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“Ora so chi sono e qual è il mio mandala”: Intervista esclusiva al cantautore Iosonocorallo

Iosonocorallo ha appena pubblicato il suo quarto singolo, Mandala. L’autore di successi come Minh Thai e Narciso, si racconta in un’intervista esclusiva in cui fa il punto tra chi era e chi è.
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Mandala (Shakerarti, Venere Dischi)è il nuovo singolo di Iosonocorallo, giovane cantautore pugliese. Con le sue sonorità reggaeton unite a delle sfumature urban, mediterranee ed orientaleggianti, Mandala è il quarto tassello di un processo cognitivo ed emotivo volto alla scoperta di sé ed all’accettazione del proprio essere.

In Mandala, Iosonocorallo lascia emergere come una persona cerchi di scoprire e metabolizzare al meglio delle parti di sé tramite un profondo flusso di coscienza dall’interno verso l’esterno rappresentando proprio la geometria di costruzione del mandala. 

Riscoprirsi per accettarsi è il messaggio che Iosonocorallo sembra lanciare con la sua Mandala. Ma cosa significa riscoprirsi e in che modo Mandala si ricollega alla produzione dell’artista barese? Classe 1986, Iosonocorallo ci ha concesso un’intervista esclusiva in cui parla sì della canzone ma soprattutto del suo progetto, un unicum in sei capitoli dedicati a tematiche differenti tra loro.

All’anagrafe Roberto Manobianco, Iosonocorallo non nasconde la sua identità di genere e la sua volontà di non essere più uno yes man. Ha imparato infatti a dire di no soprattutto a tutto ciò che potrebbe portarlo a morire dentro. Ma ci offre anche le sue riflessioni sui talent, sull’amore tossico (ne ha vissuto e cantato uno in prima persona) e sulla forza di risalire la china dopo aver toccato il fondo.

Iosonocorallo.
Iosonocorallo.

Intervista esclusiva a Iosonocorallo

È appena uscito Mandala, il tuo nuovo singolo. Ci racconti di cosa parla?

Mandala è più che altro una sorta di conversazione con me stesso che, arrivato a un certo punto della mia vita, avevo bisogno di fare il punto della situazione. Con uno sguardo sia interno sia esterno, Mandala fa vedere a che punto della mia esistenza fossi e quanto mi sia allontanato da quelle situazioni che mi stavano strette e non mi facevano vivere bene. Mandala è quindi una metafora per capirmi e per parlare con la mia parte più intima, quella più nascosta a cui spesso non ho dato la giusta importanza.

Quanto comunica Mandala con Corallo, il tuo primo singolo?

Il progetto Iosonocorallo nasce per seguire la mia esigenza di staccare con il passato e far uscire la mia vera indole, quello che sono io, quella che è la mia vera natura in tutte le sue forme. Mi sono basato sul confronto tra chi ero e chi sono per dare origine poi a Corallo, la prima canzone del progetto. Corallo parlava fondamentalmente di una parte di me che non avevo ancora affrontato o che, comunque, avevo tenuto solo per me.

In Corallo cantavi che fingersi un altro è stupido. In Mandala canti invece che hai capito cosa sei davvero. Le due canzoni sembrano uno lo specchio dell’altra. Ci restituiscono il percorso interiore che hai intrapreso per arrivare alla consapevolezza di oggi.

Per lo meno ci provo a essere ciò che sono. Anche se può sembrar assurdo perché Corallo è nata prima, il reale percorso che ho affrontato è quello che poi viene raccontato in Mandala.

Dove, tra l’altro, canti che credevi essere ciò che pensavano gli altri. Immagino che tu abbia smesso di farti influenzare dal pensiero altrui.

In realtà, non mi sono fatto mai influenzare dal pensiero degli altri. Però, era inevitabile cadere vittima di certi vecchi meccanismi che ho voluto allontanare. Pensavo troppo a quello che mi veniva detto, a quello che volevano che io fossi o che facessi. Seguivo quello che mi dicevano semplicemente perché sono una sorta di yes man. Ho imparato e sto imparando che, nonostante non siano facili, occorre anche dire “no” e fregarsene di tutto quello che può esserci dietro a quel no. Dire sempre sì non fa altro che farci morire dentro, soprattutto quando una cosa non la vogliamo dire o fare.

Mi sembra che ci stiamo girando intorno. A cosa ti riferisci nello specifico?

Se parliamo di Corallo, al mio rapporto con i miei genitori in relazione a quello che è il mio orientamento sessuale e la mia vita in generale. L’aver scelto di intraprendere il percorso di cantante non è stato qualcosa che hanno visto di buon’occhio. Nonostante mi abbiano appoggiato sin da quando ero bambino, la musica – per usare le loro parole – come un hobby. Io invece ci vivo fortunatamente di musica.

Tu non hai mai nascosto il tuo orientamento sessuale. E per questo rappresenti anche un esempio positivo per chi nel suo piccolo affronta ancora il proprio percorso di autoaccettazione e accettazione.

Ma perché non c’è niente di sbagliato: bisogna sempre cercare di fare quello che ci fa star meglio. È alla base di tutto. Quando mi chiedono di esprimere un desiderio, il primo a cui penso è quello di essere felice. Può sembrare una cavolata, scontata e banale, ma non è così facile essere felici. Per esserlo bisogna partire prima di tutto dall’analisi di se stessi e dall’accettazione di sé.

Fortunatamente le nuove generazioni sono veramente molto più avanti rispetto a quelle che le hanno precedute. Certo, si scontrano con chi ci governa, che è oggettivamente “vecchio”. Ma ho un buon presentimento per il futuro che verrà. Almeno, spero che sia migliore: come ogni rivoluzione, serve tempo, tanto tempo, affinché si capisca che conta solo la felicità e non il sesso di chi si ama.

Hai definito Iosonocorallo un progetto. Cosa intendi?

È un progetto di cui non faccio parte solo io ma anche una cantautrice molto brava che si chiama Cristiana D’Auria, in arte Vienna, e un produttore musicale di nome Francesco Cianciola. Al momento, il progetto conta di sei singoli che io definisco storie. Mi piacerebbe che ognuno che le ascolti si ritrovasse nei brani e nelle tematiche, affrontate da più punti di vista.

Iosonocorallo.
Iosonocorallo.

Iosonocorallo è nato dopo alcuni tuoi esperimenti musicali portati avanti con il tuo nome e cognome, Roberto Manobianco.

Avevo pubblicato altri lavori ma è arrivato poi un momento in cui ho sentito l’urgenza di cambiare, volevo qualcosa di diverso. Non ero più quella persona e avevo il bisogno di far emergere chi fossi veramente anche a livello musicale.

Sei cresciuto a Binetto, un paesino di duemila anime circa nella provincia barese. Com’è stato crescere in quella realtà con la passione per la musica?

Contrariamente a quanto si possa pensare, è stato bello. Come in quasi tutti i piccoli centri, ci si avvicina alla musica grazie alla Chiesa. Da piccolo ho cominciato a cantare in chiesa: durante i concerti, venivo quasi sempre scelto come solista. Ero anche molto acclamato e conosciuto, cosa fattibile in un paese in cui tutti conoscono tutti: non vedevano l’ora che arrivassero gli eventi religiosi per sentirmi cantare!

Nelle tue esperienze poi ci son anche la chitarra, il pianoforte, l’improvvisazione jazz, tutte cose che a prima vista hanno poco a che fare con la chiesa.

Ho anche fatto parte di un coro gospel. E di gruppi rock: non mi sono mai fatto mancare nulla. Amo la musica a tutto tondo.

Da cosa sono stati influenzati i tuoi ascolti?

Dalla gente che ho incontrato lungo la mia strada. Ascoltavo quello che mi suggerivano, dai Nirvana a Giorgia, passando per Ella Fitzgerald o Billie Holiday. Non ho mai avuto preconcetti musicali. Tutto il mio bagaglio è quindi frutto degli incontri che ho fatto durante la mia vita.

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Oggi oltre a cantare insegni anche.

Sono un insegnante di canto. Ho scoperto che l’insegnamento poteva essere una delle mie più grandi passioni a 21 anni quando mi è stato chiesto di sostituire un’insegnante mia amica. Dal momento che ero uno yes man, non ho saputo dire di no ma è stato uno di quei sì dagli effetti più positivi che abbia mai potuto dire. Dopo il primo anno di insegnamento, non mi sono più fermato: sentivo l’esigenza di dare sempre di più a chi avevo di fronte.

Ho deciso allora di fare una serie di corsi e uno di questi mi ha portato a prendere un diploma in Didattica del Canto. Ultimamente, ho anche conseguito un master in Fisiopatologia e riabilitazione didattica della voce parlata e recitata. Tutto ciò è stato reso possibile da un incontro per me fondamentale, quello con Loretta Martinez, una grandissima didatta che mi ha permesso di ampliare e di capire molte cose dal punto di vista dell’insegnamento del canto. Da lì in poi ho iniziato anche a scrivere perché volevo dare di più ai miei alunni: non bastavano solo la tecnica e lo stile, serviva anche la scrittura, quella capacità che ci fa mettere nero su bianco, ovviamente sempre in musica, quelli che sono i nostri sentimenti.

Loretta Martinez che tutti ricordiamo come insegnante di canto qualche anno fa ad Amici di Maria de Filippi. Mai tentato dalla strada del talent?

Ci ho provato. Ho fatto i provini per X Factor quand’era ancora in Rai. Ma non sono andato avanti: ho capito che era solo televisione e non mi piaceva. Qualunque decisione che sarebbe stata presa non mi avrebbe mai rappresentato: ogni cosa sarebbe stata decisa da un team di altre persone. È un meccanismo che accetto ma non condivido. Tenendo conto che si tratta di un percorso solo televisivo, non tutti possono avere la fortuna di diventare Marco Mengoni o i Maneskin.

Tra le tue canzoni finora uscite, non posso non citare Narciso. Per la prima volta, in un brano si parla di amore tossico omosex. Ci sono analogie o differenze con i rapporti tossici etero?

Non li vedo così differenti, c’è in ballo sempre il narcisismo. In un periodo storico come il nostro in cui l’apparire è diventato più importante dell’essere, il narcisismo diventa un problema molto, molto grande. Siamo circondati da prototipi e, ahimè, anche nelle relazioni portiamo la nostra voglia di apparire, finendo con il ledere l’altro: l’essere narcisistici ed egocentrici non fa altro che distruggere qualcosa che poteva essere potenzialmente bello.

E come si esce da una relazione in cui il narcisismo diventa patologico?

Se ne esce quando arriva il momento i cui si dice basta. Quando ti rendi conti di aver toccato il fondo e capisci di dover andare avanti per la sua strada e di non voler essere soggetto ad altre persone. Per risalire da qualsiasi situazione, devi sempre raschiare il fondo. A me è capitato tante volte di toccare il fondo perché già non è di suo facile capirsi e comprendersi. Spesso facciamo cose che pensiamo siano positive ma che, invece, non fanno altro che farci stare malissimo.

Mi parlavi prima di sei singoli. Quattro sono già usciti, ne mancano ancora due. Come proseguirà il tuo percorso?

Gli altri due singoli usciranno entro la fine dell’anno, uno intorno a settembre e uno a novembre. Però stiamo già pensando a un album in cui non ci saranno i sei brani usciti ma altri del tutto inediti.

Cosa vorresti che la gente pensasse ascoltando la musica di Iosonocorallo?

Semplicemente, “l’ho vissuto anch’io”.

Anche se, da questo punto di vista, Minh Thai sembra differenziarsi dagli altri brani. Eppure, è quella che su Spotify ha letteralmente spaccato.

Era una canzone che mi serviva per staccarmi un po’ dalle mie sonorità. Sembra un brano leggero ma il messaggio di fondo è sempre un invito a essere se stessi. Anche se per essere se stessi, a volte bisogna affidarsi a un cocktail o a più di uno. È piaciuta molto forse perché è quella che p più immediata. La gente purtroppo non ha più voglia di pensare: se ci pensate, i brani che funzionano maggiormente sono quelli che non hanno chissà quale pensiero dietro. Li ascolti, non pensi, lo canti, ti diverti e tutto finisce lì.

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