I lavori di Elena Ferrante sono noti in tutto il mondo e basta ciò a giustificare l'arrivo su Netflix di La figlia oscura, il film tratto dal suo omonimo romanzo con cui Maggie Gyllenhaal esordisce alla regia. Attrice e sorella del più noto Jake, Gyllenhaal ha preso in mano il libro di Elena Ferrante rileggendolo con una sceneggiatura premiata al Festival di Venezia 2021.
Ma di cosa racconta La figlia oscura, il film Netflix tratto dal lavoro di Elena Ferrante? Com’è stata la realizzazione? Scopriamolo con le parole della stessa regista.
Cosa racconta La figlia oscura?
In La figlia oscura, il film Netflix che Maggie Gyllenhaal ha ricavato dal romanzo di Elena Ferrante, racconta la storia di Leda, una donna in vacanza al mare. Da sola, Leda rimane incuriosita e affascinata da una giovane madre e dalla sua figlioletta mentre le osserva sulla spiaggia.
Turbata dal loro irresistibile rapporto, (e dalla loro chiassosa e minacciosa famiglia allargata), Leda è sopraffatta dai suoi stessi ricordi personali dei sentimenti di terrore, confusione e intensità provati nelle prime fasi della maternità.
Un gesto impulsivo sconvolge Leda e la proietta nello strano e sinistro mondo della sua stessa mente, dove è costretta ad affrontare le scelte non convenzionali che ha compiuto quando era una giovane madre e le loro conseguenze.
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Sull’origine del film
“Quando ho letto il romanzo di Elena Ferrante, La figlia oscura, ho provato una sensazione molto strana e dolorosa, ma anche innegabilmente autentica”, ha dichiarato Maggie Gyllenhaal, al suo esordio dietro la macchina da presa.
“Per la prima volta, qualcuno descriveva ad alta voce alcuni aspetti segreti dalla mia esperienza di madre, di amante e di donna in questo mondo. E ho pensato a quanto sarebbe eccitante e pericoloso creare un'esperienza analoga non nella quieta solitudine della lettura di un romanzo, ma in una stanza piena di essere viventi, pensanti e dotati di sentimenti. Che effetto farebbe stare seduti accanto alla propria madre o al proprio marito o alla propria figlia o alla propria moglie nel momento in cui esperienze e sentimenti comuni tenuti finora segreti venissero portati alla luce?”.
“Naturalmente – ha aggiunto Gyllenhaal - c'è un terrore e un pericolo nell'identificarci con qualcuno che combatte per trovare un senso in cose che abbiamo imparato a considerare disdicevoli o brutte. Ma, quando quelle esperienze vengono trasferite su uno schermo, affiora anche l'opportunità di sentire un conforto: se qualcun altro prova questi pensieri e sentimenti, forse non sono solo. Questa è una parte della nostra esperienza che solo di rado viene espressa a parole e quando accade è soprattutto in termini aberranti, disgiunti o onirici”.
Sul modo di lavorare con gli attori
“Per La figlia oscura, il film ora disponibile su Netflix, non volevo attori che desiderassero sentirsi dire cosa fare. Non è il mio modo di lavorare. Penso che un regista debba creare uno spazio in cui tutti sono sulla stessa lunghezza d’onda, nello stesso posto, anche senza sapere cosa accadrà o che direzione prenderà la scena. Mi piace che regista e attori lavorino insieme, si sorprendano e imparino l’uno dagli altri. Un film è un lavoro di gruppo. La figlia oscura lo è stato”, ha ribadito la regista.
Sulla sceneggiatura
“Scrivere La figlia oscura, ha richiesto molto lavoro. Ma è stato una grande gioia. Da attrice, non si ha molto tempo a disposizione ma da sceneggiatrice mi sono presa tutto il tempo e lo spazio che volevo. Ho rimodulato il romanzo, per prima cosa, e l’ho riscritto in ordine cronologico. Ho preso poi una sezione del libro e l’ho rivoltata”, ha spiegato Maggie Gyllenhaal.
Il rapporto con il personaggio di Leda
Leda è la protagonista di La figlia oscura, sia del film Netflix sia del romanzo di Elena Ferrante. Ma come ha trattato il personaggio la regista?
“Mi identifico totalmente con Leda. Il personaggio rappresentava una sfida. Fa qualcosa di veramente ripugnante, realmente trasgressiva. Commette una delle più grandi trasgressioni che una madre potrebbe commettere eppure ci identifichiamo in lei. La comprendiamo perché abbiamo avuto esperienze, sentimenti, desideri e pensieri simili ai suoi. Che significano ciò per noi e che significano per Leda? Non ho la risposta ma era ciò che volevo esplorare con il mio film. Da donna, da regista e da artista, ho sempre provato compassione per Leda e per le cose impensabili che fa”.
Sulla scelta di Olivia Colman
Protagonista di La figlia oscura è Olivia Colman, attrice premio Oscar per La favorita e mattatrice della serie The Crown. Ma perché la regista Maggie Gyllenhaal ha scelto proprio lei per il ruolo di Leda?
“Quando ho finito la sceneggiatura e ho preso familiarità con essa, ho dovuto cominciare i casting. Tra regista e attore deve crearsi una connessione cosmica e non dovevo esserci sottolineature. Olivia era perfetta. Anche se non l’avevo mai vista in un ruolo simile, sapevo che non mi avrebbe deluso.
Erano due le cose importanti che avrebbe dovuto tenere a mente. Uno: Leda non è pazza. Se fosse stata pazza, sarebbe stato un film già visto che avrebbe portato qualsiasi madre a fare dei confronti e a scagionarsi come una “brava madre”. Non mi interessava questo aspetto. Due: la storia è dolorosa e Leda è una persona tosta.
Era importante che chi l’avesse interpretata risultasse meravigliosa, divertente e umana. Olivia ha capito le mie intenzioni ed è stata fantastica. Non avevo dubbi. Devi scegliere sempre le persone che rispetti e da cui sei attratto. Trovo anche che Olivia sia una donna affascinante”.
In comunicazione con Elena Ferrante
Nel trarre il film La figlia oscura dal romanzo di Elena Ferrante, Maggie Gyllenhaal è stata in contatto con la scrittrice, così come ha ben argomentato.
“Ho avuto alcuni contatti con Elena Ferrante ma mai di persona. Per me, come per tutti, rimane anonima. E mi ha chiarito che è quello che vuole e rispetto la sua scelta. Per tale motivo, è diventata una specie di donna di fantasia nella mia mente. Per me ha, non so, 70 anni ed è molto saggia, compassionevole e amorevole. Almeno così l’ho immaginata attraverso il suo lavoro.
Ho mandato una mail a lei e al suo editore per chiedere i diritti del romanzo. Ho impiegato qualche settimana a scriverla, spiegandole perché desideravo trarne un film e come volevo farlo. Mi ha risposto che accettava a una condizione: se non fossi stata io a dirigere il film, il contratto sarebbe stato stracciato.
Stavo lavorando all’adattamento quando poi è apparso l’articolo di The Guardian in cui annunciava il film e mi lasciava piena libertà artistica. E mi sono sentita libera nello scrivere la mia sceneggiatura. Il film dialoga con il libro ma è anche molto diverso da esso”.