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Lavinia Longhi: “La mia doppia identità culturale” – Intervista esclusiva

Lavinia Longhi
Lavinia Longhi, con il suo cammino artistico variegato e la sua straordinaria capacità di calarsi con totale dedizione nei panni di ogni suo personaggio, è una delle figure di punta della nuovissima serie tv di Rai 1, Il Clandestino, dove divide la scena con Edoardo Leo e assume un ruolo cruciale nell'esistenza e nello sviluppo del personaggio di Luca Travaglia.

Attrice di talento, ma anche coordinatrice didattica nel campo delle risorse umane e insegnante presso l'Accademia 09 di Milano, Lavinia Longhi ci racconta con sincerità e passione i retroscena del suo ultimo progetto, la serie tv di Rai 1 Il Clandestino, in onda dall’8 aprile, delineando il percorso che l'ha portata a interpretare Khadija, una donna di origine libica il cui destino si intreccia in modo indelebile con quello del protagonista. Lavinia Longhi ci svela, con un sorriso, i dilemmi legati alla necessità di mantenere il segreto su un personaggio la cui storia è tessuta di misteri e rivelazioni inattese, arricchendo il racconto con aneddoti personali che illuminano il suo percorso di crescita sia sul set che nella vita di tutti i giorni.

Questa intervista si presenta, infatti, come un viaggio esplorativo attraverso la carriera e la vita di Lavinia Longhi, offrendoci preziose riflessioni sul suo approccio alle sfide professionali, sulle sue esperienze personali e sulle motivazioni che la spingono a esplorare sempre nuovi orizzonti artistici. La conversazione si sposta poi su temi più intimi e personali, come la sua relazione con le radici culturali miste, l'esperienza di crescita tra due mondi così diversi e il modo in cui questa dualità ha influenzato non solo la sua identità personale, ma anche la sua carriera artistica.

Lavinia Longhi ci offre un assaggio della sua vita, raccontando con affetto della sua infanzia trascorsa tra la Brianza e il Montenegro, delle estati passate a esplorare le radici materne e del modo in cui queste esperienze hanno plasmato la sua comprensione del mondo e di sé stessa.

In un dialogo aperto e coinvolgente, l'attrice riflette sul significato di interpretare personaggi che, a prima vista, sembrano lontani dalla sua realtà quotidiana, sottolineando come ogni ruolo sia un'opportunità per scoprire nuove parti di sé e per connettersi a storie e culture diverse. La discussione tocca anche le sfide professionali e le soddisfazioni che derivano dal lavorare in un settore tanto complesso quanto affascinante come quello della recitazione, senza tralasciare gli aneddoti legati alle sue esperienze sul set, in Italia e all'estero, che evidenziano la sua versatilità come attrice e la sua inesauribile sete di nuove avventure artistiche.

Lavinia Longhi si rivela, dunque, non solo come un'artista di raro talento, ma anche come una persona di grande sensibilità e intelligenza, che affronta con curiosità e passione ogni sfida che la vita e la carriera le pongono davanti. Un ritratto intimo e profondo di una donna che vive intensamente il proprio mestiere e che, con la sua arte, continua a incantare e ispirare chi ha la fortuna di attraversare il suo cammino.

Lavinia Longhi (Foto: Lorenzo Visentin; Styling: Luigi Delia; Make-up: Maddalena Brando; Hair: Xavie
Lavinia Longhi (Foto: Lorenzo Visentin; Styling: Luigi Delia; Make-up: Maddalena Brando; Hair: Xavier Perez; Total Look: Levi's; Press: Maria Grazia Scaccia - Feel Studio).

Intervista esclusiva a Lavinia Longhi

“Non ho mai amato festeggiare il mio compleanno”, mi risponde Lavinia Longhi quando, a inizio telefonata, le faccio gli auguri per il suo appena passato. “Semplicemente perché risponde a quelle chiamate per cui gli auguri obbligati sono un po’ inutili. Arriva in concomitanza con la primavera e ho scoperto con il tempo di essere anche molto meteoropatica: sono felice quando c’è il sole mentre vivo abbastanza male i giorni di pioggia o i mesi invernali. Da madre di due bambini, l’arrivo della primavera rappresenta quasi una festa!”.

Attrice ma anche coordinatrice didattica delle risorse umane e insegnante presso l’Accademia 09 di Milano, Lavinia Longhi è alla vigilia del debutto della serie tv di Rai 1 Il Clandestino, dove recita a fianco di Edoardo Leo e ricopre un ruolo molto importante per la vita e l’evolversi di Luca Travaglia: è infatti Khadija, la donna che a inizio del racconto lo segna particolarmente. “Il problema del mio personaggio è che non posso rivelare molto perché qualsiasi dettaglio potrebbe rappresentare uno spoiler della trama orizzontale”, dice sorridendo.

“Ogni puntata di Il Clandestino ha una sua trama verticale con una storia, un caso o una questione legata a Luca da risolvere ma a fare da sfondo a tutto c’è una trama orizzontale molto complessa. Interpreto Khadija, una donna araba di origine libica… questo mi fa un po’ sorridere perché chiaramente non sono araba ma a quanto pare ispiro personaggi turchi, slavi e sudamericani: qualcosa che mi piace”.

“Quando mi hanno proposto il ruolo ero anche molto eccitata all’idea perché mi sarei cimentata con qualcosa meno scontato del solito: per interpretare Khadija abbiamo lavorato molto con il look, con il trucco e il parrucco”. Tanto da sembrare perfettamente mediterranea, quasi siciliana, le azzardo: “Ho interpretato anche la siciliana… mi manca un ruolo da svedese ma molto probabilmente non lo avrò mai!”.

Perché ti piace così tanto cimentarti in personaggi che sulla carta non ti rappresentano?

Forse perché ci ritrovo una parte di me. Sono italiana da parte di padre mentre mia madre è slava. Fin da bambina, ho convissuto con due differenti identità culturali e con due modi di approcciare la vita molto diversi fra loro. Sono nata e cresciuta in Brianza ma trascorrevo le estati in Montenegro, di dove è originaria mia madre, nel sud dell’ex Jugoslavia.

C’era un bell’incontro/scontro dentro di me che per anni è stato anche motivo, se vogliamo, di conflitto identitario: ogni persona che, come me, ha una doppia provenienza fa i conti con un conflitto di identità molto forte che ho risolto con il tempo.

Ho lavorato su me stessa e ho accettato di essere più cose contemporaneamente ma da adolescente non è stato facile: ogni volta che lasciavo prevalere una parte sull’altra era come se, in qualche modo, tradissi uno dei miei due genitori.

Lavinia Longhi nella serie tv di Rai 1 Il Clandestino.
Lavinia Longhi nella serie tv di Rai 1 Il Clandestino.

Ti ha generato problemi etero indotti da ragazzina il fatto di avere una madre di origine slava?

No, da quel punto di vista mai avuto problemi. Anche se, gli anni della guerra nell’ex Jugoslavia, sebbene il Montenegro non fosse coinvolto, sono stati molto particolari: il fatto di avere una madre che comunque di fatto provenisse da un territorio in guerra sortiva un certo effetto. Era un po’ come se valessi meno agli occhi degli altri ed è una percezione che mi ha accompagnato soprattutto durante gli ultimi anni delle scuole elementari. Dopo, invece, con l’emergere dei grandi calciatori slavi la situazione si è quasi capovolta: improvvisamente, quando dicevo la mia, ero “brava”.

In cosa pensi di aver tradito i tuoi genitori quando sceglievi un’identità a discapito dell’altra?

Ogni bambino, oltre ai tratti fisici e caratteriali del genitore, si porta appresso anche il loro bagaglio culturale. Quando andavo in Montenegro, provenendo da un background diverso e da una certa stabilità economica (non che fossimo milionari in Brianza, eravamo una normalissima famiglia), ero percepita come la ‘ricca’ rispetto anche ai miei stessi parenti… ed io mi sentivo in colpa, in difetto: con i miei modi di comportarmi o di fare, diversi dai loro, sentivo di tradire quella mia parte slava che invece mi apparteneva moltissimo e che emergeva dopo i primi giorni di permanenza.

Quel loro modo di vivere, di sentire e di fare era poi all’origine del conflitto con la parte paterna: era tuttavia un ragionamento che stava tutto nella mia testa di bambina, senza che nessuno me lo facesse pesare. Con il crescere, ho cominciato a lavorare su me stessa: è inevitabile che lo si faccia, soprattutto quando si sceglie come mestiere quello di attore, ma nel mio caso sono sempre stata appassionata di psicologia, tanto che mi ci sono anche laureata durante la pandemia per arricchimento personale. E ho accettato l’eterno conflitto capendo quanto in realtà fosse sinonimo di ricchezza: ho delle valigie più pesanti rispetto ad altri.

Come vivevi invece gli anni del conflitto in ex Jugoslavia?

Erano anni di paura. Nonostante non riguardasse direttamente il Montenegro, a livello economico, politico, sociale e culturale per il Paese sono stati anni molto difficili e molto tosti… non dico di estrema povertà ma poco ci mancava. Ricordo che, quando partivamo d’estate in auto per arrivarci, portavamo con noi pasta, olio, riso e tanto altro che all’epoca era irreperibile. Avevo paura che i miei cari non stessero bene, mi auguravo che a loro non succedesse niente e speravo che il Paese non venisse coinvolto in maniera diretta.

Quei viaggi erano pazzeschi. Prima del conflitto, eravamo soliti percorrere tutta la costa croata dopo aver raggiunto Trieste. Ma, dopo, è stato impossibile farlo: ci attendevano percorsi di oltre trenta ora senza alcuna sosta attraverso l’Austria e l’Ungheria per entrare in Serbia. A ogni frontiera la tensione era palpabile: c’erano mille domande a cui dover rispondere. E per una bambina non era semplice avere davanti a sé personale armato, con tutti vestiti in un certo modo, con sguardi sempre dubbiosi e perplessi e toni di voce molto intimidatori.

Erano viaggi infiniti che però allo stesso tempo mi affascinavano e mi incuriosivano. In uno di questi, chiesi a mio padre come mai le case in Ungheria non avessero cancelli: mi stupiva che fosse così. Non ero abituata a vedere abitazioni disperse senza cancelli e solo dopo capii che il loro concetto di proprietà era lontano da quello della ricchissima Brianza da cui provenivo io. Per non parlare di quello di edilizia…

Lavinia Longhi (Foto: Lorenzo Visentin; Styling: Luigi Delia; Make-up: Maddalena Brando; Hair: Xavie
Lavinia Longhi (Foto: Lorenzo Visentin; Styling: Luigi Delia; Make-up: Maddalena Brando; Hair: Xavier Perez; Total Look: Levi's; Press: Maria Grazia Scaccia - Feel Studio).

L’idea di interpretare personaggi stranieri ti è sempre piaciuta tanto che a un certo punto ti sei ritrovata a recitare in Turchia in una dizi, di cui eri protagonista.

Tutto è accaduto per caso. Ho recitato in La signora Enrica, un film con Claudia Cardinale, ambientato tra Rimini e la Turchia. Per delle riprese, siamo stati una settimana a Istanbul: me ne sono innamorata all’istante. Dopo il film, mi hanno proposto una serie tv, Uçurum, di 24 episodi in cui ho recitato in turco.

Ogni episodio durava un’ora e mezza, tanto quanto un film, e tutti i giorni, quando andava bene, si lavorava per 14 ore di fila, altrimenti erano anche 16 o 18, ma è stato bellissimo. La sfida della lingua mi aveva travolta: interpretavo un personaggio a cui sarebbe bastato avere l’accento turco ma ho voluto imparare bene la lingua. La serie non è mai arrivata in Italia attraverso i canali ufficiali: nel 2012, non era esplosa ancora la passione nostrana per le produzioni turche ma è stata venduta in molti Paesi occidentali, dell’Est Europa e arabi… ogni tanto mi scrivevano sui social network fan, ad esempio, dall’Egitto e mi sorprendevo.

La serie avrebbe potuto continuare ancora ma l’arrivo di Erdogan al potere ha cambiato le carte in tavola. Uçurum veniva considerata da tutti scomoda: parla di sfruttamento umano, soprattutto femminile, a Istanbul per cui c’erano violenza e donne in minigonna, di certo in contrasto con il ritorno al velo che nei progetti audiovisivi era sempre più presente.

Sono quindi rientrata in Italia e ho ricominciato a lavorare qui. Dopo un paio di lavori, mi ha chiamato Maccio Capatonda, con cui avevo già lavorato, per Mario, una serie tv fantastica e meravigliosa.

Lavinia Longhi e Maccio Capotonda nel film Italiano medio.
Lavinia Longhi e Maccio Capotonda nel film Italiano medio.

Laureata, oltre che in Psicologia, anche in Storia e conservazione dei beni teatrali, cinematografici e televisivi…

Studiavo e contemporaneamente frequentavo la scuola di recitazione. Rispetto ad altri colleghi, ho cominciato abbastanza tardi ma a spingermi verso la recitazione è stata l’esigenza di far sentire in qualche modo la mia voce. Anche se era un pensiero concettuale: recitando, racconti storie che scrivono altri e interpreti anche personaggi che non ti corrispondono o non ti piacciono. Non sempre abbiamo la fortuna di poter scegliere, soprattutto all’inizio quando si muovono i primi passi. Chiaramente, c’è sempre un minimo di selezione alla base e di orientamento delle scelte: certi ruoli o provini non li ho nemmeno contemplati.

Per quelli contemplati, quanto dura la reazione al “no”?

Il “no” ha sempre un impatto emotivo forte, che può durare 5 minuti come 5 giorni, a seconda di quanto si investe in un progetto, di qualsiasi natura esso sia. Sono più i ‘no’ che si ricevono che i ‘sì’ per cui un attore deve fare sempre un grande lavoro di consapevolezza e di equilibrio su se stesso. Come ripeto spesso ai giovani, il ‘no’ non è mai alla persona: occorre ragionare in termini lavorativi, ci sono dietro mille motivi che nulla c’entrano con te. Però, so anche che a vent’anni è difficile accettarlo e distinguere le due sfere.

Dopo un no, però c’è qualcosa di “carino” che tendo a fare: il confronto con chi è stato scelto al tuo posto, soprattutto per progetti importanti o a cui tenevi. È inevitabile non farlo, rientra nella natura umana ma è divertente come dinamica. Per altri “no”, invece, quando vedo il risultato finale, mi dico che è stato meglio così: non sarei andata in vacanza con i miei figli!

A proposito di scelte: più propensa al comico o al drammatico?

Entrambi, non saprei scegliere. Vorrei far commedia tutti i giorni ma ancora non me l’han fatta fare, per cui aspetto ancora il ruolo che faccia intravedere questo mio lato. C’è bisogno di leggerezza raccontando qualcosa di molto profondo: è il principio della commedia, in grado di raccontare tragicità alleggerendole… la gente dovrebbe in generale imparare a sorridere e a ridere di più delle disgrazie personali e individuali.

Il dramma, invece, dà la possibilità di approfondire determinati aspetti. È molto arricchente, è bello ma è anche molto faticoso: va fatto a piccole dosi, anche perché lascia addosso agli attori un certo peso. In Italia, purtroppo, si ha la tendenza a girare film drammatici in poco tempo richiedendo agli attori di toccare certe corde emotive solo per un periodo limitato quando, invece, occorrerebbe molto più spazio per evitare poi di avere il rammarico di non aver dato quanto si dovrebbe. Spesso si fa il confronto tra attori italiani e attori americani ma è impari: mancano tempo e anche soldi.

Il clandestino: le foto della serie tv

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Negli ultimi anni, osservando il tuo percorso, c’è stato poco cinema…

Io avrei voluto fare molto più cinema, come tutti. Ma sono stati anni un po’ scarni, anche un po’ per scelta personale: ho voluto fare molto la mamma. Non che ora non voglia ma i miei due figli erano piccoli, oggi invece hanno otto e sei anni e iniziano a capire quali sono le altre cose che fa mamma. La più piccola, ad esempio, è venuta sul set di Il Clandestino con me e ha avuto anche un piccolo ruolo in una puntata: è stato molto bello farle vedere cosa vuol dire ciò che fa mamma quando fa quelle cose lì.

E, quindi, alcune scelte le ho subite mentre altre sono state da me fatte. E sono contenta: rispecchiavano molto di più i miei valori e alla fine le ho vissute bene, così come bene ho vissuto il ritorno al lavoro. Lavorare con Edoardo Leo è stato fantastico così come curare i dettagli del mio personaggio, la donna che vive nei ricordi di Luca e con cui ha vissuto una storia d’amore, che continua a vivere nei suoi ricordi, infranta da qualcosa di inconcepibile. Ricordi che sono anche gli unici momenti caldi e gioiosi in cui si vede Luca sereno, nonostante Khadija sia l’ultima persona di cui avrebbe dovuto innamorarsi rispetto ai valori in cui crede.

Ricordi… Sanguepazzo, film che hai girato con Luca Zingaretti e Monica Bellucci, ti ha portato giovanissima a Cannes.

Avevo un piccolo ruolo ma è stato effettivamente un film importante nella mia vita e nella mia carriera. Mi ha portata a Cannes a far la scalinata e a presenziare alla proiezione in sala, ricevendo con i miei colleghi l’applauso del pubblico. Ero piccola ma è stato fantastico: sono arrivate interviste, copertine e tutto il resto… uno snodo per il mio percorso. Così come ricordi di tappe importanti sono state l’esperienza in Turchia e un film che si chiama Anima in corsa, tutto imperniato su di me: avevo tutta la responsabilità sulle mie spalle e affrontavo un tema molto interessante, la vita oltre la vita, proprio mentre stavo vivendo qualcosa di simile in famiglia. Per certi versi, è come se il messaggio speranzoso di quel film avesse portato un respiro anche nel mio privato.

Lavinia Longhi (Foto: Lorenzo Visentin; Styling: Luigi Delia; Make-up: Maddalena Brando; Hair: Xavie
Lavinia Longhi (Foto: Lorenzo Visentin; Styling: Luigi Delia; Make-up: Maddalena Brando; Hair: Xavier Perez; Camicia: Calvin Klein; Jeans: Levi's; Press: Maria Grazia Scaccia - Feel Studio).
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