Nuovo Olimpo è il nuovo film del regista Ferzan Ozpetek che, disponibile dal 1° novembre su Netflix, sarà presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public. Scritto da Ozpetek con Gianni Romolo, è prodotto da R&C Produzioni con Faros Film, Nuovo Olimpo porta su Netflix una storia che comincia sul finire degli anni Settanta, quando sue giovani venticinquenni si incontrano per caso e si innamorano perdutamente. Un evento inaspettato, però, li separerà portandoli per trent’anni a inseguire la speranza di ritrovarsi perché continuano ad amarsi.
Con protagonisti gli attori Damiano Gavino e Andrea Di Luigi, il film Netflix Nuovo Olimpo può contare anche sulle interpretazioni di Aurora Giovinazzo, Alviso Rigo e Giancarlo Commare. Con loro anche Jasmine Trinca, Greta Scarano e Luisa Ranieri.
La trama del film
Alla fine degli anni ’70, Enea (Damiano Gavino) e Pietro (Andrea Di Luigi), belli e giovani, s’incontrano e si innamorano. Ma qualcosa li separa improvvisamente e, per trent’anni, continuano ad amarsi sperando di riuscire a rivedersi. Una storia d’amore, di un amore che attraversa il tempo e la distanza, e di tanti altri amori, per il cinema, per i ricordi che non ci abbandonano (che non devono abbandonarci) e che tessono il terreno condiviso della memoria, della cultura, del sentimento: tutto questo ci racconta Ferzan Ozpetek nel film Netflix Nuovo Olimpo, partendo da una storia personale accaduta molti decenni fa e dilatando il racconto a una dimensione collettiva.
Romance che si colora via via di mélo, come accade spesso nelle migliori corde di Ozpetek, Nuovo Olimpo è accompagnato dalla voce della formidabile Mina con la canzone Povero amore a far da pezzo portante alla colonna sonora.
Una storia d’amore a due
“Il punto di partenza del film è una storia vera che mi è successa negli anni ’70 e che da tanto tempo volevo usare come spunto per farne un film”, ha spiegato Ferzan Ozpetek, regista del film Netflix Nuovo Olimpo.
“Avevo però regolarmente rimandato forse perché, pur raccontando sempre in altri film i sentimenti che nascono da dinamiche relazionali, non ho mai dato centralità a una vera e propria storia d’amore. Eccesso di pudore? Probabile, dato che mi ha sempre più interessato il riflesso che i sentimenti hanno su una coralità di persone anziché il semplice gioco a due. E poi, per quanto qualsiasi cosa si racconti è sempre in qualche modo autobiografica, non ho mai voluto essere così diretto. Inoltre, circoscrivere un racconto nei confini di una ‘love story’ mi sembrava un po’ limitante”.
“Iniziando a lavorarci però questa volta mi sono subito accorto che piano piano la storia si allargava comunque, si staccava dal suo nodo iniziale così personale e dilagava verso altre dinamiche e altri temi che non riguardavano più soltanto me. Perché non raccontava solo un amore a due attraverso il tempo ma pure l’amore per il Cinema, come memoria del desiderio e della passione. I confini autobiografici si sono così scoloriti e la storia non è più stata soltanto mia, ma credo anche di tanti altri”.
“Nel corso delle riprese sia io che Gianni Romoli, con cui ho scritto il film, iniziavamo a provare una strana nostalgia, che non era più ‘quella di un tempo’ (citando Simone Signoret). È allora che ci siamo accorti che stavamo facendo un film sulla Memoria come unica fedeltà possibile e che, nella messa in scena del Ricordo, diventa un linguaggio comune”, ha proseguito il regista e sceneggiatore.
“La divisione in quattro atti che corrispondono a quattro epoche diverse mi ha fatto anche lavorare sulle ellissi come salti temporali. sui fuori campi narrativi, sull’emozione delle assenze molto più che nei miei film precedenti che erano più compatti sia a livello di tempo che di spazio. Quello che parte come un vero e proprio ‘romance’ (la nascita di un amore dal classico colpo di fulmine) si stempera così, nel corso della narrazione, in un vero e proprio melò, quando l’amore diventa impossibile perché contrastato dagli eventi della Storia”.
“Non cerco mai però, quando faccio un film, di agganciarmi alle regole di un genere ma solo a quelle delle emozioni che ogni personaggio, ogni scena e ogni ripresa mi suscitano. Pur con mille dubbi, alla fin fine mi fido soprattutto di me, come fossi il primo spettatore di me stesso. Quando poi scopro che anche altri, vedendo il film, hanno provato le mie stesse emozioni o addirittura sono andati oltre, verso cose che io nemmeno avevo immaginato, allora credo che - riuscito o no che sia il film – il mio desiderio narrativo alla fine io lo abbia soddisfatto”, ha concluso.