Tre sono i film italiani in concorso a Cannes 2023: Rapito di Marco Bellocchio, La Chimera di Alice Rohwacher e Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti. Del film di Moretti abbiamo parlato indirettamente grazie alle interviste ad alcuni dei suoi giovani protagonisti: Arianna Pozzoli, Flavio Furno e Giuseppe Scoditti (a cui aggiungere, anche se realizzata precedentemente, Blu Yoshimi). Mentre del film di Rohwacher parleremo in apposito post, concentriamoci ora su Rapito di Marco Bellocchio, che torna a Cannes a distanza di un anno dalla serie tv Esterno notte.
La trama di Rapito
Rapito, il nuovo film di Marco Bellocchio, porta nel 1858, nel quartiere ebraico di Bologna, i soldati del Papa Pio IX (Paolo Pierobon) irrompono nella casa della famiglia Mortara. Per ordine del cardinale, sono andati a prendere Edgardo (Enea Sala), il loro figlio di sette anni. Secondo le dichiarazioni di una domestica, ritenuto in punto di morte, a sei mesi, il bambino era stato segretamente battezzato. La legge papale è inappellabile: deve ricevere un'educazione cattolica. I genitori di Edgardo (Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi), sconvolti, faranno di tutto per riavere il figlio.
Sostenuta dall'opinione pubblica e dalla comunità ebraica internazionale, la battaglia dei Mortara assume presto una dimensione politica. Ma il Papa non accetta di restituire il bambino. Mentre Edgardo (Leonardo Maltese) cresce nella fede cattolica, il potere temporale della Chiesa volge al tramonto e le truppe sabaude conquistano Roma.
Distribuito in sala da 01 Distribution dal 25 maggio, il film Rapito è una produzione IBC Movie e Kavac Film con Rai Cinema in coproduzione con Ad Vitam Production (Francia) e The Match Factory (Germania). Con una sceneggiatura firmata dallo stesso Bellocchio con Susanna Nicchiarelli, è interpretato da Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi, e da Enea Sala (Edgardo Mortara da bambino) e Leonardo Maltese (Edgardo ragazzo) e con Filippo Timi e Fabrizio Gifuni; completano il cast Andrea Gherpelli, Samuele Teneggi, Corrado Invernizzi.
Le note di regia
Rapito, il nuovo film di Marco Bellocchio, è liberamente ispirato al libro Il caso Mortara di Daniele Scalise, edizioni Mondadori. A raccontarcelo sono le parole dello stesso regista, attraverso le note di regia che saranno diffuse durante il Festival di Cannes.
Un rapimento per volere di Dio
“La storia del rapimento del piccolo ebreo Edgardo Mortara mi interessa profondamente, innanzitutto perché mi permette di ritrarre un delitto commesso in nome di un principio assoluto: “Ti rapisco perché lo vuole Dio. E non posso restituirti alla tua famiglia. Sei battezzato e, quindi, cattolico per tutta l’eternità”. Questo è il non possum di Pio IX, il quale sostiene che, in nome della salvezza ultraterrena, è giusto sopprimere la vita di un individuo, anzi di un bambino, che, in quanto bambino, non ha la forza di opporsi, di ribellarsi. Ciò rovina a lunga vita del giovane Mortara.
Tuttavia, dopo essere stato rieducato dai sacerdoti, Mortara rimane fedele alla Chiesa cattolica, diventa lui stesso sacerdote (una decisione affascinante e misteriosa che non può essere liquidata come un semplice meccanismo di sopravvivenza, poiché dopo la liberazione di Roma, Edgardo, finalmente in grado di “liberarsi”, rimane fedele al Papa) e per il resto della sua vita cerca addirittura di convertire la sua famiglia, rimasta fedele all’ebraismo”.
Il declino di un “regime”
“Il rapimento di Edgardo Mortara fu un crimine contro una famiglia pacifica, alto-borghese e rispettosa dell’autorità, che a Bologna era ancora il Papa-Re, in un momento in cui un’aria di libertà si diffondeva in tutta Europa e dappertutto si affermavano principi liberali. Tutto stava cambiando e, proprio per questo, il rapimento del ragazzino rappresenta il tentativo disperato, e quindi violentissimo, di un’autorità moribonda di resistere al collasso e, addirittura, di passare al contrattacco. I regimi totalitari in declino spesso ottengono piccoli trionfi che li illudono momentaneamente facendo credere loro che stanno vincendo (un breve spasmo di vita che precede la morte).
Oltre all’estremo atto di violenza a cui è sottoposto Edgardo, volevo approfondire la perdita e il dolore che ha subito dopo il suo allontanamento forzato, nonché i suoi continui tentativi di conciliare la volontà del suo secondo padre, il Papa, con la volontà diametralmente opposta dei suoi genitori di riportarlo a casa. Sua madre mostra una tenace determinazione mentre suo padre, pensando solo al benessere del figlio, è meno ribelle”.
La conversione di Edgardo
“Nel tentativo di raggiungere una riconciliazione impossibile per tutta la vita, Edgardo non rinnega mai i suoi genitori o le sue origini né accetta mai il fatto che sua madre rimarrà ebrea fino alla morte.
La conversione di Edgardo è sempre risolutamente affermata ma è punteggiata da improvvise, inaspettate e, più o meno, subconsce ribellioni. Edgardo non diventa mai il burattino del papa e questo si manifesta nelle sue sofferenze e nelle numerose e prolungate malattie che lo costringono a letti per lunghi periodi…
Edgardo paga anche un prezzo fisico per affermare senza dubbio la sua fede. La felicità resta solo un ricordo sempre più sbiadito degli anni precedenti al suo rapimento (Edgardo non aveva ancora sette anni quando avvenne).
Come accennavo prima, l’altro enigma di questa storia è la conversione di Edgardo. Da bambino si converte al cattolicesimo (giovanissimo e impressionabile, così afferma la narrativa prevalente, lo fece per sopravvivere: oggi la chiameremmo “sindrome di Stoccalma”), rimanendo fedele al secondo padre, Il Papa, nella persona di Pio IX, per tutta la sua vita.
Ora, non voglio cercare una “via di mezzo” ma la conversione di Edgardo, così assoluta e apparentemente senza il minimo dubbio, rende sicuramente il personaggio ancora più interessante… E ci introduce in mondi che per noi non esistono ma che sono molto reali per così tante persone... Possiamo osservare oggettivamente il “fenomeno” o, con amore ed empatia, provare semplicemente a ritrarre un bambino la cui anima è stata violata e che, da adulto, rimane fedele a coloro che lo hanno violato perché crede che siano i suoi salvatori. Alla fine, emerge un personaggio che sfida ogni spiegazione razionale. Questo è un film, non un’opera di storia o di filosofia e nemmeno una contesa ideologica”.