Su Rai Storia è partita la terza edizione del programma Il segno delle donne, con la nuova conduzione di Angela Rafanelli. Per chi non lo conoscesse, il format prevede al centro di ogni puntata un’intervista a una donna esemplare. Una donna che si è distinta nella storia italiana per il suo talento e che ha dato un importante contributo alla cultura del nostro Paese.
I nomi di questa terza edizione di Il segno delle donne sono altisonanti: Piera Degli Esposti, Luisa Spagnoli, Topazia Alliata, Letizia Battaglia, Sibilla Aleramo e Teresa Mattei. Sei grandi donni che sono interpretate da altrettanti grandi e valenti attrici: Michela Cescon, Euridice Axen, Elisabetta Pellini, Valentina D’Agostino, Rosa Palasciano ed Elena Lietti.
La clip in anteprima
Coproduzione Anele – Rai Cultura, Il segno delle donne si è ripresentato al suo pubblico rinnovato nella struttura e nel linguaggio narrativo, più dinamico e moderno. Ogni racconto è scandito in due atti rappresentativi di due età, due momenti emblematici o due temi cardine delle vicende delle protagoniste, umane e professionali, supportati da una accurata trasformazione – trucco e costumi – delle attrici e dai cambi di ambientazione ed elementi scenici. A guidare l’incontro del pubblico con queste grandi donne del passato è Angela Rafanelli, che avvia con loro una conversazione capace di far emergere la storia, la personalità e il carattere di ciascuna.
Al centro della seconda puntata di Il segno delle donne, in onda martedì 6 dicembre, c’è Luisa Spagnoli, uno dei nomi italiani più noti al mondo per le sue attività nel settore dei dolciumi e della moda. Ma anche una delle donne più moderne e progressiste che il Novecento abbia mai conosciuto, il cui merito esula ogni discorso sulle differenze di genere o sulle quote rosa. A dirigere la puntata è il regista Mario Vitale (che dirigerà anche quella dedicata a Teresa Mattei). E con lui ne abbiamo parlato, proponendovi anche una clip esclusiva.
Intervista esclusiva a Mario Vitale
Il segno delle donne rappresenta un ulteriore passo avanti del tuo percorso come regista.
Rispetto a L’afide e la formica, il mio primo film, Il segno delle donne presuppone un altro tipo di approccio. Si tratta di entrare nel linguaggio televisivo, nonostante abbia un format che possiamo definire cinematografico grazie alla presenza delle interviste in cui delle attrici si calano nei panni dei loro personaggi come se fossero in un film. Per certi versi, cinema e televisione si fondono.
E a livello contenutistico?
Prima di tutto, Il segno delle donne mi ha permesso di scoprire alcuni personaggi femminili che io per primo non conoscevo e che rimangono troppo indietro nella memoria del pubblico.
Una volta scoperti, li ho approfonditi e fatti miei: solo a quel punto potevo provare a raccontarli agli altri attraverso il fulcro centrale del programma. Ovvero, un’intervista - che definiamo impossibile - mischiata alle testimonianze di chi per varie ragioni ha avuto a che fare con quella figura e al repertorio storico del personaggio stesso.
Se la storia di Luisa Spagnoli per certi versi è nota, quella di Teresa Mattei lo è sicuramente meno.
Luisa Spagnoli è un personaggio molto più pop. Chi non ha sentito mai qualcosa su di lei, sulla Perugina o sul marchio di abbigliamento che porta il suo nome? Teresa Mattei, invece, era uno di quei personaggi che, per mia ignoranza, non conoscevo. Eppure, approfondendo la sua storia, mi si è aperto un mondo davanti. Un mondo in cui mi sono addentrato e ho cercato con l’aiuto dell’attrice che interpreta Mattei, Elena Lietti, di tirare fuori quel personaggio.
Da regista, ho dovuto concentrarmi necessariamente sul personaggio piuttosto che sulle immagini o sulla messa in scena. Attraverso l’intervista, devo tirar fuori il personaggio dall’attrice che ho davanti. E sia con Euridice Axen sia con Elena Lietti c’è stato un bellissimo lavoro di scambio.
Per interpretare Luisa Spagnoli, Euridice Axen ha anche avuto un bell’ostacolo alle spalle da superare: confrontarsi con una rappresentazione televisiva di qualche anno fa, di cui era protagonista Luisa Ranieri.
E non solo. Euridice ha una fisicità e un aspetto che non si legano a prima vista con quello di Luisa Spagnoli. È stata una scommessa per lei calarsi nel personaggio. Ma ci siamo totalmente affidati alla sua bravura: non neghiamo che è più semplice interpretare un personaggio che ti somiglia o che ti sta addosso.
Euridice, invece, è andata incontro a una trasformazione netta sia fisicamente sia psicologicamente per affrontare i punti cardini della storia della Spagnoli e i passaggi che scandiscono la sua carriera, dalla nascita della confetteria Perugina all’incontro con i Buitoni che la farà esplodere a livello nazionale.
Nel caso di Luisa Spagnoli, non si è posto l’accento solo sulla sua vicenda personale ma anche sulle sue idee femministe, prime tra tutte quelle sul welfare. Luisa Spagnoli è stata una delle prime imprenditrici che ha pensato alle proprie dipendenti creando degli asili nido all’interno delle sue aziende.
Luisa Spagnoli si è fatta carico sulle sue spalle di tutta un’azienda e ha introdotto un nuovo modo di relazionarsi con le operaie. Il welfare da lei pensato serviva a far sì che le sue operaie potessero lavorare nel modo più sereno possibile. Possiamo definirla una visione femminista, certo, ma io la definirei più che altro umanista: la sua grandezza sta nell’aver offerto un nuovo modello di fabbrica agli operai. Fino a quel momento, il mondo delle fabbriche aveva prospettive agghiaccianti per chi ci lavorava.
Quella dell’asilo è una soluzione che pressoché nello stesso periodo storico introduce anche donna Franca Florio nella sua tonnara a Favignana. È straordinario come due donne in due parti del tutto differenti d’Italia, senza conoscersi, arrivino alla stessa conclusione. Nel caso di Luisa Spagnoli, la decisione ha un sapore diverso perché, rispetto a Franca Florio, le sue origini non sono di certo nobili: lei proveniva da un’estrazione molto umile.
Luisa non apparteneva all’alta classe. La sua era una famiglia normalissima. Tutto ciò che ha messo in essere è riuscito a farlo da sola, andando anche contro il suo stesso matrimonio. A un certo punto della sua storia, ha messo da parte il suo essere donna e, soprattutto, il suo essere mamma per badare all’azienda. La sua è una storia di emancipazione incredibile mossa dal desiderio di realizzarsi prima di tutto come essere umano.
Che Luisa Spagnoli fosse una donna emancipata sotto tutti i punti di vista è chiaro anche da un altro aspetto raccontato da Il segno delle donne: la sua relazione con il giovane Buitoni, nonostante lei avesse quindici anni in più e un marito a casa.
È andata oltre tutto ciò che si riteneva normale per l’epoca: è stata una donna con dei figli che ha avuto una relazione con un uomo più giovane al di fuori del matrimonio! Era persino impensabile per quei tempi. Ma Luisa è stata una donna dalle mille risorse, che ha visto sempre oltre quello che aveva: basti pensare che, sebbene avesse già un’azienda solida, si inventa l’Angora Spagnoli.
Ed è stata una delle prime donne a sedere in un Consiglio d’Amministrazione per merito sul campo, a dimostrazione che bisogna credere nelle proprie potenzialità per raggiungere grandi posizioni.
Se pensiamo al fatto che oggi c’è quasi una sorta di obbligo sociale nel metter le donne in posizione di potere, Luisa Spagnoli è l’anti quota rosa per eccellenza. Non è stata messa in quella posizione perché donna ma semplicemente perché se lo meritava: è stata prima di tutto una persona che è riuscita a realizzarsi e a imporre la sua visione. È importantissimo sottolineare il merito: a far la differenza è stato ciò che era capace di fare. La parità di genere è un obiettivo che si deve rincorrere ma si raggiungerà solo nel momento in cui smetteremo di pensare in termini di uomini e donne: cominciamo a pensare solo alle capacità di cui ogni individuo è dotato.
A proposito di differenze di genere, sei un uomo che racconta la storia di una donna. Sento già l’eco di chi direbbe che non sei titolato a parlare di condizione femminile.
Personalmente, faccio fatica a differenziare le esperienze umane in base al sesso di appartenenza, all’orientamento sessuale, alla razza o alla religione. Per me, ci sono solo esseri umani. Uomini o donne possono raccontare storie di donne o uomini allo stesso modo perché si deve puntare al racconto dell’essere umano e al tirar fuori il suo lato emotivo. Pensiamo sempre che una delle più belle canzoni della musica italiana sulle donne, Quello che le donne non dicono, è stata scritta da Enrico Ruggeri, un uomo!
Un altro degli aspetti interessanti di Il segno delle donne è il linguaggio che viene usato durante le interviste.
Con Marco Spagnoli e Michele Imperio, gli altri due registi della docuserie, abbiamo considerato i personaggi da raccontare come dei fantasmi che continuano a vivere nella loro epoca. Il luogo in cui vengono intervistati da Angela Rafanelli è un posto in cui il tempo non esiste più: passato e presente si mischiano. Quindi, Angela e la donna raccontata si ritrovano in un luogo magico e fantasmatico, dove l’intervistata continua a vivere nel mondo in cui ha sempre vissuto mentre l’intervistatrice è al pari di una viaggiatrice che la va a trovare.
Dietro a un prodotto come Il segno delle donne c’è tanta ricerca e approfondimento per lavorare sull’attinenza storica dei personaggi. Quanto materiale d’archivio, filmati e interviste hai dovuto studiare?
Su Luisa Spagnoli ci sono per ragioni ovvie pochissimi filmati. C’è stata una bella ricerca con Francesco Del Monaco, lo scrittore e lo sceneggiatore della puntata, sulla storia familiare e personale della Spagnoli. L’obiettivo è quello di raccontare la parte pubblica passando attraverso il privato del personaggio. Abbiamo scavato nel privato soprattutto grazie alle testimonianze dei parenti, soprattutto per riuscire a risalire all’originalità delle storie o degli aneddoti.
Luisa Spagnoli è ovviamente legata anche alla nascita del Bacio, il famoso cioccolatino conosciuto in tutto il mondo. Come hai evitato lo spot promozionale nel raccontarlo?
Abbiamo viaggiato sul filo del rasoio: il rischio di essere fraintesi era alto. Si tratta di un marchio che ancora oggi è vivo e forte, dovevamo quindi stare a tenti a rendere un servizio pubblico al personaggio e a non sforare in quella che poteva sembrare una sorta di pubblicità. Francesco ha però fatto un bel lavoro di ricerca e, anche con l’aiuto della storica della Perugina, è riuscito a risalire al momento della nascita della pralina, nata nella mente di Luisa per evitare gli sprechi dei materiali di scarto della sua cioccolateria.