Entertainment

I Palmaria, la verità nelle piccole cose – Intervista esclusiva

Palmaria
I Palmaria ci raccontano la nascita del loro ultimo singolo, Verità, in un’intervista esclusiva che si apre sul loro mondo e sulla loro esperienza, che li ha portati a cercare la propria voce lontano prima di scoprirla a casa loro, sotto il loro stesso naso.
Nell'articolo:

Lasciare il piccolo paese di cui si è originari, trasferirsi a Londra, sperimentare nuove esperienze, tornare a casa e scoprire una verità del tutto nuova: è quello che hanno fatto i Palmaria, il duo di musicisti che si ripresenta sulla scena musicale con il singolo Verità (peermusic ITALY). Un brano energico e travolgente che, come ci dicono i Palmaria, dice nient’altro che la verità, oltre le cose, oltre le opportunità e oltre il successo.

Composto da Francesco Drovandi e Giulia Magnani, il duo dei Palmaria ha anche prodotto il nuovo singolo con Emanuele Triglia affidandosi a una voce morbida e suadente che si muove su atmosfere soul prima di vibrare su sonorità disco. Ma dietro a quella che è all’apparenza solo una canzone si nasconde il mondo di due millennials che hanno cercato la loro voce e che l’hanno trovata, dopo aver girato per il mondo, sotto il loro naso. Di fronte al mare, in un piccolo borgo di provincia, come ci raccontano in quest'intervista esclusiva.

I Palmaria.
I Palmaria.

Intervista esclusiva ai Palmaria

Come nasce Verità, il vostro ultimo singolo?

Tutti i nostri pezzi partono solitamente da un groove di chitarra, basso e batteria. In questo caso, tutto nasce da un giro di chitarra che abbiamo voluto mantenere all’inizio della canzone e da cui è poi arrivato il resto. Ci piaceva l’idea di ricreare un certo sound un po’ anni Sessanta per dare spazio a un testo che, scritto principalmente da Giulia, vuole essere un momento di leggerezza, un invito ogni tanto a cercare di riconoscere le cose semplici ma importanti senza necessariamente andarle a cercare in fondo al mare o in giro per il mondo.

Anche a noi piace viaggiare ma, talvolta, ci rendiamo conto che ciò cerchiamo è già davanti ai nostri occhi: non lo vediamo solo perché lo diamo per scontato. Abbiamo vissuto in tanti posti diversi sin da giovanissimi, sempre sospinti dalla voglia di cercare qualcosa che ci mancava: siamo originari di un piccolo paesino di provincia e, quando si cresce in realtà così piccole, si ha sempre la voglia di andare lontani per scoprire un mondo che non si è mai visto. È un’esigenza innata dell’uomo stesso ma, dopo aver viaggiato, girato, fatto esperienze e conosciuto persone e luoghi, si realizza che è solo tornando a casa, da dove si è partiti, che si trova ciò che rende tranquilli e stabili.

Avete vissuto per molto tempo a Londra. Com’è stato per voi rapportarsi con una realtà così dirompente di una delle più grandi metropoli d’Europa e non solo?

Siamo originari di due paesi diversi ma ugualmente piccoli e molto simili per certi versi. Un po’ come tutti quelli che sono cresciuti in provincia, abbiamo avuto voglia di andare lontano da dinamiche che non sentivamo nostre e che avevamo sperimentato ognuno per conto proprio anche prima di conoscerci. Quando abbiamo cominciato a scrivere e suonare insieme, abbiamo deciso di trasferirci a Londra per scoprire quel mondo musicale di cui eravamo e siamo tuttora innamorati. Ci piace tutto quello che musicalmente proviene da quella città e, per noi, andarci o ritornarci spesso risponde a un’esigenza artistica di stimolo creativo.

Ovviamente, trasferirci a Londra ha avuto lati sia positivi sia negativi. Ma il desiderio di capire come funzionassero le cose nel luogo in cui ha avuto culla la musica che ci piace non ci ha fatto soffrire molto il cambiamento. Non per esterofilia ma quello che colpisce di Londra è l’estrema varietà e unicità dei progetti che nascono: tra le tantissime proposte, di generi tra loro vari e differenti, tende a emergere quasi sempre quella più unica possibile, chi riesce a differenziarsi in qualche modo proponendo qualcosa di particolare. Questa sembra essere una tendenza che si sta diffondendo anche in Italia: ci sono tantissimi segnali che ci fanno molto ben sperare in tal senso.

Una tendenza che forse la generazione precedente di artisti fa fatica a comprendere, lamentandosi di quanto fluida sia divenuta la musica.

Ma che ben venga la musica fluida: aumenta le possibilità per tutti. La musica digitale ha aperto le porte a maggior libertà musicale: si possono proporre finalmente generi e canzoni che non necessariamente devono essere etichettati. Nell’arte, in genere, occorre lasciare la libertà più totale e non porre limiti.

Noi abbiamo cominciato a far musica nel momento in cui tutto stava per cambiare. Non c’erano ancora le piattaforme ma usavamo MySpace e sappiamo quanto oggi questo momento sia fantastico per chi vuol far musica, sebbene sia anche dispersivo e altamente competitivo: molta più musica equivale anche a molta più competizione e, di conseguenza, a molti più stimoli.

https://www.instagram.com/p/Cxu5YWkNQVC/?img_index=1

Per molto tempo avete scritto in inglese. Avete poi dirottato per l’italiano. A che si deve il cambio?

A un mix di fattori. Ci trovavamo in Italia durante i lockdown. Dopo gli anni passati a correre a Londra e volati via senza nemmeno accorgercene, senza mai smettere di suonare, lavorare, scrivere, produrre, andare in giro e conoscere persone, ci siamo ritrovati fermi in quel momento per tutti spaventoso. Lo star fermi, tuttavia, ci ha permesso di guardarci intorno e di notare ciò che prima non vedevamo, a partire dal nostro stesso rapporto con i luoghi che ci circondano e il modo di viverli.

È venuta quasi spontaneamente la spinta a tornare a scrivere in italiano (lingua che avevamo già esplorato in passato, anche per canzoni mai uscite), lingua che ci permette anche di tornare a sperimentare: è molto diverso l’effetto che ha su di noi. Scrivere nella nostra lingua madre ci fa sentire maggiore intimità con le parole che usiamo, un’intimità che con l’inglese non puoi mai sentire, seppur la nostra scrittura sia molto fluida (le nostre influenze e riferimenti, del resto, sono sempre stati anglofoni). L’italiano è pur sempre molto più ancestrale per noi, legato alla nostra terra…

Per il vostro album precedente, siete anche andati in giro a registrare i suoni di natura e animali… niente di più ancestrale!

È accaduto proprio durante la pandemia. Scrivevamo in funzione della nuova direzione da dare al nostro progetto e potevamo farlo esclusivamente da casa. C’erano per legge delle regole molto rigide da seguire e ci veniva concessa solo la possibilità, soprattutto ai primi tempi, di uscire solo una volta al giorno per una passeggiata. Ed è stato durante una di queste, accorgendoci di come nel silenzio si sentissero le voci della natura, che c’è balzata in mente l’idea di registrare tutto ciò che solitamente, con il brusio quotidiano, non si sente: il canto delle cicale, il suono dei rami che si spezzano, il rumore delle foglie quando ci cammini sopra, l’eco del mare in lontananza… L’ho abbiamo fatto e alcune di quelle molte registrazioni sono finite nell’album.

Quali sono state le prime cose semplici che avete scoperto una volta rientrati da Londra?

Siamo rimasti scioccati da tutto ciò di cui non ci accorgevamo prima: le case, i colori, le stupende giornate di primavera, il mare… quelle dei piccoli borghi, soprattutto con il mare di fronte, sono realtà quasi magiche e sospese nel tempo. Non possono piacere a tutti: sono luoghi molto lenti ma a noi hanno ispirato la nascita di diverse canzoni.

Fate coppia anche nella vita reale. Riuscite a conciliare sfera privata di Francesco e Giulia con quella lavorativa dei Palmaria?

Con il tempo abbiamo imparato a risolvere i problemi separando i momenti personali da quelli professionali. Non è facile ma con un po’ di impegno ci si riesce. In molti tra i colleghi ci ritengono fortunati perché siamo in due e non da soli: ovviamente non è così perché ognuno di noi ha la sua personalità e le proprie idee.

La verità per un artista si raggiunge sul palco. Che rapporto avete con la dimensione live?

Il live è il culmine di tutto ciò che hai fatto. Rappresenta il momento di connessione con il pubblico, quel momento in cui scopri cosa fanno provare le tue canzoni quando la gente le ascolta. Speriamo di poter annunciare presto nuove date sui nostri social.

Cosa non vorreste che si scrivesse sulla vostra musica?

Cerchiamo di fare e scrivere musica calda, che parla di emozioni e sentimenti e che si connette con un pubblico che ritrova nei nostri testi. Non vorremmo mai che si scrivesse il contrario, che la nostra musica non comunica o che non è originale.

Riproduzione riservata