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Ludovica Coscione: Sogni, desideri e paure di una ventenne di oggi – Intervista esclusiva

Ludovica Coscione
Tra i protagonisti del film Il paese dei jeans in agosto, Ludovica Coscione si racconta a The Wom. Ne emerge il ritratto di una ragazza della Generazione Z che, consapevole dei suoi anni, ha passioni, sogni e dicotomie con cui confrontarsi tutti i giorni, in attesa di trovare la sua voce.
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Ludovica Coscione è a casa quando la raggiungiamo via Zoom per la nostra intervista. Si presenta in tutta la sua naturale bellezza e semplicità, senza alcun orpello se non se stessa, con le sue dicotomie come scopriremo dopo. In una pausa dallo studio, ha sul volto i segni dello stress che un esame universitario che si avvicina comporta in tutti noi: un cenno di herpes si scorge sulle labbra. “Forse non mi prendo cura abbastanza di me stessa come invece dovrei fare”, si giustifica quasi con un sorriso.

Dietro di sé, Ludovica Coscione ha una libreria in cui è possibile notare le tartarughe (ovviamente finte) collezionate dalla madre e un disegno che diventerà oggetto di una delle nostre domande, ne capirete dopo il perché. Da sotto il desk, ogni tanto fa invece capolino una delle sue due barboncine (Olivia e Zoe, le sue bambine), sta accovacciata sulle gambe di Ludovica Coscione quasi a testimoniare ciò che da quel momento in poi ci diremo.

La nostra conversazione non può non partire da Il paese dei jeans in agosto, film portato in sala da Adler Entertainment in cui Ludovica Coscione recita al fianco di Lina Siciliano, Pasquale Risiti, Rosalia Porcaro, Ninni Bruschetta e Nunzia Schiano. Coraggiosa e divertente opera prima di Simona Bosco Ruggeri, è una commedia che con toni grotteschi ci racconta la deriva che ha preso il mondo social per i ragazzi della Generazione Z, analizzandone conseguenze e perdita di valori. Nella fattispecie, Ludovica Coscione interpreta Elena, la sorella della protagonista Luisa (Siciliano), la cui vita sia virtuale sia reale viene riscritta dall’incontro con @IlCarlito (che sorpresa il giovane Risiti!).

Ed è partendo dai temi del film che affrontiamo con Ludovica Coscione un’intensa e mai banale conversazione sullo studio, sui social, sul peso del successo, sul ruolo delle donne, sul gender gap, sul body shaming e persino sulla Sirenetta, consapevoli di quanto importante sia esporsi in prima persona quando si diventa una sorta di modello a cui ispirarsi per le centinaia di migliaia di followers che si hanno. Ma Ludovica Coscione nel farlo non sale sul pulpito dei predicatori: è ben consapevole di essere in primo luogo anche lei una ventenne che sta crescendo, con le sue dicotomie, fragilità, sogni, desideri, ambizioni e fallimenti.

Inevitabilmente, si parla di Mare fuori. Non perché sia il suo primo lavoro ma semplicemente perché è quello che in questo momento la mette costantemente sotto i riflettori per il personaggio di Teresa, terzo vertice di un triangolo sentimentale con Edoardo e Carmela. Nessuno spoiler, però: ci sarà tempo per quelli. Oggi è tempo per Ludovica Coscione.

Ludovica Coscione alla conferenza stampa del film Il paese dei jeans in agosto.
Ludovica Coscione alla conferenza stampa del film Il paese dei jeans in agosto.

Intervista a Ludovica Coscione

“Tutte le volte che prendo parte a un’occasione pubblica, cerco di portare i temi che mi stanno da sempre a cuore anche solo con la mia immagine”, mi risponde Ludovica Coscione quando le faccio notare come fosse genderless il suo look alla conferenza stampa del film Il paese dei jeans in agosto. “Il merito va non solo a me ma anche a chi sostiene le mie idee, dalla stylist Rebecca Baglini alla mia agenzia, lo Studio Legale Morandi Cascone, e a chi cura gli aspetti PR & Commercial, Wannabe Management. Sono grata a loro per i rapporti umani che si sono creati”.

Nel film Il paese dei jeans in agosto interpreti Elena, la sorella della protagonista Luisa. Come te, è studentessa universitaria. Quanto ti somiglia?

A differenza mia che studio Giurisprudenza, Elena studia Chimica farmaceutica. Non potrebbe esserci niente di più lontano da me: alzo le mani di fronte a tutto ciò che ha a che fare con le formule matematiche e che non è umanistico, nonostante io abbia frequentato il liceo scientifico. È una delle dicotomie che caratterizzano la mia personalità (ride, ndr).

Ho studiato allo scientifico perché volevo diventare una Ris, ero rimasta affascinata da una serie tv, ed entrare a far parte del corpo di polizia scientifica: mi sembrava quindi il percorso più adatto per poi continuare con la giusta facoltà. Arrivata al quarto anno, dopo aver cominciato a girare la serie tv Non dirlo al mio capo, ambientata in uno studio legale, ho invece capito che mi piaceva molto Giurisprudenza. Ed è lì che mi sono infine iscritta.

Mi piace molto e la studio con passione ma qualche domanda prima me la sono posta. “Non è che era solo una fascinazione dettata dal lavoro di attrice in mezzo a uno stuolo di avvocati in erba? Non è che forse non è niente di tutto ciò che pensi e vuoi invece rompere un po’ gli schemi?”, mi sono chiesta. Quando mi sono risposta “sì” alla seconda, mi sono applicata allo studio e mi manca ancora qualche esame per concludere il percorso di laurea. Tra l’altro, sono in piena sessione esame.

Che esame ti appresti a sostenere?

Per scaramanzia, non lo dico. Ma non perché sono napoletana: ogni volta che dicevo alle produzione che un determinato giorno dovevo sostenere un esame, puntualmente quel giorno c’erano dei cambi di programmi che mi portavano sul set. Da quel momento, ho cominciato a star zitta su tutto. Il massico che posso dire è che è una materia inerente al diritto.

Ma non vale. Sono tutte inerenti al diritto nella tua facoltà.

Piccolo spoiler: ho terminato la parte inerente al diritto privato (ride, ndr).

Ludovica Coscione.
Ludovica Coscione.

Il paese dei jeans in agosto è un film che affronta una tematica abbastanza attuale. Seppur in toni da commedia, fa il punto sulla dicotomia che tutti viviamo tra social e realtà. Sui social tutti quanti andiamo ad altare la stessa realtà che ci circonda dando un’immagine di noi quasi sempre differente da quella reale. Tu solo su Instagram conti più di 700 mila followers, un numero molto alto. Hai mai sentito il peso di dover raccontare una realtà molto differente da quella che vivevi?

Utilizzo i social principalmente per farmi conoscere e come prolungamento del mio lavoro di attrice. In questi giorni li sto usando ad esempio per la promozione del film ma nel tempo ho cercato di avere sempre più dimestichezza con il mezzo per trovare un giusto equilibrio su cosa raccontare o meno di me. Trovo sia giusto stare in contatto con chi mi segue e trovo tale contatto affrontando tematiche che mi stanno a cuore ma mai senza informarmi molto bene prima.

Sono consapevole di quante persone mi seguono e di quella che è, più o meno, la loro età media: mi rendo quindi conto che potrebbero essere facilmente influenzabili dal mio pensiero e, per tale ragione, tendo a informarmi più che posso prima di espormi in prima persona prima di espormi pubblicamente sugli argomenti a cui tengo. È questa la parte più personale che mostro sui social dopo avere in passato esposto lati di me più privati ed essere stata oggetto di critiche anche gratuite.

Sui social, chiunque ha diritto di parola e non posso sindacare sulle risposte. Per prevenire quelle gratuite, semplicemente non do modo di vedere o leggere più del dovuto. Mi sembra un ottimo compromesso, oltre che un ottimo modo per essere vicina a chi mi segue. Anche perché, se non fosse per chi mi segue e mi supporta, non starei oggi neanche qui a fare quest’intervista. Può sembrare una frase fatta ma non lo è: è qualcosa in cui credo fermamente. E ci credo perché anch’io sono stata e sono ancora dall’altro lato: sono fan di molte persone e ho un’ammirazione quasi sconfinata per Taylor Swift, per cui conosco cosa si può desiderare dal rapporto con un artista.

Da follower, mi piacerebbe che ci fosse del calore e, di conseguenza, non lo faccio mancare mai ai miei fan. Non li do mai per scontati: quando noto la loro presenza nelle occasioni pubbliche in cui sono presente, mi si scalda il cuore. Sono infinitamente grata a loro.

Nei confronti di voi attori che avete preso parte a Mare fuori c’è in questo momento un’attenzione quasi morbosa o ossessiva in taluni casi. Non hai mai avuto paura per te stessa?

Fortunatamente, no. Chi segue la serie tv ha effettivamente capito il messaggio che trasmette e ha di riflesso un certo tipo di approccio anche nei nostri confronti. E, poi, sinceramente, chi sceglie di fare questo lavoro, desidera sempre prender parte a progetti che funzionino e che diventino di successo. Non si può quindi non tener conto che dopo ci saranno tantissime persone che vorranno conoscerti, incontrarti o chiacchierare con te. Anziché impiegare 5 minuti per fare la spesa, sono felice di impiegarne probabilmente 35: vado ugualmente.

Continuo la mia vita di prima e non mi nego nulla, non lo trovo corretto né nei confronti di chi mi segue né nei miei confronti: ho pur sempre 24 anni e non li riavrò mai più. Non mi nego un’uscita con le amiche o un caffè in centro, non mi nascondo dietro un cappuccio e non allontano chi si avvicina per una foto. Mi reputo anche fortunata perché ho amici e amiche stupendi consapevoli di come, uscendo con me, io possa fermarmi a chiacchierare anche venti minuti con chi mi si avvicina. Non trovo che faccia figo lamentarsi di ciò, anzi… lo trovo onestamente da sfigato.

Ludovica Coscione.
Ludovica Coscione.

Quando esponevi qualcosa di privato nella terra degli odiatori seriali che, non si sa perché, nascono come funghi e si riproducono a velocità allarmante, cosa ti dava più fastidio: il giudizio negativo sul tuo lavoro, sul tuo aspetto fisico o sul tuo personaggio?

Mi curo poco del giudizio sul mio lavoro che arriva da chi non ha le competenze per giudicare la tecnica di qualcosa che non conosce. Più che altro, accadeva che dietro alla condivisione di qualcosa di innocente, come poteva essere la mia canzone preferita, si cercasse un sottotesto, associando a dinamiche inesistenti: “Chissà a chi l’ha dedicata o a chi ha tirato una frecciatina”… nessuno pensava che sono semplicemente una ragazza che come tante della mia età posta anche ciò che apprezza o le fa provare un’emozione.

Ricordo anche come una volta, dietro alla pubblicazione della foto di due biglietti per un concerto che avevo acquistato, qualcuno ha scritto “Vedi? Adesso va al concerto: le hanno regalato i biglietti perché lei è attrice”, immaginando chissà quale dietrologia quando in realtà avevo semplicemente il desiderio di condividere la mia felicità. Sono piccole sciocchezze ma mi rode che ci si arroghi il diritto di giudicarmi senza conoscermi effettivamente solo perché sono molto attiva sui social.

Ma spezzo anche una lancia a favore dei social. Sono comunque contenta di essere riuscita a creare una comunità di certo più piccola di persone con cui ho sempre piacere a scambiare due chiacchiere. Di alcune di loro non conosco, purtroppo, il volto ma conosco gli account ma condividiamo una dimensione un po’ più interpersonale.

Ciò però implica una limitazione alla tua libertà, no?

Io non mi sento una donna libera. Ci sto riflettendo molto ultimamente e sto lavorando su molte di quelle gabbie che derivano dai costrutti sociali che mi porto dietro. Sto crescendo e acquisendo maggiore consapevolezza. A 16 anni, quando ho cominciato a lavorare come attrice, pensavo di essere già grande ma non lo ero. Lo sto diventando adesso e mi impegno per essere una donna libera.

Nel film, la protagonista Luisa arriva anche a fingere una gravidanza per guadagnare followers e popolarità. Simula anche un aborto incurante di alcuni limiti che nella ricerca spasmodica della fama non andrebbero mai violati.

Sostengo che Il paese dei jeans in agosto andrebbe visto almeno due volte. Sono un amante della seconda volta: amo rivedere i film e rileggere i libri per capire cosa si cela dietro la superficie. In questo caso, in apparenza c’è una commedia italiana meravigliosa e volutamente esagerata, scritta e diretta in maniera speciale da Simona Bosco Ruggeri. Ma alla seconda visione si possono intercettare temi molto profondi su quella che è la nostra società attuale, un mondo in cui ci si prende anche la briga di commentare come una donna debba vivere la propria gravidanza quando la espone sui social o di addossare sempre sulla donna e mai sull’uomo colpe e responsabilità.  

È qualcosa che risulta tristemente attuale: è sempre colpa di lei quando non è quasi mai colpa di lei. Viviamo purtroppo ancora in una società molto patriarcale che noi donne dovremmo combattere con l’unione. Non sto dicendo che dovremmo essere tutte amiche ma tutte solidali l’una con l’altra sì. E, invece, molte donne per avere un posto nel mondo e per esservi partecipe cercano costantemente l’approvazione dell’universo maschile interiorizzandone comportamenti, frasi e pensieri, che le mettono in contrasto con le altre donne.

Fin troppe volte ho sentito donne colpevolizzare ad esempio le donne tradite o giudicare come le altre vanno vestite. Credono che così facendo rientrino nelle grazie degli uomini sembrando ai loro occhi, secondo loro, intelligenti o serie. Sono altre le lotte che dovremmo fare, a cominciare dalla stessa retribuzione a parità di lavoro.

Sul set del film Il paese dei jeans in agosto c’erano però molte donne sia nel cast tecnico sia nel cast artistico.

Il film è prodotto da due uomini meravigliosi, Luca Lucini e Paolo Zaninello, ma oltre a loro due c’era una troupe di tutte donne. Per la prima volta, ho lavorato per la prima volta con un fonico di presa diretta donna e ho provato meno imbarazzo quando mi veniva posto un microfono nel reggiseno, anche per una questione di pudore. È stato illuminate per me essere circondata da tecnici donne ma anche da tantissime colleghe.

Tra l’altro, mi piace ricordare Rosalia Porcaro e Nunzia Schiano, grazie alla cui presenza la storia può offrire un ritratto di tre diverse generazioni di donne, completati da te e Lina Siciliano. È uno dei rari casi in cui il femminile, in un mondo dominato dal maschile, viene raccontato con sfumature e declinazioni differenti.

A fare la differenza è stata la scrittura femminile. Quando i personaggi femminili vengono scritti da autori maschili, te ne accorgi subito: non c’è varietà e libertà di espressione. In questa storia, noi donne siamo tutte diverse e simbolo di generazioni diverse. Ma non solo: anche all’interno della stessa generazione, se prendiamo in esame le sorelle interpretate da me e Lina Siciliano, le donne sono differenti. Certa libertà può dartela solo una donna perché una donna conosce bene la costrizione della società in cui vive.

Il paese dei jeans in agosto: Le foto del film

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Ti sei mai chiesta perché le tue coetanee nel triangolo formato da Teresa, Edoardo e Carmela, in Mare fuori parteggino per Teresa, l’amante, e non per Carmela, la moglie?

È una domanda che mi sono posta diverse volte, soprattutto dopo la presentazione dei primi due episodi della quarta stagione alla Festa del Cinema di Roma. Di fronte alla scena in cui Teresa torna in ospedale da Edoardo, ho notato la felicità degli spettatori in sala. Temevo che giudicassero il personaggio o che lo odiassero: prima non era al corrente della doppia vita di Edoardo ma ora lo è.  Mi aspettavo che la ritenessero una “stronza” ma così non è stato.

Ho anche fermato delle persone all’uscita per chiedere loro come mai fossero così felici di rivederla, nonostante avesse fatto qualcosa di discutibile. La risposta è stata: “Sì, adesso è consapevole della doppia vita di lui, però è innamorata”. Per quanto scontata fosse come spiegazione, è stata per me molto significativa: non ho mai provato un amore così forte come il suo e non posso giudicarla. “E poi la interpreti tu”, hanno aggiunto. In quel momento ho pensato di quanto grata sia alla vita nel fare un lavoro che mi permette di entrare così in empatia con il pubblico anche con un personaggio che cambiando e perdendo il suo lato più puro. È quella la vera ragione per cui faccio questo lavoro: è stato molto commovente.

Gli spettatori di Mare fuori sono molto attenti ai dettagli e alle discrepanze. Questo è già indice dell’attaccamento che hanno nei confronti della serie tv.

Ho ormai paura dei raccordi. Nell’estate del 2022, sono stata richiamata mentre ero in vacanza per una sessione di riprese. Si girava la scena della trasfusione di sangue. Quando mi sono accorta che a Teresa mancava la collanina col cuore, abbiamo fatto tutti un’ora di straordinario per cercarla e trovarla. Mi diverte tantissimo sapere che le persone sono attente ai dettagli e quella collanina era fondamentale.

Ludovica Coscione.
Ludovica Coscione.

Di recente, sei stata vittima di un commento pubblico sul tuo aspetto fisico. Come hai vissuto quel momento?

Inizialmente, quando me l’hanno fatto notare, ho proseguito con la mia giornata. Solitamente non bado a tutto ciò che è legato al mio aspetto fisico: combatto con i pregiudizi sin da quando in prima elementare ero chiamata a dimostrare che dietro gli occhi azzurri c’era anche un cervello. Tuttavia, ho poi deciso di rispondere: ho pensato a tutte quelle persone che mi seguono, molte delle quali giovanissime che, riconoscendosi in me in quell’immagine, potevano pensare di essere grasse. Spesso, si innestano così i problemi legati ai disturbi del comportamento alimentare e da persona che vuole bene ai suoi fan era a loro che dovevo pensare ed erano loro che dovevo tutelare.

Chi ha un pubblico, ha anche una certa responsabilità sulle spalle. È per questo che non parlo di ciò che non so: se non sono abbastanza informata, evito di esprimermi. Non importa quale taglia si indossi, l’importante è essere in salute e non quanti chili in più o in meno si abbiano.

Oltre a studiare Giurisprudenza, so che te la cavi abbastanza bene con le lingue.

Mi diverte impararle. Sono madrelingua inglese ma vorrei focalizzarmi anche su altre lingue. Ma più che sulle lingue stesse trovo interessare capire come si sia arrivati a una lingua o come sia nata. L’italiano o lo spagnolo, da lingue neolatine, si somigliano ma sono diverse: come si è arrivati a quella diversità è quello che mi incuriosisce. Sì, lo so, sono un po’ nerd… L’unica che ancora non riesco a parlare è il francese, forse è quella su cui dovrei concentrarmi di più. La cosa ironica è che, studiando canto, la maggior parte delle mie canzoni preferite sono proprio in francese!

Hai mai pensato di provare esperienze lavorative al di fuori dei confini italiani?

Assolutamente sì. Ho in programma di andare negli Stati Uniti per un bel periodo di tempo e studiare Cinema proprio perché il cinema assume connotazioni diverse in ogni territorio. Amo molto il cinema francese e quello hollywoodiano: vanno di sottrazione, senza troppe sottolineature o enfasi. In Italia, invece, si ha sempre bisogno di aggiungere privando lo spettatore la possibilità di percepire da solo le intenzioni di un personaggio. Non amo l’imposizione delle emozioni: chi l’ha detto ad esempio che se un personaggio è arrabbiato deve necessariamente urlare? Io, Ludovica, quando sono arrabbiata urlo dentro, affronto la mia rabbia implodendo e non esplodendo.

Ludovica Coscione.
Ludovica Coscione.

Noto dietro di te un disegno che ti ritrae a mo’ di fatina da cartone animato.

Lo ha realizzato la scorsa estate un artista che faceva dei ritratti con gli acquerelli. In cinque minuti di conoscenza, mi ha immaginata così, come una fatina caratterizzata da colori pastello delicati e con un fiocco in testa. Non so cosa abbia intravisto in quel frangente ma mi ha vista elegante quando in realtà ero in costume e stavo anche mangiando, non so come, un panino.

È molto disneyano. Se fossi un personaggio Disney, quale saresti?

Mi è sempre piaciuta Ariel, la Sirenetta. Avevo tre anni quando ho visto per la prima volta il film d’animazione e mia madre mi racconta che lo riguardavo in loop. Tra l’altro, è uno dei due motivi per cui mi sono tinta i capelli di rosso. L’altro è invece legato a qualcosa di più profondo: era la mia risposta a tutte quelle persone bullizzate per avere i capelli rossi.

Crescendo e vedendo di recente il live action che la Disney ha tratto dal cartone, mi sono resa conto invece di essere affascinata da Ursula. Più la guardavo, più consideravo come fosse stata emarginata e come il suo obiettivo fosse semplicemente quello di avere voce per cantare. Mi sono rivista in lei: nel mio caso l’obiettivo è avere voce e sicurezza per dire la mia. Il messaggio di Ariel, se ci pensiamo, non è proprio edificante: per un uomo bellissimo, visto una sola volta, è disposta a cedere ciò che per lei più conta… trovo meravigliosa la sua determinazione e il suo coraggio ma dietro a Ursula si celano ben altri desideri: la propria strada non è stare dietro a un uomo o a una donna.

Sarà che sto vivendo un momento delicatissimo. Sta per arrivare il Natale e le mie zie mi chiederanno tutte del fidanzato. Mi sa che risponderò che lo avrò solo quando troverò una persona che mi affascina tanto quanto il mio lavoro. E, comunque, mi vedo benissimo tra dieci anni “zitella”, come direbbero in molto, con i miei due barboncini Olivia e Zoe e con un calice di vino rosso in mano. E non sarebbe neanche male: onestamente, trovo che ci sia della poesia e del romanticismo anche in quest’immagine.

Quanto il mio lavoro o quanto la cultura. La cultura rende liberi. Vorrei che tutti noi capissimo quanto importante sia Studiare o leggere, ne vale in certi casi della nostra stessa vita. Non significa frequentare l’università e prendere tutti trenta, no. Ma più lo facciamo e più possiamo anche difenderci da tante delle brutture che continuiamo a leggere sui giornali. Coltiviamo la fame di vita, di libri o di musica: stimoleranno la nostra curiosità, la nostra conoscenza e il nostro spirito critico e di osservazione.

Se dovessi descriverti con poche parole, quali sarebbero?

Direi di essere grata, di sapere quanti anni ho e di avere consapevolezza dell’esistenza del karma. Occorre essere consapevoli dei propri comportamenti perché il karma esiste ed è velocissimo. In fondo, karma è solo una parola più edulcorata della battuta che pronuncia Franca Abate Giovanni nel film Il paese dei jeans in agosto: “Nun sputà ‘ncielo ca ‘nfaccia te torna”.

Ludovica Coscione.
Ludovica Coscione.
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