Dopo il successo della sua partecipazione a X-Factor nel team capitanato da Fedez e il brano Fiori sui balconi, Linda Riverditi torna con un nuovo singolo forte, fresco e assolutamente generazionale: 17 anni (Panico), su etichetta Mescal distribuito da Ada Music Italy. Scritta da Linda Riverditi stessa quando aveva l’età del titolo e prodotta da Brail (Iacopo Sinigaglia), la canzone descrive la distanza spesso abissale tra gli adolescenti e il mondo “adulto”, cogliendo i sentimenti di quella Generazione Z che da un lato si mangia il mondo e dall’altro lo subisce.
Diciassettenne anni rappresentano per tutti un’età fantastica ma spesso è anche quella in cui si sente il peso sulle spalle di macigni enormi da portare da soli. La convinzione, come ci canta Linda Riverditi, è quella che nessuno possa essere d’aiuto, nemmeno i genitori stessi. “Mi sentivo lontana, incompresa e giudicata dai miei genitori in quel periodo”, ha raccontato Linda Riverditi. “La canzone parla del forte dolore che provavo nel subire costantemente i loro problemi, senza che i miei venissero calcolati. C’è tanta rabbia, tanta tristezza, ma c’è anche tanto amore”.
L’invito che Linda Riverditi rivolge a chi vive la stessa condizione è quella di non sentirsi mai soli e di provare, anche con tanta forza di volontà, “a uscire dalla merda”, parola che usa senza troppi giri di parole nel corso dell’intervista esclusiva che ci ha concesso. Ed è un’intervista la nostra tesa a conoscere meglio Linda Riverditi e il suo mondo, anche al di là di 17 anni (Panico).
Le abbiamo infatti chiesto cosa abbia significato per lei crescere in una piccola città come Alba, che peso avesse avuto quel tweet di Damiano dei Maneskin dopo la sua esibizione a X-Factor con Coraline, chi sia la Linda di oggi e quale sarà il suo domani. E concise e dirette, senza troppi fronzoli, sono le sue risposte.
Intervista esclusiva a Linda Riverditi
17 anni (Panico) è il tuo primo singolo dopo X-Factor. Com’è nata la canzone?
È nata da una lettera che ho scritto realmente ai miei genitori quando avevo 17 anni. Una lettera che non ho mai consegnato loro perché un po’ troppo esplicita. Come canzone, è venuta fuori spontaneamente un pomeriggio mentre ero in studio con un mio amico… beh, più che in studio in camera sua attrezzata a piccolo studio. Ho tirato giù due accordi e, non sapendo cosa scriverci sopra, ho aperto il mio diario dove stava scritta la lettera e l’ho tradotta in canzone.
Qual è stata la reazione dei tuoi genitori nel momento in cui tramite la canzone hanno scoperto la lettera e il suo contenuto?
Hanno sentito la canzone quand’era ancora registrata in maniera molto artigianale. Mia mamma si è messa a piangere mentre mio padre ha negato il tutto.
17 anni (Panico) sembra voler parlare di scontro generazionale tra adulti e giovani, in quel momento particolare che è l’adolescenza. Chi era Linda a 17 anni?
A 17 anni ero totalmente persa nel vuoto. Non avevo idea di che cosa fare: la scuola stava andando malissimo ed eravamo nel mezzo della pandemia. È stato un passaggio della mia vita dove tutto era molto complicato. Più che di scontro generazionale, il testo mette in evidenza come molte persone dell’età dei miei genitori (quando io avevo 17 anni, loro avevano intorno ai 40, quindi erano ancora giovanissimi) si portino ancora dietro strascichi dell’adolescenza fino al punto da comportarsi come se ne vivessero una seconda. A me è sembrato quasi di dovermi prendere io cura di loro e non viceversa, come se si fossero ribaltati i ruoli. Tra l’altro, in quel periodo si stavano anche separando e la situazione era ancora più complicata. Il problema era forse proprio loro insieme.
Da quando il tuoi genitori si sono separati il rapporto con loro è cambiato?
Era già cambiato quando si erano separati la prima volta, quando io avevo dieci anni. Si erano rimessi insieme quando ero sedicenne e si sono lasciati di nuovo quando io mi avvicinavo ai diciotto anni.
Perché hai scelto proprio 17 anni (Panico) come tua prima canzone e non una delle tante altre che nel frattempo hai scritto?
Perché altrimenti non sarebbe mai uscita e sarebbe rimasta nel cassetto. Non è propriamente in linea con quello che vorrei proporre in realtà a livello di genere musicale. È fuori da quello che ho in mente e, quindi, mi sembrava giusto farla uscire come primo singolo: era la canzone che avrei voluto portare a X-Factor ma a cui hanno preferito Fiori sui balconi, non scritta da me ma dai Bnkr44 e Iacopo Sinigaglia.
Nel testo del brano si fa un riferimento esplicito al “tagliarsi le vene”. È una metafora per indicare la disperazione del momento o è accaduto realmente?
Ci sono andata molto più che vicino… è un modo per dire che ho provato a fare una determinata cosa (ma non in quella maniera) e non solo una volta. Riguardando indietro, da un lato capisco il mio stato emotivo di allora ma dall’altro lato, e lo dico a tutti quanti, ho capito che c’è tanto di meglio nella vita.
Hai avuto in quei momento la possibilità di chiedere aiuto o hai risolto tutto da sola?
Ho fatto dei percorsi di psicoterapia ma non mi sono stati molto d’aiuto. Forse perché non ho incontrato le persone giuste per me. Alla fine, ho navigato da sola dentro la disperazione e mi sono da sola tirata fuori: basta volerlo. Serve molta forza di volontà ma soprattutto il desiderio di mettere un po’ di cose sotto il tappeto anziché affrontarle: si affrontano solo quando si ha la forza di farlo.
Oggi hai vent’anni. In cosa è cambiata Linda da quando ne aveva diciassette?
In tutto. Ma il cambiamento più grande è stato l’andare a vivere da sola e acquisire maggiore libertà e indipendenza. Vivo in una specie di piccola dépendance staccata dalla casa di mio padre e sono totalmente autonoma: ho i miei spazi, decido io cosa fare delle mie giornate e come muovermi in casa mia. Rispetto ad allora, prendo un po’ più seriamente la musica.
“Mi ritrova a fare sbagli per potermi insegnare”: qual è l’insegnamento più grande che ti sei data?
A tirarsi fuori dalla merda. E tirarsi fuori dalla merda significa anche rimettersi in discussione, smontarsi e rimontarsi mille volte.
E hai trovato la tua identità?
Sono ancora alla ricerca di quella giusta. A vent’anni sono ancora giovane per aver trovato quella definitiva.
Cos’è che ti fa più paura oggi?
Il fallimento, per forza. Mi fa paura il non riuscire a raggiungere i miei obiettivi. Sono tanti gli ostacoli che potrei incontrare ma il più grande di tutti è la fortuna. Puoi essere la persona più talentuosa del mondo ma se la fortuna non ti assiste non vai da nessuna parte. Serve culo.
Tu pensi di aver avuto culo nel tuo percorso musicale?
sì, assolutamente. Non ho cercato io, ad esempio, l’iscrizione a X-Factor: è stata una talent scout a farlo, personalmente non l’avrei mai fatto.
Consideri anche un colpo di fortuna il tweet di Damiano dei Maneskin dopo la tua esibizione in Coraline durante il corso del talent?
Fortuna? No, in quel caso bravura. Ricordo che ero in macchina e stavo andando a Milano quando il mio telefono ha cominciato a esplodere di notifiche: Twitter, Instagram, Facebook… mi sono dovuta fermare sul ciglio della strada per capire cosa fosse successo. Avevo migliaia di direct su Instagram in cui tutti mi dicevano che mi aveva scritto Damiano. Io non capivo, cercavo questo messaggio di Damiano ma non lo trovavo… fino a quando non ho poi visto Twitter.
Hai iniziato a studiare pianoforte a quattordici anni. Scelta tua?
In realtà, ho imparato a suonarlo da autodidatta. Ho poi preso lezioni quando ho fatto il liceo musicale ma per poco tempo: nel frattempo, è subentrato il lockdown, hanno chiuso tutto e ho dovuto continuare da sola.
A proposito di lockdown, lo hai vissuto in piena adolescenza. Cosa ti è mancato maggiormente in quel periodo?
La libertà di poter uscire con i miei amici, la libertà di poter andare in vacanza e la libertà di poter fare le cazzate che fanno tutti i sedicenni. Sto cercando ora di recuperare qualcosa.
E chi è ora Linda?
È una ventenne che sta iniziando a prendere in mano la sua vita e che sta entrando nell’età adulta.
L’adulta che diventerai quale errore cercherà di evitare?
Proverà a essere meno testa di cazzo ogni tanto. Il problema è che ancora non so distinguere come far le cose senza esserlo. Vorrei essere più tranquilla ma per carattere non ci riesco.
Sei cresciuta ad Alba, in provincia di Cuneo. Ti è costato crescere in una realtà così piccola?
Da bambina, credo sia stato il regalo migliore che potesse capitarmi. Vivere in una città così piccola ha fatto sì che i miei genitori mi lasciassero molto più tranquillamente uscire con i miei coetanei anche il pomeriggio, andare a prendere un gelato con loro o scorrazzare in giro con la bicicletta. Era una realtà molto più sicura di altre che mi ha fatto un po’ da culla. Intorno agli undici anni, quando è subentrato il turbinio dell’adolescenza, ho invece cominciato ad annoiarmi: sentivo di non avere le possibilità o le opportunità che mi avrebbe potuto dare una grande città. Mi sono sentita molto limitata… ma poi la mia dose di fortuna mi ha permesso anche stando ad Alba, nel mio comfort, di farmi notare in qualche modo.
Crescendo, hai mai avvertito pregiudizi nei tuoi confronti?
Uh… Ma li avverto tuttora: alle persone basta guardarmi in faccia per stare loro sui cosiddetti. Sarà per colpa anche della mia espressione: sembro sempre scazzata…
E ti fanno male?
No. Non me ne frega niente. Quand’ero più piccola, mi dava certamente fastidio perché non ne capivo le ragioni, oggi no: si chiama consapevolezza e autodeterminazione. Come dicevo prima, provo a levarmi dalla mia merda e per farlo è fondamentale evitare di farsene aggiungere altra sopra: diventerebbe poi veramente difficile.
Ti ha mai causato problemi la tua identità sessuale?
Se viene enfatizzata, sì. Sono stata guardata con sospetto ma più che altro sono in tanti a rimanere sconvolti quando dico di essere una femmina. A volte lo capisco: sono la prima a confondermi! Ma non mi dà chissà quale fastidio perché sono in pace con me stessa.
Stai lavorando al tuo primo album. Cosa dobbiamo aspettarci?
Sarà un progetto particolare. Sto cercando un sound che sia solo mio e basta, che mi renda riconoscibile. Sono molto contenta finora del lavoro fatto e mi sto divertendo molto. A livello di produzione, voglio dare spazio a ragazzi giovani che, come me, hanno idee fresche e in studio sono delle macchinette da guerra. Hanno una fame diverse ed è insieme a questa gente che io vorrei crescere.