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Lil Jolie: “Una donna libera anche quando ero una bambina” – Intervista esclusiva

Lil Jolie
Lil Jolie, emersa come voce distintiva nel panorama musicale dopo la partecipazione ad Amici, ci presenta il suo nuovo EP La vita non uccide con un’intervista in esclusiva in cui si rivela una narratrice di storie profonde e una guida per le nuove generazioni.
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Lil Jolie si è distinta come una voce unica nel panorama musicale contemporaneo, intrecciando le sfide della ribellione giovanile con la maturità poetica di un'artista che ha già vissuto diverse vite artistiche. Il suo nuovo EP, La vita non uccide (BMG), rilasciato il 17 maggio dopo la sua notevole partecipazione al popolare talent Amici, rappresenta un significativo passo avanti nella sua carriera, segnando la sua transizione da promettente talento emergente a narratrice di storie profonde e coinvolgenti.

Il titolo dell'EP, La vita non uccide, riflette una filosofia personale e intensamente sentita: la vita, con tutti i suoi alti e bassi, è intrinsecamente una realtà splendida e irrinunciabile. Ogni traccia dell'EP è come un capitolo di un diario emotivo che esplora diverse sfaccettature dell'esperienza umana, combinando introspezione personale con una risonanza universale. Lil Jolie utilizza la sua musica per toccare temi come l'amore, la paura, la resilienza e la redenzione, rendendo ogni canzone un'invocazione alla comprensione e all'accettazione di sé.

Cresciuta a Caserta e trasferitasi a Milano, Lil Jolie porta con sé un background culturale ricco e variegato che si riflette nelle sue liriche. Da giovane ribelle che infrangeva le regole a cantautrice che collabora con nomi noti dell'urban e dell'hip hop italiano, la sua musica ha continuato a evolversi, attirando l'attenzione sia del pubblico che della critica. La sua capacità di fondere il cantautorato italiano con sonorità più moderne fa di lei una delle voci più fresche e originali del panorama musicale attuale, con o senza autotune.

Nel nostro dialogo, Lil Jolie ha condiviso riflessioni su come le sue esperienze personali abbiano plasmato il suo approccio artistico e come, attraverso la sua musica, cerchi di trasmettere messaggi di forza e speranza. "La vita non uccide perché ogni tanto mi dimentico di quanto sia bella e meravigliosa la vita," ci dice Lil Jolie, esprimendo un sentimento che risuona profondamente in un'epoca segnata da incertezze e sfide. Con La vita non uccide, Lil Jolie non solo si conferma come artista di talento ma si propone come voce guida per una nuova generazione che cerca di trovare la propria via in un mondo complesso.

Lil Jolie (Foto: Giacomo Gianfelici; Press: ON Out Now / Mariarosaria Panico).
Lil Jolie (Foto: Giacomo Gianfelici; Press: ON Out Now / Mariarosaria Panico).

Intervista esclusiva a Lil Jolie

La vita non uccide perché ogni tanto mi dimentico di quanto sia bella e meravigliosa la vita”, mi risponde Lil Jolie sulla ragione che l’ha portata prima a scrivere una canzone con tale titolo e poi a sceglierla come title track del suo EP, il primo dopo l’esperienza ad Amici. “Ho scritto la canzone in un momento in cui mi dicevo “Che palle, che vita di merda!”. Considero quasi una benedizione l’essermi ricordata che invece non potrà mai uccidere tutte le cose belle che ci regala, le emozioni, il sole, le carezze o i baci”.

Tra le frasi che canti in La vita non uccide emerge “non mi racconto, non lo so fare”.

Mi riguarda molto da vicino: quando devo parlare di qualcosa per me importante, mi chiudo e preferisco farlo attraverso la musica.

Una chiusura che sin da bambina ti ha portato ad abbracciare presto una chitarra per rompere la routine quotidiana.

Vivendo in un paesino molto piccolo dalla quotidianità molto monotona, avevo altri stimoli che mi facevano sentire un po’ la pecora nera del quartiere o della scuola. Non mi sentivo molto capito dalle persone, soprattutto dagli amici del liceo, e quindi evadevo da quel mondo. Da adolescente, prendevo anche un treno e andavo a Napoli, dove conoscendo un po’ di gente ho avuto modo di incrociare anche un produttore con cui poi ci ritrovavamo il sabato pomeriggio a casa sua a comporre musica.

Il mio unico diversivo era diventato quello: prendere il treno, andare a Napoli, fare musica e tornare a casa la sera. I miei genitori non erano molto contenti della mia ‘evasione’ per via dell’ansia che generava loro sapere che la loro figlia, a 15 o 16 anni, prendeva da sola un treno per avventurarsi nella grande città. Mamma, soprattutto, chiedeva che con me venisse sempre qualcuno, aveva giustamente paura e io qualche volta placavo le sue domande rispondendo con una bugia. Dicevo che con me c’era tizio o caio quando in realtà non c’era nessuno a farmi compagnia.

Era una piccola bugia bianca, dopotutto, che mi permetteva di mandare avanti la mia autodeterminazione: ciò che volevo era solo fare musica, non stavo bene dov’ero e cercavo in tutti i modi di fare ciò che mi rendeva felice.

Ti sentivi più diversa o ribelle?

In un primo momento, pensavo di essere ribelle nel fare ciò che non si poteva. Ma in realtà ero semplicemente una ragazza determinata a inseguire il suo proprio sogno. Agli occhi della gente del mio paese ero la scapestrata di turno, non capendo come fossi solo una grande sognatrice.

È cambiato il tuo sogno crescendo?

No, non è cambiato. E forse l’aspetto più bello di me, ciò che mi definisce da tanto tempo è proprio il mantenere costante il sogno. Chi mi conosce da bambina, sa che la musica è sempre stato il mio unico e solo obiettivo, l’unico motivo per cui mi alzassi la mattina e che mi permettesse di essere compresa.

Ti fa paura il non riuscire eventualmente ad agguantarlo?

È la mia più grande paura. Tutti i miei timori sono correlati tra di loro e hanno una matrice comune: la musica. Perché ad essa associo la necessità di essere, appunto, compresa.

Uscendo da Amici, hai temuto che il sogno si stesse infrangendo?

In verità, no. Sono uscita da Amici ancora più consapevole delle mie potenzialità e del fatto che comunque era stata per me una bella esperienza da vivere. Però, la vita è quella che fuori da una scuola televisiva: il mondo reale… un mondo che a tratti mi spaventa ma che, comunque, mi spinge a fare sempre di più. Stando lì dentro, si vive un po’ nell’illusione che tutto ti è dovuto e tutto ti è regalato ma a me non piace vincere facile.

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Dentro a quella che era la bolla sospesa del programma hai avuto la percezione che la tua musica stesse arrivando?

È una sensazione che ho percepito con il primo pezzo che ho portato (Follia, contenuto nell’EP, ndr): aveva avuto un bell’impatto. È lì che mi sono detta che forse non era solo un sogno e che ce la potevo fare. Non che mi sentissi arrivata: non mi ci sentivo, non mi ci sento e sono sicura per come mi conosco che non mi ci sentirò mai: ho voglia di fare sempre di più.

Alla luce delle esperienze che hai vissuto, ti è tornato utile il programma?

Certo. Quando sono stata ammessa, stavo vivendo un periodo molto difficile a livello personale. Ero convinta che non ce l’avrei mai fatta da sola e, invece, l’esserci riuscita ha fatto sì che da adolescente mi rendesse veramente una donna. È così che mi sento oggi, una donna.

Grande aiuto in tale percorso di crescita ti è venuto da quelle figure che davanti alle telecamere non si vedono quasi più: i vocal coach.

Sicuramente mi hanno aiutato a livello vocale, l’aspetto che ovviamente tutti notano. Anche se è a livello umano che ho trovato forte empatia, soprattutto in Lalla Francia, la vocal coach con cui passavo più tempo. Tra di noi, si è creato un forte legame che andava al di là del rapporto professionale. Ricordo come rimanessi ammaliata ad esempio quando mi raccontava delle sue esperienze lavorative con alcuni dei più grandi cantautori italiani: me lo porterò sempre dentro.

Per citare Attimo, una delle tracce del tuo EP, ti sei goduta il momento?

L’ho vissuto per qualche secondo. Come dico sempre, mi godo l’attimo ma ho bisogno di tempo per immagazzinarlo, elaborarlo e metabolizzarlo. Magari l’ho semplicemente vissuto ma ancora non ho capito cosa ha rappresentato. Accadrà di certo tra qualche mese quando nella mia testa riaffioreranno quei ricordi e ne capirò la portata: sono una grande amante degli amarcord e della nostalgia.

La nostalgia è un ottimo motore per la creatività.

Ogni canzone che ho scritto nasce dai ricordi che conservo nella mia memoria. Tutti i momenti felici passati con i miei amici mi hanno ad esempio ispirato molto: ogni cosa che vivo e conservo dentro di me gioca un ruolo determinante per i racconti delle mie canzoni.

Il singolo che fa da apripista a tutto l’EP è Kiss me, che ti ha permesso di collaborare con Madame. Fondamentalmente parla di amore in varie declinazioni: proibito, libero, mentale, passionale. Cos’è per te l’amore?

L’amore è non pensare… è stare con la persona amata e non pensare a nulla proprio perché ti toglie la ragione e la lucidità. Viverlo mi ha permesso di capire quanto in realtà io sia fragile: quando mi lascio andare o piango sono una bella persona.

Perché solitamente non ti piaci?

Sì, mi piaccio ma sono sempre molto tesa nella vita di tutti i giorni. Vorrei invece sempre stare nell’illusione per togliermi la tensione di dosso.

La stessa tensione di cui si parla anche in Non è la fine, altro inedito dell’EP. Non è legata all’amore ma parla delle incertezze, dell’essere spaventati e delle paure in generale. Come si trasforma un pezzo “doloroso” in un atto di incoraggiamento e, volendo, di resilienza?

È la canzone che ha segnato per me l’inizio di qualcosa di nuovo. Ero reduce, anche quella volta, da un periodo “strano”, non avevo ancora capito cosa stava succedendo dentro di me ma avvertivo che stava per cominciare un cambiamento. Ho scritto poi di getto il testo, immaginando cosa fosse la felicità e ne è venuta fuori una delle canzoni a cui sono più legata.

L’EP si chiude con la cover di Per Elisa, una canzone che parla di dipendenza da sostanze tossiche.

Dal mio punto di vista, parla di dipendenza in generale: una droga può anche essere una persona. Sotto quest’ottica, c’è stato un periodo in cui mi sono sentita molto dipendente… ma per fortuna oggi mi sento molto indipendente.

Quando hai capito che volevi essere tu a tenere le redini della tua vita?

Eh, l’ho capito tardi, forse anche da poco tempo. Ma non conta il quando è stato, conta averlo capito e voler cantare la propria indipendenza, manifestandola in tutti i modi possibili.

Lil Jolie (Foto: Giacomo Gianfelici; Press: ON Out Now / Mariarosaria Panico).
Lil Jolie (Foto: Giacomo Gianfelici; Press: ON Out Now / Mariarosaria Panico).

La vita non uccide segna il tuo ritorno nel mondo discografico. Sei una giovane donna e la domanda è quasi d’obbligo: pensi che se fossi stata maschio avresti avuto maggiori opportunità?

Mi auguro di non dover affrontare mai più l’argomento perché vorrei che non ci fossero più distinzioni tra uomini e donne. L’unica discriminante dovrebbe essere la musica: diamo spazio a essa e al talento. Sinceramente, a me darebbe fastidio finire in una playlist di sole donne perché sono semplicemente donna e non per la musica: vorrei finirci per merito e non per il genere di appartenenza. Ho sempre mal tollerato le quote rose perché le vedo come un’imposizione: che senso aveva ad esempio a scuola quando si eleggevano i rappresentanti di classe che uno delle due fosse una ragazza e poi non aveva le competenze per ricoprire quel ruolo?

Partirà a breve anche il tuo primo instore per la presentazione dell’EP in giro per l’Italia. Ti spaventa l’incontro diretto con i tuoi fan o follower?

Sono molto spaventata proprio perché è la prima volta che mi cimento con questo aspetto del mio lavoro. Inizierò da Napoli e mi aspetto di sentirmi a casa: partirò con il piede e lo sprint giusto.

Cosa ti dispiacerebbe che si dicesse di te?

Che sono antipatica. È qualcosa che qualcuno mi ha già scritto nei commenti dopo la mia partecipazione ad Amici e che mi ha ferito leggere. Mai nessuno aveva avuto tale percezione di me: sono sempre stata una persona molto istrionica, una pazza, e mi dispiace che mi si percepisca come antipatica solo perché, per via della tensione o delle emozioni in gioco, non mi capitava di sorridere in determinate circostanze. Come se il talento o la simpatia si misurassero con il sorriso o le espressioni davanti a una telecamera: nel mio caso, sorrido solo quando mi va o c’è veramente ragione di farlo.

Rispetto a Bambina, il tuo primo EP, ti senti cambiata?

Sì. Mi sento cresciuta. Mi sento una donna: non sono più una bambina, ho capito chi sono davvero, chi voglio essere e quali sono i messaggi che voglio dare con la mia musica.

…una donna libera?

Assolutamente. Ma mi sentivo una donna libera anche quando ero una bambina.

Quali sono stati i modelli di ispirazione per la tua musica?

Prima di tutto, il cantautorato italiano per i testi: devo ringraziare mio padre per la sua cultura musicale. E poi il mondo della canzone francese per la parte musicale.

Il cantautorato però non prevedeva l’autotune.

Ma siamo anche nel 2024. Usarlo non è un reato, l’importante è avere talento e non strafare. Come se poi negli anni passati non si correggesse la voce in postproduzione, ad esempio: il problema è averlo detto e averlo sdoganato, come al solito “beata ignoranza”. In sala di registrazione non tutti erano Mina per cui “buona la prima”…

L’uscita dell’EP ti rende felice?

In ansia ma felice.

Chi è la prima persona che hai chiamato allo scattare della mezzanotte quando l’EP è stato disponibile sulle piattaforme?

Mia mamma…

Lil Jolie (Foto: Giacomo Gianfelici; Press: ON Out Now / Mariarosaria Panico).
Lil Jolie (Foto: Giacomo Gianfelici; Press: ON Out Now / Mariarosaria Panico).
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