Il 21 giugno, con l’arrivo dell’estate, Nina Palmieri torna su Discovery+ con la nuova stagione di Naked Attraction Italia, il dating show che affronta i temi di sessualità e sensualità con naturalezza e spontaneità. Prodotto da Stand by Me per Warner Bros. Discovery e condotto da Nina Palmieri, il programma vede sei pretendenti nudi rivelati gradualmente a un concorrente vestito, che sceglie il proprio appuntamento basandosi solo sull'attrazione fisica.
Nina Palmieri, rispondendo al telefono dalla Spagna dove vive per metà dell’anno, riflette sul suo percorso e sulla decisione di condurre Naked Attraction Italia. Per lei, iena televisiva per eccellenza, il programma rappresenta una piccola grande rivoluzione, un manifesto di libertà di espressione e accettazione di tutti i corpi e le identità di genere. Nonostante le critiche per la nudità esplicita, Nina Palmieri crede che il programma stimoli discussioni profonde e importanti sulla sessualità e i pregiudizi sociali.
Nina Palmieri, nel corso della nostra intervista esclusiva, osserva che l'apparente semplicità del format nasconde una sfida personale significativa. Naked Attraction rompe i tabù e affronta temi spesso considerati controversi, dimostrando che la nudità può essere vista in modo non malizioso, paritario e oggettivo. Nina Palmieri sottolinea anche come la vera forza del programma risieda nello stupore e nelle riflessioni che suscita tra il pubblico, sfidando pregiudizi e stimolando un dibattito più aperto e inclusivo sulla sessualità.
Non potremmo dunque che essere d’accordo con Nina Palmieri nel considerare Naked Attraction Italia come un'opportunità per promuovere la libertà di espressione, l'accettazione e la rappresentazione inclusiva delle diverse identità sessuali, contribuendo a una maggiore apertura e consapevolezza nella società italiana.
Intervista esclusiva a Nina Palmieri
“Sono in Spagna, sulla mia isoletta dove vivo una parte dell'anno, con grande fortuna ovviamente”, mi risponde Nina Palmieri dall’altro lato del telefono. “Sono arrivata da tre giorni e sto ancora con i bagagli e le valigie. E, quindi, sono ufficialmente in vacanza e in attesa di riprendere il lavoro e che la terza stagione di Naked Attraction sia finalmente disponibile”.
Nel tuo passato hai esplorato la sessualità in maniera diversa, anche grazie ai programmi che hai curato. Cosa ti ha spinto ad accettare tre anni fa Naked Attraction che sulla carta sembrava molto più semplice rispetto ad altri tuoi progetti?
È vero: sulla carta era molto più semplice, ma in realtà rappresentava una bella sfida personale. Naked Attraction è un manifesto, una piccola grande rivoluzione. A me piacciono le cose che rompono i tabù, che possono anche dare un po' fastidio: se ci pensiamo anche I viaggi di Nina e Sex Education erano per alcuni fastidiosi. Quando mi hanno proposto Naked Attraction, ho pensato subito che fosse nelle mie corde era e sono contenta di averlo accettato: mi è piaciuto portare in alto la bandiera della libertà di espressione di sé stessi in tutti i modi e dell’accettazione di tutti i corpi, tutti gli orientamenti sessuali e tutte le identità di genere. Una volta una ragazza lo ha definito un “bel fritto misto”, un’espressione che calza a pennello.
Sono anche molto felice e orgogliosa di essere la conduttrice di questo programma, perché mi piace anche il fatto che se ne discuta così tanto in modo anche clinico: le discussioni fanno sempre bene. Poi, chi con intelligenza riesce a vedere il messaggio profondo dietro un'apparente leggerezza, apprezza molto il tutto. Mi arrivano spesso commenti, pensieri e riflessioni che mi riempiono di gioia.
A proposito delle critiche, secondo te cosa genera così tanta diffidenza nei confronti di un programma che rompe i tabù e i preconcetti sul corpo e sul sesso. È strano come noi italiani, eppur famosi per “farlo meglio”, siamo sempre restii a parlarne e a mostrare.
Ci piace dire che lo facciamo meglio, ma poi quando in qualche modo il tutto viene esplicitato dà fastidio. Non so perché, forse perché rientra un po' nell'apparato culturale di buona parte del nostro Paese. Io col sesso e con la nudità ho un bellissimo rapporto e capisco che insomma quello che dà proprio fastidio è la nudità maschile. La maggior parte delle persone vorrebbero che questo programma andasse anche sulla tv generalista senza censure, come in altri Paesi. Noi lo facciamo su Discovery+ ma poi andiamo in onda blurati su RealTime per incontrare il pudore di chi ci guarda… e sono in molti a farlo visto che poi ci criticano al dettaglio.
Credi che il problema sia dovuto semplicemente alla nudità maschile? Siamo fallofobici?
Forse è il mostrare il pene che dà fastidio. È curioso come la maggior parte dei commenti giudicanti provengono da donne eterosessuali. Non siamo abituati a vedere il pene in tv in un modo assolutamente non malizioso. In Naked Attraction, invece, noi osserviamo il pene come faremmo con un piede, un capezzolo, i capelli, la peluria, la pancetta. Tutto è messo sullo stesso piano: il pene è allo stesso livello di tutte le parti del corpo e a me questa cosa piace tantissimo proprio per la sua oggettività.
Non c'è mai malizia nel farlo. Certo, può capitare la battutina, ma osserviamo il pene come ogni altra parte del corpo. Anche i partecipanti danno un valore diverso a ogni parte del corpo, e spesso non è il pene la prima cosa di cui parlano o su cui casca l’occhio. Tanto che, sfidando anche l’opinione comune, non sono le dimensioni di un pene spesso a portare alla scelta del partner da incontrare dopo. Ricordo ancora una puntata in cui c’era un ragazzo veramente superdotato che, nel rush finale, ha perso nei confronti di un altro giovane con dimensioni assolutamente normali, tanto che quest’ultimo si è anche stupito. Nel nostro piccolo, cerchiamo di abbattere anche molti stereotipi sul pene così come su tante altre parti del corpo.
In tal senso, le scelte dei concorrenti spesso stupiscono me in prima persona e forse è proprio lo stupore la forza del programma: io stessa a volte, mettendo insieme le informazioni che conosco su chi sceglie, mi sorprendo di fronte a scelte che vanno in direzione opposta a ciò che credevo nella mia testa… forse anche per pregiudizio.
Naked Attraction è inclusivo anche per le persone LGBTQ+. È più complicato per te gestire le puntate con concorrenti non eterosessuali?
No, mi viene spontaneo: è sempre tutto molto naturale. Mi sento parte della comunità e parlo di questi temi con facilità. In realtà, arrivano più candidature da persone LGBTQIA+ che da eterosessuali a dimostrazione che la varietà è una ricchezza. Mi sembra anche banale sottolinearlo perché per me l’accettazione e l’inclusività sono un dato di fatto che spesso do per scontato. Se poi abbiamo dato fastidio a qualcuno nel mostrare certi match che ben venga: sono felice di averlo fatto.
La rappresentazione è importante per una società inclusiva. Pensi che la tv stia migliorando in questo senso?
Ci proviamo, almeno. Personalmente, è una battaglia che porto avanti da anni. Cerco di educare dove manca l’educazione rispetto a certi temi, anche nella mia famiglia. Vedere mia madre e mia nonna fare domande su temi, argomenti o nomi, che prima non conoscevano o consideravano “diversi” è una vittoria per me. Rappresentare il “diverso” e renderlo magnificamente diverso è fondamentale, anche perché come recitava una famosa battuta “da vicino nessuno è normale”.
Io sono appagata quando mi ficco in un mondo che prima non conoscevo, quando faccio delle scoperte di qualcosa non mio da cui poi vengo abbracciata e accolta. Quando mi è capitato, ho vinto un mio problema di chiusura diventando una persona molto più amica: conoscere arricchisce e non ci toglie libertà. Ecco, anche per me questo è un pensiero banale, non dovrei neanche esplicitarlo…
Hai un rapporto amicale con i concorrenti anche fuori dalla telecamera?
Tocchi un tasto per me dolente: per come sono fatta io, vorrei passare più tempo con loro, ma i tempi tecnici di produzione sono molto stretti. Sono famosa per stare anche settimane a casa di una persona per un’intervista e, quindi, un po’ soffro il dovermi adeguare al format e non potere stare anche solo un giorno intero a capire le sfumature dell’anima che ho di fronte. Mi affido, dunque, al lavoro del team di autori eccezionale che mi supporta, faccio scorpacciata delle informazioni che hanno raccolto ma non mi bastano mai, tant’è che spesso vado anche un po’ fuori dal seminato.
Tuttavia, cerchi sempre di capire le loro storie e vulnerabilità.
Non voglio aprire la coda di pavone ma a domanda rispondo. Penso di aver sviluppato una certa empatia che mi aiuta a connettermi con le persone anche in poco tempo. Per mia fortuna, aggiungo, altrimenti non potrei fare il mio lavoro e captare le onde giuste. L’empatia è qualcosa che mi porto dietro da quando ero piccola, non l’ho mai persa come invece è accaduto con altre cose e la custodisco nel mio zaino come un oggetto raro. Mi piace entrare in contatto con l’energia della persona di fronte: la maggior parte delle volte ci riesco, altre invece farlo in poco tempo è difficile per via di individui molto duri e restii ad aprirsi sulla loro vita privata.
Paradossalmente, per alcuni è più facile mettersi a nudo fisicamente che emotivamente.
Che poi è esattamente quello che succede con un programma come Naked Attraction per chi arriva fino alla fine, all’appuntamento al bar. Trovo molto affascinante il contrasto, pazzesco, tra chi è spavaldo nella cabina e poi si intimidisce all'appuntamento. Questo dimostra quanto sia più semplice essere nudi fisicamente, mostrando le proprie perfezioni e imperfezioni fisiche, piuttosto che emotivamente, quando si presentano vestiti per due chiacchiere da soli: cambia radicalmente l’atteggiamento, come se con gli abiti addosso riprendessero tutte le sovrastrutture della società intorno.
Non è tanto il caso di Naked Attraction ma soprattutto di Le iene: come riesci a scrollarti di dosso certe storie particolarmente difficili?
La mia terapia è mia figlia da sei anni a questa parte. Spesso ci penso e mi chiedo come sopravvivevo prima quando affrontavo qualcosa di doloroso. Devo anche ammettere di essere sempre stata una persona molto positiva: come mi ripetono le mie amiche, “se c’è un nodo, lo sciolgo”. Ma son così di natura, non mi piace lamentarmi e quando le persone che amo lo fanno cerco di fare il possibile per evitare che accada.
Ovviamente, capita che di notte ripensi a certe situazioni e il magone abbia il sopravvento. Il dolore delle persone è qualcosa che mi porto addosso, non riesco a scrollarmelo. Fa parte della mia valigia ma lo elaboro per poi trasformarlo in energie positive. Già di mio vado in terapia tutti i giorni, correrei il rischio di finire ricoverata (ride, ndr).
Tornando a Naked Attraction, ci sono storie che ti hanno colpito particolarmente?
Nell’ultima edizione, un bel po’. Di sicuro, quella di una ragazza che, per via di un passato in cui non accettava il suo corpo, non si era mai spogliata con la luce accesa neanche davanti ai suoi fidanzati e che ha deciso di farlo per la prima volta nel nostro programma. Un'altra storia che mi è rimasta impressa è stata quella di un ragazzo sieropositivo che ha portato una testimonianza bellissima oltre che importante, facendo una scelta molto rock e azzeccata. E, infine, quella di una ragazza che, vivendo con i nonni, è venuta accompagnata da una nonna molto battagliera e anche critica nei confronti di tutti i fidanzati della nipote: pensa che ansia da prestazione per il prescelto (ride, ndr).
Quest'anno ho trovato il cast molto più consapevole e felice di partecipare: i concorrenti non sono attori ma gente comune che ci scrive. E vedere che vanno via dopo la registrazione contenti di aver affrontato anche una loro insicurezza è sempre bellissimo, soprattutto in chiave celebrativa dell’accettazione di sé. Mi piacerebbe che in futuro, come accade già nell’edizione inglese, ci scrivessero anche molte più persone con disabilità ma, non essendoci un casting, sono loro a doverci scrivere per essere poi selezionati. Anzi, faccio un appello a chiunque voglia venire: scriveteci e venite a denudarvi con noi.
Parlando di insicurezze, il tuo lavoro ti ha aiutato a superare qualche tua insicurezza?
Non lo direbbe nessuno ma, incredibilmente, una forma di timidezza latente. Chi mi osserva è portato a pensare che non mi sia mai vergognata di niente e invece in alcun situazioni ho delle timidezze, anche su cose stupide, che il mio lavoro mi aiuta ampiamente a superare. Ho dovuto sviluppare maggiormente una faccia tosta, che evidentemente già avevo.
Tua figlia Amanda sta crescendo. Confrontarti con un’altra donna appartenente a un’altra generazione ti crea ansia?
Prima che nascesse, non conoscevo la parola “ansia”. Da madre, la sento rispetto a tutto però la supero anche perché Amanda è una bambina molto gentile, ben salda su stessa e molto attenta agli altri. Di conseguenza, la vedo crescere sapendo che avrà dentro di sé gli strumenti per “mangiarsi il mondo” e per affrontare tutti gli infortuni, anche metaforici, che le capiteranno nella vita. Lo diciamo sempre: sono anche le ferite che aiutano a diventare grandi e quindi andranno bene anche quei piccoli dolori che incontrerà.
E se nel 2036 ti dicesse che vorrebbe partecipare a Naked Attraction?
Andrebbe bene. È anche venuta in studio, senza ovviamente la presenza dei concorrenti nudi, per osservare da vicino la mamma in versione “conduttrice”: abituata a vedermi nei panni di Iena con quasi zero trucco addosso, voleva osservare come mi pettinavano, truccavano o vestivano in quello che le ho spiegato essere un programma in cui si cerca l’amore.
Amanda è cresciuta in un ambiente sereno riguardo alla nudità: è nata e vive a Formentera... Un giorno, osservando un mio tatuaggio fatto in tempi non sospetti, nel freddo di un gennaio a Roma si è spogliata totalmente nuda in casa e ha cominciato a correre gridando “Nuda per sempre”. Se volesse quindi partecipare a Naked Attraction non avrei nessun problemi: dovrei semmai farmi licenziare come conduttrice, ci sarebbe un conflitto di interessi (ride, ndr).
Quel “Nuda per sempre” è l’evoluzione di quel Liberasempre, titolo di un tuo libro del 2016?
Assolutamente. Le ripeto sempre che deve rispettare lo spazio vitale degli altri. E le scelte, anche se non le piacciono: ha la libertà di dire che non le piacciono ma deve rispettarle.
C’è mai stato qualcosa nel tuo percorso che non ti ha fatto sentire libera?
Ci sto pensando. E, se ci sto pensando, vuol dire che la risposta è forse “no”: nel momento in cui ho avvertito che stava per cambiare qualcosa, mi sono subito allontanata. Nel lavoro, come nella vita privata.
Non sarebbe l’ora di aggiornare i tuoi Viaggi di Nina?
Mi piacerebbe molto ma dipende dalle decisioni produttive. È un progetto a cui tengo molto, sono anche rimasta in contatto con molte delle ragazze e da allora sono cambiate tante cose. Sarebbe molto bello e molto curioso farlo ma, purtroppo, per alcune scelte la mia libertà è limitata.