto sacrosanto, umano ed eticamente coscienzioso.
L’inganno
Non tutto però in Il filo invisibile, il film di Marco Simon Puccioni al cinema dal 21 febbraio e su Netflix dal 4 marzo, fila liscio. Non si sarebbe storia senza l’intreccio o il ribaltamento della situazione iniziale. La famiglia perfetta, il giorno in cui si festeggia il ventesimo anniversario di Simone e Paolo, crolla a pezzi. Come sovente accade, c’è un terzo incomodo che rompe gli equilibri e fa tracimare le acque di un fiume all’apparenza tranquillo. Le acque torbide generano alluvioni e Leone non può che venirne travolto.
- La separazione dei due papà
Mentre vive il suo primo amore con Anna, Leone deve fare i conti con la burrascosa separazione dei suoi. E gli adulti quando si separano diventano egoisti, qualunque sia il loro orientamento sessuale. Arriva l’ora dei perché, dei ma, dei se, delle ripicche, delle vendette e delle litigate. Simone va via di casa e Paolo fa fatica ad accettare l’idea che quando una storia finisce è sempre colpa di entrambi e mai di uno solo.
Leone assiste impotente allo sfascio ma, ancora di più, rimane inerme di fronte alla battaglia che i due padri intraprendono per capire chi dei due sia il genitore biologico per estromettere l’altro.
Come accade in ogni coppia che scoppia, i due cercano di soverchiarsi a vicenda, allontanandosi come due rette parallele e dimenticandosi di essere invece due perpendicolari. Di avere un unico e grande punto di incontro: il figlio.
Gli spunti di riflessione
Sono diversi i quesiti che Il filo invisibile di Marco Simon Puccioni, film evento al cinema e su Netflix dal 4 marzo, si pone. Un po’ come nell’americano I ragazzi stanno bene, il regista attinge alla sua storia personale (rimandiamo allo splendido documentario TuttInsieme per farvela scoprire) per raccontare quanto difficile sia oggi per una coppia LGBTQ+ diventare genitori.
- La legge italiana
Le leggi vetuste del nostro ordinamento giudiziario non contengono conto dei sentimenti, dividendo l’universo in due categorie che non hanno ragione di esistere. Chi ha mai scritto che solo un uomo e una donna possono crescere un figlio nel migliore dei modi, educarlo e proiettarlo verso il futuro? Non è un figlio tale anche se non ti appartiene? Non sono forse la vicinanza, l’amore e la cura, le chiavi per essere un ottimo genitore? La risposta non è scritta tra le stelle ma nel nostro inconscio, quello con cui il film invita a fare i conti.
- Crescere, che fatica!
Leone sta bene ma lo stesso non può dirsi dei genitori, Paolo e Simone. La loro coppia omosessuale è dipinta con la giusta naturalezza della coppia. Non importa che abbiano due peni, Paolo e Simone sono una coppia a tutti gli effetti, con annesse virtù, pregi, vizi e difetti. Non sempre due anime combaciano per l’eternità, il tempo scorre e chiunque cambia, nel bene o nel male.
I sentimenti sono fatti per evolversi, mutare e diventare altro. Proprio per tale ragione, Il filo invisibile è anche un film di formazione che scorre su due binari: da un lato, c’è la formazione e la crescita di Leone e, dall’ altro, c’è quella dei due padri, chiamati a capire chi sono diventati.
- Il coming out
Altro spunto di riflessione di Il filo invisibile concerne il modo in cui gli adolescenti percepiscono e comprendono i loro orientamenti sessuali. Attraverso il personaggio di Dario, il fratello di Anna, assistiamo alla rivelazione di un’omosessualità inattesa, fuori da ogni canone comune.
Dario è il maschio alfa che si scopre attratto dallo stesso sesso e lo accetta con naturalezza, sebbene abbia una madre all’apparenza gay friendly ma bigotta nell’animo. È bello sottolineare come non ci sia niente di sconveniente, di illegale o di innaturale: ognuno ha il diritto di essere chi è. È la più grande libertà mai conquistata.
Un film necessario
Va dato adito a Marco Simon Puccioni di aver realizzato con Il filo invisibile, film al cinema dal 21 febbraio e su Netflix dal 4 marzo, un inno all’inclusività, un canto tanto necessario quanto vitale in un panorama sociale ancora troppo asfittico e asfissiante come quello italiano. E la forza del film sta non solo nella storia, semplice e normale, ma anche nella forza dei suoi personaggi, ben delineati psicologicamente e credibili in ogni loro mossa.
- Il cast
Spaziando dalla commedia al dramma romantico, dal carnage movie al coming of age, Puccioni può contare su due attori mai sopra le righe nei panni di Paolo e Simone, Filippo Timi e Francesco Scianna (ritrovatisi a distanza di anni dal macho Vallanzasca). A loro va il merito di aver evitato il rischio macchietta, anche nelle scene più insidiose à la Kramer contro Kramer o La guerra dei Roses.
Ma non si può non citare il giovane Francesco Gheghi, un Leone che mostra più coraggio di quello dell’animale a cui deve il nome: volto pulito e recitazione mai di maniera, Gheghi farà molta strada. Tenetelo d’occhio, così come dovete attenzionare Giulia Maenza, nei panni di Anna, Oscar Matteo Giuggioli, in quelli di Dario, ed Emanuele Maria Di Stefano, perfetto volto di Jacopo.
Gradevole, come sempre, è la presenza stemperante di Valentina Cervi, nei panni della zia Monica. Commovente, invece, è la prova di Jodhi May, che nei panni della mamma biologica di Leone regala uno dei momenti più emozionanti del film, con una lezione di vita che difficilmente dimenticheremo.
- Cos'è il filo invisibile?
Perché il filo invisibile è quello che lega molte persone che con la loro complicità portano alla nascita, un concetto che la legge italiana dovrebbe tenere a mente. Ma è anche quello che ci lega al film di Puccioni, coraggiosamente prodotto da Valeria Golino e Viola Prestieri.