Martedì 8 agosto Rai 1 propone in seconda serata in prima visione tv il film drammatico Mia figlia. Diretto da Agnès Obadia e interpretato da Julie De Bona, si ispira alla vera storia di Sophie Serrano, una donna che con sgomento apprende di non essere la madre biologica della figlia Manon, una bambina di undici anni. Determinata a ritrovare sua figlia, si impegnerà anche a capire chi sono i veri genitori di Manon.
La trama del film
Il film di Rai 1 Mia figlia comincia il giorno in cui Sophie Serrano (Julie De Bona) scopre che la figlia maggiore Manon (Charline Balu-Emane) non è in realtà sua. Lo scambio è avvenuto nel reparto maternità della clinica privata in cui ha partorito e da quel momento Sophie cerca di avvicinarsi ai veri genitori di Manon, provando a intrecciare un legame con loro. Ciò ha ovviamente ha delle ripercussioni sul suo rapporto con la bambina: l’impensabile verità sconvolge entrambe e mette a dura prova il loro rapporto di madre e figlia. Alla fine, tuttavia, ne uscirà rafforzato evidenziando come non siano i rapporti di sangue a fare una famiglia.
A interpretare Sophie Serrano nel film di Rai Mia figlia è l’attrice Julie De Bona, chiamata a portare sullo schermo una storia per lei ha avuto un profondo impatto emotivo, oltre che personale. “Sembrerà una coincidenza incredibile ma la storia di Sophie poteva essere quella di mia madre”, ha spiegato l’attrice. “Mi raccontava infatti spesso che, dopo avermi partorito, aveva portato a casa un’altra bambina al posto mio per via di un errore del personale del reparto di maternità”.
Conquistata dalla sceneggiatura, Julie de Bona ha voluto incontrare la vera Sophie Serrano durante le riprese. “Dovevo in qualche modo renderle omaggio ed essere all’altezza di ciò che aveva vissuto. Quando l’ho conosciuta, mi sono subito scusata: la stavo per interpretare e sicuramente con la mia prova mi sarei allontanata un po’ dalla sua verità”.
La vera storia
Come reagiremmo se ci dicessero che nostra figlia è stata scambiata in culla con un’altra? Cercheremmo di scoprire la verità e di metterci sulle tracce della bambina perduta o proveremmo comunque a fare meno male possibile a colei che per più di dieci anni abbiamo considerato nostra figlia e come tale amiamo? Sono queste alcune delle domande sollevate dal film di Rai 1 Mia figlia ma soprattutto dalla vera storia di Sophie Serrano, una donna che per dieci anni ha dato amore alla sua Manon senza sapere di non esserne la madre biologica.
Nel luglio 1994, Sophie Serrano, all’epoca diciottenne, diede alla luce una bambina in una clinica di Cannes. Alla nascita, la piccola venne posta in un’incubatrice per curarne l’ittero ma quando venne restituita alla madre c’era già qualcosa che faceva sospettare il compagno di Sophie: quella bambina, con i capelli ricci e la pelle scura, non gli somigliava per nulla. “Correvano voci secondo cui lo avevo tradito”, ha raccontato una volta Sophie Serrano. “Ne erano convinti tutti. Mi hanno accusata di voler fargli crescere la figlia di qualcun altro e le malelingue avevano addirittura soprannominato Manon “la figlia di nessuno”, ragione per cui io e il mio compagno abbiamo finito con il rompere”.
Ed è proprio durante una causa per il mantenimento di Manon che venne fuori una verità inattesa. “Ero sicura della mia onestà e chiesi un test di paternità per dimostrare a tutti che Manon era figlia nostra. Ma i risultati si rivelarono una doccia fredda: non solo il mio ex non poteva essere il padre ma neanch’io ero la madre. In un istante solo mi è crollato il mondo addosso: la mia paura più grande sin dal primo momento è che me la portassero via. Solo dopo ho cominciato a interrogarmi sulla sorte della mia bimba biologica”.
Grazie a un’inchiesta, Sophie Serrano risalì all’identità dei genitori “adottivi” di sua figlia. “Quando li ho incontrati, è stata come una grande riunione. La felicità fu grande”, ha aggiunto Serrano. Dall’indagine, emerse che avevano posto le due bambine nella stessa culla, dal momento che nella clinica non ce n’erano a sufficienza. A far confusione tra le due fu poi un’ausiliaria che a causa dei suoi problemi psicologici assumeva farmaci e beveva sul posto di lavoro.
Dopo diversi anni di battaglie legali, la clinica è stata ritenuta responsabile dello scambio e condannata a pagare alle famiglie un risarcimento di quasi 2 milioni di euro per il danno arrecato.