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Maria Grazia Saccà: “Voglio raccontarvi la storia che nessuno vi ha mai raccontato” – Intervista esclusiva

Maria Grazia Saccà CEO Titanus Production
Titanus, storico marchio cinematografico italiano, si è affidata a Maria Grazia Saccà e alla sua decennale esperienza come produttrice per il ritorno alla produzione. Diversi i progetti in cantiere ma tutti accomunati dal desiderio di raccontare storie in grado di porre domande. L’abbiamo incontrata per un’intervista esclusiva sul suo ruolo e sul suo percorso di donna in un mondo in cui i consigli di amministrazione sono ancora tutti al maschile.

Sulle spalle di Maria Grazia Saccà poggia un’eredità culturale di tutto rispetto. È quella di Titanus, la storica società di produzione cinematografica fondata a Napoli nel 1904 da Gustavo Lombardo ma resa gloriosa dal figlio Goffredo. Si devono a Goffredo Lombardo titoli come Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo e Sodoma e Gomorra, cult co-diretto da Sergio Leone e Robert Aldrich rivalutato nel tempo.

Ferma da decenni, la macchina produttiva di Titanus torna ora a produrre grazie alla Titanus Production, di cui Maria Grazia Saccà è CEO e produttore. Realtà indipendente, Titanus Production produrrà film, serie tv, documentari, tv commercials e video content, sfruttando in alcuni casi i titoli della grande library a disposizione. Uno dei progetti annunciati è ad esempio la serie tv per Sky, Piedone, che vedrà Salvatore Esposito raccogliere il personaggio del leggendario Bud Spencer. Ma come ci anticipa Maria Grazia Saccà in quest’intervista in esclusiva si sta lavorando già anche a una serie tv tratta da un film altrettanto cult di Dario Argento, Phenomena.

Per chi non l’avesse mai sentita nominare, Maria Grazia Saccà ha alle spalle decenni di esperienza nel campo della produzione italiana. Ha portato il suo talento e la sua determinazione al servizio di Mediaset negli anni d’oro della fiction del Biscione prima di passare a lavorare fianco a fianco con il padre Agostino (ex direttore generale della Rai) con la visionaria Pepito Produzioni (Volevo fare la rockstar, il ciclo Purché finisca bene, i film dei fratello D’Innocenzo La terra dell’abbastanza e Favolacce, Hammamet e Non sono un assassino, tra i tanti prodotti).

E suscitare pensieri e considerazioni profonde è l’obiettivo che Maria Grazia Saccà si pone oggi per traghettare Titanus verso il terzo millennio. Del resto, è consapevole del ruolo giocato dalla casa di produzione in passato: ha aiutato la formazione dell’Italiano dopo il disastro della Seconda guerra mondiale. Non è un caso quindi che chiediamo a Maria Grazia Saccà se ha voglia di contribuire a rendere l’Italiano 2.0 molto più inclusivo di quanto non lo sia già.

Maria Grazia Saccà, CEO e Produttore di Titanus Production.
Maria Grazia Saccà, CEO e Produttore di Titanus Production.

Intervista esclusiva a Maria Grazia Saccà, CEO di Titanus Production

Maria Grazia Saccà, una donna CEO di una grande società di produzione audiovisiva. E non una società a caso: Titanus Production. Il nome Titanus rappresenta nell’immaginario collettivo il fulcro della storia del cinema italiano ma non solo. Con i suoi film, Titanus ha svolto sin dagli albori un compito non indifferente: come un ente di formazione secondario, ha guidato la società italiana del Secondo dopoguerra verso la rinascita identitaria e culturale, accompagnandola nel periodo del boom, favorendo anche un processo di alfabetizzazione pari a quello svolto dalla televisione e riscrivendone i valori. Come ti sei sentita nel momento in cui ti hanno nominata CEO?

Ero abbastanza incredula per le ragioni che hai appena specificato, per altro molte belle. Ti ringrazio per averle esposte con tale chiarezza: chi passa per la sede di Titanus, vede tutto ciò appeso sui muri. Mi fa impressione come questa società abbia accompagnato proprio l’evoluzione della società italiana nel corso dei decenni e quello che per me è ancora più impressionante e che tale percorso sia stato fatto, per la stragrande maggioranza dei titoli prodotti, da una persona sola: Goffredo Lombardo. Non so in termini di quantità quanti film abbia prodotto, passando dai romanzi popolari al cinema d’autore e lasciando un’eredità culturale gigantesca.

Quindi, incredulità ma anche, come ho sottolineato quando ho salutato i dipendenti di Titanus il mio primo giorno di lavoro, consapevolezza del fatto che nessuno potrà mai essere all’altezza dell’eredità ricevuta: quella di Goffredo Lombardo rappresenta una storia assolutamente eccezionale portata avanti da un uomo che gli americani definirebbero “bigger than life”.

Al di là che abbiano scelto me, sono convinta che scegliere una donna come CEO sia stato un segno di continuità della logica di un’azienda che è sempre stata all’avanguardia. Di donne CEO ce ne sono ma confermo che fatichiamo tutti i giorni per essere prese sul serio e considerate al pari degli uomini.

Non è una lagna ma è un dato di fatto realistico. Che una grande società con un’enorme tradizione alle spalle abbia scelto una donna per proiettare le sue produzioni nel nuovo millennio dimostra come sia sempre all’avanguardia così com’è stata sin dall’inizio, quando ha inventato la distribuzione cinematografica e il cinema popolare. Una donna porta con sé non solo una sensibilità diversa, non è uno stereotipo, ma anche una prospettiva, un modo di fare business e una capacità di relazione, differenti rispetto a un uomo.

Non ci si sofferma mai a pensare come il modo di fare business delle donne sia differente da quello degli uomini. Anzi, per luogo comune si pensa che affari e donne non vadano d’accordo.

Per esperienza personale, ho ad esempio grande propensione a fare squadra. E quando lavoro con altre donne mi rendo conto di come ci siano meno problemi di ego. È più facile relazionarsi e interfacciarsi: si fa squadra in maniera più orizzontale. Non c’è una rigida struttura piramidale e gerarchica al di là della quale non si può andare. Sì, esistono ruoli chiari e ben definiti ma solo in termini di responsabilità: tutto scorre in maniera più fluida ed è più facile arrivare anche a rivoli più lontani di quelli a cui può puntare una struttura verticale rigida e gerarchica.

Ed è questo il motivo per cui sei circondata da una squadra composta fondamentalmente da donne?

Non è mai stato un proposito: non mi sono mai detta “voglio lavorare solo con donne”. È semmai successo. La mia squadra è prevalentemente femminile in tutti i ruoli chiave, a eccezione di uno, ed è composta da donne tutte più giovani di me, un aspetto che mi piace moltissimo. Mi piace l’idea di aiutare nuove professioniste a farsi strada attribuendo loro riconoscimento, spazio e responsabilità, e dando loro fiducia in quello che fanno, nelle loro idee e nelle loro iniziative.

E, quindi, scardinando un ulteriore luogo comune, L’Eva contro Eva è solo un falso mito creato, come ci diceva in un’intervista Giulia Elettra Gorietti, dagli uomini per far sì che le donne non arrivino alle posizioni di potere.

Ha detto qualcosa di molto intelligente. È un modo anche un po’ manipolatorio: mettendoci una contro l’altra, riescono ad approfittarne. Non faccio nemmeno una colpa agli uomini. Purtroppo, il potere è maschile da millenni e non si può pensare di scardinare tale status quo soltanto nel giro di una o due generazioni: il lavoro da fare è ancora lungo e, anche se può suonare strano, sono oggi le figlie che devono aiutare le mamme a capire come liberarsi di certi retaggi. E torniamo un po’ anche al fatto per cui sono contenta di lavorare con donne più giovani di me: non sono solo brave e competenti ma mi aiutano a vedere la realtà con uno sguardo differente.

Il principale obiettivo di Titanus Production è quello di far tornare la società nel campo della produzione, dove è assente da un bel po’. Quali saranno le prime sfide che affronterai?

La prima è stata annunciata durante la presentazione dei palinsesti Sky: produrremo Piedone, la serie tv con Salvatore Esposito ispirata al film con Bud Spencer. Saremo molto focalizzati soprattutto sulle serie tv, in parte perché è quello il mondo da cui provengo (per me è naturale e automatico ragionare in termini di serialità) e in parte perché ci sono molti titoli del catalogo Titanus che si prestano a quel linguaggio. Questo non significa che i film non siano importanti: sono una riserva fondamentale per chi li fa e per chi li vede, è cambiata la fruizione ma non vanno abbandonati.

C’è poi il progetto di trasformare in serie tv anche Phenomena, il film di Dario Argento, ma abbiamo anche in cantiere dei progetti originali, di cui uno in cantiere con la Rai e la società di produzione Rosamont di Giuseppe Battiston e Marica Stocchi con Battiston protagonista. Questi sono solamente quelli in avanzato stato di sviluppo ma ce ne sono altri a cui stiamo lavorando che verranno presentati sul mercato in autunno.

Netflix sta producendo una serie tv tratta da un film storico targato Titanus, Il Gattopardo

Mi ha sorpresa. Anche se io trovo molto più appassionante la storia di come Goffredo Lombardo abbia prodotto quel film entrato nella Storia del Cinema non solo italiana: ne verrebbe fuori una serie tv strepitosa. Sarebbe la storia di un grande imprenditore che incarna lo spirito dell’uomo d’azione italiano in grado di precorrere i tempi e di vedere qualcosa decenni prima che questo qualcosa si realizzi. Sono tratti tipicamente italiani la capacità di progettare qualcosa in grandissimo anticipo sui tempi e l’essere così avanti da non essere compresi dai suoi contemporanei.

Dietro la realizzazione di quel film, c’è la storia di tutta l’imprenditoria italiana del Novecento applicata a uno dei settori più appassionanti che si possa raccontare, il cinema. Si potrebbe raccontare anche il rischio imprenditoriale che Goffredo Lombardo ha corso per realizzare Il Gattopardo: io avrei guardato a quello, a far conoscere al pubblico qualcosa che ancora non si conosce.

Il mondo della creazione cinematografica di quegli anni è uno dei più interessanti per gli appassionati. Basti pensare a tutti gli aneddoti che girano intorno ai dietro le quinte dei film.

È stato un momento irripetibile per il nostro cinema. C’erano dietro decine di talenti, grandi teste e grandi attori. Impazzisco per i racconti di quella generazione: trascorro le mie domeniche a vedere documentari su documentari e mi dispiace che il nostro Paese sia così poco celebrativo con le proprie glorie. Se penso a quanto ha fatto Hollywood per celebrare la sua età dell’oro e i suoi grandi capolavori, noi non abbiamo fatto molto per sottolineare l’eccezionalità della nostra industria cinematografica e la sua magia. Il cinema è qualcosa di stranissimo, in cui il rigore dei numeri deve essere coniugato con l’imprevedibilità della magia: a volte il mix riesce, altre volte no.

Il logo di Titanus Production.
Il logo di Titanus Production.

C’è nelle intenzioni di Titanus Produzioni il desiderio di diventare nuovamente strumento di formazione per gli Italiani del nuovo millennio affrontando tematiche che diano conto degli aspetti inclusivi a cui la società è chiamata ad andare incontro?

È una riflessione che faccio spesso. Spesso il racconto delle produzioni italiane, non solo cinematografiche, fa fatica a stare a passo con il tempo e alla reale situazione italiana. Si tratta di una forbice che pian piano si è sempre più allargata per cui a oggi le produzione raccontano meno di un tempo chi siamo. In passato, c’è stata la grande capacità di stare addosso ai cambiamenti sociali e culturali: non che il cinema abbia una vocazione sociologica ma ha il compito di riproporti i grandi temi che tu da individuo affronti e con cui ti confronti come essere umano. Trovo che sia importante recuperare tale capacità e riportare al centro aspetti che per gli esseri umani sono cruciali, dibattuti e controversi.

A me piacerebbe dare spazio a storie che siano inclusive ma anche a storie che siano problematiche perché avvertite come “non conformi” al sentore comune e che fondamentalmente sollevino domande. Il compito dell’artista, attore o regista, ma anche produttore è quello di proporre qualcosa di difforme dalla norma ma che deve trovare diritto di cittadinanza. A me dispiace che si lavori tutti invece su storie conformi alla norma: mi sembra ci sia uno spreco di risorse, di tempo e di talento.

Dovremmo tutti cercare di raccontare la storia che nessuno ha mai sentito, quella che fa chiedere agli altri “Oddio, ma come ti è venuto in mente di investire soldi su questa cosa?”, quella che rompe gli schemi del racconto e scardina la narrazione. Il racconto ha la sua ragione d’essere quanto mette il dito su qualcosa che non è stato ancora processato culturalmente dalla società e dagli individui: deve tirare fuori i mostri, gli incubi, le paure e i sogni che non sono stati ancora processati.

Sei cresciuta in una famiglia in cui il racconto, in forme variegate, è stato sempre presente. Quanti anni avevi quando hai cominciato a respirare l’aria del cinema?

Sono cresciuta con un padre (Agostino Saccà, ndr) uomo più di televisione e intrattenimento che di cinema. Ha cominciato a occuparsi di racconto audiovisivo quando io ero già bella grande e avevo maturato da sola la passione per il racconto. Avevo dodici anni quando ho cominciato a seguirlo dietro le quinte di Indietro tutta di Renzo Arbore ma ero molto più piccola quando per la prima volta sono entrata nel suo ufficio da giornalista del TG3.

È stato poi facile lavorare al suo fianco?

No. Non è stato facile per me ma penso neanche per lui. È stato bellissimo, abbiamo realizzato insieme progetti di cui sono molto contenta e vinto la scommessa di mettere su un’impresa dal nulla. Quando abbiamo cominciato a lavorare insieme eravamo già entrambi dei professionisti: lui era già affermatissimo, una superstar possiamo dire, mentre io venivo da dodici anni di lavoro come produttrice senior di Mediaset. È chiaro che avessimo ognuno la propria visione e cercare di separare l’aspetto lavorativo da quello privato non sempre è stato semplice. Ma siamo riusciti a creare insieme qualcosa in cui nessuno credeva: percepivamo spesso grande scetticismo nei nostri confronti.

Grazie a Pepito Produzioni, mio padre ha potuto dimostrare come sia l’uomo più coraggioso che io conosca. È stata la più grande lezione della mia vita: bisogna avere coraggio per portare avanti progetti che farebbero tremare i polsi ad altri dirigenti.

Ci vuole coraggio, in effetti, a osare con progetti di non facile lettura come i film dei fratelli D’Innocenzo o a titoli come L’arrivo di Wang dei fratelli Mainetti…

Mio padre è in tutti i titoli che ha prodotto: ha la grande capacità di vedere al di là di ciò che agli altri appare in quel momento lunare. È stato impagabile avere quel coraggio tutti i giorni sotto i propri occhi.

L’hai appena detto: papà veniva dalla Rai, tu da Mediaset (con cui Titanus ha in comproprietà gli Studi Elios). In pratica, eravate competitor in casa.

Per fortuna non vivevo con cui. È stata molto dura per me non solo per l’alto livello di mio padre ma proprio perché ci siamo ritrovati nel mondo bipolare di allora, fatto solo da Rai e Mediaset, a essere rivali quando lui è andato a Rai Fiction. Me lo sono ritrovato da un giorno all’altro come avversario e la situazione un po’ mi metteva in imbarazzo con i miei superiori (all’epoca il mio capo era Maurizio Costanzo).

Ma era una sensazione mia: a Mediaset si respirava un clima di libertà unico, un regime quasi di anarchia: era una grande factory e fucina di talenti e creatività in cui ognuno di noi aveva piena autonomia. Mi ricordo come una delle prime cose che vi venne detta fu: “Questo non è un lavoro che si fa in ufficio: si fa incontrando i talenti e gli artisti, conquistandosi la loro fiducia e parlando lo stesso loro linguaggio”. Ed è qualcosa che ho sempre cercato di portarmi dietro nel mio modo di lavorare.

Gli Studi Elios

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Essere una donna che lavorava ha avuto effetti collaterali sulla tua vita privata?

Come mamma, è stata dura. Mio marito fa l’autore televisivo e, quindi, è ed era spesso fuori Roma: durante la settimana avevo sulle mie spalle anche il peso della famiglia e coniugare casa e lavoro, al di là di ciò che dice la retorica, non è facile se non hai un aiuto. Non c’è alcun tipo di sostegno da parte della società nei confronti delle donne che lavorano e che non hanno un impegno 9-5. Di mio, ho sempre cercato di ritagliarmi del tempo per stare con i figli durante la settimana ma era sempre una lotta continua contro il tempo. O stavo con loro o stavo al lavoro ma in entrambi i casi mi sentivo in colpa.

Ma, a volte da donna, ti fanno sentire in colpa: al lavoro perché hai figli e a casa perché lavori… e non è giusto: i bambini non sono solo un patrimonio della mamma ma dell’intero Paese. Ecco perché oggi a una dipendente che ha l’esigenza di stare a casa per essere vicino ai figli per qualche motivo non dico mai no: per me non ha importanza da dove lavori, preferisco che sia lei vicina al figlio anziché un estraneo.

La sede d Titanus è come se fosse un museo del cinema. C’è l’intenzione di aprila alle visite al pubblico?

Sono tante le richieste arrivate in tal senso, soprattutto dalla gente comune e dai turisti che passano davanti alla sede. A tal proposito, la Delegazione FAI di Roma sta pensando a organizzare delle visite guidate a partire dalla metà di settembre. Ancora non si hanno date precise ma rappresentano un’occasione unica per fare un excursus non solo nella storia della casa di produzione ma anche dei cambiamenti socio-culturali italiani.

Casa Titanus

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