C’è un momento nella vita di ogni artista in cui il desiderio di esprimersi diventa più forte di qualsiasi paura: per Nicol Castagna, giovane cantautrice veneta, quel momento sembra essere arrivato ora. Dopo aver saputo conquistare l’attenzione con il suo stile autentico e profondo, Nicol Castagna si prepara a salire sul palco di Sanremo Giovani con Come mare, un brano che è molto più di una canzone: è un manifesto personale, una finestra aperta sulla sua anima.
Nicol Castagna, che negli ultimi anni ha alternato esperienze di vita semplici, come il lavoro di cameriera, a incursioni nell’arte della recitazione e nella musica d’autore, è un esempio vivente di come l’arte possa essere un mezzo per affrontare le proprie fragilità. La sua voce, spesso descritta come una carezza e un urlo al tempo stesso, sa raccontare con delicatezza temi universali ma al tempo stesso profondamente intimi: la salute mentale, il disagio psicologico, il bisogno di essere ascoltati.
Nell'intervista che segue, Nicol Castagna si svela completamente. Ci parla del percorso che l’ha portata a collaborare con Fabri Fibra in Viscere (Columbia Records/Sony Music Italy), un brano intenso che ha trovato spazio nella colonna sonora della serie Netflix Adorazione, e della sua evoluzione artistica e personale che include anche la recitazione. Con uno sguardo introspettivo e una rara capacità di introspezione, Nicol Castagna ci guida attraverso i suoi sogni, le sue paure e la necessità di raccontarsi senza filtri.
“Non vedo l’ora di salire sul palco,” dice, e in queste parole c’è tutta la sua urgenza di comunicare. Perché per Nicol Castagna la musica non è solo ambizione, ma necessità. È l’unico linguaggio capace di restituirle quella libertà che cerca ancora, e che forse troverà davvero quando tutte le sue parole, cantate o scritte, avranno raggiunto il cuore di chi l’ascolta.
Preparatevi: Nicol Castagna non è solo una promessa, è una voce che resterà.
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Intervista esclusiva a Nicol Castagna
“Essendo stata ferma, per me è un po’ come uscire di casa e ripartire direttamente col botto”, risponde sorridendo Nicol Castagna quando le si chiede cosa rappresenti per lei Come mare, la canzone con cui si presenta a Sanremo Giovani. “L’ho tenuta nel cassetto per un bel po’ di tempo, lasciando che dentro me crescesse il desiderio di volerla comunicare. E, ora che si presenta l’occasione per farlo, non vedo l’ora di salire sul palco, di cantarla e di godermi quel momento che da tanto aspetto”.
Ogni tua canzone è figlia di un’esigenza molto personale. Qual è quella che si cela dietro Come mare?
Come mare nasce dall’esigenza di parlare di qualcosa che ho vissuto, che vivo ancora oggi e che, soprattutto, vedo vivere vicino a me a molte altre persone. Credo che sia fondamentale parlare di determinati temi come la salute mentale, il disagio psicologico e le proprie fragilità ed io lo faccio attraverso la musica. Scrivo e canto per raccontare qualcosa che ritengo molto importante…
…e che nasce dalle Viscere, potremmo dire con una battuta che citi il tuo nuovo singolo con la partecipazione di Fabri Fibra. Com’è nata la collaborazione?
È talmente assurda la storia che si cela dietro che spesso quando la racconto gli altri pensano che me la sia inventata. Dopo averla scritto dalla mia cameretta, ho inviato il brano al produttore Michele Canova che, apprezzandolo, ha deciso di produrlo. Mentre si trovava nel suo studio a lavorarci, Michele ha ricevuto la visita di Fabri Fibra che, interessandosi a cosa stesse mettendo mano, ha sentito per la prima volta Viscere, riconoscendo la mia voce come quella della ragazza che canta Ritornerai. Ed è così che, facendosi mandare il pezzo da Michele, glielo ha poi restituito con una strofa in più.
Senza che io sapessi nulla di tutto ciò. Ero in Puglia a lavorare stagionalmente come cameriera quando Canova mi ha scritto che aveva due sorprese per me. Immaginavo la prima (il brano prodotto) ma non la seconda, che scopro ascoltando direttamente il brano… A un certo punto di una produzione bellissima, alla fine del primo ritornello, sento un inequivocabile “Ah”: è bastato quello per farmi emozionare e commuovere!
Non solo ho avuto l’onore di avere Fibra in un mio brano ma ho potuto conoscere da vicino anche tutta la sua sensibilità a partire sin dal primo messaggio che ho poi da lui ricevuto: “Spero di essere entrato nel tuo brano senza mancarti di rispetto”. Sono rimasta molto colpita non solo dalla sua passione sfrenata per il suo lavoro ma anche da quel gesto che lo ha portato a inserirsi con molto tatto in una canzone di qualcuno che non conosce semplicemente perché spinto da quella cosa viscerale di cui parliamo.
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Lavoravi come cameriera in Puglia: la musica che ruolo aveva in quel periodo?
La musica c’è sempre stata: è sempre stata al mio fianco, sin da quando lavoravo al supermercato, ma in quel momento non mi permetteva di considerarla il mio lavoro principale. Dovevo in qualche modo arrangiarmi e far qualcos’altro per vivere. Poiché volevo anche allontanarmi di casa, ho chiesto al mio manager pugliese se potessi per quell’estate andare a cercare qualcosa nella sua terra: avrei almeno visto il mare!
In un verso di Viscere, si dice che paranoia e successo sono parenti stretti: è qualcosa in cui credi?
Fibra, voce narrante del brano, alla luce di quello che potrebbe accadere in futuro se le cose dovessero allinearsi in un certo modo, ha voluto come avvertirmi su quelle che potrebbero essere le conseguenze. Sul crederci o non crederci, invece, non posso ancora rispondere: non lo saprò fino a quando non lo vivrò.
Viscere è contenuta nella colonna sonora della serie Netflix Adorazione, in cui interpreti anche il personaggio di Arianna, cruciale nel percorso di ricerca di identità e verità della protagonista Vanessa. Come sei arrivata alla recitazione?
Mia madre da piccola amava ripetermi che ero proprio un’attrice perché da sempre ho avuto la tendenza a rigirare le carte e a giocarmele come volevo io. Forse ancor prima che alla musica, guardavo con ammirazione alla recitazione ma non avevo mai preso in considerazione l’idea di poter un giorno fare l’attrice perché ero molto focalizzata sul mio percorso come cantante. Arrivo ad Adorazione proprio grazie a Fabri Fibra: scelto come consulente musicale della serie Netflix, è stato lui a far sentire a Stefano Mordini la mia Ritornerai, quel brano di cui si ricordava e che al regista ha dato l’idea che a cantarla fosse una persona che soffriva.
Ed è quello che ha spinto Mordini a volermi incontrare e a sottopormi a un provino, scegliendomi per questo bellissimo viaggio che mi ha regalato delle emozioni incredibili. Da persona che non crede nell’amore a prima vista, la recitazione è stata un colpo di fulmine, una sorpresa inaspettata che mi ha permesso di lavorare fianco a fianco con un nutrito gruppo di gente, dal cast artistico a quello tecnico, che in comune hanno la passione per ciò che fanno. Il mio ingresso nel mondo della recitazione è stato facilitato dal clima bellissimo che si respirava sul set…
È stato tutto molto emozionante: non pensavo che ci fosse qualcosa che potesse far smuovere dentro me le stesse emozioni che provo quando salgo su un palco. E invece è accaduto.
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Adorazione: le foto della serie tv
1 / 35Si dice che recitando, mettendosi nei panni degli anni, si scopra qualcosa di se stessi che non si conosceva prima. Cosa ha scoperto di sé Nicol interpretando Arianna?
Sono molto timida e introversa mentre Arianna è l’opposto, sempre con la battuta pronta e la giusta ironia da sfoggiare. Recitare mi ha affascinato proprio perché ho potuto mettermi nei panni di chi non sono scoprendo sfaccettature di me inedite che non avevo mai tenuto in conto. Arianna, quindi, mi ha aiutato a uscire dalla mia timidezza.
Sono tanti i temi che la serie affronta: quale ti fa più paura?
C’è molta carica emotiva nella storia ma forse ciò che più mi ha colpita è come di generazione in generazione si tramandino problemi che, qualora non affrontati, finiscono per ingigantirsi e deflagrare. Gli sbagli non appartengono soltanto ai ragazzi ma anche ai loro genitori e a chi c’è stato prima di loro: è interessante come Adorazione riesca a fare il punto sulla questione, permettendo di capire come a determinati sbagli si possa rimediare solo parlandone. Ecco perché l’invito è sempre quello a parlare, a raccontare cosa c’è che non va dentro noi.
Nel parlarne, quando ti è capitato, si sei sempre sentita ascoltata?
No, non mi sono sempre sentita ascoltata, come spesso capita a tutti noi mentre cresciamo, a chi in un momento e a chi in un altro. Per me, si è rivelato molto importante in quel momento trovare nella musica qualcosa che mi facesse sentire ascoltata: qualcun altro potrà trovarlo in un film ma è fondamentale trovare qualcosa perché è quella che smuove poi la curiosità.
La musica per te è più ambizione o più necessità?
È necessità. È un’esigenza che ho sentito sin da quando ho cominciato a scrivere dalla mia camera solo per me, un qualcosa che c’è sempre stato, c’è e ci sarà per sempre a prescindere da come andrà il mio futuro. Anche se non dovessero verificarsi determinate situazioni o esaudirsi certi sogni, mi ritroverei sempre in camera mia a scrivere per rispondere alla mia necessità.
C’è qualcosa di cui non sei ancora riuscita a scrivere?
Sì, c’è…
Ma è la paura di metterti troppo a nudo che ti blocca?
No… quando scrivo, realizzo che qualcosa è davvero accaduta. E ciò di cui non sono riuscita ancora a scrivere non riesco ancora a realizzare se è accaduta.
Non è ma se sarà cosa significherà per te calcare il palco dell’Ariston a febbraio?
Per me, rappresenterebbe la possibilità di avere uno spazio per parlare di qualcosa che mi sta molto a cuore, che ho tenuto nel cassetto per due anni e che non vedo l’ora di urlare.
Ti sei mai sentita stritolata dalla fama, sentendone il peso sulle spalle come ha dichiarato di recente un tuo collega in un’intervista al Corriere?
No, non ho ancora vissuto quel momento ma riconosco che potrebbe accadere. È un argomento che mi colpisce molto e sono altrettanto sensibile al tema… spesso i social o il web di fronte a qualcuno che ha successo o comunque fa qualcosa di grande tendono in automatico a pensare che questi stia bene, dimenticando come dall’altro lato ci sia una persona che può anche psicologicamente ed emotivamente star male. Nell’affrontare quello stato d’animo la differenza può essere data dalla reazione che ognuno di noi può mettere in atto quando il mondo non sembra sorriderci: alzarsi la mattina e fare ciò che va fatto, anche quando dentro tutto sembra spingere in altra direzione.
Mi colpisce sempre quando un artista decide di parlarne pubblicamente e, se dovesse accadermi qualcosa di simile, lo farei anch’io per sottolineare come non sempre essere al nostro posto sia così bello come sembra. Se vogliamo davvero essere dei punti di riferimento per le giovani generazioni, dobbiamo essere onesti.
Hai imparato a fare i conti con il giudizio degli altri?
Ho sofferto molto del giudizio altrui. Mi ha portata a chiudermi maggiormente in me, soprattutto durante l’esperienza di Amici di Maria De Filippi, la mia prima esposizione. Chiunque di noi decide di fare questo mestiere sa che prima o poi dovrà farci i conti e accettarlo, altrimenti è meglio che non lo faccia. Tuttavia, c’è qualcosa su cui mi piace sensibilizzare anche nella vita di tutti i giorni: se non puoi parlare bene di qualcosa, meglio non parlarne… di mio, ad esempio, cerco sempre di essere positiva e di parlare solo quando posso apportare qualcosa e non togliere.
Va bene il giudizio quando fa crescere ma non l’odio: i social sono preziosi perché poter esprimere la propria opinione è sempre una grande forma di libertà ma sono anche pericolosi… non dimentichiamoci che dietro a un post, una foto o un reel, c’è un essere umano che non sempre è così forte: non siamo semplicemente delle immagini a uso e consumo dei like.
A proposito di giudizio, quanto ti sei giudicata tu stessa prima di sentirti una persona libera?
Io mi giudico tutti i giorni e non sono ancora del tutto libera. È un aspetto su cui sto lavorando moltissimo ma riconoscono che sono stata la prima a frenarmi… di sicuro l’esposizione che verrà dalla serie ma anche da Sanremo Giovani mi darà un ulteriore boost in tal senso perché, comunque, ci tengo molto alla libertà.
Cosa ti auguri dal 2025 alle porte?
La cosa per cui fremo di più è salire su un palco, fare concerti e avere persone davanti a me a cui raccontare storie: voglio parlare a loro, unirmi a loro ed emozionarmi facendo musica.
Non temi la competizione del palco sanremese?
È talmente grande l’esigenza di voler dire ciò che voglio che la competizione passa in secondo piano. Più che altro, la competizione è con me stessa nel trovare il miglior modo possibile per dirlo.
Sta diventando grande Nicol?
Credo di sì. Di passi in avanti ne sono stati fatti, anche da quando ci siamo sentiti la prima volta. Mi sento più stabile ma anche più pronta.