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Leonardo Mazzarotto: “Le risposte del silenzio” – Intervista esclusiva

Leonardo Mazzarotto
Musicista, scrittore e attore lanciato da La compagnia del cigno, Leonardo Mazzarotto torna in tv nella serie tv Sky Un amore. Occasione che ci ha permesso di incontrarlo per un’intervista a tutto tondo sul suo percorso personale e professionale.

Leonardo Mazzarotto ha imparato presto il significato della parola ‘impegno’. E non poteva essere diversamente per chi come lui, nato nel 1998, ha cominciato sin da piccolo a studiare musica al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, dove poi si è laureato. Mentre i suoi coetanei giocavano ai videogames o uscivano il sabato sera, Leonardo Mazzarotto si dedicava al pianoforte, al violino e alla chitarra, strumenti che non ha mai abbandonato e che oggi lo accompagnano anche nel suo percorso d’attore.

Il primo ruolo da attore di Leonardo Mazzarotto è arrivato con la serie tv di Rai 1 La compagnia del Cigno e da quel momento non si è più fermato. Tra teatro e televisione, ha continuato a coniugare musica e recitazione e, dopo il fatico Andrea Ghira in Circeo, lo stiamo per vedere in Un amore, la serie tv Sky con protagonisti Stefano Accorsi e Micaela Ramazzotti.

Ma se musica e recitazione non vi bastano, Leonardo Mazzarotto è anche uno scrittore di poesie, con due libri alle spalle, Un silenzio resta e, soprattutto, In ascolto.

Leonardo Mazzarotto (foto: Francesco Ormando; Thanks to: Agave).
Leonardo Mazzarotto (foto: Francesco Ormando; Thanks to: Agave).

Intervista esclusiva a Leonardo Mazzarotto

“Il mio ruolo nella serie tv Sky Un amore ha rappresentato una bellissima sfida, anche se interpreto un personaggio secondario”, ci spiega Leonardo Mazzarotto quando cominciamo la nostra chiacchierata. “È una bella responsabilità”, controbatte poi quando gli spieghiamo che, non avendo preso parte alla conferenza stampa (ma è un problema, in generale, delle conferenze stampa Sky per cui non è più prevista la possibilità di partecipare da remoto), non abbiamo visto in anteprima gli episodi della serie.

Un amore è stata ideata da Stefano Accorsi, scritta da lui insieme ad altri autori e diretta da Francesco Lagi. Al centro della storia ci sono sostanzialmente i personaggi di Alessandro e Anna, interpretati da Accorsi e Micaela Ramazzotti. Uno degli aspetti più belli del progetto è che è organizzato su due livelli temporali e, quindi, da giovani Alessandro e Anna hanno il volto di due esordienti, Luca Santoro e Beatrice Fiorentini”.

E tu chi sei in questa storia?

Sono il compagno di Anna da giovane, colui che da adulto è impersonato da Alessandro Tedeschi. Per uno come me a cui Alessandro piace molto, ritrovarsi a interpretare la sua parte nel passato è stato interessante. Come già accadutomi in passato, a determinare la mia scelta per il personaggio è stata ancora una volta la mia preparazione musicale: interpreto un personaggio che è anche il cantante e il chitarrista di una band. Chiaramente, mi hanno scelto come attore ma il mio essere un musicista al provino ha giocato molto: ho portato con me la chitarra, ho suonato, ho cantato e credo di aver colpito molto inizialmente per questo quid in più.

Lavorare su questo set è stato per me una gran bella sfida, come dicevo prima, perché ho dovuto confrontarmi con un livello molto alto da parte di tutti, a cominciare dal regista Lagi. La storia poi ha in sé tutti gli elementi per piacere molto al pubblico perché presenta temi che riguardano ognuno di noi, anche chi magari fa finta di no, e ruotano intorno all’amore, quel sentimento che nel bene o nel male tutti conosciamo.

La musica ti accompagna quasi sempre. Non ti ha tuttavia accompagnato nell’ultima esperienza da attore in cui ti abbiamo ammirato, la serie tv Circeo, in cui interpretavi Andrea Ghira…

…anche perché, tra le righe, dal mio punto di vista un musicista forse non sarebbe mai riuscito a comportarsi come lui. È vero che il male e la cattiveria, come dimostrano anche gli eventi più recenti, possono annidarsi in chiunque ma, per come considero io la musica e, comunque, l’arte in generale, quando si ha una sensibilità di un certo tipo è più complicato essere quella tipologia di persona.

Al di là di ciò, Circeo è stata un’esperienza più che impegnativa a livello attoriale. Ero reduce dalla serie tv La compagnia del cigno, un cui interpretavo un ragazzo che, sebbene le sue difficoltà e i suoi problemi, era un buono, un liceale che studiava musica e che voleva suonare il violino. Era un personaggio assolutamente positivo mentre per Circeo dovevo spostarmi sull’asse totalmente opposto per raccontare una vicenda ai cui temi, per via del momento storico che stiamo vivendo in cui è evidente quanto il problema del patriarcato sia radicato nella nostra società, mi sento molto vicino.

Nonostante dovessi interpretare la parte marcia della vicenda, per me era fondamentale esserci: è stato il mio modo per prendere parte con grande umiltà alla storia di un messaggio che andava trasmesso.

Un amore e Circeo possono essere assurti a metafora di amore da un lato e di morte dall’altro. Cosa significa per un ragazzo della tua età confrontarsi con due temi così grandi che incutono timore sia in positivo sia in negativo?

Personalmente sono un grande fan dell’amore. È quel sentimento su cui sin da più piccolo scrivo poesie, alcune delle quali pubblicate in un libro quando avevo già quindici anni. Erano gli stessi anni in cui al liceo studiavo il Cavalcanti ed ero molto romantico. Con il crescere, pian piano, ho cominciato anche a prendere consapevolezza della parte amara che l’amore poteva riservare e anche la mia scrittura, il modo di raccontarlo, è cambiato.

Ciò che, però, ho capito essere importante è il saper accettare l’amore in tutte le sue forme: farlo evita di arrivare a quell’altra faccia della medaglia che oggi tormenta la nostra società quando diventa possessione o ossessione. In quei casi, non è più amore: quando si supera il limite, è morte, una parola che fa paura quasi solo a pronunciarla.

Leonardo Mazzarotto.
Leonardo Mazzarotto.

Quel libro di poesie si chiamava Un silenzio resta.

Era una pubblicazione molto piccola. Quella più seria è arrivata dopo con In ascolto, il mio libro edito da La nave di Teseo. Il poter pubblicare quel secondo libro è stato la conclusione di un bellissimo percorso: era un viaggio in tutto quello che erano stati i miei anni in quel momento. Racchiudeva ogni aspetto della mia vita, dalla musica alle emozioni e, in particolare, all’amore.

Solitamente si è ‘in ascolto’ quando si rimane in silenzio. E spesso il silenzio è anche sinonimo di solitudine. Che rapporto hai con essa?

Ho un buono rapporto. Nel silenzio è possibile lasciarsi andare alla contemplazione, ad esempio. A volte, quando ci si pongono domande molto difficili, il fatto che ci sia solo il silenzio a rispondere è di per sé una risposta: non sempre c’è necessariamente bisogno di parole che riempiono, ogni tanto va bene anche non avere risposte esplicite o il lasciarle aperte a qualsiasi possibilità. È un po’ questo anche lo spirito che ha guidato il libro… l’ascolto nel mio caso non è soltanto da riferire al mio legame molto forte con la musica ma è da intendere anche come parte integrante del processo creativo, a quell’attesa che non trova nulla se non nel silenzio.

Solitamente per trovare risposte ci si rivolge al viaggio.

E Un amore parla di un viaggio in Spagna. E un viaggio di ricerca e di scoperta è anche quello che racconterò, che racconteremo a teatro dal 2 al 10 marzo, quando all’Off/Off di Roma metteremo in scena uno spettacolo che si chiama Interrail, scritto da Armando Quaranta e Riccardo D’Alessandro (quest’ultimo anche regista). Saremo in scena io, Andrea Lintozzi, Riccardo Alemanni e Federica Torchetti, con cui in un certo qual modo ho condiviso l’esperienza del Circeo (io nella serie tv, lei nel film La scuola cattolica). Racconterà del viaggio di scoperta che quattro amici ventenni affronteranno quando faranno il loro giro per l’Europa vivendo una serie di dinamiche che getteranno nuova luce anche sui loro rapporti. Di per sé, è una commedia ma ha anche risvolti riflessivi e contemplativi.

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Torni quindi a teatro, là dove lo scorso anno hai calcato il palco per il musical Once – Una volta nella vita, tratto dall’omonimo film. In quel caso, portavi con te anche il violino.

Quello spettacolo è stata un’altra piacevole esperienza del mio 2023. È arrivato in maniera inaspettata, anche se nella realtà la possibilità di interpretare un musical era qualcosa che già da piccolo mi incuriosiva. Avevo accantonato l’idea, sono nel frattempo andato in altre direzioni ma il caso sa sempre come sorprenderci: la Compagnia della Rancia mi ha coinvolto nella sfida e l’ho accettata, anche se Once – Una volta nella vita non era esattamente un musical nel senso più filologico del termine.

Lo definirei più uno spettacolo teatrale con tanta, tanta musica e qualche coreografia il cui tema portante è sempre l’amore ma raccontato con estrema verità e con un finale non scontato. Ma il bello dell’interpretarlo è stato proprio questo: raccontare le cose della vita così come sono, senza necessariamente romanticizzare tutto ma dando modo di viverlo e sperimentarlo in maniera sana.

La tournée al momento è conclusa ma spero che si possa continuare a portarla avanti. Dal punto di vista tecnico, sono stato coinvolto come attore, cantante, ballerino e, soprattutto, violinista e musicista. E da sempre cercavo qualcosa che mi permettesse di fare entrambe le cose insieme. C’è stato un periodo della mia vita in cui ho creduto che il coniugare recitazione e musica potesse etichettarmi ma poi ho capito che avrei potuto trasformare quel marchio eventualmente cucito addosso in qualcosa di positivo. Sarebbe stata la mia caratteristica vincente, la peculiarità della mia identità, senza che nulla mi vietasse di cimentarmi in qualcosa che non avesse a che fare necessariamente con entrambi i campi.

È stato il cambio di prospettiva che mi ha fatto vivere le ultime esperienze lavorative con maggiore energia e slancio, aprendomi davanti altri possibili scenari lavorativi che in futuro potrebbero disvelarsi e trasformarsi in qualcosa di molto concreto. In più, mi ha permesso di incontrare persone molto speciali con ognuna delle quali poter potenzialmente lavorare. Di conseguenza, sono molto contento in questo momento della mia vita.

Leonardo Mazzarotto.
Leonardo Mazzarotto.

Studiare musica comporta sacrificio e dedizione.

Sono molto orgoglioso di ciò che faccio e di aver faticato tanto anche da piccolo. Il tutto per me è avvenuto in un’età in cui solitamente chiunque avrebbe il sacrosanto diritto di vivere e agire con più spensieratezza, di uscire o di giocare a calcetto. Mentre tutti lo facevano, a 12, 13 o 14 anni ero sempre molto concentrato sullo studio e sul perfezionamento della mia tecnica al violino. Solo quando sono arrivati i primi riscontri ho realizzato che quei sacrifici avrebbero un giorno avuto un ritorno.

Non ti è pesata la disciplina imposta dallo studio del violino?

Sì, ma l’ho capito a posteriori, tanto che adesso cerco di recuperare tutto ciò che da più piccolo mi è mancato o non ho fatto. Ma non rimpiango l’impegno e la dedizione: ne è valsa la pena. Ciò che condanno invece è l’esagerazione e l’eccesso con cui spesso ci si accanisce su un bambino di quattro anni costringendolo a far qualcosa per otto ore al giorno. Come in tutto, occorrerebbe la giusta misura e, soprattutto, la possibilità di scelta: ci si deve dedicare solo a ciò che si sente di voler fare, senza che nessuno ti imponga altro. Non è stato il mio caso: sono stato fortunato, non mi sono mai sentito costretto. Ho scelto io la musica: l’ho voluta studiare e ho voluto continuare a farlo.

Quando hai capito che era arrivato il momento per te di cimentarti con la recitazione?

La recitazione rientrava tra le rinunce che avevo fatto. Era un sogno, una parte di me che sentivo molto, tanto che da piccolo ho fatto teatro e preso parte a spettacoli a livello amatoriale. Una volta finito il liceo, la chiamata casuale per La compagnia del cigno ha riacceso la fiamma… una chiamata arrivata proprio grazie alla musica e al fatto che suonavo il violino. Una volta scelto per il ruolo, mi sono sottoposto a un lavoro di coaching molto intensivo e personalizzato con una acting coach molto brava che è diventata per me una persona importantissima: Leonarda Imbornone.

Ciò mi ha permesso di arrivare sul set con una preparazione adeguata. E dopodiché non mi sono più fermato: ho continuato con lo studio, con i workshop, con le masterclass e con tutto quello che poteva perfezionarmi. Dico però sempre che la mia vera e propria scuola è stato il set di La compagnia del cigno con le sue due stagioni e con professionisti di altissimo livello, a cominciare da Ivan Cotroneo.

Come hai vissuto la popolarità data da quella serie tv in un’epoca, solo qualche anno fa, in cui i social non erano ancora esplosi?

Parliamo di quattro o cinque anni fa, quando tutti vivevamo un periodo di transizione che avrebbe poi portato all’esposizione di oggi sui social. La popolarità la si viveva in maniera diversa e, anche se non si è trattato di un successo planetario, è stata per decisamente inaspettata e molto sentita, soprattutto nel primo periodo. Ho cercato però di viverla con molta tranquillità: cresciuto con la consapevolezza che occorre uno sforzo per guadagnarsi qualcosa, l’ho sempre vissuta con gratitudine nei confronti di chi aveva apprezzato il mio lavoro.

Leonardo Mazzarotto.
Leonardo Mazzarotto.

Bello e impossibile è stato il titolo di un tuo spettacolo teatrale dello scorso anno. Credi che l’aspetto fisico abbia contribuito ad aumentare la popolarità?

Il lavoro di attore è anche legato all’aspetto fisico ma non può l’eventuale bellezza essere funzionale o meno alla qualità del proprio lavoro. A fare la differenza è la connessione delle due sfere: chiaramente, il primo impatto è quello estetico ma non serve a molto se non è accompagnato dal talento. Onestamente, senza falsa modestia, non mi sono mai ritenuto particolarmente bello ma l’essere percepito come un bel ragazzo credo possa avermi aiutato a muovere i primi passi ma poi è servito ben altro, ovvero tutte quelle qualità per cui ho dovuto sudare e che la genetica non poteva donarmi. Adagiarsi sulla sola bellezza a lungo andare rischia di diventare un ostacolo.

Tornando al tuo essere musicista, non senti il desiderio di comporre qualcosa di tuo?

Fa parte dei miei progetti e delle mie idee. Per carattere, tendo a rimandare il momento ma spero di farcela prima o poi. Mi sono cimentato nella composizione di qualcosa di mio per uno spettacolo teatrale che ho portato in scena lo scorso luglio: avevo scritto le musiche originali e le ho eseguite live ma il tutto è rimasto circoscritto a quella situazione. Mi piacerebbe far qualcosa di più grande ma da procrastinatore seriale rimando sempre.

Rimandi per paura dell’impegno o della grandezza di quello che potrebbe arrivare?

Non lo so… è una di quelle risposte che sto aspettando nel silenzio.

Come reagisce Leonardo di fronte a un ‘no’ a un provino?

È un tema abbastanza caldo in quest’ultimo periodo in cui i provini sono aumentati. A causa del CoVid, ha preso piede la formula del self tape e, di conseguenza, è aumentato il numero degli aspiranti a un ruolo. Si è creata l’illusione che ci siano più possibilità per tutti ma in realtà con i self tape è diventato ancora più facile essere scartati rapidamente: basta aprire un video, vedere il volto e scartarlo perché non piace senza valutarne il talento. Un ‘no’ arriva così molto più facilmente e molto più spesso, ragione per cui a livello personale ho dovuto lavorare. Fortunatamente, ci sono anche dei ‘sì’ nel percorso… Oggi, a livello pratico, ricorro a un trucchetto: invio il self tape e me ne dimentico. È inutile rimanere lì a chiedersi se andrà a buon fine o meno.

Ti fa paura l’ipotesi del fallimento?

Sì, certo. Anche se sono convinto che chi lavora seriamente e ha qualcosa da dire difficilmente fallirà. Ma questo non vuole che non si debbano avere dei piani B, non è una vergogna. È importante credere nel proprio piano A ma ci sono anche quelle circostanze in cui si deve avere la lucidità per ammettere che non sia quello giusto. E allora in quel caso occorre fare in modo che il piano B si trasformi nel nuovo piano A.

Un amore: Le foto della serie tv

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