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Lorenzo Sarcinelli: “Non esistono fragilità che ci rendono deboli” – Intervista esclusiva

Lorenzo Sarcinelli
Da Un Posto al Sole a Nudes 2: Lorenzo Sarcinelli svela il lato nascosto della sua carriera e il segreto per trasformare il dolore in forza, raccontandosi tra successi, insicurezze e ambizioni.
Nell'articolo:

Lorenzo Sarcinelli è un attore che vive la recitazione come un viaggio di scoperta personale e una continua ricerca di autenticità, sia sul palco che nella vita. Parlare con lui significa immergersi in un dialogo riflessivo e profondamente umano, dove il confine tra le esperienze vissute e quelle interpretate si dissolve in un unico, vibrante percorso di crescita. La sua sensibilità emerge chiaramente nella descrizione di Giacomo, il personaggio che interpreta in Nudes 2. Lorenzo Sarcinelli non si limita a raccontare la fragilità e il dolore del ragazzo; li abbraccia, li vive, trovando in essi la chiave per trasformare le emozioni più oscure in possibilità di connessione e crescita.

In ogni sua risposta traspare una riflessione autentica, una capacità rara di interrogarsi sulle sfumature dell'esistenza senza mai cadere in luoghi comuni. Lorenzo Sarcinelli si descrive come un giovane uomo in costante evoluzione, consapevole delle sue fragilità ma capace di trasformarle in una forza che lo rende unico. Per lui, la recitazione non è un mezzo per evadere, ma un'occasione per scavare nel profondo di sé stesso e degli altri, per comprendere e raccontare l'umanità nella sua complessità.

Ciò che colpisce è la sua onestà nel raccontarsi: dall'insicurezza legata all'aspetto fisico durante l'adolescenza al peso del giudizio altrui, Lorenzo Sarcinelli affronta ogni tema con una lucidità che riflette una maturità artistica e personale rara per la sua giovane età. Il teatro, che lui descrive come uno spazio protetto dove la fragilità si trasforma in forza, è stato per Lorenzo Sarcinelli una palestra di vita, un luogo dove imparare a convivere con il dolore, a esprimersi senza paura e a trovare una voce autentica in un mondo spesso governato da standard e maschere sociali.

La sua interpretazione di Giacomo è un esempio perfetto di come Lorenzo Sarcinelli riesca a calarsi nei panni dei suoi personaggi senza mai perdere di vista la loro verità emotiva. "Giacomo non cerca di mostrarsi forte", spiega, "ma affronta il peso delle sue emozioni nel modo più umano possibile." È questo approccio che rende Lorenzo Sarcinelli un interprete capace di catturare le complessità dell'animo umano, dando vita a personaggi che restano impressi nella memoria dello spettatore.

Ma Lorenzo Sarcinelli non è solo un attore. È un giovane uomo che guarda al futuro con una determinazione radicata nella consapevolezza dei suoi limiti e delle sue potenzialità. È qualcuno che vede nei "no" ricevuti durante il suo percorso non ostacoli, ma lezioni preziose. Qualcuno che, pur sognando in grande – un Oscar è tra i suoi obiettivi – sa che il successo non è definito solo dai riconoscimenti, ma dal viaggio stesso, dalle esperienze che lo arricchiscono come persona e come artista.

In Lorenzo Sarcinelli convivono ambizione e umiltà, talento e riflessione, sogni e realtà. È un attore e un giovane uomo che non si accontenta di recitare ruoli, ma vuole lasciare un segno, portare sullo schermo e sul palco un pezzo della sua verità, in un dialogo continuo tra vita e arte.

Lorenzo Sarcinelli (Foto: Fabrizio Cestari; Styling: Allegra Pallone; Grooming: Camilla Spalvieri; P
Lorenzo Sarcinelli (Foto: Fabrizio Cestari; Styling: Allegra Pallone; Grooming: Camilla Spalvieri; Press: Giuseppe Corallo).

Intervista esclusiva a Lorenzo Sarcinelli

“Quando ho letto per la prima volta la sceneggiatura, sono andato per linee di percezione e non per linee di pensiero”, risponde Lorenzo Sarcinelli quando gli chiediamo chi sia Giacomo, il personaggio che interpreta in una delle tre storie della serie tv Nudes 2, successo di RaiPlay co-diretto da Laura Luchetti e Marco Danieli. “Giacomo mi è subito apparso come una figura fragile e sensibile, ma che cerca di nascondere questa vulnerabilità dietro una sorta di maschera. È un personaggio che, fin dall’inizio, ho percepito autentico, anche nel suo dolore. La perdita della madre lo ha segnato profondamente e lo vediamo riflesso nelle sue azioni e reazioni, che non sono altro che un modo per celare le sue insicurezze, una bontà e una sensibilità diversa”.

“Giacomo non è un personaggio che si sforza di mostrarsi forte, ma piuttosto qualcuno che, attraverso il suo modo di essere, cerca di affrontare il peso delle sue emozioni”, continua Lorenzo Sarcinelli, apprezzato al cinema in titoli come Un giorno all’improvviso e Il silenzio grande. “Mi ha colpito la sua autenticità e il modo in cui trasforma il dolore in una possibilità di crescita, anche se questo percorso non è mai lineare”.

Forse deve prima comprendere quando tutto il dolore provato gli tornerà utile…

Credo che il percorso di Giacomo sia più legato al convivere con il dolore che all’accettarlo pienamente. Non penso che lui arrivi a una completa risoluzione delle sue ferite, il dolore per la perdita della madre è talmente grande che non è facile andare oltre anche un anno dopo, ma riesce a fare un passo importante: trasformare il dolore in una possibilità di connessione, soprattutto con il padre.

È il dolore che ci fa o allontanare dagli altri perché non siamo in grado di lasciarlo andare e di esprimerlo comprimendolo o aprirci all’altro con tutto noi stessi. Ed è questa seconda ipotesi una grandissima opportunità: non c’è la discrezione delle emozioni e ciò fa sì che, aprendo la tua fragilità, permetti all’altro di entrare dentro te gettando le basi per un legame fortissimo, come quello inedito che si crea tra Giacomo e il genitore.

Per me, il momento chiave è quando vediamo Giacomo, in uno stato di vulnerabilità, aprirsi proprio nei confronti del padre. È un momento di caos emotivo, ma è anche una rottura del muro che li separava. Da lì, capiamo che il dolore non è più un peso che lo schiaccia, ma un elemento che permette di costruire un legame più profondo: il loro rapporto si fortifica, tanto da decidere di aiutarsi a vicenda per uscire insieme ognuno dalle proprie difficoltà.

Lorenzo Sarcinelli nella serie tv Nudes 2.
Lorenzo Sarcinelli nella serie tv Nudes 2.

Quando, nel tuo percorso personale, hai capito che condividere il dolore e parlarne fosse una chiave per superarlo?

Non riesco a individuare un momento esatto, un’epifania, ma gran parte delle cose che ho capito, ammesso che le abbia capire veramente, sono legate alla recitazione: per me, il teatro è stato fondamentale in tal senso perché mi ha permesso di lavorare con le persone, di conoscerle e di ascoltarle, a cominciare da me stesso. Prima di iniziare a recitare, mi sentivo bloccato, sia fisicamente che mentalmente. Da adolescente, quando avevo la stessa età di Giacomo, ero insicuro, anche per il mio aspetto fisico (fino ai sedici o diciassette anni ero molto basso, quei venti centimetri di altezza in più sono arrivati dopo).

Quando ho iniziato con il teatro, qualcosa è cambiato: ho scoperto uno spazio dove potevo esprimermi senza essere giudicato, un luogo dove la fragilità diventava una forza. Ho compreso allora che non esistono fragilità che ci rendono deboli… esistono solo fragilità che ci rendono ancora più forti.

Questo mi ha insegnato che condividere il proprio dolore non è un segno di debolezza, ma un modo per connettersi con gli altri e per crescere. Senza dimenticare che, non so se può avere avuto un’influenza, mia madre mi ha sempre spronato a comunicare da bambino, andando nel profondo di certi aspetti: un atteggiamento condiviso anche da mio padre (seppur in maniera minore) a cui non ho mai opposto una grande resistenza a differenza evitando di indossare quelle maschere adolescenziali che spingono al silenzio per essere cool.

In questo rapporto di grande comunicazione, c’è mai stato qualcosa che non hai raccontato ai tuoi perché te ne vergognavi o, meglio, perché, secondo il parere degli altri, era qualcosa di cui vergognarsi?

Da grande, non credo. Da piccolo, invece, qualche volta non ho raccontato qualcosa ai miei perché ne provavo comunque molta vergogna. Ma non ero stato bravo a nascondere nulla: bastava una settimana per far sì che loro capissero il mio disagio. Forse non ho raccontato subito di quando a otto anni a un campo estivo sono stato preda degli sfottò di alcuni ragazzini un po’ più grandi di me ma sempre preadolescenti o appena adolescenti ma l’ho fatto poi crescendo.

Che rapporto hai con il giudizio altrui? Quanto questo influisce sul tuo lavoro e sulla tua percezione di te stesso?

Il giudizio degli altri è qualcosa che, inevitabilmente, fa parte della mia vita e del mio lavoro. Provo a portare avanti una professione per cui liberarsene è ancora più fondamentale: per poter indossare una maschera che non è la tua ma di un personaggio devi essere veramente libero dalla maschera sociale che ti metti addosso da solo a causa delle pressioni sociali, della percezione erronea del giudizio degli altri e del loro effettivo giudizio.

Recitare significa esporsi e, quando lo fai, il giudizio arriva. Quello che ho imparato col tempo è che il giudizio non va eliminato, ma accettato e affrontato. Crescendo, mi sono reso conto che il giudizio più difficile da gestire è quello che ho io verso me stesso. Ho sempre sentito molta pressione, soprattutto da ragazzino, e spesso questa pressione arrivava anche dalle aspettative di chi mi stava intorno, come mia madre per cui un sei a scuola era un voto basso. Ho dunque fatto sempre i conti con me stesso: il far troppo è stato un po’ il mio demone… ma oggi mi sento maturato tantissimo in tal senso. Non che mi sia liberato del tutto del peso del giudizio: farlo credo sia umanamente impossibile o, se è accade, è solo in tarda età quando non si ha più nulla da perdere.

È un processo continuo, ma credo che la chiave sia trovare un equilibrio: ascoltare le critiche senza farsi sopraffare, respirare a lungo quando arrivano quelle negative, affrontarle, imparare a conviverci e usare ciò che è costruttivo per migliorarsi anziché provare disperatamente ad annientare la paura del giudizio. Mi interrogo spesso su cosa possiamo ad esempio fare per rendere questa paura una nostra forza…

Lorenzo Sarcinelli nel film Un giorno all'improvviso.
Lorenzo Sarcinelli nel film Un giorno all'improvviso.

Nel tuo percorso di crescita come attore, hai mai sentito il bisogno di conformarti agli standard estetici imposti dalla società?

Sì, soprattutto da adolescente: il giudizio estetico è uno dei più pesanti e presenti di oggi, anche perché il nostro aspetto è la nostra carta d’identità. Come molti, ho vissuto l’insicurezza legata al mio aspetto fisico. Mi sentivo inadeguato, soprattutto a causa della mia altezza. Poi, crescendo, ho capito che la bellezza non è un canone fisso, ma qualcosa di molto più complesso. Il teatro e il cinema mi hanno insegnato che spesso sono proprio le imperfezioni a renderti unico.

Oggi, pur sentendo ancora la pressione degli standard estetici, cerco di non farmene condizionare troppo: provo ad allenarmi ad esempio per star bene e non per essere bello. Per me, essere un attore significa raccontare l’umanità nella sua complessità, non aderire a un ideale di perfezione: può sembrare una banalità ma ognuno è bello a modo suo, soprattutto al cinema e in teatro dove a volte si è bellissimi proprio per certe peculiarità.

Penso anche che la bellezza fisica possa essere compensata con una bellezza d’animo talmente alta da far arrivare la tua personalità e far passare in secondo piano tutto il resto. Per cui, non tendo alla ricerca disperata del bello fisicamente e non dovrebbe farlo nessuno.

“Provo” e “cerco” sono verbi che tornano spesso nelle tue risposte. C’è in te la sensazione di non sentirti all’altezza delle tue stesse aspettative?

Certo. Perché sono comunque in un processo di crescita: cerco e provo, non ho la verità in mano e non conosco fino a fondo le cose: sono arrivato a delle mie consapevolezze, ho una mia forte sicurezza di fondo sotto tanti aspetti ma c’è sempre un’insicurezza di fondo. Provo, quindi, a fare l’attore: sì, posso aver messo ad esempio da parte dei soldi perché ho già lavorato in vari progetti ma non ho ancora quella condizione di stabilità che mi permette di dire “sono un attore”.

Nudes 2: Lorenzo Sarcinelli - Le foto

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Veronica Regano
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In un mondo in cui il lavoro identifica chi sei, come vivi la discontinuità del tuo lavoro e l’equilibrio precario che comporta?

Non credo che a definirmi sia la continuità del mio lavoro. Ragione per cui dentro di me cerco di vivere bene anche i momenti in cui sembra che non stia a far nulla: la vita dell’attore non è soltanto salire su un palco o recarsi sul set ma è fatta anche di un continuo processo di ricerca generale (per cui non si viene però pagati, ride, ndr!). Chiaramente, la discontinuità fa sì che si generi sofferenza, che ci si rimbocchi le maniche in attesa del momento di continuità che potrebbe arrivare, ammesso sempre che arrivi.

Senza restare con le mani in mano, ci si costruisce il proprio percorso… Non so quando tornerò sul set ma al momento, ad esempio, con due ragazzi stiamo cercando di portare avanti uno spettacolo teatrale e, se non dovesse andare, prenderei un altro testo e proverei a metterlo in scena da solo. Ma intanto cerco di crearmi una rete che un giorno, magari, mi porterà a lavorare più serenamente.

Come si sopravvive a un “no” a un provino?

Andando a giocare a basket. Uno sport che ho abbandonato solo per quattro anni e che poi ho ripreso. O dedicandomi ai vari hobby che ho e che mi distraggono. Convivere con i “no” costanti non è facile: occorre imparare e, soprattutto, ricordarsi che non sono mai al tuo talento e che dipendono da circostanze di cui non si può essere padroni. Capirlo è stato utile alla mia crescita: sentirsi dire di non essere quello giusto per quel ruolo non significa essere sbagliati…

Risposta molto razionale ma, in tutta sincerità, non ti rode un “no”?

Sempre. E chi dice il contrario mente. Più ti avvicini all’obiettivo, più ti rode. Ma non sono invidioso di chi ha invece ricevuto il “sì”: per emergere, devi lasciare che tutti possano sviluppare una propria luce e non devi sperare che gli altri affossino. Non per sminuirmi ma anche i più grandi sostengono che le grandi carriere si costruiscono più con i “no” che con i “sì”, facendo qualcosa che reputi giusto per te

Hai mai ricevuto un “sì” per qualcosa di cui non ti importava più di tanto?

No, non credo. Sono sempre stato entusiasta dei “sì” che ho ricevuto, anche se poi è capitato che il risultato finale non mi sia poi piaciuto. Lo sono stato perché inevitabilmente un “sì” ti fa sentire accettato ed esserlo porta sollievo. E poi un “sì” è sempre foriero di nuova esperienza. Ogni progetto è inevitabilmente una nuova esperienza che mi permette di crescere non solo dal punto di vista attoriale ma anche personale. Non è un lavoro che ho scelto per soldi o per essere sulla bocca di tutti.

Lorenzo Sarcinelli in Un posto al sole.
Lorenzo Sarcinelli in Un posto al sole.

Ti dà fastidio essere ricordato ancora oggi come il Patrizio Giordano di Un posto al sole?

L’obiettivo di un attore è quello di non essere ricordato soltanto per un ruolo ma per i tanti panni che può indossare: è questa la bellezza di questo lavoro. Quindi, da certi punti di vista, mi pensa ma bisogna anche accettare che chiaramente funzionerà così fino a quando in futuro non arriverà altro per cui la gente mi riconoscerà. Devo farci dunque i conti e mi sta anche bene, perché comunque è stata finora la parentesi più importante della mia vita: sono stato su quel set per tanti anni, anni di crescita ma anche di forte transizione dall’adolescenza alla maggiore età.

Sono grato a tutti quelli che lavorano a Un posto al sole ma il mio obiettivo è quello di non restare per sempre Patrizio: mi piacerebbe essere riconosciuto come Lorenzo Sarcinelli. È in quel momento che avrei la piena conferma della mia stessa identità di attore. Sono stato fermato svariate volte per strada ma quella che ricordo con più piacere è stata quando sono stato chiamato con il mio nome: quel “Ciao Lorenzo” ha avuto un peso più grande degli infiniti “Ciao Patrizio”.

Cosa significa per te essere un attore? È una scelta dettata dall’ambizione o dalla necessità?

Per me, fare l’attore è sia una necessità che un’ambizione: non riesco a immaginarmi a fare altro, perché sento che questa è la mia strada. È una necessità figlia dell’egocentrismo, in primis ma, al tempo stesso, c’è una componente di ambizione che mi spinge a migliorarmi continuamente e a puntare sempre più in alto.

Non so quale componente abbia maggior peso: non riesco a processare la necessità ma non posso negare che in me sia fortissima, altrimenti non si spiegherebbe come mai a tre anni dicessi già di voler fare l’attore. Così come è forte l’ambizione: sono convinto sin da bambino che riuscirò a vincere un Oscar! Ma sarei stato ambizioso qualunque cosa avessi scelto di fare nella vita… Una frase che mi accompagna da sempre è: “Se punti alla luna, mal che vada cadi sulle stelle”.

Lorenzo Sarcinelli (Foto: Fabrizio Cestari; Styling: Allegra Pallone; Grooming: Camilla Spalvieri; P
Lorenzo Sarcinelli (Foto: Fabrizio Cestari; Styling: Allegra Pallone; Grooming: Camilla Spalvieri; Press: Giuseppe Corallo).
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