Dopo il passaggio fuori concorso al Festival di Venezia, è disponibile dal 27 settembre su Netflix il nuovo film di quel genio che risponde al nome di Wes Anderson, La meravigliosa storia di Henry Sugar. Mentre nelle sale è ancora possibile vedere il film Asteroid City, Anderson affida a Netflix il mediometraggio che è descritto con pochissime parole come “un’amata storia di Roald Dahl su un uomo benestante che scopre un guru in grado di vedere senza usare gli occhi e decide di imparare l’arte per imbrogliare nel gioco d’azzardo”.
Con nel cast gli attori Ralph Fiennes, Benedict Cumberbatch, Dev Patel, Ben Kingsley e Richard Ayoade, il film Netflix La meravigliosa storia di Henry Sugar è un puro prodotto in stile Anderson, dai colori alla fotografia. A raccontarci il progetto è lo stesso Anderson, in un’intervista realizzata proprio a Venezia.
Altri tre corti da Dahl
La meravigliosa storia di Henry Sugar non sarà il solo film corto di Wes Anderson disponibile su Netflix. Fa infatti parte di un progetto più ampio che prevede altri tre titoli. Il 28 settembre sarà la volta, infatti, di Il cigno (The Swan), la storia di un ragazzino intelligente perseguitato da due bulli senza cervello, con Ralph Fiennes e Asa Jennings. Il 29 settembre arriva poi Il derattizzatore (The Rat Catcher), con al centro uno sterminatore di ratti professionista, con Richard Ayoade, Ralph Fiennes e Rupert Friend. E il 30 settembre, infine, sarà possibile vedere Veleno (Poison), in cui un uomo trova un serpente velenoso addormentato nel suo letto, con Dev Patel, Benedict Cumberbatch, Ralph Fiennes e Ben Kingsley.
Gli altri tre corti: Le foto
1 / 3Intervista a Wes Anderson
Quando ti è venuta l'idea di adattare in film Netflix il racconto di Roald Dahl La meravigliosa storia di Henry Sugar?
L'idea di provare ad adattare Henry Sugar mi è venuta circa vent'anni fa, durante un soggiorno a Gipsy House (la casa di famiglia di Dahl nel Buckinghamshire), ma mi sono anche detto: "Non so come farlo". In tutti gli anni a seguire la famiglia Dahl, Felicity Dahl e il nipote di Dahl Luke Kelly, ha tenuto in serbo i diritti della storia per me. Quando mi è finalmente venuta l'ispirazione, ho pensato: "Mi interessa tanto la storia quanto il modo in cui Dahl la racconta".
La storia mi aveva totalmente affascinato da bambino, ma senza il suo modo di descriverla non mi sarei mai sentito di tramutarla in film. È una delle sue grandi storie e se posso affrontarla usando le sue parole e descrizioni, allora diventa un progetto possibile.
L'hai mai concepita come lungometraggio?
Non sono sicuro che questo tipo di narrazione avrebbe funzionato per quel formato. Per me aveva più senso adattare questi racconti brevi in cortometraggi.
Dahl usa l'artificio di un narratore che racconta la storia di un uomo che trova un diario scritto da un altro uomo. La trama è filtrata dai ricordi di molte voci diverse.
Mi fa pensare a Joseph Conrad e a L'impazienza del cuore di Stefan Zweig, che è una delle opere che mi ha fatto arrivare a Grand Budapest Hotel, ma forse anche Henry Sugar è stato uno dei libri che avevo in mente quando ho iniziato quella produzione.
Oltre a usare le parole di Dahl, hai voluto che i personaggi si rivolgessero al pubblico.
La storia è raccontata direttamente al pubblico. Ecco perché Dahl ne fa parte: è il narratore, oltre a essere l'autore. E gli attori interpretano la scena recitando le parole di Dahl.
La magnifica storia di Henry Sugar, il film targato Netflix, è tutto scenotecnica, quasi un gioco di prestigio, ancora più delle recite scolastiche di Max Fischer in Rushmore o della nave Belafonte di Le avventure acquatiche di Steve Zissou e del dietro le quinte di Asteroid City.
In relazione a questo progetto un film a cui ho pensato è Swimming to Cambodia - A nuoto verso la Cambogia, il film di Jonathan Demme tratto dallo spettacolo teatrale di Spalding Gray. Demme mantiene la struttura dello spettacolo teatrale con Spalding Gray che parla alla cinepresa, realizzando un prodotto a metà strada tra lungometraggio e documentario. Le transizioni tra le varie parti e la narrazione della storia avvengono tramite effetti e suoni teatrali. Credo di aver pensato: "Facciamo un 'film artistico' come questo".
Ralph Fiennes interpreta Dahl, nella sua cabina dello scrittore a Gipsy House. Quanto è fedele la ricostruzione?
L'abbiamo fatta com'è nella realtà, abbiamo cercato di ricrearla esattamente usando alcuni pezzi prestati dal Dahl Museum (anche se ci siamo molto limitati, per non rischiare di perdere o danneggiare qualcosa). Avevamo già fatto qualcosa del genere per Furbo, il signor Volpe con l'area di lavoro in miniatura.
Cosa significa per te l'opera di Dahl? Ti ricordi il momento in cui hai cominciato a leggerla?
Credo di aver scoperto Dahl quando ha raggiunto il culmine del successo, che in seguito ha mantenuto, ma in quel periodo l'interesse per i suoi scritti era dilagante e internazionale. Tra i bambini, intendo. Adoravamo la fiera del libro a scuola, piena di libri vecchi e nuovi, in cui Dahl aveva sempre un posto prominente. Adoravamo questi libri e conoscevamo la sua foto sul retro, conoscevamo la persona che ci raccontava la storia e la sua voce era così intensa che ci sembrava di conoscerlo veramente. È davvero interessante... questa sensazione di avere un rapporto personale con l'autore che racconta la storia.
È una cosa che si avverte più in alcuni autori che in altri. Dahl era uno scrittore dalle mille trame. Durante la produzione di Fantastic Mr. Fox abbiamo passato un po' di tempo a consultare i suoi archivi, che all'epoca erano quasi tutti a Gipsy House. Luke ci ha fatto vedere la montagna di idee che aveva raccolto. Spesso gli venivano nuove idee per una storia, così annotava una frase e la metteva da parte. Tante, troppe, idee che non ha mai iniziato ad approfondire. Era una cosa che gli veniva naturale.
La trama e i dettagli delle sue storie sono impossibili da dimenticare.
Succede a chi ha letto Henry Sugar: si finisce per provare a guardare attraverso il dorso di una carta da gioco o fissare la fiamma di una candela per sviluppare quel potere... cioè a fare le cose descritte nella storia. È una cosa che ti cattura.
Come sei giunto all'idea di avere attori che interpretano più personaggi?
Di getto mi piace l'idea di avere un piccolo gruppo che recita l'intero film. Benedict Cumberbatch era una figura chiave e un artista con cui volevo lavorare da tempo. Ho qualche precedente con Ralph Fiennes e poterlo avere nel ruolo di Dahl mi ha convinto ancora di più a realizzare il progetto. Non avevo mai lavorato con Richard Ayoade, ma lo conosco da molti anni. E ovviamente ho già lavorato con Rupert. È splendido in Il cigno. Anche Dev mi piace molto. Avevo provato a lavorare con lui una volta in passato. Questa volta ha detto "Sì". Ben Kingsley è essenziale. L'abbiamo adorato tutti. È bello avere qualcuno nuovo e al tempo stesso leggendario. Lavorare con tutto il gruppo è stata un'esperienza incredibile, dall'inizio alla fine.
Gli attori sono impegnati in monologhi lunghissimi.
Hanno accettato la sfida e lavorato sodo. Gli lasci la scena, poi ti allontani e guardi cosa succede.