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Il commovente film dal romanzo di Judith Kerr su Rai 1 per non dimenticare

Judith Kerr ha raccontato nel romanzo Quando Hitler rubò il coniglio rosa la sua storia di bambina ebrea rifugiata: il libro è ora divenuto un film che, su Rai 1, racconta cosa significhi essere senza casa.
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Quando Hitler rubò il coniglio rosa è il film che Rai 1 propone il 24 gennaio. Il titolo non suonerà nuovo alle vostre menti, dal momento che è lo stesso del romanzo autobiografico per bambini da cui è tratto. Quando Hitler rubò il coniglietto rosa venne pubblicato nel 1971 da Judith Kerr. Autrice nata in Germania da genitori ebrei, Kerr si è trasferita con la famiglia a Londra a soli undici anni per sfuggire all’ascesa del nazismo dopo le elezioni del 1933.

Figlia di uno scrittore e critico teatrale i cui articoli e libri erano apertamente contro il regime e di una compositrice, Judith Kerr scrisse il romanzo dopo che con il figlio di otto anni aveva visto insieme Tutti insieme appassionatamente, commedia musicale con Julie Andrews. Per lei era arrivato il momento di raccontare la sua storia da bambina e quale fosse la verità della realtà che il nazismo comportava.

La vera storia di Judith Kerr

Nata il 14 giugno 1923 a Berlino, Judith aveva solo nove anni quando vide la sua vita cambiare radicalmente. Era una bambina come tante, frequentava la scuola, giocava con i suoi pupazzi (tra cui il coniglio rosa del titolo) e litigava con il fratello maggiore Max quando l'ascesa del partito di Hitler sconvolse la sua esistenza. Si ritrovò da un giorno all’altro a dover dire addio al mondo che conosceva senza avere nemmeno il tempo di capire cosa significasse venire sradicati.

Da Berlino, Judith andò a vivere dapprima a Zurigo e in seguito a Parigi, conoscendo l’onta della segregazione razziale e del pericolo di non sopravvivere. Costantemente in fuga, in viaggio, non aveva nemmeno il tempo di metter radici che si vedeva costretta a cambiare nuovamente casa, reti sociali e abitudini. Almeno fino a quando non arrivò a Londra, città che poteva permetterle di ricominciare a sorridere con la spensieratezza dei suoi anni.

Nel romanzo come nel film di Rai 1 Quando Hitler rubò il coniglio rosa, Judith racconta la sua odissea con una prospettiva più unica che rara: quella dei bambini. Judith non è di certo Anna Frank. Ma con lei Judith condivide per uno strano scherzo del destino il primo dei nomi di battesimo, Anna appunto. Ed è così che scelse di chiamare la versione di sé romanzata.

“Quando ho letto per la prima volta il romanzo di Judith Kerr a scuola, più di 35 anni fa, sono rimasta sorpresa dalla sua leggerezza”, ha raccontato la regista Caroline Link. “È una storia sulla separazione, sulla fuga dalla Germania nazista e tuttavia il tono è ottimista, quasi spensierato. Come per Nowhere in Africa, mi incuriosiva il fatto che la storia riguardasse il Terzo Reich ma non si svolgesse in Germania. Judith Kerr mi ha raccontato che ricordava gli anni trascorsi in Svizzera e a Parigi come esperienze positive, piene di avventura. Il film racconta cosa significa essere profughi. Ma, nonostante l’oscurità che avvolge i protagonisti, è anche un film sulla fiducia, la curiosità, l’ottimismo e mostra l’immenso potere che la famiglia può dare. ‘Tutto è possibile finché restiamo insieme’, questo era il motto di Judith Kerr ed è anche il tema che ha ispirato il film”.

L’odissea di Anna

Quando Hitler rubò il coniglio rosa, il film proposto da Rai 1, è diretto dalla regista e sceneggiatrice tedesca Caroline Link, vincitrice di un premio Oscar. Racconta la fuga della famiglia laica, borghese e benestante, della piccola Anna Kemper da Berlino mentre incombono le fatali elezioni tedesche del 1933. Quelle elezioni sono fatali perché portarono al potere Hitler e il suo partito al governo con una coalizione che si rivelerà padre della violenta oppressione e dell’orrore che tutti conosciamo.

Il racconto è visto attraverso gli occhi della vivace e intelligente Anna, una bambina di nove anni che realizza sulla propria pelle cosa significhi essere una rifugiata ebrea. La parola profugo improvvisamente comincia a far parte di un vocabolario che Anna, abituata alla scuola e ai giochi, non conosceva. Con il padre Alfred, la madre Dorothea e il fratello maggiore Max, comincia la sua lotta contro chi l’ha privata della sua innocenza di bambina facendole conoscere per la prima volta la paura.

I problemi politici e finanziari del padre portano i Kemper a trasferirsi in un primo momento a Zurigo, in un villaggio delle Alpi svizzere. Qui, Anna ha davanti a sé lingua, cultura e abitudini a lei sconosciute. Per la prima volta, si sente diversa dai coetanei, con cui non ha nessuna esperienza in comune. Deve imparare a capire che anche un atto a prima vista di bullismo è un atto d’amore. Ma anche a seguire regole quasi arcaiche, che la vogliono come giovanissima donna un passo indietro ai coetanei maschi.

Ma nemmeno la Svizzera, con la sua neutralità, è un posto sicuro. Quindi i Kemper devono affrontare un altro viaggio che si rivela essere una discesa verso la povertà. La madre di Anna è una cantante lirica mentre il padre è un importante critico e scrittore. Ciò però non basta a garantire la dignità economica alla famiglia. Lontani da Berlino, non sono chi erano un tempo. Le loro identità vengono riscritte e tormentate, per loro esistono solo umili mansioni o lavori sottopagati. Anche un’aranciata o un croissant a un bistrot diventano un bene di lusso che i Kemper non possono permettersi.

La dignità dei Kemper è quasi annullata ma Anna non perde mai il sorriso e la forza d’animo. Sono queste le caratteristiche che la spingono ad arrangiarsi nonostante la mancanza dell’unico posto che vorrebbe come casa. La taglia messa da Hitler sulla testa di Alfred annulla ogni speranza per Anna di rivedere quel coniglio rosa che tanto le manca, simbolo di tutto ciò a cui ha dovuto dire addio.

Anche se non si vedono concretamente svastiche o carri armati in azione, l’antisemitismo è presente anche in Francia e gli incubi del padre non smettono di cessare. I rifugiati devono sempre essere pronti a dire addio, a tutto e a tutti.

Una prospettiva rosea

A prima vista, le dinamiche familiari o storiche del film di Rai 1 Quando Hitler rubò il coniglio rosa possono apparire piuttosto semplici. Ma non dimentichiamo che il film è tratto da un romanzo per bambini e per tale ragione lascia i momenti più disarmanti della Storia in secondo piano o alle stanze dei genitori. Ciò che conta per la regista, così come contava per Judith Kerr, è restituire lo spaesamento della piccola Anna e la sua capacità di adattarsi ogni volta a una nuova casa e a una nuova vita, la sua camaleontica propensione a non arrendersi.

L’ottimismo di Anna non è leggerezza. È semmai desiderio di adattamento, integrazione e accoglienza, lo stesso che milioni di migranti o di esiliati coltivano oggi nei loro animi. Guardando Anna, dovremmo pensare a tutti quei figli del mondo a cui diciamo no con leggerezza, a cui chiudiamo le porte in faccia senza chiederci quali desideri e sogni stiamo sopprimendo.

Quando Hitler rubò il coniglio rosa: Le foto del film

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