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“Questa è casa mia! è come un cluedo senza morti”: Intervista esclusiva a Nicola Conversa

Parte su Real Time il game show Questa è casa mia!, programma in cui Nicola Coversa ricopre il ruol
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Nicola Conversa è uno dei giudici di Questa è casa mia!, il programma di Real Time che debutta il 6 maggio in prima serata con la conduzione di Tommaso Zorzi. Si tratta di un game show, versione italiana del format originale This is my house, targato BBC, in cui quattro sconosciuti affermano di essere ognuno il proprietario di una casa, spesso spettacolare, mostrata. Ovviamente, solo uno è il vero proprietario e gli altri tre sono impostori. La giuria composta da Conversa, Stefania Orlando, Barbara Foria e Roberta Tagliavini dovrà individuare chi dice la verità e chi no.

Nicola Conversa è il più giovane dei giurati. Ma non il meno esperto. Ha alle spalle una lunga gavetta cominciata quando a Taranto, città di cui è originario, ha cominciato con gli amici a caricare video su YouTube creando il fenomeno NIRKIOP da milioni e milioni di visualizzazioni. È bastato un cortometraggio, Mezzanotte zero zero, a catapultare Nicola Conversa tra i giovani cineasti da tenere d’occhio: non a caso, è entrato nella cinquina dei David di Donatello ed è stato cooptato come regista dalla Disney per una serie diffusa in tutto il mondo, School Hacks.

E, come se non bastasse, Nicola Conversa è anche uno scrittore di successo. Ha pubblicato con Rizzoli il suo primo romanzo, Nella mia testa, in cui si è divertito a proseguire quel gioco che faceva da bambino con il nonno. Un gioco che lo portava a immaginare e raccontare storie, caratteristica che Nicola Conversa non ha mai perso. Ancora oggi, sui suoi profili social, racconta storie, oltre che a raccontare se stesso, a evidenziare le sue eventuali giornate no o a scherzare. Ed è un uomo che ha insito in sé, come leggerete nell’intervista che segue, una vena malincomica. Come tutti i più grandi attori comici di sempre.

Il cast di Questa è casa mia!.
Il cast di Questa è casa mia!.

Intervista esclusiva a Nicola Conversa

Parte il 6 maggio su Real Time in prima serata Questa è casa mia!, che per te rappresenta una nuova esperienza. Qual è il tuo ruolo all’interno del programma?

È un game show, dove non bisogna indovinare mestieri o età ma chi è il vero proprietario di una casa tra quattro sconosciuti. Il conduttore Tommaso Zorzi, una sottospecie di detective, passatemi il termine, entra in una casa con quattro sconosciuti: tre sono impostori e uno è il vero proprietario. Pone allora delle domande per capire chi è il vero proprietario di casa. Parallelamente, in una stanza ci siamo io, Roberta Tagliavini, Barbara Foria e Stefania Orlando. Mettiamo in atto una specie di gioco di ruolo, in cui facciamo delle congetture e proviamo a capire chi è il proprietario. Un po’ come chi guarda il programma da casa.

È come se fossimo anche noi degli spettatori all’interno del programma. L’unica particolarità è che, a un certo punto, potremo fare delle domande ai proprietari collegati con noi. Piccolo spoiler: siamo stati un po’ divisi con le nostre opinioni. È come in un gioco di società: ognuno aveva il suo “preferito”, aveva individuato il suo “proprietario”. Le domande sono risultate anche abbastanza carine perché, a volte, ti crollavano delle certezze. Io stesso mi convincevo che fosse uno il proprietario e poi, durante le domande, cambiavo idea.

Quindi, tu, Barbara, Roberta e Stefania, siete una sorta di coro greco e testimoni al tempo stesso, più che giurati.

Esattamente. Siamo come un pubblico da casa interattivo. Vedevamo dei video, ognuno tentava di capire e di rubare indizi. C’era, tra i concorrenti, chi cercava di mischiare le carte in tavola, come chi diceva che il marito si chiamava Paolo e, qualche istante dopo, in altra maniera. Dovevamo prendere appunti come se fossimo veramente dei detective e capire dove stava andando la storia.

Un cluedo.

Sì, un cluedo senza morti (ride, ndr). Le case erano molto eccentriche. Non posso far spoiler ma alcune erano incredibili. Quindi, associare anche la casa alla faccia del “proprietario” era complicato.

Cosa ti ha portato ad accettare la proposta di Questa è casa mia!? Come esperienza, sembra quasi lontana dalle tue precedenti, dal Nicola Conversa che conosciamo.

Fondamentalmente, da quando sono bambino, ho sempre avuto la pretesa e la voglia di raccontare storie. Non mi è mai importato molto il mezzo. Ho iniziato su YouTube, poi sono finito in una serie tv importante di Disney Channel, School Hacks, a fare regia, e molto altro ancora. Quando mi è arrivata l’opportunità di Questa è casa mia, mi son detto: “perché no?”. È, comunque, un modo di raccontare, un modo di fare storie e, soprattutto, per me che sono affascinato dalla regia, è anche un modo per stare davanti alle telecamere per capire come funziona dietro. Per vedere come si muovevano gli operatori, per osservare come si muoveva il regista, per analizzare come si sono mossi nei miei confronti: tutti elementi che mi torneranno utili quando sono dall’altra parte, alla regia.

È stata un’esperienza che non volevo precludermi perché era molto interessante, era divertente: fondamentalmente, anche su Instagram, provo a far ridere. Ho provato a portare un po’ di freschezza, un po’ di battute. Anche perché il programma si presta tantissimo. Quando lo vedrete, vedrete che i concorrenti facevano ridere di base. Per me, è stato come quando segui il Festival di Sanremo e fai l’esperto dal divano: stai lì a commentare qualsiasi cosa che vedi!

È, sì, un’esperienza lontana dalle mie corde ma, in un certo senso, vicina perché ho imparato. Se voglio fare questo mestiere, devo imparare e l’unico modo per farlo è stando sul campo. Ho osservato, studiato e tentato di rubare il più possibile da chi mi stava attorno, dalla troupe alle persone accanto a me.

Come ti sei relazionato con gli altri, chiamiamoli testimoni, che era in sala insieme a te, Stefania Orlando, Barbara Foria e Roberta Tagliavini?

Essendo la mia prima esperienza televisiva, ho giocato di rimessa. Sono entrato un po’ in punta di piedi, perché anche loro mi conoscevano ma non mi conoscevano. Quindi, diciamo che sono stato “l'outsider” del gruppo. Loro, con più esperienza alle spalle, mi hanno permesso di integrarmi e, alla fine, sono abbastanza al centro: si sono divertiti tutti.  Per esempio, Barbara Foria, che trovo straordinaria e che mi ha sempre fatto molto ridere, era seduta accanto a me sul divano. È stata molto carina con me, mi ha dato moltissimi consigli.

E, invece, con Tommaso?

Tommaso è un grande professionista, sbagliava veramente pochissimo. Era affascinante guardarlo in azione e vedere l'evoluzione di una persona che, comunque, è mia coetanea, assistendo a come seguiva tutto.

Nicola Conversa.
Nicola Conversa.

Ti ha permesso Questa è casa mia! di vincere quell’ansia da sindrome da impostore di cui hai parlato in un video postato su Instagram?

Assolutamente sì. Sai perché? Perché ho scoperto che mi hanno scovato proprio su Instagram, forse grazie a uno di quei video. Quella costante voglia e sensazione di essere un po’ un impostore alla fine no, non mi ha pervaso. Ho superato l’ansia dopo i primi due minuti perché ho capito che ero in grado di farlo. Stavo lì e son stato tranquillissimo. Quando è partita la registrazione, ho iniziato a divertirmi. E credo che traspaia anche: mi sono realmente divertito. Non è una frase fatta. Le risate che vedrete sono proprio genuine. Perché, in realtà, dopo un po’ ti scordavi anche che avevi le telecamere addosso e ridevi. Quindi sì, ansia superata abbastanza: mi do un dieci e lode!

È un grande passo avanti, soprattutto per chi ha il coraggio di parlare con sincerità in maniera pubblica. Solitamente, si tende a vedere chi nasce nel web come una persona priva di personalità e formazione. È forse il grosso dilemma di questi anni: chi arriva dal web viene preso quasi alla leggera, come se non avesse nulla da raccontare, dimenticando che dietro c’è anche tanta preparazione. Quindi, mi piace che tu abbia vinto la tua ansia.

Molto spesso, il 99% delle volte, chi viene dal web è come se entrasse dalla porta di servizio ed è costretto a dimostrare il doppio rispetto agli altri. Nel mio passato, io sono stato fortunato con un cortometraggio che è finito nella cinquina dei David di Donatello, Mezzanotte zero zero. E con una serie internazionale per la Disney.

Personalmente, sono alla continua ricerca di qualcosa da dimostrare. Credo, però, con questo programma di essere riuscito nell’esperimento di coniugare il mondo del web con altro. In Questa è casa mia! non sono “uno del web” ma sono una persona che sta lì, con tutta la dignità del mondo, a partecipare a un programma.

In questa esperienza non ho vissuto il problema di venire da Internet. Si tende a dimenticare una cosa: chi viene da Internet, in un certo senso, ha fatto il doppio della fatica, il doppio della gavetta.  Esistiamo da un bel po’ e abbiamo accumulato esperienza. A volte, per esempio nell'ambito della regia dei cortometraggi, per girare delle scene, non avendone i mezzi giusti, dobbiamo trovare un modo più veloce e più reattivo per poterlo fare, un modo che abbia gli stessi risultati di un metodo più costoso. L'arte dell’arrangiarsi ci porta ad avere un background, delle esperienze da cui attingere quando si va in difficoltà.  

Non sempre venire dal web è un autogol, anzi.

Anche perché la tv in questi anni è cambiata tantissimo.

Se ci pensate, prima si faceva zapping con la tv. Adesso lo facciamo con lo scorrere in avanti delle storie su Instagram o dei video TikTok. È come se fosse cambiato il telecomando!

In un certo senso, ne parlavo anche con l'autore di Questa è casa mia!, prima qualcuno veniva scovato su reti come, che ne so, TeleNorba o TeleLombardia. Adesso invece è internet il mezzo dove puoi scovare qualcuno. Poi, non è detto che funzioni in televisione. Purtroppo, si ha la sicurezza che qualcuno che esca da internet, da YouTube, da Instagram o da qualche altro social, funzioni in tv: sono due mezzi diversi. Solo chi ha l'intelligenza di capire dove sta e rimane se stesso, può difendersi e ha delle carte giuste per funzionare anche in tv e rimanerci.

Io non avrei mai accettato Questa è casa mia se fosse stato un programma totalmente lontano dalle mie corde. Mi è capitato di rifiutare delle proposte perché non mi sentivo a mio agio, perché rischiavo di farmi un autogol per la mia carriera.

Cosa vuol fare Nicola Conversa da grande? Adesso ti vedremo davanti alle telecamere, ti abbiamo visto dietro. Sei un regista, un attore, un comico, uno scrittore, uno youtuber, un influencer.

Domanda da un milione di dollari. Io amo raccontare storie e, veramente, non mi interessa il mezzo con cui farlo. Anche quando è capitato di fare delle attività su Instagram, ho comunque tenuto lo storytelling al centro. A me piace raccontare qualcosa e mi piace non prendere in giro. Quindi, in futuro mi vedo continuare a fare quello che sto già facendo, quello che mi piace di più fare, il regista, girando le cose che scrivo.

Ultimamente, mi sta capitando anche di girare delle sceneggiature di altri, di dover imparare i modi di pensare di altre persone. Fondamentalmente, la risposta è: io voglio inventare storie. In questo momento, non ho un mezzo preferito. Probabilmente la regia. L’esperienza della televisione mi ha insegnato che, però, si possono raccontare storie anche in altre forme. Continuate a farmi raccontare storie e sono felice!

Hai frequentato il liceo classico Quinto Ennio a Taranto. Era un segno del destino che volessi fare il regista. Ennio come Morricone, Taranto come (Quentin) Tarantino!

Non ci avevo mai pensato a ‘sta roba! Effettivamente, sì. A dicembre ho girato anche degli spot del Ministero per l’Anica e la giornata era dedicata a Ennio Morricone! Era nel destino e dovevo solo farlo uscire. (ride, ndr).

Quando sono dietro la camera e vedo le mie storie che si realizzano, ovvero quella roba che prima era su carta diventare reale, mi emoziono. È una di quelle cose che mi fa sentire vivo, così come dal dire “azione” fino a dire “stop”. Pensare a qualcosa che prima non esisteva e che poi cammina con le sue gambe, funziona, è casa mia! Non la cambierei con nessun’altra sensazione al mondo.

Sin dai banchi di scuola, sognavo di farlo ma mi è sempre sembrata una roba abbastanza lunga. Ho avuto un professore di italiano che ha tentato sempre di dirmi che non si vive di scrittura, credevo a lui invece di credere in me. Ho dedicato il mio libro, Nella mia testa, a tutti i no che ho preso e prenderò. Fondamentalmente nella vita, su dieci volte, otto subisci dei no. Però, qui due sì che rimangono devi difenderli per forza. Tutti i muri che vedi dal vivo alla fine non sono ostacoli: possono essere trampolini per saltare più in alto. La vita è già abbastanza complicata, non facciamoci fermare. Tra i banchi di scuola sognavo di fare qualcosa e, grazie a Dio, ci sto riuscendo.

Cosa ne è del progetto NIRKIOP? In Questa è casa mia! ti vediamo in solitaria.

NIRKIOP, all’inizio, era un progetto, un grande parco giochi, che ho fatto con i miei amici d'infanzia. Per scherzare, abbiamo pubblicato nel 2011 un video caricandolo su YouTube perché non sapevamo come passarcelo, Esami di Stato. È finito su una pagina ed è esploso. Da lì, abbiamo capito che ognuno di noi sognava di fare una cosa diversa, chi il regista, chi lo sceneggiatore, chi l’attore, chi stare in produzione, chi montare.

Abbiamo scoperto che YouTube era un modo gratis per poterlo fare. La realtà cinematografica a Taranto, ora florida, prima veniva vista come: “Cosa vuoi fare nella vita, il regista? Si, vabbè, ma per lavoro vero?”. È stato l'unico modo che abbiamo avuto per difendere la nostra passione.

Più andavano avanti i video, più capivamo che veramente avevamo qualcosa da raccontare. È stato un modo per far esplodere un po’ la passione di tutti.

Il trasferimento a Milano, fatto con un po’ di paura perché comunque volevamo ritornare giù, ha funzionato, ma io sono ossessionato dall'idea di voler fare il mio primo film a Taranto. Sarebbe anche un modo per dire grazie, perché questa comicità, questo modo di fare, è nata proprio dall'ambiente in cui siamo cresciuti. Ho gli stessi amici da quando ho 13 anni e sono le persone più divertenti che conosco.

Quindi, il progetto NIRKIOP continua, va avanti. Ridiamo, scherziamo. Siamo dei ragazzi che, partiti per gioco, sono diventati dei professionisti del settore.

Lo hai citato prima. Hai scritto Nella mia testa, un libro pubblicato da Rizzoli. Mi piace molto lo spunto dal quale è nato: la figura del nonno. Quanto è stato difficile lasciare Taranto e separarsi dagli affetti?

È stato terrorizzante!

Il libro è nato realmente uno spunto, dall’abitudine che avevo con mio nonno di guardare sconosciuti dal balcone e immaginare dove stessero. Questo gioco, forse, in un bambino di sei, sette anni ha stimolato la fantasia, pur non volendolo. Magari, mio nonno lo ha fatto perché non sapeva cosa dirmi e non sapeva come riempire lo spazio con un bambino che gli rompeva le scatole!

Ho continuato a giocare così con tutte le persone che conosco proprio fino a quando non ho iniziato a farlo anche su Instagram, fotografando sconosciuti di spalle e inventando storie.  Le storie che inventavo attingevano un po’ tutte alle mie esperienze e ho capito il lasciarsi con una ragazza, il fidanzarsi, l’andar via da casa sono emozioni comuni che vivevano tutti.

Nel libro racconto 33 storie diverse. Km 0 è una delle storie che mi piace di più proprio perché è sulla lontananza da casa. I brasiliani la chiamano saudade. Io a luglio la saudade del mare ce l'ho.

Ho comprato casa a Milano, convivo a Milano, ci sto. Ma il problema è che un pezzettino di cuore l'ho lasciato giù. Ogni tanto devo andare a far rifornimento di benzina! Non mi ricordo chi lo diceva, il mare è una cosa seria. Mi manca casa, mi mancano gli amici, però so che stanno lì. Fa anche sorridere che io abbia gli stessi amici da quando ero piccolino. Nonostante oggi faccia un programma su Real Time, loro continuano a trattarmi come il quindicenne che ero. E questa cosa mi fa abbastanza tenere i piedi per terra.

Mi colpiva, guardando il tuo profilo Instagram, al di là dei contenuti divertenti, il tuo postare frasi o vignette che parlano soprattutto di relazioni di amore. Ce n'era una in particolare sulle persone anziane, con al centro la signora col marito affetto di Alzheimer. Da dove nasce questo bisogno di soffermarsi sui sentimenti in maniera così “seria”? Molto spesso uno non se lo aspetta da chi ti fa ridere.

Sono ossessionato dall'idea che i sentimenti ormai siano sottovalutati, passati di moda. Ormai le relazioni sembrano quasi come Tik Tok: un video dopo l’altro, neanche 15 secondi di visione, ci sembrano troppi, e passiamo avanti. Non mettiamo neanche più l'audio.  Abbiamo talmente tanti “seguaci” che pensiamo che se una cosa non va bene, ne avremo subito un altro pronto ad accoglierci. È come un catalogo dalla scelta infinita di un catalogo.

Vedo, invece, le relazioni dei nonni o dei nostri genitori più solide. C’era la scelta di volersi difendere.

La storia che citi era dedicata ai miei nonni. Li ho visti per una vita litigare bonariamente la mattina, probabilmente perché mia nonna gli dava 10.000 lire e lui tornava con 9.000 lire. Non si sapeva mai cosa avesse comprato. In realtà, aveva comprato la cioccolata per i nipoti, ma lui non lo ammetteva e litigavano.

Erano legami che si basavano su un concetto di amore puro. Oggi si litiga sul perché non si è taggata la fidanzata su Instagram o se non si postano delle foto. I valori, forse, non è che sono stati aggiornati, sono stati un attimino dimenticati. Specialmente l'amore, quello dei film. Per me, è quello un po’ “vecchio”, non è quello 2.0, tutto e subito. C'è un concetto ancora di difesa che, secondo me, vale la pena portare avanti nelle relazioni, nelle amicizie o in qualsiasi altro tipo di legame.

Su Instagram l’alternarsi costantemente di argomenti comici ad argomenti seri è dal ricondurre al fatto che sono fatto così! Posso essere una persona brillante e simpatica ma, quando c'è da ragionare, mi piace essere abbastanza serio. Ho un po’ una vena malincomica, come si dice in gergo.

Potremmo dire che "Nicola Conversa è umano”.

Sei sotto i riflettori su Instagram e non puoi sempre stare a duemila, sempre allegro. Puoi avere anche una giornata storta. Sulla lavagna ho scritto “Fai un respiro profondo. È una brutta giornata, non una brutta vita”. Io l'ho scritta quando a un certo punto, due mesi fa, era successo qualcosa che mi aveva fatto un attimo crollare. Avevo letto questa frase, me la sono scritta sulla lavagna e l'ho postata. Non ricordo più quante condivisioni ha fatto. Magari in quel momento anche un'altra persona, un altro essere umano, aveva bisogno di sentirsi dire quella frase. Forse siamo tutti più simili di quanto crediamo.

Hai mai avuto dei modelli di riferimento da un punto di vista artistico? E nel privato?

Dal punto di vista artistico, ti citerei due registi. Mi ha sempre fatto impazzire Francesco Nuti, anche lui alternava dei film in cui ridevi da morire e altri in cui riflettevi molto. Avrei voluto vedere come sarebbe continuata la sua carriera: ha girato pochi film e li conosco tutti a memoria. L’altro nome è invece Paolo Genovese. Del suo Perfetti sconosciuti mi ha fatto impazzire il fatto che abbia la storia al centro, realizzando uno dei titoli che ha più remake al mondo nella storia del cinema italiano.  Ha dato speranza a tutti gli sceneggiatori o, comunque, ai giovani registi: molto spesso ci si scorda della storia raccontando solo immagini, quando invece la storia è importante.

Per quanto riguarda il privato, i miei due genitori. Mi hanno tirato su in maniera super autonoma e tranquilla. Non mi hanno fatto mai mancare niente e alla fine erano due persone umilissime. Una faceva la casalinga, l'altro la guardia giurata. Devo loro tutta l’umiltà del mondo.  Mi hanno fatto capire che si può fare tanto, con poco: basta ridere. Poi, sono divertentissimi. La mia mamma è quella che nei video fa proprio ridere in generale. Pensandoci bene, a casa mia si è sempre riso un sacco.

Hai dichiarato tempo fa che non guardavi il finale delle serie tv perché avevi paura di perdere i personaggi a cui ti eri legato.

È vero, non era romanzata. Ho paura di separarmi dai personaggi. Però tento di fare una cosa abbastanza malsana: guardo i finali delle serie, se voglio legarmi a qualcosa di incredibile come mi è successo nella vita. Come è accaduto con il finale di Scrubs. Mi ricorderà per sempre il mio primo esame all'università: ho finito la serie lo stesso giorno! Mentre ho finito I Met Your Mother il giorno prima di cominciare a girare la serie per la Disney. Li saldo così nella mia testa!

Nicola Conversa.
Nicola Conversa.
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