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Rai: I Contenuti Digitali e Transmediali che vedremo – Intervista esclusiva al direttore Maurizio Imbriale

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In esclusiva per TheWom.it, Maurizio Imbriale, direttore della divisione Rai Contenuti Digitali e Transmediali, racconta i contenuti originali che vedremo sulla piattaforma RaiPlay nei prossimi mesi. Con un occhio ai milennials e alla generazione Z, il pubblico di domani.
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Maurizio Imbriale è il direttore di Rai Contenuti Digitali e Transmediali, divisione Rai nata da poco per gestire i contenuti originali da destinare per un primo passaggio a RaiPlay e successivamente ai canali della televisione generalista. Grazie alla nuova divisione Rai Contenuti Digitali e Transmediali, RaiPlay termina di essere editore e si trasforma in distributore di contenuti, un passaggio che ha come obiettivo principale quello di intercettare quel pubblico giovane che sempre più raramente fruisce della televisione in maniera passiva.

Con l’avvento del digitale, le nuove generazioni hanno smesso di essere passivamente schiave del palinsesto, un’abitudine consolidata da quanto la tv è nata, per trasformarsi in soggetti attivi che quel palinsesto se lo creano su misura, ricercando prodotti e contenuti che si avvicinano ai loro gusti ma anche alla loro sensibilità e attenzione verso certi temi.

Maurizio Imbriale di questo è consapevole ed è anche uno dei motivi che lo hanno portato a concedere la sua prima intervista da direttore di Rai Contenuti Digitali e Transmediali proprio a TheWom.it, da sempre attento al futuro che avanza. Pronto a raccontarci in cosa consista il suo ruolo, Maurizio Imbriale ci illustra la nuova programmazione per l’autunno 2023, anticipando anche qualche titolo che verrà nel 2024, propositi e progetti che si augura di portare a termine.

E l’occasione ci dà anche spunto per riflettere sul successo di alcuni titoli, come ad esempio Mare fuori, Confusi o Una pezza di Lundini, tutti fenomeni che grazie alla piattaforma digitale Rai sono riusciti nel loro intento di trasmigrare da un medium all’altro o in alcuni casi di avere una seconda vita in streaming.

Maurizio Imbriale, direttore Rai Contenuti Digitali e Transmediali.
Maurizio Imbriale, direttore Rai Contenuti Digitali e Transmediali.

Intervista esclusiva a Maurizio Imbriale

“È da una vita che mi occupo di cinema, passando dall’essere responsabile editoriale nella Rai 4 di Carlo Freccero al divenire capostruttura di Cinema e Fiction per Rai 1”, mi risponde Maurizio Imbriale, direttore della divisione Rai Contenuti Digitali e Transmediali quando gli chiedo come mai la sua stanza sia circondata di cimeli cinematografici e locandine appese al muro.

Tra una foto di Totò in Uccellacci e uccellini e il poster di The Good Doctor, la serie tv che proprio lui aveva lanciato su Rai 1, Maurizio Imbriale comincia con lo spiegarci cosa si cela dietro la dicitura Rai Contenuti Digitali e Transmediali. “RaiPlay è stata fino a pochi mesi fa un’entità poliedrica: la direzione aveva la responsabilità dell’aggiornamento della piattaforma con l’inclusione di tutti i contenuti che la Rai trasmette quotidianamente e con la produzione di contenuti originali”.

Cosa è successo nello specifico?

Con il passaggio alle Direzioni di Genere, avvenuto un paio di anni fa, nella tv generalista non ci si occupa più delle singole reti ma dei generi che vanno a implementare i loro contenuti. Il nuovo management insidiatosi a maggio ha deciso di estendere il passaggio ai generi anche alla piattaforma digitale: Rai Contenuti Digitali e Transmediali ha il compito di realizzare prodotti originali mentre RaiPlay rimane con la sua funzione di distribuzione del prodotto digitale fungendo non più da editore ma da distributore.

Rai Contenuti Digitali e Transmediali diventa dunque la direzione preposta a preparare i contenuti e a renderli disponibili in piattaforma. Sono stato vicedirettore per due anni e mezzo di RaiPlay ed ero il direttore con la delega per la produzione e la gestione dell’offerta, occupandomi quindi sia della produzione dei contenuti originali per RaiPlay sia della gestione dell’offerta di contenuti scripted che venivano acquistati o prodotti con Rai Fiction. Ora, per farla breve, le due strade si sono divise.

E qual è l’obiettivo principale di Rai Contenuti Digitali e Transmediali?

Rai Contenuti Digitali e Transmediali nasce con l’obiettivo di cercare di realizzare dei contenuti che siano rivolti a un pubblico che tradizionalmente la Rai ha difficoltà a intercettare, ovvero il pubblico dei cosiddetti nativi digitali, millennials o generazione Z. Si tratta di un pubblico che generalmente non vede i programmi seguendo il palinsesto della televisione generalista ma che frequenta maggiormente YouTube piuttosto che le varie piattaforme che, soprattutto dopo il CoVid, sono proliferate.

È un compito molto complicato, che definisco un po’ una finestra sul futuro: se la Rai non prova a intercettare i giovani di oggi, si avvierà sempre più verso un pubblico anziano. RaiPlay è riuscita, quando ero vicedirettore, in alcuni casi a intercettare tale pubblico giovane. Mi riferisco ad esempio al successo inaspettato di Lundini in piattaforma. Mentre sulla tv lineare il suo programma in seconda serata non aveva portato risultati eccelsi, in piattaforma ha avuto un riscontro incredibile grazie al passaparola e senza nessuna particolare operazione di marketing.

E non posso non ricordare il fenomeno Mare fuori: se su Rai 2 le prime due stagioni avevano raggiunto numero discreti, è su RaiPlay che si sono avuti dati eccezionali che hanno portato la terza stagione a ottenere un centinaio di milioni di visualizzazioni (a oggi). A dimostrazione che intercettare il pubblico giovane è possibile. Naturalmente, non è facile perché siamo subissati di format…

Ma anche di concorrenza, che è sicuramente molto agguerrita sul fronte giovani. Basti pensare come i grandi colossi statunitensi abbiano attecchito nel nostro territorio.

Il limite delle piattaforme straniere, in generale, è quello di non avere nel loro formidabile catalogo di offerta scripted dei prodotti nativi italiani. L’offerta dei titoli italiani è molto ridotta risposto a quella della Rai, che naturalmente ha il suo pubblico di elezione proprio tra gli italiani. Le piattaforme, da Disney+ a Prime Video e Netflix, stanno cercando di intercettare un pubblico sempre più largo producendo serie tv italiane che vanno a reperire volti già conosciuti grazie a Rai Fiction con un linguaggio in alcuni casi sperimentale e in altri più tradizionale. Da questo punto di vista, la piattaforma RaiPlay può sfruttare l’onda d’urto di tutti i prodotti seriali che vanno sulle reti Rai, contando su evergreen come Il Paradiso delle Signore e Un posto al sole che vantano centinaia e centinaia di episodi.

Dal punto di vista concorrenziale, le altre piattaforme rimangono per certi versi non superabili perché possono permettersi budget molto elevati da impegnare su singoli progetti. La Rai, invece, no perché ha tutt’altro compito: destinare quel budget alla copertura dei palinsesti della tv lineare. Rai Contenuti Digitali e Transmediali ha, però, da quest’anno un suo budget per realizzare produzioni che tenteranno di coinvolgere il pubblico più giovane. Se le altre piattaforme hanno tale pubblico ma devono cercare di diventare più generaliste, noi siamo già generalisti ma dobbiamo cercare di intercettare il loro pubblico.

E la riprova è l’acquisto da parte delle piattaforme anche di prodotti made in Italy già passati anche sulla tv generalista. Il caso Mare fuori, su tutti.

In quel caso, la sinergia è stata proficua per tutti: RaiPlay ha avuto un rilancio fortissimo nel momento in cui Netflix ha messo online la serie tv. Molto probabilmente, erano anche molte le persone che non sapevano nemmeno che fosse una produzione Rai. È chiaro che in un mondo ideale, in cui non c’è limite di budget, la cosa più normale sarebbe che la Rai si tenesse i diritti di tutte le fiction e che non li commercializzasse. Ma RaiCom ha proprio l’obiettivo di diffondere i nostri prodotti sulle altre reti cercando sia di non danneggiarne il risultato sulla Rai sia di renderli remunerativi.

Mare fuori avrà ora l’anteprima dei primi due episodi della quarta stagione alla Festa del Cinema di Roma. Caso più unico che raro.

La precedente direzione di RaiPlay ed io che ero vicedirettore abbiamo supportato RaiFiction affinché venisse confermata la terza stagione perché, in un’ottica soltanto televisiva, non nascondo che c’erano delle perplessità sull’eventualità di realizzarla. Abbiamo letto bene i dati che venivano dalla piattaforma e lanciato l’allert: stava per esplodere un fenomeno difficilmente controllabile.

Spesso ci si interroga su come fare programmi, lanciarli e pianificare operazioni promozionali, e poi capita che qualcosa segua la sua strada da sola diventando virale nel ciclo di poche settimane facendo la più normale delle attività: pubblicandola su una piattaforma.

Un altro prodotto che sembra, con le dovute differenze, essere scoppiato nelle mani è la serie tv Confusi. Dal punto di vista sia del format sia delle tematiche affrontate, Confusi sarà uno dei fiori all’occhiello della nuova programmazione RaiPlay gestita da Rai Contenuti Digitali e Transmediali.

Confusi va a esplorare tutti gli interessi che hanno i millennial e la generazione Z. Si tratta nello specifico di un’ibridazione tra il linguaggio di una sketch comedy e quello dei social. Abbiamo cercato di dare un prodotto non un taglio da fiction tradizionale avvicinandoci con le riprese fatte con lo smartphone o i confessionali al linguaggio del pubblico che volevamo intercettare. La seconda stagione è in fase di ultimazione: confermato non solo tutto il cast ma anche la colonna sonora di Alfa, giovane cantautore che nel giro di un anno è diventato un fenomeno musicale. In piattaforma sotto Natale, sarà composta da dieci nuove puntate.

Il cast della serie tv Confusi.
Il cast della serie tv Confusi.

Così com’è destinata ai giovani perché ha al centro i giovani Scuola di danza 2, la docuserie da poco approdata in piattaforma. Rispetto alla precedente stagione, c’è una grande novità: l’ingresso di Eleonora Abbagnato come direttrice della scuola di danza del Teatro dell’Opera di Roma.

Di Scuola di danza potremmo dire che si tratta della terza stagione. Il progetto nasce con una prima edizione che si chiama Corpo di ballo, ambientata alla Scala di Milano, in cui i ragazzi erano sotto il nome tutelare di Carla Fracci, in uno dei suoi ultimi lavori. Purtroppo, l’esplosione del CoVid ha viziato quel primo esperimento costringendoci in fase di riprese a cambiare il format. Per Scuola di danza, abbiamo dunque deciso di spostarci sul Teatro dell’Opera di Roma e, con la nuova stagione, salutiamo l’arrivo di Eleonora Abbagnato come direttrice della scuola.

Artista e donna eccezionale, Eleonora Abbagnato ha approcciato il lavoro con molta professionalità ma anche molta umiltà, tenerezza e sensibilità nei confronti dei ragazzi, lasciando emergere un ritratto dei giovani che è un po’ l’antitesi di tutto quello che purtroppo vediamo quasi quotidianamente nei telegiornali. I protagonisti perseguono il successo attraverso il sacrificio, la disciplina, la dedizione, l’etica e una competizione molto sana, seppur faticosa. La docuserie sottolinea come per raggiungere certi livelli occorra studiare, sacrificarsi e comportarsi in maniera trasparente e corretta. Gli insegnanti sono tutti fantastici ed Eleonora Abbagnato è come la ciliegina sulla torta.

Un’altra docuserie particolarmente interessante che arriverà prossimamente in piattaforma è Oltre il cielo, che potremmo definire come l’altra faccia, quella reale, di Mare fuori. Ci porterà infatti nella vita dei giovani che dentro a un carcere vivono realmente.

È un prodotto che ho voluto fortemente io non appena arrivato in direzione. È realizzato da Alberto D’Onofrio, autore che su Rai 2 ha già raccontato il mondo dei giovani con Giovani e ricchi, molto discusso, e Giovani e droga, due prodotti molto forti che, attraverso uno stilo da cinema verità, andavano a studiare la realtà dei ricchi figli di papà e quella più drammatica della tossicodipendenza.

Quando Alberto mi ha presentato il progetto, mi ha subito convinto: Mare fuori offre una rappresentazione falsata (è pur sempre fiction) di quelle che sono le problematiche giovanili mentre Oltre il cielo fa appello alla realtà entrando, grazie alla collaborazione del Ministero di Grazia e Giustizia, nei carceri di Milano, Bari e Napoli, dove abbiamo selezionato alcune storie molto forti di giovani tra i 18 e i 23 anni e, in qualche caso, di minorenni (sulla loro privacy vige una severa legislazione). Ci interessava raccontare la verità dietro certe storie, il perché accadono e il tentativo da parte dello Stato di recuperare i giovani, mostrando quanto lavoro quotidiano delle istituzioni serva per affrontare e risolvere le problematiche.

Saranno otto puntate da 25 minuti circa che, come da obiettivo di Rai Contenuti Multimediali e Transmediali, porteremo prima in piattaforma su RaiPlay e dopo nella tv lineare ma con un taglio diverso (si pensa a 2 puntate da 50 minuti per Rai 2, anche se dobbiamo ancora parlarne nello specifico con Stefano Coletta, alla direzione dell’Intrattenimento). In quest’ottica, sappiamo già che il nuovo programma di Lundini, Faccende complicate, andrà in onda su Rai 3.

Valerio Lundini sul set di Faccende complicate.
Valerio Lundini sul set di Faccende complicate.

Lundini, per l’appunto, ma anche Lillo e Greg saranno tre dei volti dell’intrattenimento, con due programmi tra loro molto differenti: Faccende complicate per il primo e 610 20 per il duo comico.

Dopo il successo di Una pezza di Lundini, Lundini ci ha proposto un progetto totalmente differente, quasi folle e surreale. Girerà nel suo stile dieci mediometraggi mockumentary, tra realtà e finzione, in cui andrà in giro per l’Italia a tentare di risolvere quelle che lui chiama appunto “faccende complicate”, ovvero situazioni in cui proverà a risolvere problemi della gente comune. Non possiamo anticipare molto ma si tratterà nello specifico di dieci storie molto divertenti con persone reali e qualche spalla che aiuterà Lundini stesso. Girati in maniera cinematografica, gli episodi saranno in piattaforma dopo Natale, probabilmente a inizio 2024, con successivo passaggio su Rai 3, in una fascia pregiata (si pensa all’access).

610 20 nasce invece come festa di compleanno per i 20 anni di 610 la trasmissione di Rai Radiodue condotta da Lillo e Greg. Anche questo è un progetto che, in chiave di transmedialità, avrà una sua versione radiofonica e una televisiva. Registreremo il 3 dicembre all’Auditorium di Roma, nella sala Petrassi, e Lillo e Greg sono già al lavoro per quella che sarà una grande kermesse di ricordi, con tutti i personaggi che hanno portato in scena alla radio e una serie di guest star.

610 20: Greg, Ema Stokholma e Lillo.
610 20: Greg, Ema Stokholma e Lillo.

Nel pensare ai giovani, non poteva mancare l’attenzione verso il tema del lavoro, con due programmi che sembrano quasi l’uno l’antitesi dell’altro: I mestieri di Mirko, che si occupa della riscoperta di quelle professioni che stanno quasi per scomparire, e SkillZ, dedicati invece al mondo del lavoro declinato in chiave digitale.

Per la nuova edizione del suo programma, Mirko Matteucci ha girato la Sicilia per dieci puntate alla ricerca di quei mestieri un po’ dimenticati o relegati a una dimensione di nicchia, mettendosi egli stesso alla prova. Ho già visto estratti con i pupari piuttosto che coi pescatori davvero interessanti. È stato al mercato della Vucciria di Palermo così come sull’Etna insieme ai vulcanologi, muovendosi sullo sfondo di una regione che anche dal punto di vista cinematografico è fantastica. I mestieri di Mirko è un programma molto piccolo dal punto di vista produttivo ma che ci ha dato molte soddisfazioni, comprese quelle legati ai dati di ascolto, abbastanza importanti, raggiunti la scorsa estate su Rai 2. Mirko ci porta alla scoperta del nostro territorio, che il pubblico ama, in chiave diversa rispetto a quella vista in molti programmi tradizionali di Rai 1 o di Rai 2.

SkillZ, invece, andrà alla ricerca dei mestieri del futuro. Di questo viaggio alla scoperta dei nuovi mestieri e delle nuove professionalità, la guida sarà Martina Socrate, digital content creator da 250 mila followers su Instagram. Insieme a Touch, il nostro magazine settimanale da mezz’ora, avrà il compito di traghettare i giovani verso quel futuro che già è qui.

Mirko Matteucci.
Mirko Matteucci.

Alle donne della scienza è invece dedicato Women’s Science. Tra l’altro, è stata proprio RaiPlay a dare rilevanza alle donne nella scienza grazie ai giovani ragazzi di SuperQuark+, dove a parlare di scienza erano Giuliana Galati ed Edwige Pezzulli.

Superquark+ ha lanciato tanti giovani talenti legati al mondo della scienza avvicinando i giovani al mondo di Piero Angela, che ai giovani divulgatori ha fatto un po’ da papà chioccia. Mi piacerebbe nel 2024 riuscire a perseguire ancora quella strada e non lasciare scoperta quella fascia di racconto, magari con una rubrica settimanale o con dieci puntate dedicate alla scienza.

2024: qualche anticipazione in esclusiva?

Un altro dei nostri obiettivi è quello di perseguire la sostenibilità, ponendo attenzione a temi come il cambiamento climatico: budget permettendo, stiamo pensando per il 2024 a un’estensione di Touch, Touch Green, dedicato ai temi. Ma non solo.

Mi piacerebbe nei prossimi mesi avere anche un magazine di musica che sia non solo lo specchio di quello che è la musica oggi ma anche divulgativo. Da servizio pubblico, non vogliamo fare solo promozione agli artisti con i loro dischi in uscita ma vorremmo coinvolgerli in un format in cui ci raccontano i loro idoli e i loro modelli musicali.

E dal punto di vista della diversity and inclusion? D-Side è stato un bell’esperimento.

Rientrava a pieno nei nostri obiettivi. Di sicuro, non c’è ancora nulla di scritto, lavoreremo ancora con lo stesso team ma c’è il pensiero di uscire dallo studio per affrontare gli stessi temi e gli stessi argomenti, possibilmente con gli stessi interlocutori, in un contesto diverso, più urbano. Confermo però che si parlerà molto di diversity and inclusion in Listen to Me, che si sta finendo di montare: una serie di ragazzi famosi e non, attraverso una sorta di test ora spiritoso ora emotivo, raccontano a un pubblico di giovani le loro difficoltà d’integrazione all’interno della società per via della loro diversità di genere o altri tipi di problematiche.

Un'immagine di La conferenza stampa.
Un'immagine di La conferenza stampa.
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