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L’afide e la formica, il film su Sky – Intervista al regista Mario Vitale

L’afide e la formica è il film che Sky Cinema trasmette il 26 febbraio. è una straordinaria stor

Il 26 febbraio arriva su Sky Cinema, L’afide e la formica, film di Mario Vitale che racconta la storia di Fatima, un’adolescente calabrese di origine marocchina, che trova nella corsa la sua ragione di vita e la possibilità di sfuggire a un destino di tradizione altrimenti scritto. Nel suo percorso, Fatima si relaziona con Michele Scimone, insegnante di educazione fisica che, tutto fuorché un modello da seguire, porta sulle spalle un passato tragico tristemente ancorato alle radici di un male che da secoli attanaglia la loro splendida terra.

L'opinione sul film

L’afide e la formica, film in programma su Sky Cinema dal 26 febbraio, vede Cristina Parku e Beppe Fiorello nei panni dei due protagonisti, accompagnati da un cast d’eccezione composto da Valentina Lodovini, Alessio Praticò, Nadia Kibout e Anna Maria De Luca.

Affrontando questioni legate agli immigrati di seconda generazione, alla ‘ndrangheta e allo ius soli, Vitale mette in scena un’opera destinata a tutta la famiglia il cui finale rimane aperto a mille interpretazioni ma non mette in dubbio quanto la nascita di una nuova coscienza, civile e culturale, sia importante per capire il mondo di oggi e non soccombere a esso.

Abbiamo intervistato in esclusiva il regista.

Mario Vitale, regista di L'afide e la formica.
Mario Vitale, regista di L'afide e la formica.

Intervista al regista Mario Vitale.

  • Da dove nasce l’idea di realizzare L’afide e la formica, il film su Sky dal 26 febbraio?

L’idea nasce insieme allo sceneggiatore Saverio Tavano da due storie diverse. Lui aveva un soggetto che parlava di due personaggi, un professore e una ragazza marocchina, mentre io avevo sviluppato la storia parallela di questa ragazza di origini marocchine. Abbiamo un po’ unito queste due storie ma alla base c’è, comunque, il proposito di raccontare due mondi che si incontrano, due culture diverse che entrano in contatto e hanno uno scambio.

 In Calabria c’è una grossa comunità marocchina e a noi interessava raccontare la seconda generazione di immigrati, non quella di coloro che partivano dal Nord Africa per arrivare in Italia ma quella dei loro figli. Fatima è una ragazza di origini marocchine ma, essendo nata in Calabria, è a tutti gli effetti calabrese.

Mi piaceva raccontare la seconda generazione e approfondire quello che per un po’ è anche il tema del film: lo ius soli. Il confine geografico, dal mio punto di vista, è sempre relativo rispetto all’appartenenza culturale: da qui ha origine la volontà di raccontare lo scambio tra i due personaggi, uno scambio culturale.

  • Fatima, marocchina ma italiana al 100%, vive con la madre Amina, custode delle tradizioni e dei valori del Marocco, suo Paese d’origine. Assistiamo tra le due a un forte scontro culturale. È importante riflettere su questo aspetto: quasi nessuno di noi riflette su come i figli degli immigrati, nati e cresciuti in Italia, siano come tutti gli altri giovani di quell’età. Hanno gli stessi problemi, gli stessi bisogni, gli stessi interessi, gli stessi sentimenti e la stessa fame di vita. Per non parlare, poi, della stessa vocazione e determinazione a trovare il proprio posto nel mondo. Vocazione che Fatima trova grazie alla corsa, un mezzo che le permette di scappare dalla realtà troppo stretta dettata dalla madre. La corsa le permette di entrare in relazione con Michele Scimone, il professore di educazione fisica ancorato, anche lui, a una realtà arcaica, fatta di certi valori e doveri che non si scelgono. Come avete sviluppato la figura di Michele?

Quella di L’afide e la formica (film su Sky Cinema dal 26 febbraio, ndr) può essere considerata una storia libertaria. I due protagonisti inseguono un’idea libertaria per quanto riguarda il loro vissuto. Ognuno dei due deve scappare da quello che in qualche modo frena il loro futuro, da quello che ostacola anche un vivere libero. La vicenda che lega Michele al figlio è specchio di una Calabria più arcaica. Il fuggire di Michele e in parallelo quello di Fatima ci ha permesso di unire due generazioni così diverse rendendole un’unica nuova generazione di calabresi.

Il fatto che Michele tagli con il suo passato e con quelle radici che a esso lo legano fa sì che Fatima possa realizzare il suo futuro. È quello che io mi auguro: abbandonare i retaggi di ogni natura. Le tradizioni, ad esempio, della madre di Fatima, Amina, sono un ostacolo così come le tradizioni legate alla cultura arcaica calabrese di Michele. Entrambi devono liberarsi di un fardello che ci hanno appioppato ma che non abbiamo scelto. La tendenza di entrambi è quella di voler superare i retaggi, di andare oltre e di diventare persone libere nel mondo.

Beppe Fiorello e Cristina Parku in L'afide e la formica.
Beppe Fiorello e Cristina Parku in L'afide e la formica.
  • A proposito di figure materne, ce ne sono due in particolare: Amina, la madre di Fatima, e Concetta, la madre di Nicola, l’antagonista della storia. Si tratta, se vogliamo, di due figure materne agli antipodi. Inizialmente, sono entrambe ancorate al mondo dal quale provengono. Con il proseguire della storia, una delle due riesce ad aprirsi nel momento in cui le tradizioni a cui era abituata la deludono. L’altra, invece, no. Come hai tratteggiato i due personaggi, interpretati rispettivamente da Nadia Kibout e Anna Maria De Luca?

Del personaggio di Amina, la mamma di Fatima, mi interessava far emergere che le sue preoccupazioni non sono molto lontane da quelle di una qualsiasi madre calabrese, magari non contemporanea ma di qualche tempo fa. Non vuol vedere, ad esempio, sua figlia correre mezza nuda così come plausibilmente accadeva nella Calabria degli anni Sessanta: io stesso ho visto le donne al sud indossare un velo per coprirsi. Mi piaceva sottolineare come anche nelle problematiche non c’è molta differenza tra le varie culture. La paura del diverso risiede un po’ ovunque. Se ci pensiamo, siamo tutti afflitti dallo stesso tipo di problematiche. Attraverso la delusione di quel mondo che conosceva, Amina riesce a superare qualche ostacolo: non del tutto, pone sempre dei paletti alla figlia ma le permette di evolversi. Così facendo, Amina diventa una sorta di anello di congiunzione tra una tradizione molto forte e la figlia, simbolo di emancipazione.

Concetta, invece, è depositaria della tradizione che porta avanti, come dice al figlio, “bisogna” farlo: non si può scegliere. Il binario che segue Nicola, suo figlio, è quello su cui è stato messo perché è la sua natura. Da questo punto di vista ho cercato di raccontare in maniera differente la figura del criminale: Nicola è ineluttabilmente su quel percorso, è il suo ruolo e deve perpetuarlo anche contro se stesso e la sua volontà. Vediamo anche in lui un forte contrasto: se non fosse cresciuto in un contesto criminale, sarebbe stato una persona diversa. Concetta è colei che lo riporta sempre sul binario del “dovere”, di una tradizione che in verità porta a un punto morto.

Nadia Kibout in L'afide e la formica.
Nadia Kibout in L'afide e la formica.
  • La storia di L’afide e la formica, su Sky Cinema dal 26 febbraio, fa riferimento a episodi realmente accaduti o è frutto di fantasia?

Si tratta di episodi di fantasia che affondano nel sentito nostro, nel vissuto nostro. Non c’è un fatto che viene richiamato nello specifico e nessun evento storicamente verificatosi. Però, quello che abbiamo riportato è il nostro vissuto reale.

  • Colpisce particolarmente la costruzione del film, che segue in parallelo le vicende dei due personaggi principali facendoli intrecciare solo per quanto concerne la gara. Le vicende personali dell’una non finiscono con l’intrecciarsi delle vicende personali dell’altro. L’unico terreno comune è la corsa. I due sono in simbiosi, come l’afide e la formica del titolo, ma non per questo hanno vita in comune.

La struttura della storia e il modo di raccontarla sono un po’ gli stessi che ho usato in un mio cortometraggio, Al giorno d’oggi il lavoro te lo devi inventare. Mi ha sempre affascinato l’idea di raccontare due personaggi in parallelo uniti solo da una vicenda, che non si incontrano e non per forza devono interagire e cambiare le loro vite. È l’unione, lo scambio, la simbiosi tra i due personaggi che dà la spinta per farli progredire. L’afide e la formica è una storia di simbiosi umana che ha nel finale un passaggio di testimone: Michele arriva al suo apice e si “sacrifica” per far sì che possa nascere una donna nuova, il nuovo abitante del mondo svincolato da tutto ciò che la società ci impone come freno all’essere liberi.

  • Quella di Michele più che un sacrificio è una scelta di rottura. Va oltre il silenzio tipico di una certa mentalità meridionale. Parlerei quindi più di speranza.

Certo, è una speranza. Il finale è abbastanza aperto. Non vediamo concretamente cosa succede: ho pensato che a quel punto non fosse più importante sapere cosa accade. L’importante era sapere cosa era stato fatto fino a quel momento. L’importante era non smettere di correre e non fermarsi mai.

  • L'afide e la formica, il film proposto da Sky, è simmetrico nella sua costruzione narrativa. Tutte le questioni che riguardano Fatima si rispecchiano in qualche modo in tutte le questioni che riguardano Michele: la tradizione, la genitorialità, la corsa e i sogni. Più che di sogni, Michele ha incubi ricorrenti, che sono restituiti in maniera impeccabile dal punto di vista della messa in scena e della fotografia. Penso ad esempio all’uso dei colori e alle inquadrature di Michele sul letto. Tutto è grigio, così com’è grigio quello che percepiamo del personaggio. Si riesce a capire Michele e la sua vicenda personale solo a metà film.

Il sogno è stato l’escamotage per raccontare la vicenda di Michele senza ricorrere ai dialoghi o ai flashback. È un linguaggio che mi piace quello del sogno e dell’onirico in generale. Fotograficamente abbiamo creato un mondo diverso per Michele e per Fatima. Michele è avvolto da colori morti e grigi. L’universo di Fatima è invece colorato, vivace e pieno di vita. C’è stato un ottimo lavoro fotografico da parte di tutti i reparti, a dai costumi alle scenografie.

Beppe Fiorello in L'afide e la formica.
Beppe Fiorello in L'afide e la formica.
  • Per quanto riguarda il cast di L’afide e la formica, hai subito pensato a un nome altisonante come quello di Beppe Fiorello o è stato il caso a portarlo da te?

Guardandoci intorno, avevamo pensato tra gli altri anche a lui. Gli abbiamo mandato la sceneggiatura da leggere. Senza aspettarcelo troppo, qualche mese dopo, la sua agenzia ci ha contattati per dirci che la storia gli era piaciuta e che gli interessava incontrarci. È cominciato così tutto il lavoro che poi abbiamo fatto con lui. Beppe è un grande professionista: ha apportato molto al personaggio e ha contribuito a rimodellarlo già in fase di scrittura. È uno che prima di dare voce a un personaggio lo fa suo.

  • Invece la giovane protagonista, Cristina Parku?

È una giovanissima attrice alla sua prima esperienza cinematografica. Ha studiato recitazione al Teatro Stabile di Torino ma è di Reggio Calabria. Durante le ricerche per la protagonista, tra le tante attrici presentatesi ai casting c’era anche lei. L’abbiamo notata subito e si è rivelata la scelta giusta per la sua bravura.

  • Nicola, l’antagonista, è interpretato da Alessio Praticò, che non ha il physique du rôle del criminale. Com’è che la scelta è ricaduta su di lui?

Anche con Alessio abbiamo lavorato molto in scrittura sul personaggio. Abbiamo scelto lui perché intanto è uno degli attori più bravi della sua generazione. Poi, perché è calabrese. E non ultimo perché non ha la solita faccia da criminale. Volevamo raccontare una persona normale, un ragazzo se vogliamo anche sempliciotto che è costretto ad avere a che fare con un mondo a cui era destinato. Con Alessio abbiamo dato forma e corpo alla psicologia di Nicola, che sulla carta all’inizio sembrava più freddo.

  • E, infine, come arrivate a Valentina Lodovini per la parte di Anna, la moglie di Michele?

Se non ricordo male, è stata la prima che siamo riusciti a coinvolgere nel progetto. Penso sia una grandissima attrice drammatica. Avevo avuto modo di vederla a teatro in Tutta letto, casa e chiesa: era il volto giusto per Anna e, tramite amicizie in comune, sono riuscito a contattarla. Quando ha letto il suo personaggio, le è piaciuto molto e non ha avuto esitazioni. Come tutti quanti, non si è limitata a riprodurre meccanicamente ciò che era scritto ma ha portato tutta la sua sensibilità al servizio del personaggio.

L'afide e la formica: Le foto

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Beppe Fiorello e Cristina Parku.
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Beppe Fiorello e Cristina Parku.
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Alessio Praticò.
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Cristina Parku ed Ettore Signorelli.
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Valentina Lodovini e Beppe Fiorello.
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Beppe Fiorello e Cristina Parku.
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Valentina Lodovini.
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Beppe Fiorello e Cristina Parku.
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Mario Vitale e Valentina Lodovini.
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Alessio Praticò e Annamaria De Luca.
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Valentina Lodovini.
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Nadia Kibout.
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