La svolta, film diretto da Riccardo Antonaroli con Brando Pacitto e Andrea Lattanzi, approda su Netflix il 20 aprile. Dopo essere stato presentato al Festival di Torino, l’opera prima del regista è pronta a sbarcare in tutti i Paesi in cui la piattaforma è disponibile.
Definito come un road movie da fermo, La svolta racconta di due solitudini che si incontrano nella maniera più improbabile pensabile. Sullo sfondo di una Roma segnata da criminali mezze calzette, in un anonimo appartamento del quartiere Garbatella si ritrovano a convivere, forzatamente, Jack e Ludovico, due coetanei che più differenti non potrebbero essere portati in scena da Andrea Lattanzi e Brando Pacitto.
Jack e Ludovico
Jack (Andrea Lattanzi), uno dei due protagonisti del film La svolta, su Netflix dal 20 aprile, ha appena messo a segno una cospicua rapina ai danni di un criminale. S’è portato via 500 mila euro e con quelli sogna di raggiungere il Brasile, cambiando vita. Spregiudicato, spavaldo ma mosso dal desiderio di un’esistenza normale, si imbatte per caso in Ludovico.
Ludovico (Brando Pacitto), l’altro protagonista del lungometraggio, è un giovane che non ha mai saputo imporre la propria personalità. Si è trasferito a Roma per studiare, come vogliono i genitori, ma coltiva il desiderio di affermarsi un giorno come creatore di fumetti. Soffre di asma e depressione. Ed è terribilmente solo, infatuato in segreto della sua vicina di casa.
La convivenza forzata tra i due pian piano si trasforma in percorso di formazione. Lentamente, Ludovico e Jack diventano complementari, si plasmano a vicenda e si avvicinano al mondo dell’altro. Scoprono così i rispettivi caratteri e realizzano che, in fondo, non sono poi così distanti come credevano. Almeno fino a quando non si ritroveranno a pagare il conto di un destino non troppo benigno con loro.
Un film dal respiro internazionale
Sebbene sia girato per lo più nel chiuso di un appartamento, La svolta è un film dal grande respiro internazionale. Con la sua alternanza di comico e drammatico, arriva dritto ai temi che affronta. Conta su un brano scritto e interpretato da Carl Brave, che diventa parte integrante del racconto. Può godere di un cast popolato di ottimi attori, da Marcello Fonte a Ludovica Martino. Ma soprattutto ha in Brando Pacitto e Andrea Lattanzi i volti giusti per i personaggi principali, Ludovico e Jack.
La svolta, il film con Brando Pacitto e Andrea Lattanzi, è una delle novità di peso di Netflix della settimana. E deve a Il sorpasso di Dino Risi la sua fonte di massima ispirazione, anche se chi ama il cinema saprà cogliere diverse citazioni disseminate qua e là.
L’intervista doppia
Con un’operazione inedita, TheWom.it ha intervistato Brando Pacitto e Andrea Lattanzi, i due giovani protagonisti di La svolta, film su Netflix dal 20 aprile. Ha sottoposto a entrambi, con qualche piccola variazione, le stesse domande. Nessuno dei due era a conoscenza delle risposte dell’altro: le scopriranno solo adesso.
Di seguito, l’intervista a Brando Pacitto. Qui, invece, l’intervista ad Andrea Lattanzi.
Intervista esclusiva a Brando Pacitto
Brando, descrivici a parole tue chi è Jack, il personaggio interpretato da Andrea Lattanzi.
Jack è l’opposto di Ludovico, per carattere, esperienza ed estrazione sociale. Sensibile e rude, è uno sconosciuto, uno di quelli che impari a conoscere molto lentamente e dei quali vuoi sapere sempre più.
Ludovico invece può essere descritto in modi diversi. Ma l’aggettivo che più gli si addice è inadeguato. Come ti sei approcciato al personaggio? Quanto dei giovani della generazione Z c’è in lui?
Credo che una generazione possa essere tutto e niente. C’è tanto della generazione Z in Ludovico, come potrebbe non esserci nulla: è un personaggio universale, con dei tratti caratteriali ben specifici.
Quanto di Ludovico c’è, invece, in te? Se potessi, quale caratteristica gli ruberesti?
Inevitabilmente e involontariamente c’è qualcosa di me, non saprei nemmeno bene specificare cosa. Forse una paura comune del futuro. Se potessi rubargli qualcosa sicuramente l’abilità nel disegnare, che io ho affinato per il film, ma che mi piacerebbe tanto avere come talento naturale.
Ludovico è anche il simbolo di chi, per inseguire la volontà dei genitori, nasconde le sue vere aspirazioni. Quanto è importante invece far sentire la propria voce e lasciarsi guidare dai propri sogni? Qual è, invece, il tuo rapporto con la famiglia? Come hanno reagito i tuoi quando hai detto loro di voler fare l’attore?
Avere consapevolezza di sé e utilizzarla come arma per sopravvivere nel contemporaneo credo si la risposta al benessere. Riuscire a essere se stessi a discapito di tutto, anche dei propri genitori e delle loro aspettative, è l’unico modo per stare bene.
Una delle caratteristiche che contraddistingue Ludovico è la depressione, patologia di cui si tende a parlare sempre meno. Grossa spinta al suo risveglio è data dall’incontro con Jack. Quanto pesa la solitudine sulla sua psiche e sui rapporti personali? Quale dovrebbe essere secondo te la prima mossa da fare per chi, nello stesso stato catatonico di Ludovico, dovrebbe e/o vorrebbe risvegliarsi? Ti è mai capitato di affrontare un periodo di chiusura? Eventualmente, come ne sei uscito?
Tutti attraversiamo fasi più felici e altre meno. Non ho grandi risposte, sennò probabilmente non farei l’attore. L’unica cosa che so è che è importante parlarne, confrontarsi e avere qualcuno che sia pronto ad ascoltare e ad analizzare, che sia un amico o un terapeuta. Il silenzio è nocivo e pericoloso.
Ludovico viene in qualche modo “aggiustato” da Jack. Quanto è importante il legame di amicizia per il film e quanto per un giovane in generale? L’amicizia maschile non viene spesso indagata al cinema.
Il film racconta proprio di questo ed è del loro legame che si fa forza. La sensibilità maschile è troppo spesso dimenticata, anche se fa parte e deve essere compresa in tanti discorsi e battaglie che si fanno nel contemporaneo riguardanti la lingua e la società. Il film racconta proprio di questo, di due uomini adulti che parlano e si scoprono.
Com’è stato affidarsi alle mani di un giovane regista come Riccardo Antonaroli? Hai notato differenze nella direzione rispetto a chi ha invece anni di esperienza sulle spalle?
Lavorare con Riccardo è stato molto stimolante. Tutta la troupe era estremamente giovane, questo ha permesso che sul set ci fosse uno scambio di idee continuo, e un alternarsi di proposte e azioni che ognuno metteva sul piatto: un work in progress orchestrato benissimo da Ric.
La svolta, film su Netflix dal 20 aprile, è nelle parole del regista un road movie da fermo. E in effetti, nel chiuso di un appartamento, Ludovico e Jack affrontano un viaggio emotivo che finisce per cambiare entrambi. Com’è stato confrontarsi sul set con Andrea? Cosa hai imparato da lui? Cosa invece lui ha imparato da te?
Da Andrea ho imparato a essere impulsivo, a rispondere prontamente a ciò che mi accade in scena. Andrea è un attore incredibile, sempre in ascolto e disponibile; è stato molto bello condividere con lui questo film, eravamo giusti l’uno per l’altro.
La Roma di La svolta è quella poco vista del sottobosco criminale da mezze calzette. Qual è invece la tua Roma?
La mia Roma centra ben poco con quella del film, sono cresciuto in periferia, tra Roma e il mare. Negli ultimi anni ho vissuto di più la città, ma non ho mai sentito mia la cosiddetta romanità.
Hai avuto la possibilità di lavorare con Marcello Fonte, alle prese con uno dei personaggi destinati a rimanere impressi nell’immaginario collettivo. Come è stato ritrovarselo accanto sul set?
Incredibile e folle. Marcello è un attore imprevedibile, questo lo rende speciale. Quando eravamo in scena non sapevo mai cos’avrebbe fatto o inventato. Come lui Max Malatesta, altro attore incredibile.
La svolta cita e omaggia a modo suo Il sorpasso di Dino Risi. Che peso ha il cinema classico italiano nella vostra formazione? Cosa dovrebbero riscoprire i giovani di oggi?
Io sono cresciuto con una cultura diversa, avendo viaggiato tanto da piccolino. Sono arrivato al cinema italiano di quegli anni in post adolescenza, quando me ne sono innamorato. Sicuramente sono racconti che hanno tutta la necessità di essere visti e amati, molto diversi dal cinema moderno per distensione e fantasia. Quindi, un giovane che ci si avvicina secondo me deve avere la curiosità di farlo, sarebbe anche necessario per capire come e da cosa deriva la cultura audiovisiva di cui noi oggi ci nutriamo.
Qualora ci fosse la possibilità di cambiare il (bel) finale di La svolta, come vorresti che continuasse Ludovico la sua avventura?
Qualsiasi cosa direi rovinerebbe il finale del film, l’unica cosa che vorrei è che avesse il coraggio di essere se stesso.
E, se al di là della storia crime, si dicesse che La svolta è un film di amore, anomalo ma d’amore, saresti d’accordo? Dopotutto, Ludovico e Jack si cambiano a vicenda avvicinandosi l’uno all’altro, trovandosi e rispecchiandosi.
La svolta è un film d’amore, amore fraterno, senza se e senza ma. Un film su due anime sole che si incontrano e si riconoscono, con sincerità, e per questo si amano.
La svolta è un film indipendente. È stato presentato al Festival di Torino e sbarca ora su Netflix in tutto il mondo. Cosa ti ha convinto maggiormente del progetto?
Tutto mi ha convinto. La sceneggiatura. Il fatto che fosse un’opera prima. Sapere che avrei recitato con Andrea. Non c’era un solo cavillo nella proposta.
Cosa, invece, vorresti che il pubblico capisse dopo aver visto La svolta?
Che parlare, confidarsi, condividere a cuore aperto con qualcuno anche i propri dolori fa bene, e ci rende vivi.
Dove ti rivedremo prossimamente?
Nel prossimo film di Abel Ferrara Padre Pio con Shia LaBeouf.