Testa x aria (Sony Music Italy) è il nuovo singolo di Lorenzo Fragola e Mameli. È il terzo brano, dopo Attraverso e Luna Fortuna, con cui prosegue la collaborazione artistica e l’amicizia tra i due cantautori.
‘So che vuoi volare, paura di cadere ma tu lasciati andare vedrai che poi andrà bene’... così cantano Lorenzo Fragola e (Mario) Mameli in Testa X Aria, una ballad emozionante che racconta come ognuno di noi viva nella costante altalena tra la paura di volare e appunto la paura di cadere. Un brano che coinvolge innanzitutto i due artisti che vivono questa canzone come ‘un incoraggiamento’, una cura per loro stessi, ma che in realtà parla a tutti, soprattutto alla generazione di giovani che si sente sempre in bilico nell’ansia di non sapere quello che verrà.
Lorenzo Fragola e Mameli hanno molto in comune. Sono entrambi nati nel 1995, sono originari di Catania e hanno un talent importante alle spalle (X-Factor uno, Amici l’altro). Ma hanno anche una bella dose di sensibilità che traspare sì nei loro testi ma soprattutto nel rapporto che li lega. Reduci da esperienze personali e lavorative complicate ma anche dolorose da gestire, si sono ritrovati per caso e hanno deciso di trasformare la loro amicizia in qualcosa di creativo. Ma senza aspettative. Anzi: liberi di ripartire da zero e tornare a considerare la musica una priorità senza di cui poter fare a meno.
Il perché ce lo raccontano Lorenzo Fragola e Mameli nel corso di quest’intervista in esclusiva. Che non solo un’intervista promozionale: dalle parole, emerge il ritratto di due giovani uomini che hanno imparato a lasciarsi andare e a volare. E ci vuole coraggio per farlo: come ricordava Sepulveda, solo chi ha le ali osa volare. E loro le hanno spiegate.
Intervista esclusiva a Lorenzo Fragola e Mameli
Cosa rappresenta Testa x aria in questo vostro percorso a due, arrivato alla terza tappa?
LF: Per me è un brano molto più significativo rispetto a quello che abbiamo fatto finora. Testa x aria è un po’ la sintesi dell’incontro tra me e Mario perché parla di noi e di qualcosa che abbiamo in comune con moltissime altre persone: la paura e l’ansia del futuro, che rappresentano la nostra generazione. Apparteniamo a una generazione molto precaria e facciamo un lavoro che è altrettanto precario. Anche io e Mario ci siamo ritrovati ad esempio a un certo punto senza poter lavorare.
Testa x aria è, dunque, un brano che ha più valenze ma è prima di tutto un incoraggiamento a lasciarsi andare, a buttarsi nelle cose e a cercare di godersi il volo. Fa paura stare con la testa per aria, sognare, ma bisogna lasciarsi andare: vedrete che andrà tutto bene. Ce lo siamo detti noi e lo ripetiamo nella canzone.
A chi dei due è venuta l’idea di effettuare un vero lancio con il paracadute per il videoclip?
MM: Avevamo appena scritto la canzone quando quest’estate ci siamo ritrovati in studio ad ascoltare il master definitivo. Qualche giorno prima un’amica che fa paracadutismo ci aveva parlato del lancio. È stato lì che Lorenzo l’ha lanciata come idea, io non l’avevo nemmeno preso sul serio. Lo ascoltavo ma non pensavo che si sarebbe tramutata in realtà ciò che stava dicendo. In vita mia, non avevo nemmeno mai pensato di lanciarmi da un aereo, non era nella lista delle cose da fare.
Non so poi con quale forza mistica mi abbia convinto: è stata anche un’operazione di convincimento abbastanza veloce. Che cosa figa, facciamola… ma da lì il dramma: ho vissuto malissimo l’attesa del lancio. Non tanto per il lancio in sé: sapevo semmai che ci sarebbe stato un momento in cui avrei provato paura. È come quando sai che tra un’ora ti daranno uno schiaffo: vivi con l’ansia sapendo che accadrà! Non è come qualcosa che ti arriva a sorpresa e ti coglie impreparato: ero consapevole che avrei provato una forte paura.
I giorni che hanno preceduto il lancio, Lorenzo era carico a palla. Ma, quando il lancio è arrivato, si è preso la paura dritta in faccia. Al contrario di me che, invece, mi sono tranquillizzato. Non so spiegare perché ma è tutta una questione di percezioni e sensazioni.
Chi dei due ha la testa più per aria? E chi invece prova a far ritornare l’altro con i piedi per terra?
MM: Dipende dalle situazioni. Ricordo circostanze in cui è Lorenzo a placare me e altre in cui sono io a farlo. È tutto molto collegato all’umore. Comunque, di per sé, lavoriamo entrambi molto di immaginazione: alcune volte arriviamo chissà dove con le nostre paranoie, i nostri sogni o le nostre paure. Siamo però entrambi bravi a equilibrare: un giorno lui aiuta me, un altro giorno io aiuto lui.
LF: Io sono un po’ più fuori di testa. Sono un po’ più lunatico e anche incostante. Certi giorni sono proiettato più verso la dimensione onirica o la fantasia, fuori dalla realtà, e altri giorni sono molto più pratico o cinico. Mario invece è meno polarizzato: oscilla all’interno dei suoi ragionamenti tra sogni e realtà senza prese di posizione come le mie.
Un verso di Testa x aria dice “starai meglio quando al mondo sorriderai”. Quand’è l’ultima volta in cui siete stati meglio?
LF: Non so dirti qual è stata l’ultima volta in cui mi sono sentito meglio. Posso però affermare che il lavoro portato avanti con Mario rappresenta uno dei periodi ultimamente più belli. Per me, rappresenta il momento di totale ripresa che mi porto nel cuore: è molto importante non tanto artisticamente ma proprio a livello umano. Se devo scegliere un ricordo specifico in cui mi sono messo a sorridere non ho dubbi: il giorno del lancio. Era tutto tragicomico: stavo molto male ma allo stesso tempo era una di quelle esperienze, talmente belle e talmente forti, che mi ha fatto sentire felice di essere vivo e dire “che bello il mio lavoro, mi permette di fare anche questo!”.
Ma anche un altro momento per me si è rivelato molto bello. Eravamo in attesa che a mezzanotte Testa x aria uscisse su tutte le piattaforme. Intorno alle 22.30, a un’ora e mezza dalla release, con Mario abbiamo ascoltato per l’ultima volta la canzone dalla nostra cartella dei file prima che diventasse di tutti. E abbiamo urlato fortissimo. Solitamente, non se ne può più di sentire una canzone per quanto ci hai lavorato sopra: per noi quell’ascolto invece è stato forte, molto liberatorio.
Lorenzo, hai scritto sui social che grazie a Mario hai riscoperto la voglia di tornare a fare musica. Cosa ha portato Mario nella tua esistenza?
LF: Noi siciliani, cresciuti un po’ con il mito del machismo, facciamo fatica a dirci le cose guardandoci negli occhi. Quindi, sfrutto sempre le interviste per dire qualcosa di bello nei confronti di Mario: ha portato nella mia vita, per caso, destino o chiamatelo come volete, un cambiamento importante a livello sia artistico sia personale.
Ci sono amori a prima vista e altri che maturano nel tempo. All’inizio, non immaginavo che sarebbe andata come è andata. Pensavo che fosse uno dei tanti incontri della vita ma pian piano ha assunto sempre più peso, diventando fondamentale. Mi sono reso conto che con lui mi sentivo me stesso, totalmente, nel bene e nel male, con i miei difetti e i miei problemi. Ho raccontato a lui per la prima volta quello che vivevo e lui mi ha reso partecipe di cose sue molto personali.
Prima di conoscere Mario, avevi anche pensato di mettere da parte la musica, nonostante fossi reduce da un momento professionale molto favorevole anche come autore.
LF: Ho vissuto una vicenda personale che per me è stata devastante: ho perso mio padre. Quando vivi un lutto così forte, devi rimettere ordine nella tua vita e ridare la giusta importanza alle cose, realizzando che ciò che ritenevi importante magari non lo era e viceversa. Io vivo la musica come un gioco ma sentivo di non divertirmi più: era diventata semmai fonte di ansia e di problemi. Dovevo pensare più a me e ai miei desideri.
Mario, sui social tu racconti la vostra collaborazione musicale come se fosse una relazione di coppia in cui vi ritrovate a litigare o a “odiarvi” per delle stronzate. Anche perché siete tornati a produrre qualcosa in quella che definisci “dimensione cameretta”, ovvero lontana da un grande studio e più intima. Vi ha permesso ciò di riavvicinarvi anche alla musica stessa?
MM: Si. Considera che veniamo tutti, mondo della musica compreso, da un periodo particolare. La pandemia ha fatto grossissimi danni da cui neanche noi siamo stati esenti. Nel mio caso, ho fatto uscire anche un album in piena pandemia. Per me, era un sogno uscire con il disco, condividere le mie canzoni e poter poi avere il contatto con le persone, suonando dal vivo. Fare musica non è soltanto caricare un brano su una piattaforma di streaming: non ti dà appagamento perché non c’è condivisione. Immagina quindi come mi sono sentito quando mi sono visto cancellare la possibilità di andare in tour.
Ciò mi ha condizionato negativamente. La mia voglia di lavorare a un nuovo album stava praticamente a zero. Per quel disco, avevo lavorato con vari musicisti e produttori, anche se l’avevo prodotto quasi tutto io, e aveva investito tanto in termini sia di tempo sia di amore e passione. È stata come una relazione d’amore che non è andata molto bene.
Conoscere Lorenzo, che stava vivendo quella fase delicata del suo percorso, mi ha dato una spinta che probabilmente da solo non avrei mai avuto, una forza che non avrei mai trovato nell’immediato. Normalmente avrei fatto molta più fatica ad approcciarmi al suo modo di scrivere e fare musica in maniera diversa dalla mia: l’alchimia non è qualcosa che puoi decidere a priori. Quando abbiamo cominciato a lavorare in studio, ci siamo detti: “Ripartiamo da zero. Facciamoci le nostre canzoni liberi dagli schemi, dai compromessi e dalle decisioni che partono da altri presupposti che non siano quelli di fare semplicemente musica bella, autentica”. Ed è quello che abbiamo fatto e che stiamo facendo. Non capita tutti i giorni che due artisti pop si leghino e inizino a fare musica insieme: non è semplice, è anche faticoso.
Per molti versi, siete due artisti con molti punti in comune.
LF: E che vanno insieme allo stadio a vedere le partite dell’Inter! (ride, ndr). Abbiamo molto in comune ma, giuro, ci scontriamo spesso. Chiaramente, ognuno di noi due quando siamo in studio e facciamo musica ha la sua idea. Arrivare a qualcosa che piace a entrambi provoca scontri ma è bello che ci siano: è giusto così.
È vero che abbiamo fatto due percorsi simili ma con esperienze diverse. Ho 27 anni ma ho iniziato a fare musica quando avevo 19 anni: tra un po’ festeggerò i dieci anni di carriera.
Siete entrambi catanesi, figli e nipoti di una grande tradizione cantautorale. Quanto è forte in voi quest’impronta?
MM: Molto, sia per quanto riguarda gli ascolti sia per la composizione, che mi permetto di dire è abbastanza cantautorale: le nostre influenze si sentono soprattutto nei testi e poi magari nelle melodie. Forse non abbiamo gusti simili ma comunque ci sentiamo dentro il mondo del cantautorato. Molte volte, quando discutiamo, penso alla coppia Dalla – De Gregori: dico sempre che sono un grande fan di De Gregori mentre lui risponde che è pro Dalla… ma la matrice sempre cantautoriale resta!
Avete entrambi partecipato a due talent molto importanti. Quanto è stato forte il peso delle aspettative? Ve ne siete liberati?
LF: Abbiamo entrambi partecipato a un talent ma provenivamo da due percorsi differenti. Mario si è fatto da solo ed è arrivato ad Amici che già scriveva e produceva. Il talent è stato per lui un passaggio: è come se avesse sublimato ciò che già faceva per conto suo. Penso fosse consapevole del suo talento e che sentisse che quello della musica era un mondo che gli apparteneva.
Per me, X-Factor è stata un’esperienza diversa. Sono partito totalmente da zero, non avevo mai fatto niente prima. Ho presentato lì il primo brano che ho scritto. Quindi, le aspettative e le ansie erano diverse. Io stavo vivendo un sogno, non avevo idea di quello che stavo facendo e non sapevo cosa fosse il mondo della musica, un’etichetta, uno studio di registrazione e, persino, un palco. Vivevo la sindrome dell’impostore: tutto quello che mi capitava era un caso e io non c’entravo niente, non avevo un talento tale da giustificare quello che stavo vivendo.
MM: Lorenzo, avendo poi vinto X-Factor, aveva un peso maggiore del mio. Ha avuto dopo un successo enorme ma aveva anche solo 19 anni (mentre io ho partecipato ad Amici a 23 anni) quando si è ritrovato addosso tutta una pressione mediatica a cui non era abituato.
La figata è che adesso stiamo facendo di tutto per fregarcene di tutta quella roba che non è musica. Abbiamo fatto un bel passo indietro: pensiamo solo alla musica, senza badare più ad aspettative, canoni, regole. Rischiavamo altrimenti che si perdesse il nostro valore artistico. Quindi, meglio ripartire da zero e divertirsi, facendolo come se non avessimo mai fatto nulla prima, senza tensione e senza pensare alle aspettative degli altri.
Con un risultato che è sotto gli occhi di tutti: vi divertite, qualcosa che non accade quando si è vincolati da imposizioni o dettami vari. Cosa vi aspettate?
MM: Personalmente, mi aspetto di suonare dal vivo le canzoni che stiamo realizzando. Il mio obiettivo è quello di fare dei live insieme, cantare le canzoni che abbiamo fatto insieme e farlo con le persone che hanno voglia di sentirle. Il tour che è stato annullato per la pandemia mi è rimasto in gola: è qualcosa che mi fa ancora male, soprattutto perché lo avevo iniziato. Cantare e suonare dal vivo è un’emozione incredibile.
LF: Io spero che ci sia un album insieme, prima o poi. Spero che il progetto vada bene: mi ha riportato l’entusiasmo per la musica e vorrei che arrivasse anche alle persone.
Lorenzo, hai già due Sanremo alle spalle. Un terzo insieme a Mario?
LF: Se fosse per me, lo farei. Il punto però è un altro: come si arriva su quel palco. Dobbiamo arrivarci dopo un percorso fatto insieme e consapevoli di quello che si è: non saremmo un duo che nasce per Sanremo ma il frutto di qualcosa che va avanti da tempo. Dovremmo arrivarci con un’identità chiara e non in maniera casuale. Ma ora come ora non è nemmeno l’ultimo dei nostri ragionamenti.