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Maurizio Lombardi: “Solo il mare sa amare una donna” – Intervista esclusiva

Maurizio Lombardi
A volte basta la bellezza della poesia per combattere la violenza, come dimostra il video dell’attore Maurizio Lombardi diventato virale sui social in brevissimo tempo. Siamo partiti da quello per scoprire l’uomo dietro l’attore, venendo inondati di gentilezza e spiazzante sincerità.

Maurizio Lombardi ha cominciato presto a fare l’attore. Nato a Firenze esattamente cinquant’anni fa, un numero che un po’ lo spaventa e un po’ lo conforta, Maurizio Lombardi era poco più che adolescente quando ha sentito il richiamo della recitazione: gli ha risposto e da allora non si è più fermato. Ha collezionato ruoli uno dietro l’altro tra cinema, televisione e teatro. Ruoli che molto spesso lo vedono indossare i panni dell’antagonista o del cattivo (ma il meglio deve ancora venire, come ci preannuncia nel corso di quest’intervista in esclusiva), dietro i quali nasconde l’animo nobile che lo contraddistingue.

Sì, perché in Maurizio Lombardi convivono gentilezza, poesia, bellezza e inclusività, come abbiamo avuto modo di scoprire grazie alla condivisione dei suoi pensieri e della sua esperienza. Ci sentiamo a poche settimane dal 25 novembre, dalla Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne. Ed è stato in quella data, di fronte alla marea di persone che ha visto sfilare a Roma, che ha deciso di ripubblicare sui social un estratto di una poesia che aveva scritto e declamato in teatro due anni fa. In breve tempo, il video è diventato virale sui social raggiungendo un milione e trecentomila visualizzazioni.

Nato per essere un omaggio, quel video ha inondato tutti noi di una filosofia che, superando la suddivisione dei generi e degli algoritmi, dovrebbe farci riflettere sul nostro attuale approccio di vita. E il tutto grazie a un attore come Maurizio Lombardi, che forse non abbiamo mai imparato a conoscere abbastanza a fondo, come le parole che seguono in qualche modo dimostrano.

Maurizio Lombardi.
Maurizio Lombardi.

Intervista esclusiva a Maurizio Lombardi

“Conosco molto bene Trapani perché sono quasi cresciuto lì”, è il primo particolare biografico che scopriamo di Maurizio Lombardi in apertura di questo nostro incontro, che tanto rivelerà. Viene fuori quando scherzando sull’uso dei pronomi avanza l’idea di darci del “voi” e gli comunico che, da siciliano, per me non sarebbe stato un problema. “Ma anche il primissimo spettacolo che ho scritto era in dialetto siciliano, tratto da una poesia di Ignazio Buttitta, poeta di Bagheria: ogni volta che torno in Sicilia è come tornare a casa”, continua Maurizio Lombardi, rivelandosi sin da subito lontano da quell’immagine spesso da burbero che il cinema e la serialità televisiva gli hanno regalato spesso con ruoli borderline.

Se ci pensiamo, Palermo e Firenze, le nostre due rispettive città, sono in qualche modo collegate dalla letterature: il dolce stil novo. E Solo il mare sa amare una donna, l’estratto di una tua poesia diventato recentemente virale, potrebbe rientrare in tale corrente letteraria.

Non pensavo nemmeno alla viralità quando ho deciso di ripostare quel video, che era già sul mio profilo social. L’ho fatto in occasione della grande manifestazione del 25 novembre a favore delle donne che si è tenuta a Roma in un momento così particolare e sentito dopo i recenti casi di cronaca. È un omaggio in cui esprimo una mia tesi: la donna è talmente oltre che solo un qualcosa di immenso come il mare può amarla. Mai avrei pensato che riuscisse a intercettare oltre 1 milione e 300 mila visualizzazioni, numeri a cui non sono abituato.

La cosa che mi ha stupito e che mi ha dato speranza è capire quanto siamo maledettamente esseri umani: sono diventato virale con una poesia… questo ci insegna che siamo ancora affamati di poesia e di bellezza, qualcosa che l’intelligenza artificiale non è ancora in grado di creare di suo ma che può solo scimmiottare.

Quell’estratto arriva da uno spettacolo di qualche tempo fa, dopo un excursus in cui mi divertivo a prendere in giro uomini e donne, esporre le varie situazioni che intercorrono tra di loro e giocare con la seduzione per interrogarmi su cos’è l’amore. È un sentimento di fronte al quale ci arrendiamo proprio perché è irrazionale tanto quanto la vita, è un mistero.

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Al cinema hai spesso interpretato film con al centro anche la questione di genere: penso a Princess, a Tapirulan o ad Amusia. Tuttavia, sono i ruoli da cattivo che ti hanno reso celebre e che alimenteranno anche con l’arrivo delle serie tv M. – Il figlio del secolo e Citadel: Diana tale immaginario.

È che mi disegnano così, come direbbe qualcun altro. Nel mio caso, sono decisamente l’opposto del cattivo. Tra i progetti in arrivo, il più cattivo sarà il personaggio che interpreto in Citadel: Diana, un antagonista che, con la stessa eleganza di un Raul Gardini o Gianni Agnelli o, comunque, con l’aplomb di un grande imprenditore, produce armi e si rivela abbastanza inquietante nel contrapporsi a Matilda De Angelis, nei panni di una sorta di spia.

E perché credi che ti disegnino così?

Credo per gli occhi a palla, la figura altera, l’altezza. Avendo avuto alle spalle una famiglia che mi ha formato in un certo modo, vedono in me ciò che io definisco una certa “eleganza ostile” quando invece nella vita di tutti i giorni so essere una persona molto dolce, come dimostra anche quel video che ho postato e che ho scritto io in cui vado a prendere la bellezza dell’elemento “acqua” e lo accosto a quella creatura incredibile che è la donna. I cattivi, tuttavia, mi danno la licenza di uccidere, quando nella vita reale non potrei mai farlo. In passato, ho persino interpretato la Strega di Biancaneve, una megere en travesti alta due metri per via del tacchi che portava e che godeva nel torturare la povera Biancaneve facendogliene di cotte e di crude!

Hai citato prima la parola “seduzione”. Cos’è per te, Maurizio Lombardi?

La seduzione per me è un privilegio. A volte, si seduce perché si è sedotti: spesso, gli uomini seducono perché a loro volta sono sedotti senza saperlo. Uso il termine “uomini” per rifermi all’umanità intera, a una persona di qualsiasi sesso e qualsiasi orientamento. È straordinario quando qualcun altro poggia gli occhi si di te scegliendoti per il tuo “x factor”, trovando in te un interesse.

E tu sei stato più sedotto o seduttore?

Più sedotto. Ma capita che non me ne accorga nemmeno: devono proprio scrivermelo a caratteri cubitali affinché me ne accorga, è come se dormissi costantemente in piedi.

Maurizio Lombardi nella serie tv The Young Pope.
Maurizio Lombardi nella serie tv The Young Pope.

In pochi scambi di battute, stiamo smontando una serie di stereotipi sul tuo conto: non sei cattivo come i ruoli che interpreti e non sei un seduttore. Nel corto circuito che si crea tra personaggi e persona, fa anche un po’ sorridere.

Chi ha una passione forte, come può essere la mia per la recitazione o la scrittura per un giornalista, spesso vive in una specie di bolla non accorgendosi nemmeno di ciò che gli sta intorno. È come se si fosse circondati dall’ovatta: anche quando ti passa a fianco una bella ragazza o un bel ragazzo, nemmeno te ne accorgi perché stai pensando ad altro. Sei nel tuo, non è perché sei sopra le parti o non te ne freghi nulla.

È particolare la tua attenzione a essere inclusivo nel linguaggio.

Non potrebbe essere diversamente, soprattutto oggi. Da sempre credo che l’amore e la sessualità non abbiano barriere o confini. Chiunque può dire di essere eterosessuale ma essere poi sorpreso dalla vita e innamorarsi di un uomo: è qualcosa che non puoi escludere a priori. Personalmente, sono stato follemente innamorato di alcuni uomini, anche se poi il sentimento non è sfociato nel lato erotico o sessuale. Ma indubbiamente c’era un trasporto amoroso intenso e forte. Non ho mai represso la mia parte femminile: è in me, è molto sviluppata e mi permette di andare in territori che non potrei mai esplorare se la soffocassi. Mi apre porte meravigliose verso mondo indefiniti: tutti quanti siamo fatti dell’una e dell’altra parte, non possiamo precluderlo.

L’essere stato innamorato di uomini ha intaccato la tua idea di mascolinità o la tua identità?

No, per nulla. Anzi, l’innamorarsi ti riporta sempre verso l’altra parte di te stesso. Che l’altra persona sia uomo o donna, aumenta in maniera vertiginosa la tua mascolinità e il tuo modo di sedurre. Ho sempre sostenuto che occorre esplorare il mondo: il precludere è come il rinchiudersi in casa quando invece dobbiamo aprirci alla vita, farci anche male, sbattere la testa o sbucciarci le ginocchia. Ricorro spesso alla mia parte femminile perché la reputo molto seduttiva: trovo ad esempio molto seducenti quelle donne che hanno un carattere molto forte e tosto, in cui prevale la componente “maschile”.

Erano toste le donne della tua famiglia?

Avevano un loro modo di essere toste. Lo erano in maniera sottile: facevano finta di subire il maschile quando invece erano loro che comandavano.

Quindi, era tosta anche quella madre a cui hai fatto credere da bambino di avere un deficit dell’attenzione, come si diverte a raccontare Wikipedia?

Era un mio modo di reagire quando creavo dei problemi soprattutto in classe: fingevo di non capire. Ero in grado di distrarmi molto facilmente, bastava una mosca per far sì che mi chiedessi quale mistero albergasse in quell’insetto anziché seguire le lezioni di matematica. Più le persone intorno a me cercavano di capire se fosse reale o meno il mio deficit, più lo marcavo in maniera teatrale… anche se, a oggi, non so se fosse un problema finto: mi sa che, purtroppo, era reale.

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Eppure, a 14 anni la lettura del romanzo Il Conte di Montecristo cattura totalmente la tua attenzione.

Avevo trovato il libro in una di quelle bancarelle che solitamente rivendono libri usati. Mentre davo un’occhiata ai titoli, ho notato quest’enorme tomo e mi sono chiesto come si facesse a leggere un mattone con così tante pagine. Non ero ai tempi un amante della lettura ma il titolo mi richiamava: quel Montecristo, da amante della vela, mi suonava familiare… ed è finita che da quel libro è partito l’amore non solo per i grandi romanzi francesi ma proprio per la storia del Conte di Montecristo, un uomo che, dopo essere stato rinchiuso ingiustamente, riesce a fuggire e a cominciare il grande disegno che genera la sua avventura. Per raggiungere il suo obiettivo, la sua vendetta, Edmond Dantès interpreta diversi ruoli, qualcosa che per chi vuol fare l’attore da grande è il massimo.

Da giovanissimo, approdi al primo laboratorio teatrale prima di lasciare la tua casa, la tua terra e avventurarti alla volta delle vele della vita. Che ricordi hai di quel periodo?

A volte mi dicono che ho avuto coraggio a fare il mestiere dell’attore. Beh, non sono stato coraggioso per niente: anzi, credo di essere stato molto incosciente. È stata l’incoscienza a spingermi verso questa strada che non credevo nemmeno potesse diventare un lavoro: provenivo da una famiglia in cui nessuno aveva aspirazioni artistiche, anche se per certi versi mio padre e mia madre sono stati dei grandi artisti. Grazie alle loro dinamiche casalinghe, compresi le litigate e le discussioni, sembrava un continuo teatro: è lì che ho appreso i tempi comici e la drammaturgia.

E, comunque, ribadisco: è stata l’incoscienza a spingermi a prendere la macchina e a frequentare il primo laboratorio. La sfida più difficile per me è stata dopo mantenere costante quell’incoscienza fanciullesca per continuare ad alimentare quel dono che per me era la recitazione. Per farlo, a volte devi lasciarti andare, devi sbagliare e buttare all’aria tutte le tue certezze, sparigliando le carte: non è semplice in un mondo come quello attuale in cui tutto è marcato, codificato e “algoritmizzato”.  

Maurizio Lombardi e Isabella Ferrari nel film Rapiniamo il duce.
Maurizio Lombardi e Isabella Ferrari nel film Rapiniamo il duce.

Il 2023 è stato per te un anno particolare: hai compiuto 50 anni.

È un numero che mi fa un certo effetto. Dico sempre di essere arrivato alla fine del primo tempo del mio personale film: è un qualcosa che da un lato ti illumina perché hai capito molte cose di te stesso ma che dall’altro lato ti dà la consapevolezza del tempo che fisicamente è passato. Ciò ti porta anche a sciogliere nuovamente delle emozioni che magari servono o a riportarti verso l’esplorazione: ma non è perché voglia fare il giovane, non rimpiango niente del mio passato. Non ho mai pensato al tempo come qualcosa di lineare: per me, è un salto continuo da una parte e l’altra del punto in cui sei arrivato… non esiste né il passato né il presente ma un unicum: un gran casino (ride, ndr).

C’è una bellissima massima di Clint Eastwood che dice che c’è chi fiorisce a 15 anni, chi a 25 e chi a 40, lui invece è fiorito a 77 anni. Ogni fiore ha i suoi tempi e i suoi modi per sbocciare: un po’ come Solo il mare sa amare le donne, scritta due anni e mezzo fa e sbocciata adesso.

E tu che fiore sei?

Me lo sto ancora domando. Ma è quello il grande segreto: porsi sempre delle domande…

Ti vedremo prossimamente in svariati progetti. Cosa pensi che interessi di te ai registi tutte le volte che ti scelgono quando ti sottoponi a un casting?

Non so cosa intravedano, forse una sincerità infantile di gioco. In tanti hanno sottolineato come traspaia il fatto che mi piace giocare, i registi lo intuiscono e lo riconoscono: mi piace divertirmi il più possibile, anche se nel gioco posso cadere e farmi male. È questo che mi porta a essere anche polivalente e a voler trovare un mio segno. Quando mi chiedono cosa mi piace fare, rispondo “tutto”: anche se ho una marcia in più rispetto a un qualcosa anziché a un altro, non mi tiro mai indietro.

Stai per ritornare alla commedia: ti vedremo a febbraio in Romeo è Giulietta di Giovanni Veronesi. Si dice che il comico debba fare appello alla sua parte più malinconica per far ridere.

Interpreto il compagno di Sergio Castellitto, nei panni del regista Federico. Non ho accentuato molto la parte comica perché quel registro spettava a Sergio e ad altri personaggi. Essendo il suo compagno in scena, dovevo eventualmente andare in un territorio più realistico di relazione tra un regista e un assistente… è vero però che il comico deve nutrirsi della sua parte più malinconica per cercare di vestire la sua sensibilità con ilarità e divertimento.

Cosa ti porta a provare malinconia?

I volti delle persone… li osservo per strada e, quando noto una certa espressione, vorrei anche essere loro d’aiuto ma per ovvie ragioni non posso. E questo mi suscita malinconia: avrei voglia di risolvere problemi a tutti nel mondo ma non sono mica Dio e non posso farlo.

E quando ad avere dei problemi sei stato tu chi te li ha risolti?

Ho la fortuna di avere dei genitori straordinari ancora in vita e una famiglia meravigliosa. Però, di mio mi comporto come un cane che quando prova dolore si nasconde sotto una cassapanca per aspettare che passi. Sono molto duro nei miei confronti, molto self made man, anche se poi ho degli amici cari che sarebbero pronti a sorreggermi in qualsiasi momento. Tuttavia, ci sono a volte problemi e dolori che devi assolutamente risolvere da solo: servirebbe l’occhio più scientifico di uno specialista ma da attore ho anche paura, vorrei proteggere i miei sentimenti insondati e misteriosi… quando conosci troppo te stessi, rischi di perdere la freschezza dell’emozione.

Pensi che nel tuo percorso di attore non ti sia stato riconosciuto qualcosa? Ti è mancato qualcosa?

Non riconosciuto? No. da autodidatta che a 16 anni ha dovuto imparare a cercare i propri maestri, credo che in Italia manchi un sistema che aiuti la formazione stessa a entrare in contatto con l’industria cinema. Noi attori siamo un po’ lasciati troppo a noi stessi: capita quindi che nascano i Benigni, i Castellitto, i Beppe Grillo (parlo del comico, non del politico) o i Gassman e che dopo ci si perda. Serve un terreno fertile in cui piantare i semi e far sì che i fiori fioriscano uno dopo l’altro.

Un mio maestro diceva che i grandi maestri non sono quelli che insegnano ma sono coloro che fanno risparmiare tempo con i loro racconti: a volte, bisognerebbe far risparmiare tempo a tanti ragazzi giovani per non perdersi ed entrare subito nel lavoro. Manca un centro vero e proprio come può essere ad esempio Milano per la moda. Occorre anche insegnare ai più giovani che il cinema è anche imprenditoria: io stesso ho fondato una mia casa di produzione.

Ultimamente è diventato un mio must e quindi lo chiedo anche a te: come reagisci a un “no” dopo un provino?

Dipende dal lavoro che ho fatto prima. Se ci ho investito tanto, ne faccio un dramma: sono in grado di rimettere in un momento tutto in discussione. Ma, se non mi sono impegnato al 1000%, ben mi sta.

Hai partecipato alla scrittura della sceneggiatura del cortometraggio Lo zio di Venezia.

Con Alessandro Parrello, regista e cosceneggiatore, abbiamo tirato giù l’idea e la struttura durante una colazione, come ci faceva un tempo nelle trattorie romane quando tutto nasceva da una componente di cazzeggio.

Il protagonista del corto, Guglielmo Poggi, fa l’attore. C’è in quel ragazzo qualcosa di te?

C’è più nella parte dello zio, un farabutto. Ecco, per me gli attori sono un po’ dei farabutti perché spesso nascondono un lato nero.

Hai mai pensato di esordire alla regia?

A febbraio porto in scena un one man show a teatro sul rapporto tra l’uomo e l’intelligenza artificiale. Se tutto va bene, dopo penserò a dirigere il mio primo cortometraggio, Marcello. Sarà girato a Cinecittà e racconta la storia di un ragazzo giovanissimo che per un caso fortuito entra nella città dei sogni e si incontra e scontra con una troupe cinematografica. È un racconto molto autobiografico.

Sogno… qual è il tuo?

Di fare un bello spettacolo: manco da tanto in teatro. Sto attraversando un momento personale di svolta e vorrei incasinarmi un po’ meno la vita per riuscire a far poche cose ma bene. Quando sei giovane, sorreggi meglio l’incasinamento… ecco, vorrei essere meno incasinato proprio perché ho dei bei sogni da far volare e per riuscirci occorre essere tranquilli sia nel lavoro sia nella vita privata.

Ti ha rubato il lavoro qualcosa alla vita privata?

No, anzi… il lavoro mi ha dato un’identità, un’esistenza, modo di vivere, sopravvivenza e soldi. E per questo gli sono molto grato.

Maurizio Lombardi nel film Metti una notte.
Maurizio Lombardi nel film Metti una notte.
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