Noemi Brando, giovane talento cinematografico, racconta l'emozione e l'entusiasmo che accompagna il suo debutto nel film Netflix Sei nell'anima, diretto da Cinzia TH Torrini. Originaria di Venezia, Noemi Brando ha lasciato il mondo del tennis professionistico per seguire la sua vera passione: la recitazione. Il suo percorso non convenzionale l'ha portata a Roma, e da lì, quasi per destino, a un incontro casuale che ha cambiato il corso della sua carriera.
Nel film, Noemi Brando interpreta Tina, un personaggio cruciale nei primi passi della carriera della giovane Gianna Nannini, aiutandola a introdursi nel mondo della musica. La sua audizione per il ruolo è stata altrettanto insolita: invitata a un concerto di Nannini da un amico, Noemi Brando si è ritrovata improvvisamente nel backstage, dove è stata scelta personalmente dalla cantante per il ruolo di Tina. Questo momento fortuito ha segnato l'inizio di una nuova fase della sua vita, dimostrando come talvolta il destino giochi carte inaspettate.
Noemi Brando, nel corso della nostra intervista, riflette sulla sua vita prima del cinema, trascorsa sui campi da tennis, e su come questa esperienza l'abbia preparata a affrontare le sfide e la disciplina richieste nel mondo del cinema. La sua transizione da atleta a attrice è stata guidata dalla passione e dalla ricerca di nuove sfide, elementi che l'hanno portata a riconoscere e seguire il suo vero desiderio di esprimersi attraverso l'arte.
Cresciuta in una città intrisa di cinema, Noemi Brando ci racconta anche come la Mostra del Cinema di Venezia l'abbia ispirata fin da giovane senza sapere neanche perché e come la sua città natale abbia influenzato la sua percezione dell'arte e della creatività. La decisione di lasciare Venezia per Milano e poi per Roma è stata guidata dal desiderio di indipendenza e di esplorare nuovi orizzonti, un tema che risuona profondamente con il suo personaggio nel film.
L'intervista esplora non solo il percorso professionale di Noemi Brando ma anche le sue riflessioni personali sull'indipendenza, l'identità e la trasformazione. Attraverso il racconto di Noemi Brando, emergono pensieri sulla libertà e sull’autodeterminazione, che trovano eco tanto nella sua vita quanto nel suo ruolo di Tina.
Intervista esclusiva a Noemi Brando
“Questo è un periodo molto emozionante per me: Sei nell’anima è il mio primo film e, quindi, è tutto nuovo per me”, risponde Noemi Brando quando le si chiede come sta. “La mia prima esperienza su un set cinematografico è stata in realtà in L’amor fuggente, che uscirà prossimamente, ma si trattava di una piccola parte: il film di Cinzia TH Torrini, invece, mi ha permesso di vivere un clima differente, in cui si è creata una vera e propria famiglia, ragione per cui sono legata a questo progetto”.
Nel film Sei nell’anima, interpreti Tina, una delle amiche che permettono alla giovane Gianna Nannini di muovere i primi passi, decisivi, verso la realizzazione del suo sogno. Il ruolo ti è arrivato in maniera del tutto inaspettato.
È stato tutto molto casuale. Stavo già a Roma, città in cui sono arrivata dopo aver lasciato la mia Venezia per Milano, quando un amico mi ha invitato a Firenze per un concerto di Gianna Nannini. Senza sapere che già erano cominciate le riprese del film, ho preso il treno e sono andata.
Finito il concerto, l’amico mi ha portata nel backstage per conoscerla: ero emozionata come una bambina alla sola idea ma, quando Gianna mi ha visto, senza nemmeno salutarmi o presentarmi, ha cominciato a urlare in mezzo alla gente che ero io Tina. Ovviamente non capivo… si è subito avvicinata la regista Cinzia TH Torrini che, smorzando il suo entusiasmo, le ha ricordato che avrei prima dovuto fare un provino.
Ed è cominciato tutto così: nel pensare a come è andata, mi convinco sempre più come questo lavoro che ho scelto alle volte sia tutto una questione di fortuna, almeno così è stato per me.
L’incontro tra Tina e Gianna si rivelerà un punto di svolta nella carriera della cantautrice: è Tina a introdurla in qualche modo alla Ricordi e alla figura di Mara Maionchi, sua prima manager. C’è stato nella vita di Noemi Brando un incontro cruciale che l’ha portata a scegliere la strada che ha dopo intrapreso?
No. Ho alle spalle una formazione professionale, comunque, atipica. Ho sempre amato il cinema e sin da piccola ne ero affascinata: trascorrevo giorni chiusa in casa a vedere film su film. Nonostante la passione fosse evidente, facevo però tutt’altro: non sognavo di diventare attrice ma giocavo a tennis. Ho praticato tennis a livello agonistico per dieci anni: era come se lo sport pian piano fosse diventato il mio lavoro. Mi allenavo tutti i giorni, ogni weekend avevo un torneo in giro per l’Europa e la direzione sembrava già stabilita. Ma, a diciassette anni, ho mollato tutto… e credo che mia madre non sia stata molto felice della mia scelta.
Sei cresciuta del resto a Venezia, una città in cui tra calli e ponti si respira l’aria del cinema.
Assolutamente. Ricordo come quando, a otto o dieci anni, durante la Mostra d’Arte Cinematografica, andassi al Lido per capire e ascoltare come funzionasse. Amo Venezia, nonostante l’abbia lasciata da un paio di anni: ci torno sempre molto volentieri tanto che, ogni volta che posso, scappo in quella bolla incredibile che è la città, sospesa in una dimensione spazio-temporale tutta sua.
Praticare sin da bambina tennis e portarlo avanti per tantissimo tempo a livello agonistico è stato per te un sacrificio?
È un aspetto su cui ho riflettuto molto nell’ultimo periodo arrivando alla conclusione di aver sacrificato una parte della mia vita, quella della crescita, del diventare grande e del divertimento. Sto cercando di recuperare adesso ciò che mi è mancato: mi sentito più bambina oggi a 23 anni che quando ne avevo 15! Però, il tennis mi ha insegnato tanto: è uno sport che mette alla prova, a cui devi dedicare tempo e che ti spinge a stare in ascolto sia di te stesso sia dell’altro. E quello che ho imparato mi è servito nel percorso che ho ora intrapreso.
Se vogliamo, il tennis è lo sport elitario per eccellenza. Sei mai stata considerata una ragazza snob per averlo praticato?
Sono sempre stata in realtà una ragazza molto timida… e lo sono ancora. Oltre a essere timida, mi piaceva anche stare da sola: ho vissuto molto la solitudine ma ciò non ha avuto a che fare con l’essere snob ma è dipeso dal fatto di essere semplicemente confusa. Ci hanno pensato Gianna Nannini e Cinzia Th Torrini a togliermi un po’ di timidezza e confusione.
Eppure, vedendoti in SuperSex non si direbbe…
Perché SuperSex, nonostante sia stato diffuso prima, è stato girato dopo Sei nell’anima. Se me lo avessero proposto prima, probabilmente non avrei accettato. Gianna, con la sua energia pazzesca, mi ha fatto capire quanto importante fosse stata per lei Tina: tale punto di congiunzione ci ha fatte entrare molto in connessione. Cinzia, invece, mi ha aperto le porte di casa sua: mi sono potuta fidare di lei.
Che vuol dire entrare in casa di una regista come Cinzia?
Mi ha insegnato a crescere professionalmente e personalmente. Era il mio primo film con un certo ruolo: Cinzia mi ha preso per mano e mi ha aiutata a vedere diversamente molte cose. E ne sono felice.
Tina è una ventenne emancipata e libera. Tu quando hai sentito di poterlo essere?
Quando ho lasciato Venezia a diciassette anni per andare a vivere a Milano da sola. È stata una scelta molto forte: ero ancora molto piccola ma sentivo il bisogno di essere indipendente e di liberami da quella bolla che è Venezia, una città che comunque mi stava molto stretta. Ho sempre voluto trovare la mia indipendenza e credo di esserci riuscita.
Come ha reagito tua madre, già segnata dall’abbandono al tennis, alla notizia del tuo trasferimento?
Per lei, sono stati due colpi molto forti perché non se li aspettava. Ovviamente non ha approvato ma mia scelta di andare via da sola ma col tempo l’ha accettata. Siamo sempre state molto legate, era lei che mi accompagnava ai tornei di tennis, e lo siamo tuttora. Ho avuto dalla mia la fortuna di avere due genitori molto giovani sia anagraficamente sia mentalmente, due genitori che oggi partono ad esempio da Venezia per presenziare alla prima di Sei nell’anima.
La tua scelta personale, se vogliamo, ricorda molto quella di Gianna Nannini, andata via dalla sua Siena per cercare la propria voce.
Siamo entrambe degli spiriti molto liberi. Credo, tra l’altro, che sia stato il percepire in me uno spirito affine al suo a spingerla a vedermi sin da subito come Tina: credo molto nella libertà…
…e nella solidarietà femminile? Dopotutto, Sei nell’anima è anche una storia di donne che si sostengono.
Sì, ci credo. Sul set, eravamo praticamente quasi sempre donne o, meglio, eravamo sempre in numero maggiore rispetto agli uomini. Interagendo soprattutto con donne, mi sono sentita molto più a mio agio. Finite le riprese, si trascorreva del tempo stando tutte insieme a parlare. Quello delle tematiche di genere è un universo a cui nell’ultimo periodo mi sono molto avvicinata e sono felice nel constatare come ci sia sempre più accesso per il genere femminile in campi o aree considerate prima come di dominio maschile. Ma, soprattutto, sono felice che sia sempre più accesso anche all’istruzione, utile poi per esprimere il proprio talento.
È stato negli anni complicato per te far capire che, oltre all’aspetto fisico, c’era anche una testa che pensava?
Tutti i pregiudizi che ruotano sull’essere bionda di certo non aiutano: sto pensando di scurirmi i capelli (ride, ndr). Battuta a parte, l’aspetto estetico ha i suoi pro e i suoi contri: la bellezza mi ha in alcuni casi aiutata ma è sempre necessario capire come usarla. Nella mia scala di valori, non è mai stata messa al primo posto e credo che la gente riesca a vederlo. Mi piacerebbe anche trovare dei ruoli che mi permettano di spaziare e andare oltre: mi sento molto diversa, tormentata quasi, e la bellezza è passata in secondo piano.
Tormentata?
Ci sto lavorando. Ci sono in me fragilità, vulnerabilità e tante contraddizioni. Ho per esempio da qualche mese cominciato a praticare yoga nel tardo pomeriggio, mi piace e mi fa entrare in connessione con me stessa, raggiungendo una certa tranquillità. Ma, al contempo, pratico anche Muay Thai, che mi dà molta energia: ogni mattina alle nove, dopo il primo caffè, mi alleno, mi restituisce una carica incredibile e la giornata parte bene.
Uno dei tuoi maestri, di cui hai frequentato anche un workshop, è sicuramente Ferzan Ozpetek. Ti ha anche diretta in un cortometraggio che vedremo a breve. Il cinema di Ozpetek viene spesso definito “inclusivo”. Qual è la forma di discriminazione che maggiormente ti infastidisce?
Mi dà fastidio ogni tipo di discriminazione. Ma, a livello personale, mi irrita anche la mancanza di rispetto, qualcosa contro cui lotto ogni volta che se ne presenta l’occasione. Credo di essere una persona molto empatica e generosa ma spesso ciò viene frainteso con l’essere troppo disponibile: l’essere accogliente e gentili nei confronti dell’altro non è di certo disponibilità o stupidità.
Sei nell'anima: Le foto del film
1 / 29Tina, in Sei nell’anima, ha una forte dipendenza dalle sostanze stupefacenti. Ma nella vita si può essere anche dipendenti dai sentimenti. Quanto lo sei in una scala da uno a dieci?
Forse più di dieci ma sto lavorando per arrivare almeno a nove.
Hai preso un cane dopo la fine di una relazione sentimentale per dare a lei l’amore che non riuscivi a riversare su altri?
No, però è vero che adesso sono totalmente innamorata della mia cagnolina: praticamente, viviamo in simbiosi e l’ho anche portata sul set del film. Dormiamo insieme e grazie a lei non sento più la mancanza di nessuno (ride, ndr). Chiaramente, su quest’ultima frase scherzo però è vero che mi sta regalando tantissimo affetto incondizionato e, considerando che vivo da sola a Roma, non potevo fare scelta più giusta con la mia Evita.
Evita? Beh, nome pesante da portare sulle spalle…
Lo so. Avrei voluto chiamarla Vita, era un nome che avevo in mente tutte le volte che desideravo un cane mio, ma non l’ho fatto per una motivazione precisa: mia madre mi ha chiamato un giorno per dirmi di aver trovato una cagnolina a Venezia e di aver deciso di chiamarla proprio Vita. Amiamo gli animali da sempre (mamma ha sei cani e due gatti) e diffido da chi non li ama tanto che mi stupisce come ultimamente stia però conoscendo sempre più persone che non li amino…
A chi diresti “sei nell’anima e lì ti lascio per sempre”?
In amore, al momento, forse alla persona con cui la storia è finita prima di prendere Evita. Il nostro è stato un legame per me molto importante: mi ha illuminato la vita come un faro. Nonostante l’amore cambi e si evolva, avrà sempre un posto speciale dentro di me perché mi ha insegnato a vivere e a crescere appena arrivata a Roma.
Ma, più in generale, lo direi a mio fratello, più grande di me, con cui ho un rapporto meraviglioso. Mi ha seguita a Milano quando sono andata via da Venezia ma ha poi deciso di ritornarsene da dove era partito ma nulla potrà mai incrinare il legame che ci unisce. Partiamo spesso anche da soli, io e lui, come è accaduto ad esempio lo scorso gennaio per due settimane in Thailandia. Sono molto felice della nostra relazione perché, sebbene all’apparenza le strade della vita possono dividerci, troviamo sempre del tempo per noi e per stare insieme.
Sul set di SuperSex avevate un coordinatore dell’intimità, una figura necessaria quando si devono girare determinate scene. Ti vediamo all’inizio della storia interpretare l’hostess della convention con cui Siffredi ha un rapporto sessuale senza troppi giri di parole. Quanto è stato difficile da donna sentirsi anche solo per ragioni narrative solo un corpo, un oggetto?
Non è stato semplice e credo che si intraveda anche nella scena. Ero molto emozionata ma in maniera pesante: c’era della sofferenza nel pensare che ci sono donne che vengono considerate solamente degli oggetti per capricci improvvisi. Ho lavorato molto in quella direzione e psicologicamente non è stata una passeggiata.
Che rapporto hai con il tuo corpo?
Sto lavorando anche su questo. Ho iniziato da poco un corso di ballo perché mi piace l’idea di poterlo sentire maggiormente: il corpo ci restituisce molti segnali quando qualcosa non ci piace. Per quella scena, ad esempio, ero diventata quasi un burattino, rigida e immobile.
Cosa vedi quanto ti specchi?
Non amo guardarmi. Quand’ero a Milano, ho lavorato per diverse campagne di moda, scoprendo che mi piace maggiormente essere guardata e non guardarmi. Mi diverte molto essere fotografata o ripresa: in quel momento, oltre a giocare con la mia autostima, mi sento libera e posso giocare come una bambina. L’idea del riguardarmi in un film invece mi terrorizza quasi.
Eppure, hai lasciato la moda per il cinema…
Ho lasciato Milano e la moda perché non mi davano la possibilità di esprimermi completamente. Credo che sia la scelta più giusta che abbia mai fatto: mi sentivo limitata e c’erano delle regole, anche legate al corpo, a cui non mi andava di sottostare. Tant’è che quando sono arrivata a Roma sono ingrassata di cinque chilogrammi!
Giocare come una bambina… con cosa giocavi da piccola?
Non con le Barbie. Ero quella che si direbbe un “maschiaccio”: prima del tennis, giocavo a calcio e mi vestivo anche da maschio. Ma ero interessata solo al pallone e non alle bambole, a riprova di come ai bambini venga in maniera naturale essere se stessi senza pensare alle etichette. Ero anche brava: correvo, sudavo, sfidavo gli altri ma anche me stessa…
Quanto pretendi da te stessa?
Mi sfido molto. L’asticella è sempre posta più in alto e forse dovrei essere un po’ più clemente con me stessa. Forse la meditazione, qualcosa che prima non consideravo, si sta rivelando molto utile in tal senso: mi permette di stare con me stessa senza distrazioni facendomi scoprire lati di me che prima non conoscevo. Ho capito di avere un animo molto tormentato su cui devo ancora lavorare.
Hai 23 anni e sei nel piano del tuo percorso. C’è qualcosa che ti manca?
Prima o poi, mi piacerebbe laurearmi. Vorrei frequentare Lettere moderne: sono sempre stata affascinata dal giornalismo o, meglio, dai reportage sul campo. Credo che quella del reporter sia una professione molto dura e in qualche modo risponde alla mia esigenza di mettermi alla prova, anche in un luogo lontano nel mondo. Potrebbe essere utile a me stessa oltre che agli altri… aiutare gli altri dando loro una mano mi interessa molto di più di altri aspetti o pensieri effimeri.