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Per un nuovo domani: la storia dimenticata di un gruppo di ebrei nella docufiction di Rai 3

per un nuovo domani rai 3
Neri Marcorè è il protagonista di Per un nuovo domani, docufiction di Rai 3 che riscopre la vera storia di oltre settanta ebrei che, tra il 1941 e il 1943, furono trasferiti in isolamento coatto a Castelnuovo di Garfagnana. Con la testimonianza, tra gli altri, di Liliana Segre.
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Rai 3 trasmette la sera del 26 gennaio, in occasione della Giornata della Memoria, la docufiction Per un nuovo domani. Interpretata da Neri Marcorè e diretto da Luca Bignone, è liberamente tratta dal libro L’orizzonte chiuso di Silvia Angelini, Oscar guidi e Paola Lemmi (edito da Maria Pacini Fazzi Editore) e racconta una storia dimenticata, quella degli oltre 70 ebrei trasferiti, tra il 1941 e il 1943, in “internamento coatto” (ossia domicilio coatto) a Castelnuovo di Garfagnana.

Per un nuovo domani, in onda su Rai 3, è una coproduzione Rai Fiction e Alfea Cinematografica, realizzata con il Patrocinio di Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea Cdec Onlus di Milano, la Comunità ebraica di Pisa, il Comune di Castiglione di Garfagnana, il Comune di Castelnuovo di Garfagnana, l’Unione Comuni Garfagnana. Nel cast, tra gli altri, Elena Meoni, Marco Pratesi, Leonardo Caneva, Luigi Pisani, Paolo Giommarelli. Sceneggiatura di Mario Cristiani, Cosetta Lagani, Stefano Nannipieri. 

La trama della docufiction

Con l’entrata in guerra dell’Italia nel 1940, i cittadini stranieri presenti in Italia vengono arrestati o posti sotto sorveglianza, in quanto considerati potenziali nemici. Tra questi, anche gli ebrei. Comincia così la docufiction di Rai 3 Per un nuovo domani.

Gli internati sono privati dei soldi e dei documenti, non possono avere contatti con la popolazione locale, non possono allontanarsi dal territorio comunale senza autorizzazione speciale, devono presentarsi in orari determinati alla stazione di polizia, possono uscire di casa solo durante il giorno. Attraverso il personaggio di Israel Meier, interpretato da Neri Marcorè, la docufiction ripercorre i due anni di convivenza forzata di questa comunità, tra le iniziali difficoltà di integrazione, i divieti ferrei, le continue umiliazioni, la solidarietà della popolazione.

“Ho accettato questa proposta perché pensare all’Olocausto è una cosa che ogni volta mi tocca dal profondo”, ha dichiarato Neri Marcorè. “È davvero la pagina più raccapricciante della storia dell’umanità, che quindi è bene ricordare con la speranza che le cose non si ripetano. Ma probabilmente l’essere umano non è in grado di imparare dai propri errori. E questa è una realtà, non si tratta di essere pessimisti o ottimisti. È semplicemente quello che vediamo accadere continuamente”. 

Un racconto, quello di Per un nuovo domani, in prima visione tv su Rai 3, che, da un lato, si avvale della ricostruzione fiction della vicenda; dall’altro, delle interviste ai pochi testimoni rimasti come Simona Nissim, Vilma Papi, Liliana Segre, Leo Verderber; dall’altro ancora, di preziose immagini di repertorio. “È stato un modo diverso di rendere omaggio alle vittime dell’internamento e agli italiani coraggiosi che non si sono voltati da un’altra parte, ma che hanno provato a porgere la mano, un sorriso, una coperta, un tozzo di pane”, ha aggiunto il regista Luca Brignone.

Il poster della docufiction di Rai 3 Per un nuovo domani.
Il poster della docufiction di Rai 3 Per un nuovo domani.

La vera storia di Israel Meyer

Per capire meglio chi fosse Israel Meyer, il protagonista della docufiction di Rai 3 Per un nuovo domani, ci viene in soccorso il sito IntellettualiInFuga.com, che ben ricostruisce la biografia di Meyer, seppur in inglese.

Arrivato in Italia alla fine del 1932, seguito poco dopo dalla giovane moglie, Meyer si stabilì a Pisa, dove entrambi conseguirono una laurea in Medicina. Tuttavia, un paio di anni dopo le loro carriere vennero interrotte dalle leggi razziali e dall’internamento nei campi per ebrei stranieri.

Nato il 6 novembre 1901 nell’attuale Ucraina, aveva frequentato la facoltà di Medicina dell’Università di Praga e sposato nel frattempo Paula Langnas, di dodici anni più giovane, prima di stabilirsi a Pisa nell’ottobre del 1932 e concludere lì i suoi studi nel 1934 con un voto di laurea di 87/110. Si specializzò in seguito in Pediatria e Odontoiatria.

Nel 1940, a causa delle leggi razziali, fu oggetto di deportazione a Isola del Gran Sasso (Teramo), in un campo destinato agli ebrei stranieri (ma anche ai Cinesi) e agli oppositori del regime. Con il trasferimento a Ferramonti (Cosenza), ritrovò la moglie Paula e la cognata Friederika, giunta anch’ella in Italia, prima di arrivare nel campo di Castelnuovo di Garfagnana, in provincia di Lucca.

Qui, in breve tempo, Israel Meyer divenne un punto di riferimento per la comunità degli internati ma anche un corrispondente per la DELASEM. L’impegno lo spinse nel dicembre del 1941 ad affittare uno spazio in via Nicola Fabrizi 3, fondando quella che passò alla storia come “La Barchetta”, una sinagoga che funzionò anche da scuola per 13 bambini di differente età.

Tuttavia, quell’equilibrio si ruppe dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943. Le forze tedesche occuparono l’area, smantellando il campo e mandando i suoi occupanti prima a bagni di Lucca, poi a Firenze e Milano e infine ad Auschwitz il 6 febbraio 1944. Dei deportati da Castelnuovo ritornarono vivi solo in due: Leo Verderber e Lotte Wallach. Israel e la sua famiglia subirono comunque un destino diverso: con un’altra famiglia e l’aiuto della DESALEM, riuscirono infatti a mettersi in salvo, nascondendosi per oltre un anno prima di superare la linea gotica e arrivare nell’Italia libera il 5 dicembre 1944.

Per un nuovo domani: Le foto

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