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Olga, ginnasta adolescente in fuga dall’Ucraina: Intervista esclusiva al regista Elie Grappe

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Arriva nei cinema italiani Olga, il primo film diretto dal regista svizzero Elie Grappe. Racconta la storia di una ginnasta quindicenne in fuga dall’Ucraina dell’Euromaiden. Tra ansie, paure e incertezze, prenderà coscienza di chi è e della situazione della sua terra. Abbiamo intervistato in esclusiva il regista.

Lo svizzero Elie Grappe ha solo 29 anni e ha esordito con Olga, un film tanto bello quanto necessario, premiato alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021. Distribuito dall’8 giugno nelle sale italiane da Wanted, Olga racconta la storia di una ginnasta quindicenne ucraina che in pieno Euromaidan fugge in esilio in Svizzera. Da lontano, la giovane Olga osserva quello che accade al suo Paese e a sua madre, una giornalista che puntualmente rischia la vita per il racconto della verità.

Ispirato a una storia vera, Olga è un film che non fa sconti sugli orrori che negli anni si sono susseguiti in Ucraina scegliendo come punto di vista quello di un’adolescente che, in preda a ansie, paure e insicurezze, come tutte le ragazze della sua età matura una propria coscienza politica mentre va incontro a un percorso di indipendenza e crescita.

Il coming of age immaginato dal regista Elie Grappe si trasforma pian piano in thriller psicologico, in un profondo dramma che spinge Olga a fare i conti con questioni molto più grandi della sua età, come il capire chi è e che cosa vuole da se stessa. Divisa tra la passione quasi viscerale per la ginnastica e l’amore per il proprio Paese, Olga cresce sotto il nostro sguardo grazie alla sofferenza trasmessa dagli occhi della sua protagonista: Anastasia Budiashkina, anche lei ginnasta, anche lei esiliata in Svizzera.

Di Olga, del film e della sua protagonista, abbiamo parlato in un'intervista esclusiva con il regista Elie Grappe. Nato nel 1994 a Lione, Grappe ha un passato da musicista: ha infatti studiato per ben dieci anni al Conservatorio Nazionale di Lione, dove come la sua Olga ha potuto conoscere il significato delle parole dedizione, sacrificio e impegno.

Intervista esclusiva al regista Elie Grappe

Olga è un film che si basa su una storia vera. Come me ne sei venuto a conoscenza?

Olga è una storia di finzione, ma ha radici in una storia che mi è stata raccontata. Alla fine del 2015, ho co-diretto un documentario su un'orchestra e ho filmato una violinista ucraina che era venuta in Svizzera poco prima dell'Euromaidan. Sono rimasto profondamente colpito da quanto fosse turbata quando mi ha raccontato della rivoluzione e del modo in cui le immagini l'avevano colpita.

Ho trovato un collegamento tra i diversi temi che mi avevano affascinato nel mio primo cortometraggio: filmare la passione di un'adolescente, il suo corpo in azione e affrontare i suoi problemi personali in relazione a quelli collettivi. Esplorare il legame potenziale tra confini geografici e personali. Realizzare un film sull'esilio, con una protagonista che si sente estranea, divisa tra diverse fedeltà e di fronte a una situazione geopolitica che va oltre la sua comprensione. Come può conciliare i suoi desideri personali con il corso della Storia?

Elie Grappe, regista del film Olga.
Elie Grappe, regista del film Olga.

La storia di Olga inizia a Kiev nel 2013, in un momento in cui l'Ucraina sta lottando per la propria indipendenza. Possiamo dire che il percorso di indipendenza della protagonista si sviluppa parallelamente a quello del suo Paese?

In un certo senso, sì. Per Olga, si tratta anche della nascita della sua coscienza politica. Olga si rende conto che la politica non riguarda solo la rivoluzione a Kiev, ma abbraccia tutto, persino la ginnastica in Svizzera...

Olga è, nella fattispecie, una ginnasta di 15 anni. Come hai esplorato il mondo dello sport giovanile?

La ginnastica, come la musica o la danza, rappresenta lo sforzo che i giovani possono richiedere a se stessi in nome della passione. È uno sport collettivo e individuale allo stesso tempo, in sintonia con il dilemma di Olga. Ricca di suoni e in continuo movimento, questa disciplina è molto cinematografica! Con uno sport così codificato, è interessante anche filmare i vuoti - il respiro prima di eseguire una figura, gli occhi, le esitazioni, gli errori. Sono in quei momenti che si percepisce la vulnerabilità delle ginnaste, cioè la loro umanità. E ci si rende conto dei rischi che corrono.

Il tuo primo cortometraggio rappresentava il mondo del balletto classico. Olga, il tuo primo film, rappresenta quello della ginnastica. Sacrificio, dedizione e disciplina li caratterizzano entrambi. Hai studiato musica classica al Conservatorio Nazionale di Lione. Quale ruolo hanno avuto queste tre caratteristiche nel tuo percorso personale?

Forse hanno influenzato la mia visione dell'adolescenza. Per me è un'età di passione, di esigenza, in cui si cerca il proprio desiderio a tal punto da essere disposti a farsi del male. È un'età in cui l'identità è incerta, in cui il corpo cambia. Ma è anche il culmine di una carriera come ginnasta...

Olga rappresenta la forte passione per la ginnastica attraverso il corpo della sua protagonista. Anche tu, da giovane, hai avuto una forte passione per la musica. L'hai mai interiorizzata?

Effettivamente, in modo molto diverso rispetto alle ginnaste, il corpo dei musicisti è estremamente coinvolto. Ad alcuni, lascia persino tracce fisiche, ma non nel mio caso. Penso che quello che ho conservato sia una particolare attenzione al suono in generale: per me, il suono è metà del film e cerco di dargli un grande spazio nella drammaturgia. Ad esempio, i suoni della rivoluzione e quelli della ginnastica sono molto simili, il che racconta da solo tutta la drammaticità di Olga: dopo aver visto i video della rivoluzione, non può tornare ad allenarsi senza che risuonino nell'orecchio quei suoni.

Anastasia Budiashkina, la protagonista del film Olga.
Anastasia Budiashkina, la protagonista del film Olga.

Come uomo bianco cisgender occidentale, come sei entrato nella mente di una ragazza adolescente dell'Est? A cosa hai fatto appello per rappresentare le sue ansie, paure e insicurezze?

Questa è una domanda importante e molto presente nel mio lavoro: quali strumenti mi permettono di destrutturare lo "sguardo maschile"? Innanzitutto, Olga doveva essere creata in collaborazione con donne: la sceneggiatrice Raphaëlle Desplechin, la sociologa Ioulia Shukan, la direttrice della fotografia Lucie Baudinaud e l'editor Suzana Pedro... In Ucraina ho incontrato molte attiviste, giornaliste e ricercatrici, come ad esempio Tamara Martsenyuk. Queste collaborazioni sono state cruciali per trovare lo sguardo giusto, uno spostamento che ritengo necessario in ogni atto di creazione.

Infine, ho scelto Anastasia Budiashkina perché ero sicuro che non avrebbe fatto esattamente quello che le avrei chiesto. Porta al personaggio le sue parole, le sue reazioni, le sue emozioni e rende Olga molto più profonda di quanto io sia in grado di scrivere! Credo che, soprattutto per un artista bianco, maschio, cisgender ed europeo, sia importante dotarsi degli strumenti per non essere superato, “dominato”, dal proprio lavoro. Ciò non è affatto in contraddizione con il controllo di un film, per me fa parte del processo.

La madre di Olga è una giornalista. A differenza di Olga, usa molto le parole. Da regista, quanto pericoloso pensi sia ricorrere alle parole per raccontare la verità?

Nel film mostriamo la pressione esercitata su una giornalista ucraina durante il periodo di Yanukovich. Ovviamente, non c'è alcun paragone possibile con gli artisti in Svizzera o in Francia, che godono di grande libertà di parola! Tuttavia, anche in un contesto diverso e molto privilegiato, come si può qualificare, ad esempio, le reazioni aggressive e deliranti contro Justine Triet dopo il suo coraggioso discorso di verità a Cannes?

Olga è effettivamente una ragazza in esilio. Tu, da svizzero, ti sei mai sentito in esilio?

Anche in questo caso, non c'è paragone con la mia esperienza personale, quella di un ragazzo europeo di lingua francese, molto legato alla sua città natale, Lione. Piuttosto, volevo interrogarmi sulle persone in esilio intorno a me, e in Svizzera non mancano certo!

Olga: Le foto del film

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Euromaidan è il risultato di un grande senso di solidarietà tra la popolazione. Per mostrarlo, utilizzi video amatoriali realizzati dai manifestanti. Come ne sei entrato in possesso e in base a cosa li hai scelti?

Ho scoperto questi video su YouTube per la prima volta. Sono stato colpito dall'intensità, dalla presenza dei corpi in quelle riprese, che trasmettevano l'urgenza collettiva di mostrare. Ho poi lavorato a lungo con il regista Artem Iurchenko per ampliare questa ricerca di immagini e successivamente contattarne gli autori. Naturalmente, era necessario rispettare la cronologia della rivoluzione e consentire ai non ucraini di capire l'evento. Ma quelle immagini, piene di pixel e movimento, sono anche le più fantasiose del film, in grado di evocare l'immaginazione dello spettatore ben al di là del contesto ucraino, penso.

Come hai trovato Anastasia Budiashkina, la protagonista di Olga?

Ho visto Anastasia per la prima volta ai Campionati Europei a Berna nel 2016, dove competeva nella squadra juniores ucraina. Poi ci siamo incontrati al Centro Olimpico di Kyiv. È stato un lungo lavoro di preparazione, Anastasia ha addirittura imparato le basi del francese per oltre un anno e mezzo!

Come Olga, Anastasia è ora una rifugiata in Svizzera. Sei rimasto in contatto con lei?

Certo, ci vediamo regolarmente. È stata circondata da molte persone, oltre che dal cast del film, quando è arrivata in Svizzera nel marzo 2022. Dopo più di un anno, la situazione rimane difficile per lei, che ha la sua famiglia e parenti in Ucraina. Ma si sta adattando, facendo amicizia e lavorando, in particolare come allenatrice per bambini.

Olga è un film che affronta anche le relazioni: le relazioni tra pari (Olga e Sasha) e le relazioni madre-figlia. Quanto è stato difficile raffigurarle dal punto di vista di un adolescente?

Anche in questo caso, abbiamo dovuto lavorare con gli interpreti che si sono appropriati delle scene. Ad esempio, anche se i loro personaggi sono di fantasia, gli interpreti di Olga e Sasha si conoscono molto bene nella vita reale!

Durante le riprese di Olga, hai mai percepito lo svolgimento della situazione ucraina attuale o i conflitti con la Russia? Cosa hai imparato sull'Ucraina?

Non avrei potuto prevedere un attacco di tale portata. Tuttavia, la guerra in Ucraina esiste dal 2014, l'esilio di Olga ha avuto luogo nel 2015 e le riprese del film sono iniziate nel 2018. Ma, anche se gli eventi hanno iniziato a peggiorare, ho pensato che avrei potuto evitare i conflitti più cruenti e concentrarmi sull'esperienza di esilio di Olga, che può essere compresa in modo più universale. Questo è il risultato di un contesto specifico, che vorrei far comprendere al pubblico attraverso questo film. Per quanto mi riguarda, ho dovuto studiare la storia moderna dell'Ucraina e ho molti amici là. Preso, il film verrà distribuito anche nelle sale del Paese.

Come sono state filmate le sequenze di allenamento delle ragazze?

Le sessioni di allenamento degli atleti sono state catturate attraverso accorgimenti specifici che rispecchiavano il notevole sforzo fisico delle atlete. Per le sequenze che coinvolgevano la ginnastica, le riprese si adattavano al ritmo degli allenamenti. Pertanto, la finzione si è inserita in situazioni che avrebbero potuto far parte di un documentario.

La finzione e la realtà si fondono, dunque, in Olga. Sarà questa la tua strada anche per il futuro? A cosa stai attualmente lavorando?

Il mio prossimo film vedrà ancora protagonisti degli adolescenti e sarà ispirato a un fatto di cronaca accaduto su un'isola in Bretagna nel 1934...

Il poster del film Olga.
Il poster del film Olga.
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