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James Franco: “Hey Joe, riparare agli errori commessi” – Intervista esclusiva

hey joe film
James Franco torna sul grande schermo con Hey Joe: lo abbiamo incontrato per chiedergli come ha dato vita a Dean, un veterano disilluso alla ricerca di redenzione tra i vicoli di Napoli, in un film straordinario che si colloca nel filone del “neo neorealismo”.
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James Franco è il protagonista del film Hey Joe, in uscita al cinema il 28 novembre per Vision Distribution. Diretto da Claudio Giovannesi e presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma, il film Hey Joe è ambientato tra il New Jersey e Napoli e racconta una storia di perdono, redenzione e scontro tra culture, quella di Dean Barry, un veterano di guerra americano (Franco) che, dopo aver combattuto in tre guerre (Europa, Corea e Vietnam), vive un’esistenza disillusa, segnata dall'alcolismo e dalla depressione. La svolta arriva con una lettera (in ritardo di dieci anni) della Croce Rossa, che lo informa della morte di Lucia, una donna italiana con cui Dean aveva avuto una relazione durante la Seconda Guerra Mondiale, e dell’esistenza di un figlio, Enzo (Francesco Di Napoli).

Siamo nel 1971, e Dean, determinato a colmare il vuoto della sua vita, decide di recarsi a Napoli per incontrare Enzo, ormai venticinquenne e cresciuto tra i vicoli dei Quartieri Spagnoli, adottato da un boss della malavita, Don Vittorio (Aniello Arena). La città partenopea è dipinta come un luogo ancora segnato dalla guerra, immerso nel contrabbando, in cui la presenza americana, simbolizzata dalla Base NATO, alimenta un fiorente mercato nero. Dean si ritrova in un mondo estraneo e complesso, dove il desiderio di redenzione si scontra con una realtà dura e disillusa. Il rapporto tra padre e figlio, segnato da silenzi, diffidenze e incomprensioni, rappresenta il cuore emotivo del film e viene esplorato tra tentativi di riavvicinamento, fallimenti e momenti di profonda intimità.

Hey Joe è un’opera che riporta sullo schermo il senso di spaesamento, di redenzione e di lotta interiore, tipico del cinema neorealista, ma riletto attraverso il filtro del neo neorealismo. Il film mostra come i traumi personali e collettivi possano condurre a una ricerca di significato, anche in contesti segnati dalla violenza e dalla perdita. Claudio Giovannesi firma un’opera intensa e toccante, in cui la Napoli anni '70 diventa simbolo di un’Italia in trasformazione e di una generazione che cerca risposte in un mondo pieno di contraddizioni e speranze.

Del film Hey Joe abbiamo parlato con il suo protagonista, James Franco, di ritorno alla recitazione dopo anni di assenza.

Intervista esclusiva a James Franco

Nel film Hey Joe, interpreti Dean, un veterano americano che torna a Napoli dopo molti anni. Come hai lavorato sulla complessità di un personaggio segnato da traumi e rimorsi per renderlo così realistico e umano?

Beh, il mio personaggio è un veterano di diverse guerre, ma durante la Seconda Guerra Mondiale era di stanza in Italia. Per comprendere il contesto di Napoli durante quel periodo, il regista Claudio Giovannesi mi ha dato un libro molto triste e interessante, Napoli '44, scritto da Norman Lewis, un soldato britannico che era di stanza a Napoli e ha documentato tutto ciò che vedeva, offrendo un quadro realistico della vita in città. Era un periodo di grandi difficoltà per i civili sotto il fascismo, e poi, anche dopo la liberazione, la povertà era molto diffusa. Questo mi ha dato un'idea chiara di cosa significasse vivere lì, e delle circostanze in cui Dean ha avuto una relazione con Lucia, una donna italiana.

Come ha influenzato tutto questo la tua interpretazione?

Dean scopre, dopo 25 anni, che Lucia è morta, ma che ha un figlio di cui non sapeva nulla. Ho sentito quindi la necessità di far emergere la voglia di "fare ammenda". Lasciare quella donna in circostanze così disperate è stato terribile per il mio personaggio. Ora ha l’occasione di fare qualcosa per il figlio, di offrirgli una sorta di risarcimento morale.

Qual è stata la forza motrice dietro il tuo personaggio?

Dean è profondamente segnato, ha perso tutto nella vita: ha divorziato, non ha prospettive, è solo e alcolizzato. Quando riceve il telegramma in cui scopre di avere un figlio, quello diventa il suo scopo, l’unica possibilità per dare un senso alla propria vita. L’idea che forse aiutando il figlio possa rimediare in parte ai danni del passato è ciò che lo spinge a continuare lungo tutta la storia.

Cosa speri che il pubblico colga di più di questo personaggio?

Spero che più di ogni altra cosa, non solo a livello intellettuale, il pubblico possa vivere un'esperienza, sentire il percorso di qualcuno che cerca di rimediare al passato. Penso che uno dei motivi per cui guardiamo i film sia proprio per vivere questo tipo di viaggio emotivo. Credo sia importante, crescendo, assumersi la responsabilità di come siamo nel mondo e cercare di riparare agli errori commessi.

Hey Joe è un film che potremmo definire “neo neorealista”. Cosa pensi del "neo-neorealismo" italiano?

Lo adoro. Amo il neorealismo italiano originale, i film post-bellici, in particolare quelli di Vittorio De Sica e Roberto Rossellini. Claudio Giovannesi ci ha proiettato alcuni di questi film durante le riprese di Hey Joe, erano la nostra ispirazione. Mi piace anche il nuovo cinema italiano, che sembra attingere a questo "neo-neorealismo", come nei lavori di Claudio, o di Matteo Garrone con Gomorra, Dogman, e Reality, o di Pietro Marcello. Amo l'uso di attori non professionisti e il tipo di storie che raccontano. Sono molto entusiasta di poter fare questo tipo di cinema in Italia.

Il poster del film Hey Joe (Press: MX2 - Giampaglia Locurcio).
Il poster del film Hey Joe (Press: MX2 - Giampaglia Locurcio).

Trauma e redenzione

Dal punto di vista tematico, il film Hey Joe esplora a fondo le conseguenze della guerra e del trauma. Il personaggio di Dean rappresenta un’intera generazione di veterani segnati dai conflitti, non solo nel corpo, ma soprattutto nello spirito. Ma il film non si limita a raccontare le ferite di chi ha combattuto: si concentra piuttosto su chi ha subito la guerra indirettamente, come Enzo e le persone che vivono nelle strade di Napoli. È una riflessione sul dolore che la guerra porta a chi resta e cerca di sopravvivere.

Un altro tema centrale è la difficile relazione tra padre e figlio. Il legame tra Dean ed Enzo è un terreno minato da incomprensioni, risentimenti e lunghi anni di abbandono. Attraverso la loro storia, il film esplora il concetto di genitorialità, interrogandosi su cosa significhi realmente essere un padre e su come i legami familiari possano essere costruiti o ricostruiti nonostante un passato doloroso e un’infanzia segnata dall'assenza. Il tentativo di Dean di recuperare il tempo perduto rappresenta una ricerca di redenzione, una possibilità di fare pace con sé stesso e con le proprie scelte.

Infine, Hey Joe si interroga sulle colpe storiche e sul senso di appartenenza. Dean rappresenta, in un certo senso, una figura colpevole non solo per le sue scelte individuali, ma anche come simbolo di una generazione di soldati americani che hanno sfruttato la povertà delle donne italiane durante la guerra. Il film riflette su questa “colpa storica” in maniera indiretta, attraverso il senso di responsabilità che Dean prova nei confronti del figlio che non ha mai conosciuto, e la sua volontà di riparare a quegli errori.

Hey Joe è dunque anche una storia di scontro culturale, dove l’americano Dean, con le sue aspettative e i suoi valori, si scontra con una Napoli che vive di regole e dinamiche proprie, influenzata dalla presenza della base NATO e dal mercato nero. La Napoli degli anni ‘70 diventa così un simbolo di un’Italia in bilico tra tradizione e modernità, in cui la cultura americana influenza la società e crea un terreno di conflitto e incontro. Il film, attraverso la sua storia e i suoi personaggi, esplora le complesse relazioni tra identità culturale, legami familiari e la possibilità di riconciliazione, proponendo una visione umana e profonda dei dilemmi morali e delle tensioni che attraversano ogni generazione.

Hey Joe: Le foto del film

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Neo neorealismo: Una chiave di lettura

Hey Joe si inserisce nel contesto del neo neorealismo, una corrente che recupera lo spirito e le tecniche del neorealismo italiano del dopoguerra, ma adattandolo a una realtà contemporanea o comunque diversa. Giovannesi utilizza la macchina da presa per raccontare una storia autentica, senza idealizzare né abbellire le situazioni. Gli ambienti, i vicoli di Napoli e la cruda realtà sociale sono trattati con uno sguardo antropologico e fedele, che richiama il realismo documentaristico di autori come De Sica e Rossellini.

Nel neo neorealismo, l’accento si pone sulla dimensione sociale e sul vissuto personale dei protagonisti, pur trattando temi universali come il conflitto generazionale, l’identità e la memoria. A differenza del neorealismo classico, che spesso si concentrava sulle difficoltà del dopoguerra, il neo neorealismo riflette su come la memoria del passato influenzi le vite attuali, cercando di costruire ponti tra epoche e culture diverse. La Napoli del film è uno spazio “di frontiera”, dove culture, lingue e valori si incontrano e si scontrano, ma in cui alla fine si cerca una nuova forma di comprensione reciproca.

Con Hey Joe, Giovannesi ci offre un ritratto umano e stratificato, che va oltre la semplice narrazione di eventi. Ogni personaggio porta con sé una storia, una ferita e una speranza di redenzione, che il regista tratteggia con sensibilità. Le scelte visive e la fotografia di Daniele Ciprì, con un uso sapiente dei colori e delle ombre, contribuiscono a creare un’atmosfera iperrealistica, che arricchisce il racconto con una dimensione poetica ma radicata nella cruda realtà.

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