Rai 5 trasmette la sera del 28 ottobre il film La seconda via. Diretto e sceneggiato da Alessandro Garilli, il film di Rai 5 La seconda via ci porta sul fronte russo nel gennaio del 1943. La compagnia 604 si trova costretta ad attraversare la steppa per sfuggire all’accerchiamento nemico. Quando sopraggiunge la notte, però, di tutta la 604 non rimangono che sei alpini più un mulo, che avanzano in silenzio, sotto una neve incessante, mentre la temperatura tocca i 40 sottozero.
L’esasperante cammino, compiuto in quel deserto bianco, spinge gli uomini a perdere la percezione del tempo e, passo dopo passo, li porta a rifugiarsi in una dimensione onirica dove esiste una “seconda via” fatta di sogni, incubi e ricordi. Una lunga notte di guerra e un viaggio nell’umano, fra balke, boschi, laghi di montagna, villaggi infuocati, spiagge innevate e campi di grano.
Interpretato da Ugo Piva, Nicola Adobati, Sebastiano Bronzato, Simone Coppo, Giusto Cucchiarini, Stefano Zanelli, Nina Pons, Anna Orso e Melania Dalla Costa, con la partecipazione straordinaria di Neri Marcorè, il film di Rai 5 La seconda via è una produzione Qualityfilm e Angelika Vision in associazione con RS Productions e in collaborazione con Rai Cinema.
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Uomini in guerra
Definito dal regista come “un film di uomini nella guerra”, La seconda via su Rai 5 è la prima opera sulla ritirata di Russia, sulla battaglia di Nikolajewka che, combattuta il 26 gennaio del 1943, costò la vita a migliaia di uomini. “Quando iniziai a scrivere il soggetto, solo un ristrettissimo numero di opere raccontavano la campagna di Russia ma nessuna di esse parlava degli alpini o mostrava, se non marginalmente, la ritirata, quel terribile viaggio a ritroso iniziato nel Gennaio 1943 e costato la vita a centinaia di migliaia di giovani soldati italiani (ma anche Tedeschi, ungheresi, rumeni e chiaramente altresì agli avversari russi)”, ha spiegato Garilli.
“L'urgenza narrativa di questo film nasce anche da ragioni più intime, che hanno a che vedere con la sofferenza di chi ha compiuto questo surreale cammino e che mi hanno portato a scrivere, come amo pensare, più che un film di guerra, un film di uomini nella guerra. La sceneggiatura sposa così il tema della “perdita della concezione del tempo”. Gli alpini attraversando la steppa si trovarono a battere due vie: una prima fatta di passi veri nella neve ed una seconda via, mentale, dove sogni, ricordi e realtà si confondevano, dilatando la percezione del tempo”.
“Ma non fu solo la lotta contro la natura che spinse i nostri soldati a cercare riparo in una zona interna, personale. Essi, infatti, dovettero attraversare anche il terribile “paesaggio” della guerra e l’esigenza di rifugiarsi in se stessi fu rafforzata dal bisogno innato di preservare un punto di luce: l’amore per una donna, per un figlio, per i genitori, per la propria terra. L’amore per la vita. Il desiderio di accompagnare lo spettatore nello spazio privato è stato il “faro” che ha guidato la Composizione dell’intera struttura del film”.
Nel film La seconda via viene affrontato anche il tema dell’assenza poiché “si racconta, per ogni protagonista, ciò che era, ciò che sarebbe potuto essere e ciò che invece non è. La guerra rapisce le persone e le porta in un mondo di privazione: l’uomo è così costretto a rileggersi e spesso è proprio in quel momento che comprende quanto di prezioso e puro c’era nella vita di prima”.
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La vera storia della battaglia di Nikolajewka
Al centro del film di Rai 5 La seconda via c’è la vera storia della Compagnia 604 e della battaglia di Nikolajewka, combattuta il 26 gennaio 1943, fu uno degli episodi più drammatici della ritirata dell'ARMIR durante la disastrosa Campagna di Russia. Avvenne durante la ritirata dell'8ª Armata Italiana dopo la controffensiva sovietica, che aveva sfondato le linee dell'Asse a Stalingrado e nel Caucaso, mettendo in fuga le forze italo-tedesche.
La battaglia si svolse nei pressi del villaggio di Nikolajewka (oggi Livenka, in Russia), quando le truppe italiane, ormai esauste e affamate, si trovarono circondate dalle forze sovietiche. In condizioni climatiche estremamente difficili (con temperature che scendevano sotto i -30 gradi Celsius), gli italiani cercarono di sfondare l'accerchiamento per poter ritirarsi verso ovest.
Nikolajewka divenne così un simbolo di sacrificio e coraggio per i soldati italiani. Anche se la battaglia fu tecnicamente una sconfitta, la capacità degli italiani di sfondare l'accerchiamento rappresentò un barlume di speranza in una situazione estremamente disperata.
La ritirata dal fronte russo, che culminò con Nikolajewka, segnò la fine dell'avventura militare italiana in Russia e fu un punto di svolta nella guerra per l'Italia, che poco dopo sarebbe entrata in una fase di crisi culminata con l'armistizio dell'8 settembre 1943.
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