Dallo scorso 10 gennaio Martina Socrate è alla guida di Skillz, una produzione Rai Contenuti Digitali e Transmediali in collaborazione con il Fondo per la Repubblica Digitale rivolta a un pubblico tra i 15 e i 35 anni. Nelle dieci puntate di Skillz, disponibili su RaiPlay, Martina Socrate va alla scoperta delle competenze necessarie per le professioni del domani affrontando un viaggio che ci porta nei luoghi di eccellenza italiana che vivono già nel futuro.
Diversi sono gli incontri e gli argomenti di cui Martina Socrate si ritrova a parlare in Skillz: dalla leadership con Carlo Conti alla curiosità con Vincenzo Schettini, dal pensiero creativo con Antonella Sciutti alla resilienza con Andrea Soncin e via di seguito. Perché sia stata scelta Martina Socrate per Skillz, affidato alla regia di Maria Francesca Marcelli, è presto detto: content creator da un milione e seicentomila followers, conosce molto da vicino il mondo dei giovani e condivide il loro stesso linguaggio.
Creatività, conoscenze digitali, abilità sociali e umane, flessibilità, attenzione ai dettagli, sensibilità, umorismo, pensiero critico, rispetto e autodeterminazione non sono solo le skills che vengono richieste in ambito professionale ma sono anche quelle che caratterizzano da sempre Martina Socrate. Lo scopriamo nel corso di quest’intervista in esclusiva in cui ripercorre la sua esperienza sia come conduttrice di un programma (è la sua prima volta) sia come volto dei social, mostrando le sue vulnerabilità e i suoi punti di forza senza perdere mai di vista ciò che ogni giorno la spinge a mettere in atto la propria attitudine alla comunicazione: l’interesse per tutto ciò che la incuriosisce.
Intervista esclusiva a Martina Socrate
Che esperienza è stata quella di Skillz, il format RaiPlay di cui sei presentatrice?
È stata un’esperienza bellissima innanzitutto perché è stato il primo programma in cui per la prima volta mi sono cimentata con il ruolo di conduttrice. In questa nuova veste, ho potuto andare in luoghi solitamente inaccessibili per confrontarmi con esperti e capire quali sono le skills da trasmettere ai giovani per quelli che saranno i lavori del futuro e le competenze che richiedono. Agli esperti ho potuto porre domande concrete e tecniche ma anche altre più semplici a cui sono state date risposte altrettanto concrete.
Il fine ultimo era quello di realizzare un programma utile attraverso cui i ragazzi di oggi potessero orientarsi nel mondo del lavoro che li aspetta, aiutandoli a capire che tipo di professionalità viene richiesto e quali sono le qualifiche cercate. Ovviamente, il risultato è fruibile a tutti proprio perché trovo interessante l’aver avuto accesso a tanti posti, anche molto belli, che raramente aprono le loro porte. Mi sono sentita una privilegiata: è bello mettere il naso in certe realtà e ascoltare dai diretti interessati in prima persona quello che è il loro ambito lavorativo dischiudendo conoscenze e opportunità che spesso un ragazzo sul finire del liceo nemmeno sa che esistono.
In questo percorso in dieci tappe hai incontrato undici persone che svolgono professioni tra loro molto differenti. A livello di curiosità personale, qual è l’incontro che ti ha colpita particolarmente?
A Genova abbiamo potuto parlare di intelligenza artificiale con Antonella Sciutti, bioingegnera dell’Istituto Italiano di Tecnologia che studia l’interazione tra l’essere umano e le macchine. Le ho potuto porre domande sull’IA e sui suoi usi, un argomento di stretta attualità dei cui sviluppi anch’io avevo qualche timore. Come tutti, mi chiedevo se l’intelligenza artificiale ci porterà via il lavoro e, partendo da ciò, abbiamo cercato di sfatare i falsi miti o le teorie complottistiche sull’argomento.
Sciutti ci ha rassicurato e ci ha presentato iCub, un robot meraviglioso con la faccia da bambino: è stato incredibile avere a che fare con lui. La bioingegnera ha dato delle risposte molto esaurienti rassicurandoci di come dietro ai robot ci siano sempre degli algoritmi pensati dagli esseri umani: è impensabile che le macchine prendano il sopravvento proprio perché il controllo rimane sempre umano.
Osservare da vicino i robot ci ha fatto rendere conto come siano stati progettati come strumenti per aiutare l’uomo. Abbiamo visto, per esempio, i cani robot. Fino al giorno prima, mi chiedevo a cosa servissero ed effettivamente ho scoperto che non servono per dar loro carezze o per portarli a spasso: sono semmai utili per assistere l’uomo in situazioni di emergenza, come le catastrofi naturali, per arrivare in luoghi a noi inaccessibili. Il tutto ha finito per farmi rivalutare la mia opinione sulle macchine: le considero oggi una grandissima risorsa.
Grandissima risorsa anche per chi come te lavora sui social? Non temi le figure di digital creator e influencer totalmente virtuali che lentamente prendono piede?
No. Da un lato, può sembrare pauroso. Ma, dall’altro lato, Sciutti ci ha rassicurati durante il nostro incontro su un aspetto fondamentale: le macchine non potranno avere mai la creatività, una caratteristica peculiare dell’uomo (e di qualche altra specie animale). È quella la ragione per cui noi esseri umani siamo ancora insostituibili.
Creatività e curiosità sono due parole chiave che hanno segnato il tuo percorso social. Se dovessi metterle in scala, cosa occuperebbe il primo posto?
Per quel che concerne il mio lavoro, metterei la creatività. È necessaria quando sei chiamato a postare costantemente contenuti e proporre sempre qualcosa di nuovo. Personalmente, mi faccio venire in mente cose per cui essere curiosa. Cosa posso fare di interessante questa volta? è la prima domanda che mi pongo e da cui parte la mia creatività. Dopo essermi risposta, entra in gioco la curiosità, quella che mi fa trascorrere le ore su internet a cercare informazioni, a scrivere il video che sarà e a cercare di renderlo il più semplice ma allo stesso tempo intrattenente possibile.
Per Skillz, ti sei ritrovata però a lavorare su qualcosa che non era scritto da te ma da un team di autori, Davide Di Stadio e Marina Liuzzi. È stato più facile o è stato più difficile confrontarsi con la creatività altrui?
Mi sono trovata benissimo e a mio agio con il lavoro svolto da Davide e Marina. Hanno scritto loro gli episodi ma sono stati sempre molto aperti alla mia revisione: apparteniamo a fasce d’età differenti e operiamo su medium diversi (loro in televisione, io sui social) che richiedono linguaggi diversi. Prima di girare ogni puntata, ci si ritrovava per la lettura del copione, ci confrontavamo e decidevamo quali eventuali modifiche apportare, soprattutto sull’uso di parole che potevano essere lontane da quelle che direi io.
Abbiamo fatto sì che i nostri mondi si incontrassero: Skillz va online su RaiPlay ma è comunque un programma televisivo. Il confronto mi ha anche fatto crescere tanto e non l’ho vissuto con difficoltà. Chiaramente, è sempre più facile quando si lavora da soli ma è stato un valore aggiunto avere la possibilità di lavorare in tandem: ci si arricchisce tutti quanti.
A proposito di skills, quali sono quelle che hai individuato in te, prima di cominciare a lavorare sui social, intuendo come potessero funzionare online? Quali capacità ti sei riconosciuta?
Sottolineo sempre quanto sia importante per ognuno di noi trovare il proprio talento. Anche quando si è giovani e non si sa cosa fare, nascosto c’è un talento che deve essere solo trovato e portato alla luce. Come tutti, quand’ero al liceo, cercavo il mio talento guardandomi dentro e chiedendomi in cosa fossi effettivamente brava.
E la risposta è venuta fuori da sola: sin da quando ero molto piccola, sono sempre stata molto creativa. Passavo le mie giornate, stando ai racconti di mia madre, tra tempere, pennarelli e matite: disegnavo, realizzavo e costruivo sempre nuove cose. Ero costantemente attiva e ciò mi portava a essere creativa. Al liceo, avevo anche scoperto la mia passione per la creazione dei video: ero quella che, quando si andava in gita, filmava tutto per realizzare dopo il video di recap per tutta la classe.
Mi piaceva documentare, stare davanti la telecamera (ho sempre fatto teatro) ma anche dietro per occuparmi del montaggio, ad esempio. Da ciò discende la mia passione per la condivisione della mia realtà sui social: alla fine, è un po’ come se sia stato il mio lavoro a scegliere me e non viceversa.
Il successo dei tuoi video online ha in qualche modo finito per influire sulla tua creatività? Quando scrivi un nuovo contenuto pensi alla reazione del pubblico o all’eventuale viralità?
Sicuramente ne tengo conto ma per me non è tutto. Penso sempre all’opinione che il pubblico può avere riguardo a un mio contenuto, se può piacere o andare virale. Conoscendo le dinamiche in gioco e chi mi segue, ho la percezione a priori di cosa funzionerà o meno ma non sempre punto ai risultati: ci sono volte in cui realizzo contenuti che so già non saranno di grande interesse solo perché ho voglia di farlo.
Sarei ipocrita se dicessi che i numeri non contano, sono importanti ma per me è importante mantenere vivo anche il mio interesse personale e proporre ciò che piacerebbe a me vedere, anche se questo si discosta da una potenziale viralità. E sono anche felice di farlo… non mi interessa se un contenuto è flop, l’importante è che piaccia a me: è un modo per non tradire me stessa. Sembra banale ma non lo è: per un creativo sarebbe un grosso problema dimenticarsi di ciò che piace a se stessi. Se lo facessi, perderei la mia creatività, la mia linfa.
Parlare a un pubblico così vasto come il tuo comporta anche una certa responsabilità. Senti mai il peso del linguaggio giusto da utilizzare o dell’emulazione che può derivare dai tuoi contenuti?
Sento la responsabilità ma non la reputo pesante. Non mi pesa tanto l’essere rispettosa nei confronti di tutti, lo sono anche nella vita reale. Chiaramente, ci sono argomenti che sento più miei perché mi toccano da vicino e altri in cui mi espongo meno per la mancata conoscenza diretta ma questo non significa che io non debba stare attenta al linguaggio o ai contenuti. Ci tengo a rispettare la mia community, così come mi aspetto che la mia community rispetti me: è uno scambio reciproco.
Tutte le volte che realizzo una storia, la risento più volte per evitare che qualcuno la interpreti in maniera sbagliata. E, se mi rendo conto di qualche punto critico, non mi pesa rifare il tutto: non voglio ferire nessuno.
Il rispetto reciproco è alla base della comunicazione. Quali sono le circostanze in cui non ti senti rispettata da chi ti segue?
Quando ricevo commenti assurdi o insinuazioni stupide, quando mi ritrovo di fronte alla maleducazione. Ma non dipende dalla mia community: la conosco ed è molto educata. Capita semmai quando un mio contenuto diventa particolarmente virale e raggiunge un pubblico che va al di là di quello che abitualmente mi segue. In quelle occasioni, entro in contatto con gente che non mi conosce: so che i commenti negativi fanno parte del gioco ma non la mancanza di rispetto.
Purtroppo, ancora oggi, nel 2024, la maleducazione regna sovrana sui social e non esiste ancora una regolamentazione adeguata: le persone si sentono libere di sparare a zero su tutti. Viviamo in quello che io chiamo il Medioevo dei social in cui mancano ancora quelle regole di base che invece nella vita di tutti i giorni ci sono e rispettiamo. Non c’è ancora la percezione che dietro a ogni profilo social c’è una persona con sentimenti reali a cui si può anche far molto male. Mi auguro che in futuro le cose possano cambiare.
Futuro: uno dei tuoi progetti per il futuro era essere felice. A che punto sei?
È una frase che ripeto spesso. Non ho ancora idea di cosa mi riserverà il futuro: forse farò un lavoro diverso da quello che faccio adesso, l’ingegnere o la barista, ma poco mi importerà. Mi interesserà sempre invece l’essere felice in ciò che faccio, il sentirmi appagata dal mio lavoro. Ovviamente, a oggi, spero di portare avanti quello che è il percorso che ho intrapreso, coltivando la speranza che si evolva con me: magari tra dieci anni sarò ancora qui a fare la digital creator ma in maniera nuova, con dieci anni di esperienza in più sulle spalle (ride, ndr).
Fa paura crescere?
Aiuto, sì! Ho compiuto 25 anni lo scorso ottobre, mi avvicino più ai trenta che ai venti ma è inevitabile. Fa paura perché ci inculcano l’idea che essere giovani rappresenti il periodo più bello della vita. Crescendo, spero di scoprire che non è necessariamente così e che gli anni più belli della nostra vita possano essere anche i cinquanta o gli ottanta, quelli in cui hai un’incredibile conoscenza di te stesso e degli altri. Ogni età ti regala una consapevolezza diversa. Già oggi me ne rendo conto se mi confronto con la me tredicenne e i suoi ideali: sono ad esempio più consapevole e indipendente, posso far cose che prima non potevo. Però, non nascondo di avere un po’ di paura di lasciare la giovinezza per entrare totalmente nell’età adulta e per affrontare le enormi responsabilità che mi aspettano.
Hai mai pensato di trasformare la tua passione per la recitazione anche in un altro tipo di lavoro oltre quello social? Ti viene mai la voglia di provare la strada del cinema?
Certo che sì! Me lo chiedono spesso anche i miei amici e mi piacerebbe ma sono anche consapevole di come potrebbero sorgere dei problemi, soprattutto di tempo, nella gestione di entrambe le attività. Forse è questa la ragione per cui in questo momento non ricerco altro ma se dovesse arrivare l’occasione sarei molto disponibile a valutarla. La recitazione è sempre stato uno dei miei grandi sogni sin dal liceo: mi divertirei molto e aggiungerei delle skills al mio curriculum!
Qual è l’ultimo film che hai visto?
Qualche sera fa ho iniziato a vedere Saltburn, il film di cui parlano tutti, ma mi sono addormentata sul divano! La colpa non è però del film in sé, mi piaceva anche: so che il mio fidanzato per questo mi odia ma la sera, per via della stanchezza accumulata durante il giorno, non riesco più a guardare dei film senza addormentarmi… il connubio divano/film è pericolosissimo! È lo stesso motivo per cui quando i miei amici mi invitano ad andare al cinema chiedo loro di scegliere lo spettacolo prima di cena: rischio di dormire in sala (ride, ndr). In compenso, posso dire di essere riuscita a vedere un’intera serie tv senza addormentarmi, Un inganno di troppo, ma solo perché stavo tornando in aereo dal mio ultimo viaggio con mamma a New York!
Hai citato gli amici. Sei cresciuta a Gallarate in una realtà chiaramente di provincia. Come hanno preso il tuo successo i tuoi amici “storici”?
Il mio progetto ha preso piede in maniera molto graduale per poi esplodere nel 2020 in epoca CoVid: così come me, non se ne sono accorti neanche loro. Era un momento in cui eravamo tutti chiusi in casa e nemmeno io avevo la percezione di quello che stava accadendo, i tempi sono stati molto dilatati e la mia vita non è stata destabilizzata. Mi sono sempre stati di grande supporto e, cosa importante in un rapporto di amicizia, non mi hanno mai giudicata. Sarò sempre grata a loro per questo e per la felicità che hanno saputo dimostrarmi nel vedermi contenta.