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Malika Ayane: “La diversità è una grande possibilità” – Intervista esclusiva

Malika Ayane
Con un singolo appena uscito e già iper amato, Malika Ayane racconta in esclusiva a The Wom il suo sottosopra guardando a ritrovo il suo cammino professionale e personale.

Malika Ayane non ha bisogno di introduzioni per spiegare chi è. Il suo nome, la sua musica, la sua determinazione e il suo impegno per una società più inclusiva e giusta parlano per lei. La sua storia e il suo percorso professionale sono un potente esempio di come la diversità e l'inclusione possano arricchire la nostra vita e la nostra arte.

Quando raggiungiamo Malika Ayane telefonicamente, la sua energia è palpabile nonostante la lunga giornata di incontri con la stampa italiana. Il suo nuovo singolo, Sottosopra, non è solo una canzone, ma un viaggio attraverso i contrasti della vita, esplorati con la sua tipica sensibilità e profondità. La parola "sottosopra" è ricca di significati e, per Malika Ayane, rappresenta sia il disordine che la rinascita. Come i quarant’anni appena compiuti, la nuova etichetta discografica con cui è ritornata sulle scene (Woodworm Publishing under exclusive license to M.A.S.T./Believe) e un tour teatrale che, organizzato da Friends&Partners vivrà di 10 appuntamenti unici (per info: https://www.friendsandpartners.it/in-tour/malika-ayane-a-teatro-2024).

Nell’intervista esclusiva che ci ha concesso, Malika Ayane riflette sui momenti del suo percorso professionale in cui "sottosopra" ha avuto diverse accezioni. Ogni fase della sua carriera ha avuto sia aspetti positivi che negativi. Lei ha sempre cercato di mantenere un equilibrio tra questi opposti, trovando in ogni esperienza un'opportunità di crescita. Ogni decisione, ogni sfida superata, l'ha portata a essere l'artista libera e creativa che è oggi.

Ma non solo. Malika Ayane ha imparato presto a vedere la diversità come una grande opportunità. Cresciuta con origini italo-marocchine, ha fatto sì che la diversità diventasse per lei una fonte di arricchimento personale e professionale. Questo approccio si riflette anche nel suo impegno per i diritti civili e nella sua partecipazione attiva a cause come il Pride di Napoli, di cui sarà la prossima madrina.

Malika Ayane (Foto: Attilio Cusani; Press: Eleonora Lorusso @ Parole e dintorni).
Malika Ayane (Foto: Attilio Cusani; Press: Eleonora Lorusso @ Parole e dintorni).

Intervista esclusiva a Malika Ayane

“Stanca ma mi regge ancora la carcassa”, scherza Malika Ayane quando la raggiungiamo telefonicamente in una lunga giornata che ha dedicato agli incontri con la stampa italiana. “Non è perché ho superato i quarant’anni: secondo me, parliamo sempre molto ma ogni tanto bisognerebbe parlare meno… ma sono però una gran chiacchierona!”, aggiunge con la sua dose di ironia e franchezza.

La parola "sottosopra", che dà il titolo al tuo ultimo singolo, ha molte accezioni. Tu l'hai usata in maniera positiva, ma spesso ha un'accezione negativa, come nella serie Netflix Stranger Things dove il mondo sottosopra è tutt'altro che confortante. Nel tuo percorso professionale, quali sono stati i momenti in cui "sottosopra" ha avuto una valenza positiva e quali quelli in cui ha avuto una valenza negativa?

Penso che ogni fase e ogni momento abbia avuto entrambe le cose. Non per essere diplomatica o democristiana ma sono sempre stata molto per lo yin e lo yang, se vuoi, per la parte scura della luna e tutto quello che vogliamo. Guardando oggi al mio percorso oggi, credo che ogni decisione sia stata giusta per arrivare a essere l'artista che sono. Il risultato è talmente positivo, con la libertà di fare quello che voglio, che tutto quello che c'è stato prima è servito per poterlo raggiungere. Sicuramente potevo fare meglio, ma potevo fare anche molto peggio.

Il peggio dipende dai punti di vista, da cosa è peggio per il discografico o da cosa lo è per l'artista.

Esattamente. Alla fine, quello che sta succedendo ora, la pubblicazione del nuovo album e i biglietti del tour teatrale da poco annunciato che stanno andando bene, dimostra che è stato giusto concedersi la possibilità di sperimentare e di non fare scelte solo legate a obiettivi numerici o di gradimento fine a se stesso. E ne sono molto contenta.

Ma trovare l'equilibrio tra il sotto e il sopra significa anche saper rinunciare a qualcosa. A cosa pensi di aver rinunciato?

Al sonno! Battuta a parte, ci sono state volte in cui ho rinunciato a fare perfettamente quello che desideravo, come coinvolgere artisti troppo indipendenti, perché si rischiava di andare troppo all'estremo. Oppure perché fare una scelta di libertà implica budget più piccoli e aspettative di vendita diverse.

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Ma, ultimamente, ho sempre fatto quello che mi andava. Quando fai delle scelte in cui credi, ti pesa meno lasciar indietro delle cose. Ho scelto di sacrificare me stessa, il sonno, le giornate a casa, le domeniche con gli amici, seduta sul tappeto ad ascoltare la musica… Mi sono persa i saggi di mia figlia quando era più piccola, ma penso che quello che lei ha portato avanti sia stato possibile anche grazie al fatto che io mi sia persa qualche saggio. Altri genitori sono meno fortunati di me perché magari non hanno neanche la possibilità di lavorare.

Avere una figlia così presto ha messo sottosopra il tuo mondo?

Mi ha fatto un gran bene. Quando hai un figlio giovane, o non combini più niente o dai l'esempio che si può fare qualcosa nella vita. È stata una benedizione.

Molti dicono che avere un figlio presto ti fa perdere la gioventù. Tu come la vedi?

Puoi andare a ballare anche a quarant'anni. Io sono più bella e consapevole ora che a vent'anni. Ognuno deve fare quello che si sente senza sentirsi giudicato. Non bisogna mai rompere le scatole agli altri rispetto a quello che fanno, se non nuoce a nessuno.

I principi cardine del self-empowerment e della libertà. Che significato hanno per te anche alla luce dell’essere madrina al Pride di Napoli?

Sono parole che esistevano anche 20-30 anni fa, ma che si sono riempite di significato col tempo. Essere madrina del Pride a Napoli è un riconoscimento enorme e una grande responsabilità. Per un giorno porterò la voce di molte persone che non possono farlo: sarà una delle emozioni più grandi. Il mondo è sì migliorato – e ciò mi riempie di gioia - ma c'è ancora molto da fare per i diritti civili. Essere madrina è un grande riconoscimento e una grande responsabilità. E da artista lo è ancora di più: non c’è pubblico più critico ma anche più fedele di quello del Pride.

Un pubblico che riconosce anche chi cavalca l’onda o il tradimento, qualcosa che non ti ha mai riguardata.

Ho sempre fatto delle cose anche piccolissime nei confronti della comunità lgbtqia+. Una delle primissime iniziative che ho portato quando ho avuto un minimo di notorietà è stata una raccolta fondi per Gay Helpline. Non parliamo di mille anni fa ma di quindici: tante conquiste sono state ottenute, pensiamo solo alle unioni civili, ma ci sono ancora tante altre lotte da portare avanti. Molto semplicemente, bisogna essere sempre dalla parte di quello in cui si crede. Ed io che ho la possibilità di parlare ai media sarò sempre dalla parte di chi è meno fortunato nel raggiungimento di un obiettivo ostacolato dai limiti strutturali imposti da altri.

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Hai imparato a relazionarti con la parola diversità fin da piccola per via delle tue origini italo-marocchine. Come hai vissuto il peso di essere considerata diversa?

Assolutamente: i bambini e gli esseri umani possono essere veramente stronzi: trovano sempre una ragione per metterti nell’angolo. Le mie origini miste mi hanno permesso di capire che la diversità era una grande possibilità: puoi decidere se vivere la diversità come una croce o se considerarla una grande possibilità. Io ho scelto la seconda opzione sin da subito. Oltre al Pride, tra le varie cause civili che ho a cuore, c'è ad esempio la battaglia per il riconoscimento della cittadinanza di tanti figli di stranieri che nascono qui ma che ancora non hanno quel diritto. E, rispetto a quando sono cresciuta io, c'è ancora più lavoro da fare di prima perché ci sono molti più ragazzi che devono combattere per essere riconosciuti come cittadini del paese in cui sono nati…

…e che vengono chiamati ‘italiani di seconda generazione’, qualsiasi cosa l’espressione significhi.

È uno dei misteri della comunicazione che non si sanno spiegare. Ma guardo sempre anche il lato positivo: quand’ero piccola io al supermercato non trovavi né il coriandolo né lo zenzero. Grazie al pluralismo culturale di cui anche finalmente l’Italia gode, che in altri paesi del mondo è lo standard da sempre, abbiamo più possibilità di conoscere meglio tante cose che sono intorno a noi.

Come reagivi quando cercavano di metterti all'angolo?

Ci sono momenti in cui incassi e soffri e altri in cui ti difendi con aggressività. Non mi sono mai tirata indietro. Ho deciso di imporre la mia personalità e non farmi imporre niente: nel momento in cui ho deciso che ero o quella strano o quella eccentrica, ho deciso di andare avanti senza farmi cambiare. E, quando mi sono sentita messa all'angolo, ho reagito con determinazione.

Vivi oggi a Berlino. Se guardiamo alla città con la prospettive della libertà, cosa hai trovato lì che in Italia non avevi?

Non è tanto quello che non trovavo a spingermi a trasferirmi ma quello che vedevo a Berlino. Il primo quartiere in cui ho abitato è noto per essere un quartiere gay: lì già da decenni anche il gelataio se sente qualcuno fare un commento discriminatorio lo manda via. Non si concepisce la discriminazione: a Berlino puoi essere quello che vuoi senza essere giudicato e senza nessuno che ti rompe le balle. Questo ti permette di concentrarti su ciò che vuoi fare nella vita e su quello che puoi dare al prossimo: è un sollievo che nessuno ti giudichi. Berlino è una città dove non importano quali siano le tue origini e in cui puoi essere quello che vuoi, vestito da drago o in paillettes, senza che nessuno ti giudichi: basta solo rispettare le regole del senso civico.

Sei stata definita una cantante sofisticata e raffinata. Questo ti ha tolto leggerezza?

Un po'. A volte mi è mancata la possibilità di fare cose leggere. Ora capisco che posso fare qualsiasi cosa, basta farlo bene ma in certi momenti mi è dispiaciuto non essere considerata l'adorabile scema che sono o non avere la possibilità di fare qualcosa che fosse ritenuta “importante”. Crescendo, ho poi realizzato che puoi anche farlo, basta farlo bene e puoi essere qualsiasi cosa.

L’essere considerata credibile, però, è stato ed è anche un vantaggio: posso parlare al Pride e in altri contesti istituzionali ed essere presa in considerazione e ascoltata, senza dover dimostrare eccessivi merito. Se vogliamo tirare un bilancio, la leggerezza tolta pubblicamente mi ha dato molto più di quello che può sembrare: è una fortuna poter essere creduti… è importante ciò che sei per il tuo privato ma se puoi utilizzarlo per poter parlare a folle più grandi allora è bene che si fidino di te.

Ho provato a farti cambiare idea ma sottosopra ha sempre una valenza positiva per te…

Sono troppo ottimista per essere cinica. Trovo il lato positivo in tutto, quasi anche nei piccioni (ride, ndr)!

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