Quattro figlie è il film della regista Kaouther Ben Hania, che arriva in sala dal 27 giugno con Arthouse di I Wonder Pictures. Presentato al Festival di Cannes 2023, in un mix tra documentario e fiction, racconta la vita di Olfa, una donna tunisina e madre di quattro figlie, tra luci e ombre. Un giorno, le due figlie maggiori di Olfa scompaiono.
Per sopperire alla loro assenza la regista chiama a raccolta delle attrici professioniste e mette in piedi uno straordinario racconto cinematografico per sollevare il velo sulla storia di Olfa e delle sue figlie. Ne viene fuori un viaggio intimo di speranza, ribellione, violenza, trasmissione e sorellanza che rimette in discussione le fondamenta stesse delle nostre società.
Un laboratorio di ricordi
Dopo i film La Bella e le Bestie e L’uomo che vendette la sua pelle, la regista Kaouther Ben Hania torna con Quattro figlie al documentario, il genere cinematografico che l’ha fatto conoscere. “Il progetto risale in realtà a molto tempo prima che girassi i due film”, ha raccontato. “Avevo appena terminato Zaineb Hates the Snow, un documentario che mi è costato sei anni di lavoro sulla vita di un’adolescente quando alla radio ho sentito Olfa raccontare la tragica storia delle sue figlie”.
“Mi sono sentita chiamata in causa e ho intravisto nella sua figura di madre con tutte le sue contraddizioni e ambiguità un grande personaggio cinematografico. Per anni, la sua storia complessa e terribile ha continuato a perseguitarmi: volevo raccontarla ma senza sapere come. Così ho chiamato il giornalista che l’aveva intervistata e mi sono fatto dare il suo numero di telefono per chiederle di incontrarci. Ed è cominciato tutto così”.
La storia di Olfa, al centro del film Quattro figlie, è molto nota in Tunisia, dal momento che la madre è stata ospite spesso in programmi radiofonici e televisivi. Ma, purtroppo, si tratta di una storia molto comune, a cui la regista ha voluto interessarsi perché parla comunque di donne, madri e figlie. “In un primo momento, volevo farne un documentario solo con le due figlie rimaste, Eya e Tayssir, e ho iniziato a riprenderle nel 2016. Ma mi sono accorta che qualcosa non andava: era come se mancasse una parte di verità e Olfa stessa si comportava come aveva visto fare tante altre volte in tv”, ha proseguito la regista.
“Abituata oramai ai cliché dei media, era la madre in lacrime, isterica e piena di sensi di colpa, tutti elementi che facevano di lei una grande attrice tragica ma monodimensionale. Scavare nelle contraddizioni, nei sentimenti e nelle emozioni richiede del tempo che i giornalisti spesso non hanno. Compito del cinema, invece, è esplorare quelle zone d’ombra dell’animo umano e, quindi, ho cominciato a considerare l’idea di un film come laboratorio terapeutico basato sulla rielaborazione dei ricordi”.
“Ed è per tale motivo che ho scelto di chiamare l’attrice Hend Sabri per farle interpretare Olfa nel film e ne ho rivisto la struttura: ho capito che il modo migliore per riportare Olfa sul terreno della realtà e dei propri ricordi passava per la realizzazione di un documentario sulla preparazione di un ipotetico film di finzione”, ha concluso Kaouther Ben Hania.
Vediamo insieme una clip in anteprima esclusiva del film.
La vera storia di Olfa Hamrouni
Olfa Hamrouni, la cui vita viene raccontata nel film Quattro figlie, ha perso le due figlie maggiori a causa dell’ISIS. La storia delle due ragazze inizia, come molte storie di adolescenti, con una madre, Olfa, che cerca di limitarne il comportamento. Ghofran e Rahma, di sedici e quindici anni, stavano diventando un po’ ribelli, ascoltavano “strana” musica e indossavano capi di abbigliamento non conformi, soprattutto dopo che il padre aveva lasciato la famiglia senza soldi e senza alcun tipo di aiuto.
La stessa Olfa confessa di non essere stata la migliore delle madri e di aver anche picchiato le ragazze, sfogando su di loro il suo dolore per il divorzio. Ma lo ha fatto più perché così le era stato insegnato (era stato fatto lo stesso con lei, come in una sorta di storia che culturalmente si ripete di madre in figlia) che per cattiveria. Si era infatti resa conto che le due figlie maggiori non stavano bene ma il loro avvicinamento a un gruppo religioso (che faceva proselitismo da una tenda nel loro quartiere immerso nella povertà) le sembrava un ottimo modo per riportarle sulla giusta strada.
La fede, secondo Olfa, avrebbe potuto aiutarle. “Nel 2012, quando è avvenuto il tutto, nessuno di noi aveva mai sentito parlare dell’ISIS”, ha dichiarato la donna, “pensavo che mie ragazze potessero solo imparare da un predicatore”. Ma pian piano gli atteggiamenti delle figlie sono cambiati, diventando sempre più radicali e conservatori. Sapevano solo pregare e digiunare durante il Ramadan e non avevano idea di cose significasse, ad esempio, combattere e morire in posti come la Siria, come veniva detto loro dal predicatore. Del resto, da sempre l’ISIS fa proseliti tra i giovani ignoranti, poveri e dimenticati dalla società.
Due anni dopo, Ghofran è scappata per unirsi all’ISIS. Lei e la sorella comunicavano con i jihadisti su Facebook e avevano prestato giuramento di fedeltà agli estremisti. Olfa ha invano cercato di salvare Rahma consegnandola alla polizia ma, rilasciata, è presto anche lei fuggita. Entrambe le ragazze si sono unite all’ISIS nella vicina Libia.
“Devo oggi proteggere le altre mie due figlie e non posso farlo da sola”, ha implorato in tv Olfa Hamrouni. “Sono povera. Non posso permettermi uno psicologo, la scuola e i libri. Non posso permettermi di dare alle mie figlie una vita o un’educazione religiosa. Il governo deve aiutarmi”.