Ingeborg Bachmann – Journey into the Desert è il film che la cineasta Margarethe von Trotta ha presentato allo scorso Festival di Berlino. È dedicato alla figura di Ingeborg Bachmann, poetessa austriaca, e alla sua relazione con il drammaturgo svizzero Max Frisch.
Interpretato da Vicky Krieps, la protagonista di Il corsetto dell’imperatrice, e Rinald Zehrfeld, il film Ingeborg Bachmann – Journey into the Desert ha inizio a Parigi nell’estate del 1958 quando la temeraria ma vulnerabile Ingeborg incontra l’avventuroso ma un po’ conservatore Max. Entrambi sono già delle celebrità internazionali del mondo letterario quando iniziano una relazione aperta che nel corso dei quattro anni successivi si dipanerà tra la città natale di lui, Zurigo, e Roma, la città che ha adottato lei.
Il loro è un amore appassionato ma gli attriti professionali e personali minano la loro armonia. Quando Ingeborg è in difficoltà, ad aiutarla ci sono i suoi amici, tra cui Hans Werner Henze e il giovane Adolf Opel, giornalista e letterato viennese. Ed è grazie a loro che decide di affrontare un viaggio nel deserto, utile per ritrovare se stessa e, soprattutto, la sua scrittura.
Quello realizzato da Margarethe von Trotta non è un film che parla della fine tragica di Ingeborg Bachmann ma delle sue speranze d’amore e rispetto, nella letteratura così come nella vita.
Chi era Ingeborg Bachmann
Ingeborg Bachmann (1926-1973), al centro del film Ingeborg Bachmann – Journey to the Desert, è stata una delle più importanti poetesse e scrittrici austriache del XX secolo. È stata anche una figura di spicco del movimento femminista in Germania e in Austria, e ha lottato per i diritti delle donne e per l'uguaglianza di genere.
Bachmann è stata una voce importante nel dibattito sulla condizione della donna nella società austriaca e tedesca del dopoguerra. Ha scritto di temi come la sessualità femminile, la maternità, il lavoro e l'autodeterminazione delle donne. In particolare, il suo romanzo Malina (1971) è considerato una pietra miliare della letteratura femminista, in cui viene esplorata la questione dell'identità femminile e dell'oppressione patriarcale.
Bachmann è stata anche una figura notevole nella lotta per l'emancipazione delle donne nella cultura e nella letteratura. Ha criticato, ad esempio, il modo in cui le donne erano rappresentate nella letteratura tradizionale, spesso come figure subordinate o oggetti sessuali. Ha invece cercato di creare una nuova narrazione femminile, basata anche sulla solidarietà tra donne.
In sintesi, Ingeborg Bachmann è importante per le conquiste femminili perché ha contribuito a mettere in discussione il ruolo tradizionale della donna nella società e nella letteratura, e ha cercato di creare una nuova visione femminile basata sull'uguaglianza di genere e sull'autodeterminazione.
“Ovviamente, è molto difficile rendere giustizia in un film a una donna e artista così versatile, complicata e persino enigmatica: ecco perché mi sono limitata a raccontare solo sei anni della sua esistenza”, ha commentato la regista Margarethe von Trotta. “Ho scelto i quattro anni trascorsi con Max Frisch e i due successivi quando, soffrendo per la loro separazione, ha trovato temporaneo sollievo nel viaggio nel deserto con un uomo più giovane”.
“A mio avviso, gli anni con Frisch sono stati per lei un tentativo per coniugare talento e libertà. Era una donna sicura di sé, molto consapevole del suo peso, ma anche cosciente di come negli anni Cinquanta e Sessanta fosse difficile per una donna affermarsi o, addirittura, essere prese sul serio. Ha creduto che Max Frisch fosse abbastanza forte da accettare il suo peso e i suoi “momenti bui”… due scrittori possono aiutarsi a vicenda o la rivalità prende il sopravvento a discapito delle buone intenzioni?”, ha continuato la regista.
“Ho avuto modo di conoscere Ingeborg Bachmann di persona, a Roma, nel 1972. L’ho incontrata a casa di Hans Werner Henze un anno prima della sua morte. All’epoca, era già piuttosto debilitata. In ogni caso, era molto riservata”.
Tre domande a Vicky Krieps
Nel film Ingeborg Bachmann – Journey to the Desert, la poetessa ha il volto di Vicky Krieps. L’attrice ha risposto a tre domande sul film.
Cosa significa per lei Ingeborg Bachmann? Conosceva lei e il suo lavoro prima di cominciare a lavorare sul film?
Per quanto mi riguarda, Ingeborg Bachmann è una dei più grandi poeti di tutti i tempi. Si, certo, conoscevo il suo lavoro ma, a parte la sua corrispondenza con Paul Celan, non conoscevo molto sulla sua vita privata. È stato orribile apprendere quanto ha sofferto per essere una donna libera e come ciò che credeva dell’amore sia stato annientato.
Cosa l’ha attirata del film?
Mi è stata inviata la sceneggiatura e ne sono rimasta molto sorpresa. Era scritta bene, fresca e moderna. E aveva qualcosa da dire, qualcosa che sentivo appartenermi. Ho allora scritto una lettera a Margarethe von Trotta raccontandole del legame che ho sentito e di quanto mi sarebbe piaciuto lavorare con lei.
È stato semplice calarsi nel ruolo? Come si è preparata? Quanto ha ritenuto importante restituire un ritratto accurato di Ingeborg Bachmann?
Non mi piace molto il concetto di calarsi in un ruolo. Per gli altri, può apparire la parte interessante del mio lavoro ma in realtà è la più noiosa: è come fare i compiti. Se ti chiedessi quanto ti divertivi a fare i compiti a scuola, dubito mi diresti che era uno spasso. Quello che per me viene dopo è ciò che conta. Quando reciti, l’unica cosa importante è essere nel presente: lavorare con la regista, i tecnici e i colleghi. Quello è reale e deve dialogare con me: non posso pensare ai compiti da fare!