Emma Elena Ferrarotti, fondatrice di Queerky, è una pioniera nel settore del talent scouting e management in Italia. Nata a Vercelli e cresciuta a Robella, ha seguito un percorso accademico che l'ha portata a laurearsi in Giurisprudenza all'Università di Pavia. Dopo alcuni anni nel settore legale, il suo percorso professionale ha preso una svolta inaspettata verso l'entertainment, dove ha scoperto la sua vera passione.
Nel 2022, dopo oltre un decennio di esperienza presso Caremoli & Ruggeri, Emma Ferrarotti ha dato vita a Queerky, un'agenzia di management unica nel suo genere in Italia. Queerky nasce dalla fusione dei termini "queer" e "quirky", rappresentando l'impegno di Emma Ferrarotti per un'inclusività autentica e una valorizzazione dell'originalità di ogni individuo. La missione di Queerky è di rompere gli schemi tradizionali del settore dell'entertainment, scegliendo talenti esclusivamente in base al loro talento e alla loro professionalità, senza alcuna discriminazione.
Emma Ferrarotti sceglie i propri talenti con un approccio moderno, includendo persone di tutte le età, etnie, identità di genere e abilità fisiche o intellettive. Tra i talenti rappresentati da Queerky ci sono attori, modelli e performer che sfidano gli stereotipi e rappresentano la società contemporanea in tutta la sua diversità.
Emma Ferrarotti ci racconta con passione come la sua agenzia sta cambiando il panorama dell'entertainment in Italia, rendendo il settore più equo e rappresentativo. Il suo obiettivo è di creare una comunità di artisti che possano esprimere liberamente il loro talento, contribuendo a un mondo dello spettacolo più inclusivo e autentico.
Intervista esclusiva a Emma Ferrarotti
“È un piacere essere qui e avere l'opportunità di parlare della mia agenzia e della mia visione”, esordisce subito Emma Ferrarotti quando ci salutiamo, con una gentilezza che da sempre anche noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di portare avanti. “Credo sia importante condividere le esperienze e le idee che stanno alla base del nostro lavoro, specialmente in un settore in continua evoluzione come quello dell'entertainment. Poter discutere di questi temi mi permette di far conoscere meglio ciò che facciamo e, spero, di ispirare altre persone a vedere il valore della diversità e dell'inclusività”.
Iniziamo con il nome della tua agenzia, Queerky. Da dove nasce?
Nasce dalla fusione di due termini: "queer" e "quirky". "Queer" rappresenta l'apertura e l'inclusione verso tutte le identità di genere e sessuali, sottolineando il nostro impegno a rappresentare una diversità autentica. "Quirky", invece, significa "strano" o "bizzarro" in inglese.
Quuerky è stato scelto, dunque, come nome per celebrare l'unicità di ogni individuo. L'idea alla base è proprio quella di unire queste due dimensioni: l'inclusività e l'originalità, creando un ambiente che valorizzi i talenti non conformi agli stereotipi tradizionali. Volevo che la mia agenzia avesse un nome che riflettesse la pluralità e la collettività dei talenti che rappresentiamo, offrendo uno spazio dove la diversità non solo è accettata, ma è celebrata. L'obiettivo è costruire una comunità di artisti che non abbiano paura di essere sé stessi, che possano esprimere il loro talento in tutta la sua complessità e bellezza, senza dover rinunciare alla propria identità.
Che cosa ti ha spinto a fondare Queerky? C'è stato un momento particolare che ti ha ispirata?
La spinta decisiva è arrivata dopo anni di lavoro in agenzie tradizionali. Ho sempre sentito che mancava qualcosa, una mancanza di rappresentazione autentica e inclusiva. L'incontro con Valentina Bertani, regista del docufilm La timidezza delle chiome, è stato poi il catalizzatore. Valentina mi ha chiesto di rappresentare i protagonisti del suo film, due gemelli straordinari con una storia unica.
Questo incontro mi ha fatto riflettere profondamente sulla necessità di un'agenzia che non si limitasse a cercare talenti conformi ai soliti standard estetici, ma che fosse veramente inclusiva e capace di abbracciare la diversità in tutte le sue forme. Da lì è nata Queerky, con l'obiettivo di rompere gli schemi e di dare spazio a talenti eccezionali che altrimenti avrebbero avuto poche opportunità. Sentivo che era il momento giusto per creare qualcosa di nuovo e innovativo, che rispondesse alle esigenze di un mondo dell'entertainment in trasformazione.
Qualcosa di nuovo e finora unico: guardando anche al mercato internazionale, non ci sono agenzie che rappresentino unicità a 360°.
Prima di fondare Queerky, ho studiato la situazione internazionale per trovare un modello simile a cui ispirarmi. Guardavo all’estero proprio perché il sistema italiano è più restio all’introduzione delle novità soprattutto inerenti all’inclusione e alla diversity. Ho così scoperto che c’era solo agenzie settoriali, da quella per gli attori di diverse etnie a quella per gli attori con disabilità o appartenenti alla comunità lgbtqia+. Niente che fosse realmente inclusivo ma realtà che, pur nate con le più buone intenzioni, finisco con il creare ulteriori ghettizzazioni: una caratteristica non va rimarcata ma normalizzata. L’unica discriminante deve rimanere il talento.
Chi sono i talenti rappresentati da Queerky? Puoi darci qualche esempio concreto?
Rappresentiamo una vasta gamma di talenti, senza alcuna discriminazione basata su età, etnia, identità di genere o disabilità. Nel nostro portfolio ci sono attori, modelli, performer di ogni tipo. Ad esempio, rappresentiamo Antonella Ferrari, un'attrice con disabilità che ha una straordinaria capacità di comunicare e ispirare. Poi ci sono talenti come Benjamin e Joshua, protagonisti del docufilm La timidezza delle chiome, che portano avanti storie di vita uniche e coinvolgenti.
Un altro esempio è Marina Cuollo, una scrittrice e attivista che ha una grande capacità di coinvolgere il pubblico con la sua ironia e intelligenza, come ha dimostrato con uno spettacolo teatrale portato in scena a Milano. Marina con la sua fortissima comicità è un esempio perfetto di come il talento possa esprimersi in modi diversi e sorprendenti, rompendo le barriere e sfidando gli stereotipi.
Il nostro scopo è sempre quello di valorizzare il talento e la professionalità, offrendo ai nostri artisti le opportunità di cui hanno bisogno per esprimersi al meglio. Vogliamo che i nostri talenti siano visti e apprezzati per ciò che possono offrire, indipendentemente dalle loro caratteristiche fisiche o dalle loro esperienze di vita.
È stato difficile far accettare questa visione inclusiva nel mondo dell'entertainment?
Non è stato semplice, anzi. Il settore dell'entertainment, specialmente in Italia, è ancora molto legato a stereotipi e a un'estetica tradizionale. Ci sono molte resistenze, soprattutto nel settore pubblicitario, dove spesso si preferisce un'immagine patinata e conformista. Anche quando si superano i casting, la scelta finale spetta al cliente e molto spesso la situazione che si verifica non va nella direzione auspicata.
Tuttavia, ci sono segnali positivi. Ad esempio, due dei miei talenti con disabilità sono stati scelti per importanti produzioni cinematografiche (una è il film da regista di Greta Scarano, ndr). Questo dimostra che, sebbene il percorso sia ancora lungo, c'è una crescente apertura verso l'inclusività. È un processo graduale, che richiede molta pazienza e determinazione.
Continuiamo a lavorare per cambiare le cose, mostrando che il talento e la professionalità non hanno nulla a che fare con l'apparenza esteriore. La nostra missione è quella di sensibilizzare il settore e il pubblico, dimostrando che la diversità è una risorsa preziosa e che un approccio inclusivo arricchisce l'intera industria.
Quali sono le sfide più grandi che hai affrontato come agente?
La sfida principale è l'aleatorietà del lavoro. È un settore estremamente volatile, dove il successo dipende da molte variabili indipendenti dal nostro controllo. Anche se lavori duramente e metti tutta te stessa in quello che fai, non sempre i risultati sono immediati. Il guadagno dipende molto dalle opportunità che riesco a creare per i miei talenti, e non è sempre garantito. Inoltre, c'è la sfida di rompere gli stereotipi e far accettare i nostri talenti in un mercato ancora molto conservatore.
Tuttavia, le soddisfazioni arrivano. Uno dei momenti più gratificanti è stato quando ho accompagnato i gemelli alla Mostra del Cinema di Venezia per la prima del loro docufilm. Vederli sul red carpet, emozionati e orgogliosi, è stato un momento indimenticabile che ha ripagato tutti i sacrifici. È stato un riconoscimento del duro lavoro e dell'impegno che abbiamo messo nella loro carriera e un segno che stiamo andando nella direzione giusta.
Hai mai riscontrato ostacoli particolari essendo una donna in questo settore?
Fortunatamente, non ho mai trovato ostacoli insormontabili dovuti al mio genere. Forse perché sono una persona molto determinata e non mi faccio scoraggiare facilmente: quando gli altri alzavano la voce per rimarcare la loro posizione, io ovviamente determinavo la mia cercando di farla valere.
Un po’ come la Sara Drago di Call my agent Italia…
Quella serie rappresenta il nostro fantastico mondo. Certi aspetti sono un po’ romanzati ma altri veritieri. Si ha a che fare con la personalità a volte anche bizzarra degli artisti che sono fondamentalmente insicuri. L’aspetto psicologico nel rapporto è importante e io ringrazierà tutta la vita di aver appreso tutto ciò che serviva da Giuliana Gravina, la mia guru e maestra, che insieme a Giancarlo Caremoli mi ha realmente fatto capire come impostare il lavoro, come essere amorevole con gli artisti o come riprenderli per il colletto e riportarli all’ordine. Il rapporto funziona solo se c’è una buona base personale.
Come riesci a mantenere un equilibrio tra la vita professionale e quella personale, considerando la natura del tuo lavoro?
Non è facile, ma cerco di imporre dei limiti. Ho stabilito una "barriera oraria" e non rispondo alle chiamate di lavoro dopo le 20:00, a meno che non sia strettamente necessario. Questo mi aiuta a mantenere un equilibrio e a rispettare il mio tempo personale. È importante prendersi cura di sé stessi per poter dare il meglio anche sul lavoro. Inoltre, cerco di organizzare il mio tempo in modo efficace e di delegare quando possibile, per non sovraccaricarmi troppo. Trovo anche che dedicare del tempo alle mie passioni personali e alla famiglia sia fondamentale per mantenere la motivazione e l'energia necessarie per affrontare le sfide quotidiane del lavoro.
Uno sguardo al tuo passato: non nasci come agente.
Sono laureata in Giurisprudenza, ho fatto praticantato e ho compreso che non era ciò che ambivo a fare. Anche se tutti quanti continuano a dirmi che sarei stata perfetta come avvocato perché, a detta loro, ispiro fiducia. Ma, un conto è la percezione altrui e un altro dover fare un lavoro che non sentivo: ho dunque optato per un cambio radicale con grande dispiacere dei miei genitori che ancora oggi continuano a non capire bene cosa faccio. Ma non fa niente (sorride, ndr).
Sono entrata nell’ambiente delle agenzie in modo del tutto casuale. Mi ero presa un anno sabbatico andando in Irlanda per fare chiarezza su ciò che volevo (quando ho davanti a me profondi cambiamenti devo andare lontano per sgomberare la mente) e mentre ero lì continuavo a mandare random i miei curricula in giro… finché un giorno mi è arrivata la richiesta da un’agenzia di spettacolo di Milano. Cosa c’entrassi io allora non lo sapevo ma mi sono ritrovata dopo il colloquio quasi nel Paese dei Balocchi: il fatto che mi pagassero per parlare tutto il giorno mi sembra quasi assurdo e per di più sullo sfondo di un contesto anche più colorato e colorito rispetto a quello di un ufficio legale.
Parliamo di futuro. Quali sono i tuoi obiettivi per Queerky?
Il mio obiettivo principale è continuare a promuovere l'inclusività e a rompere gli stereotipi nel settore dell'entertainment. Voglio che Queerky diventi un punto di riferimento per chiunque cerchi una rappresentanza autentica e inclusiva. Sto lavorando per ottenere finanziamenti che permettano di offrire borse di studio a persone di tutte le categorie sottorappresentate, così da permettere loro di accedere a una formazione adeguata e prepararsi al meglio per questo settore.
Spero che in futuro sempre più talenti ottengano il riconoscimento che meritano e che il nostro lavoro contribuisca a rendere l'industria dell'entertainment più equa e rappresentativa della società contemporanea. Vorrei anche espandere le attività di Queerky, collaborando con realtà internazionali e promuovendo progetti che possano avere un impatto positivo a livello globale.
C’è qualcosa che però deve essere chiaro a tutti: la formazione è necessaria ancor prima di qualsiasi altro elemento.
Ribadisco sempre l'importanza del talento e della preparazione. Credo fermamente che il talento debba essere il criterio principale per la selezione dei nostri artisti, indipendentemente dalle loro caratteristiche personali. Così come credo che serva preparazione e studio: non mando in giro dilettanti alla Corrida. Talento, capacità artistica e studio alle spalle fanno la differenza. Anche se, c’è da segnalare un grosso problema a monte: la preparazione proposta da scuole e accademie è ancora fin toppo tradizionale e mancano docenti che possano relazionarsi in maniera adeguata per esempio a persone con disabilità fisica e psichica. Lo trovo un enorme limite: nasce da ciò il desiderio di adoperarmi per le borse di studio a cui accennavo.
Spero che il settore diventi sempre più coraggioso nel dare spazio a realtà come Queerky. Grazie a voi di The Wom per avermi dato questa opportunità di raccontare la mia storia e la visione della mia agenzia. Ogni occasione per parlare di questi temi è preziosa e può fare la differenza. È fondamentale che continuiamo a discutere e a sensibilizzare su questi argomenti per costruire un futuro migliore e realmente più inclusivo per tutti.