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‘Marilyn Manson mi ha violentata’, in un film le accuse di stupro contro il cantante

Phoenix Rising, un film documentario, dà voce all’attrice Evan Rachel Wood, che accusa di stupro il rocker Marilyn Manson. Da vittima di violenza, pubblica e privata, Evan si è trasformata in attivista alla ricerca di giustizia per se stessa e per tutte le donne, che nel silenzio vivono come una vergogna gli abusi.

Phoenix Rising è un film documentario in due parti in cui l’attrice e attivista Evan Rachel Wood ripercorre la relazione intrattenuta con Marilyn Manson, accusato da lei di stupro. La sua esperienza da sopravvissuta ad anni di violenze domestiche viene messa al servizio della giustizia, trasformandosi in un urlo di speranza affinché determinati episodi non accadano più a nessun’altra donna. Quasi un decennio dopo la fine di una relazione che definisce tossica, Wood si batte oggi per l’approvazione del Phoenix Act, una richiesta di legge che estenda i termini di prescrizione per i casi di abusi domestici in California.

Prodotto e diretto da Amy Berg, Phoenix Rising è un film targato HBO. Presentato al Sundance, uno dei festival di cinema più noti al mondo, punta il faro contro l’accusa di stupro che è piombata da più parti addosso a Marilyn Manson, lo shock rocker statunitense. Sarà in onda su Sky Documentaries il 16 e il 24 giugno.

Il film ha l’obiettivo di far luce su cosa accade, purtroppo troppo spesso, tra le pareti domestiche, dove gli abusi tendono a diventare consuetudine senza che nessuno capisca a pieno il silenzio delle vittime. Chi è oggetto di violenza domestica tende a non denunciare a causa di diversi fattori, prima di tutto, psicologici.

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La relazione tra Evan Rachel Wood e Marilyn Manson

A diciotto anni, l’attrice Evan Rachel Wood ha conosciuto il trentasettenne Marilyn Manson, all’anagrafe Brian Warner, alle prese con il divorzio dalla moglie Dita von Teese. Iconico cantante metal idolo di tanti adolescenti, Manson è riuscito a conquistarla con il suo status, la sua immagine e le sue grandi capacità di persuasione. I due hanno vissuto una relazione durata più di quattro anni.

Ma per Evan niente è stato più lo stesso da quando ha ceduto alle sue attenzioni: da adolescente lusingata dal divo si è trasformata in una giovane donna terrorizzata, alle prese con un’escalation di abusi psicologici, fisici e sessuali. Non è stata la sola a vivere tale esperienza. Sono infatti diverse le accuse dello stesso tipo piombate addosso a Manson (almeno altre quattro ad oggi) e i racconti delle ‘sopravvissute’ rivelano come mettesse in atto uno schema sempre uguale. Ovviamente, ça va sans dire, Manson ha negato ogni accusa.

Marilyn Manson e Evan Rachel Wood ai tempi della relazione.
Marilyn Manson e Evan Rachel Wood ai tempi della relazione.

Il primo stupro sul set

In Phoenix Rising, il film che documenta le accuse di stupro contro Marilyn Manson, Evan Rachel Wood rivive il suo calvario. Un lungo e difficile percorso che l’ha portata prima a fare i conti con se stessa e dopo con il voler solidarizzare con tutte le vittime di violenza domestica.

Ha deciso di esporsi in prima persona senza paura delle conseguenze e ha sposato la causa del Phoenix Act, la proposta di legge che vorrebbe estendere i termini di prescrizione per i reati di violenza domestica in California da tre a cinque anni. Da vittima silenziosa, ha trovato il modo di far sentire la propria voce e di rimettere insieme i pezzi della sua vita.

  • Il video incriminato

Nel corso di Phoenix Rising, il film che negli Stati Uniti andrà in onda a marzo, Evan Rachel Mood ricorda in particolare il primo stupro subito da Marilyn Manson. L’episodio risalirebbe al 2007 quando l’attrice era impegnata con il cantante sul set del video della canzone Heat-Shaped Glasses. “Non ero mai stata in una situazione così poco professionale fino a quel giorno. C'era il caos totale, non mi sentivo sicura. Ma non sapevo come dire di no, perché ero stata condizionata a non replicare mai, a stringere i denti e andare avanti”, racconta non senza emozione.

Sul set del video, l’atmosfera era di caos totale. Girava una bottiglia di assenzio e di fronte all’episodio anche la stessa troupe, a sentire Wood, era imbarazzata. “Nessuno sapeva cosa fare. Mi sono sentita come se fossi stata io a fare qualcosa di vergognoso. Il video ha segnato l’inizio degli altri abusi che sono venuti in seguito. È stata un’escalation”.

Mi sono sentita come se fossi stata io a fare qualcosa di vergognoso.

Evan Rachel Wood.

Il muro della legge

Sebbene avesse anni dopo la fine della relazione cercato di denunciare Manson, Wood si è ritrovata davanti a un muro. Già rivelare di essere finita nelle mani di un aguzzino per ogni donna è un atto di presa di coscienza difficile. A complicare poi l’esperienza ci pensano anche le leggi, che parlano di prescrizione, come se ci fosse una scadenza per maturare i propri traumi emotivi.

È paradossale come per difendersi e ottenere giustizia si debba lottare contro i tentacoli della giustizia. Vuoi giustizia? Guadagnatela. Si è sentita dire Evan, come tante altre donne. L’unica via che poteva intraprendere era quella che avrebbe portato a un cambio di legge in California. Le va dato merito di aver trovato la forza di andare avanti e di non arrendersi. Ha intrapreso un viaggio eroico, non solo per se stessa ma per ogni donna, per ogni essere umano.

Phoenix Rising: Le foto

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Risorgere come un’araba fenice

Phoenix Rising, il film che accusa apertamente Marilyn Manson di stupro, non è solo un documentario che punta il dito contro una star famosa. Non è la storia di un altro uomo che sfrutta il suo status e il suo potere per abusare di una donna sia in privato sia in pubblico, magari coperto dal suo entourage e dai media. È semmai una storia sulla giustizia, sulla resilienza, sulla vulnerabilità e sulla guarigione.

Come l’araba fenice del titolo, Evan ha raccolto le sue ceneri, ha trovato la forza per rialzarsi e spiccare nuovamente il volo. Ha vinto la vergogna, il senso di alienazione, la paura e la vulnerabilità. Dopo anni passati a nascondersi e a celare le proprie sofferenze, ha ritrovato la libertà a testa alta esponendosi in prima persona.

A testa alta accusa il suo torturatore, affronta il doloroso passato ma guarda avanti, a un futuro migliore non solo per lei ma per tutti noi. Ricordate, denunciare non è un reato. Il crimine lo ha commesso chi vi ha messo all’angolo. Con le parole, con le mani e con la coercizione sessuale.

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