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Riccardo de Rinaldis Santorelli: “Leggero, qui e ora” – Intervista esclusiva

riccardo de rinaldis signorelli
Protagonista della serie tv evento di Rai 1 Mameli, Riccardo De Rinaldis Santorelli racconta a TheWom.it la sua esperienza sul set. Ma non solo: paure, sogni, desideri e speranze emergono dalle parole di un giovane attore il cui ottimismo è il grande punto di forza.
Nell'articolo:

Interpretare Mameli nella serie tv evento di Rai 1 avrebbe potuto intimorire chiunque ma non Riccardo De Rinaldis Santorelli che ha accettato la sfida con la caratteristica che più di ogni altra lo contraddistingue: l’ottimismo. Giovane attore pavese con la carriera in crescita esponenziale, Riccardo De Rinaldis Santorelli non perde ad esempio mai il sorriso nel corso dell’intervista che ci ha concesso per parlare di Mameli ma anche di se stesso, del suo percorso e dell’uomo che è diventato.

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In un mondo in cui spesso si creano a tavolino star, traumi e racconti che esulano dal sé, Riccardo De Rinaldis Santorelli preferisce puntare sulla leggerezza dei suoi anni, che vive a pieno senza alcun condizionamento esterno e, soprattutto, senza darsi grandi arie da divo. Forse perché da sempre ha i piedi ben piantati per terra, da quando la madre da piccolo lo accompagnava ai primi provini.

Mameli arriva per Riccardo De Rinaldis Santorelli a conclusione di un anno personale particolarmente impegnativo sia dal punto di vista professionale sia da quello privato. Tante cose sono cambiate nella sua vita ma una è quella che lo fa essere chi è oggi: un’icona pop che sa quanto conti il qui e ora. Niente più proiezioni sul futuro e niente più recriminazioni sul passato: il presente è diventato il suo faro guida, nonostante vivere non sia un gioco da ragazzi (per citare il titolo della serie tv di Rai 1 che lo ha fatto conoscere al grande pubblico lo scorso anno).

E un’icona pop è anche il Mameli che Riccardo De Rinaldis Santorelli porterà sullo schermo il 12 e il 13 febbraio, in due serate in cui la vita dell’autore del nostro Inno nazionale, sconosciuta ai più, sarà ripercorsa nelle sue fasi finali. Spirito poetico e animo romantico accomunano Mameli e Riccardo De Rinaldis Santorelli, entrambi mosso da profondo desiderio di libertà, giustizia e amore. Per se stessi, prima di tutto.

Riccardo De Rinaldis Santorelli (fotografo: Massimiliano Gallus @Fisheye Agency; Grooming: Valeria I
Riccardo De Rinaldis Santorelli (fotografo: Massimiliano Gallus @Fisheye Agency; Grooming: Valeria Iovino @Cotril; Styling: Garigliano; Look: camicia + pantaloni DARK PARK, sneakers HOGAN, canotta Ferragamo; Publicist: MPuntoComunicazione).

Intervista esclusiva a Riccardo De Rinaldis Santorelli

“Se non avessi fatto l’attore, non avrei comunque fatto il modello”, è ciò che mi risponde Riccardo De Rinaldis Santorelli quando, ancor prima di parlare di Mameli, la serie tv evento di Rai 1 di cui è protagonista, gli chiedo del suo veloce toccata e fuga alla fashion Week. “Mi piace la moda, avrei sicuramente lavorato in qualcosa di inerente… forse come art director. Avevo provato quand’ero più piccolo, ai tempi del liceo, a far qualcosa da modello ma non mi faceva impazzire l’ambiente da quella prospettiva: tanti sacrifici che mi facevano capire che non sarebbe stata la mia strada. Preferisco il lato creativo e l’idea di avere tutto sotto controllo: lo trovo più stimolante”.

Così come stimolante deve essere stato calarsi nei panni di Mameli.

C’era anche tanta paura nel farlo. Quando interpreti qualcuno che è realmente esistito, ti assumi sulle spalle un peso non da poco. Figuriamoci quando poi questo qualcuno ha fatto la storia dell’Italia! L’ansia era molta ma sono stato molto fortunato perché ho potuto lavorare con due registi fantastici, Luca Lucini e Ago Panini: mi hanno aiutato molto, abbiamo parlato tanto e ci siamo confrontati più volte su quello che era un personaggio anche difficile da rappresentare.

C’era realmente poco materiale a riguardo e ho dovuto farmi trasportare dalla sceneggiatura con la consapevolezza che la quasi totalità di ciò che vi era presente era frutto di ricerche storiche approfondite a cui poi è stata aggiunta una parte romanzata, com’è chiaro che avviene in ogni progetto per rendere ancora più interessante la storia raccontata.

Mi ha sorpreso scoprire come quello di Mameli sia un personaggio ricchissimo di sfumature che non ci aspetta. Non tutti sanno ad esempio che è morto a 21 anni, molto giovane, sebbene i ritratti che abbiamo di lui ce lo mostrino sempre con una barba che lo fa sembrare un uomo di quarant’anni. Ho realizzato anche che, al di là dell’epopea dell’eroe nazionale, era un ragazzo come tanti altri: sognava, amava, aveva legami di amicizia e aspirazioni, come tutti noi. Il che mi ha aperto un mondo e me lo ha fatto vedere con occhi diversi, così come ho trovato straordinario che a scrivere una cosa così fondamentale come il nostro inno sia stato in definitiva un “ragazzino”.

Goffredo non sognava di diventare un eroe: lo diventa nel mentre ma non era la sua aspirazione. Desiderava cambiare il mondo per ottenere in cambio un riconoscimento. No, voleva semplicemente fare la cosa giusta: era un poeta che soffriva nel vedere un popolo disunito. Mi auguro che il pubblico rifletta su questo aspetto: a me ha mosso tanto dentro e spero che faccia lo stesso con gli spettatori.

Da ragazzo del XXI secolo com’è stato calarsi nei panni di un coetaneo dell’Ottocento per cui il concetto di indipendenza aveva un valore e un peso diverso da quelli che gli attribuiamo oggi noi?

Non è stato difficile. Siamo stati fortunati, soprattutto noi giovani del cast, perché la scrittura e l’impronta dei registi viravano molto verso il pop: era un modo per far avvicinare maggiormente il pubblico alla serie e per non appesantire il racconto. Si è lavorato molto sul linguaggio: è stato reso più contemporaneo e attuale ma in parte lo era già. Abbiamo ad esempio scoperto che nelle lettere indirizzate alla madre Mameli si rivolgeva a lei usando il “tu” e non il “voi”. In più, la storia racconta di un gruppo di amici che si relazionano come i ragazzi di oggi, seppur con uno scopo differente.

La similarità di linguaggio e comportamenti mi ha permesso anche di calarmi facilmente nel personaggio. Mameli credeva nell’amore e nell’amicizia ed era un sognatore che voleva cambiare il mondo in meglio: tutte caratteristiche che accomunano me a lui. C’è però stato qualcosa di molto complesso, ovvero restituire il suo carisma. Anche in questo caso non tutti lo sanno ma le ricerche hanno portato alla luce quanto fosse carismatico: per riuscire a smuovere l’Italia con un canto, ce ne vuole! Per certi versi, è stato come se fosse l’antesignano di una rockstar o di una popstar, il cui contenuto va virale.

Quando pensi all’Inno d’Italia qual è la prima immagine che ti viene in mente, a parte il calcio?

Non risponderei mai il calcio perché non è il mio sport (ride, ndr). Ma nella risposta c’entra sempre lo sport ma di tutt’altro genere: le Olimpiadi. Tutte le volte che ci sono le Olimpiadi, mi siedo sul divano e le guardo, anche se non mi interessa lo sport che in quel momento è in onda. Le guardo perché mi sento come tutti gli italiani parte in causa: osservo i nostri atleti e tengo per il nostro Paese, con la speranza che si vinca una medaglia o di sentire l’inno suonare essendone fieri.

Riccardo De Rinaldis Santorelli nella serie tv di Rai 1 Mameli.
Riccardo De Rinaldis Santorelli nella serie tv di Rai 1 Mameli.

Ti abbiamo appena visto anche nella serie tv La lunga notte. Se Mameli ti porta nel 1840, La lunga notte ti portava cent’anni dopo, con il ruolo di un ex soldato fascista diventato partigiano.

È stato complesso capire come dei giovani di quel periodo potessero essere così tanto trasformati da un’ideologia. Mi ha fatto paura il solo pensiero: psicologicamente, ho dovuto trasportarmi con la mente a quel periodo, segnato da un governo che da un lato prometteva tante cose belle ma che dall’altro lato si arrogava il diritto di entrare nelle case private e di uccidere chi la pensava diversamente. Erano loro a decidere per te…

Mi ha triggerato il fatto che il mio Italo Niccolai a diciannove anni era già un comandante, costretto ad andare in guerra: sebbene non sia realmente esistito, racchiudeva in sé esperienze comuni a tantissimi giovani. È il prendere coscienza e conoscenza di ciò che il fascismo significa che poi lo spinge a divenire “rivoltoso”, il termine partigiano ancora non esisteva. In quel momento, con le conseguenze che vive in famiglia, capisce le vere falle del sistema, si risveglia e opta per il cambiamento.

Non hai ovviamente vissuto in prima persona l’esperienza della guerra e tutti noi ci auguriamo che mai accada. Tuttavia, guardando anche un semplice telegiornale, c’è la percezione che una guerra possa scoppiare ovunque e in qualsiasi momento. Cosa ti farebbe maggiormente paura di un eventuale conflitto che interessi anche noi?

Qualsiasi cosa. Mi farebbe paura perdere la mia vita… non tanto la morte ma il perdere tutto quello che ho di bello. È un timore che non è strettamente connesso a una possibile guerra: in generale, mi terrorizza l’idea di perdere ciò che mi ha finora accompagnato. In primis, il non avere più la libertà di esprimermi e di fare qualsiasi cosa. È un’idea che trovo spaventosa e terrificante.

La lunga notte: Riccardo De Rinaldis Santorelli - Le foto

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Tutto ciò che di bello hai nella vita… e il 2023 è stato per te un anno molto bello. Al di là del successo a livello professionale, a livello privato ci hai portato sui social al matrimonio di tua sorella e ci hai fatto conoscere un nuovo arrivato in famiglia.

Non è mio figlio (ride, ndr). Mio fratello e sia sorella hanno avuto entrambi due bambini bellissimi, di cui l’ultima è arrivata appunto quest’anno. Il 2023 è stato un anno molto particolare: oltre all’affermazione sul lavoro, la famiglia è diventata più grande, ho conosciuto delle persone fantastiche che sono entrate nella mia vita (e che so vi rimarranno per sempre) e mi sono elevato spiritualmente. Ho capito maggiormente come funziona questa vita: non devo farmi prendere dall’ansia e dalla paura, nel buttarmi in nuove “imprese”. Già il cominciare un percorso di terapia è stato per me fantastico perché mi ha fatto crescere e mi ha accresciuto.

Ti ha permesso di fare anche definitivamente pace con il tuo corpo?

Il conto è ancora aperto ma mi sto apprezzando e amando di più rispetto al passato. Sono sicuro che il rapporto tra me e il mio corpo migliorerà ancora e che andrà sempre meglio.

Qual è stato il primo passo che ti ha fatto capire che stavi migliorando come persona?

Mi sono sentito più leggero. Ho sempre vissuto proiettato nel futuro o nel passato: la terapia mi ha permesso di dare rilevanza al presente, al qui e ora. E forse per questo mi sento più leggero.

Quando racconti le tue prime esperienze, ricordi sempre come mamma ti portava a fare i primi provini per gli spot pubblicitari. Oggi è consapevole di avere un figlio che è diventato un attore protagonista?

Non si è ancora preparata psicologicamente, ci sta provando. Entrambi i miei genitori sono al settimo cielo, soprattutto per Mameli: a loro piacciono molto i racconti storici. Il mio far parte di una storia legata al nostro Paese e al suo cambiamento li rende orgogliosi. Tra l’altro, mamma era molto contenta di questa mia scelta, sentiva in cuor suo che sarebbe andata bene: i provini, com’è giusto che fosse, sono andati avanti per molto tempo e quasi tutti i giorni la chiamavo per renderla partecipe di come stessero andando le cose. È sempre stata la mia fan numero uno e al mio fianco.

Riccardo De Rinaldis Santorelli nella serie tv Mameli.
Riccardo De Rinaldis Santorelli nella serie tv Mameli.

Interpretare Mameli ti ha riavvicinato alla passione per la musica?

Mi hanno anche fatto cantare sul set e non me l’aspettavo. Ma mi ha anche permesso di capire quale sia il senso della musica. L’Inno d’Italia è composto da sei strofe che contengono in sé anche la storia antecedente alla formazione dell’Italia. Leggere su carta ciò che la gente pensava o provava mi ha fatto riflettere su come lo scopo della musica sia il raccontare.

Sono cresciuto cantando… canto ogni secondo della mia vita e la musica sarà sempre parte di me. In più unire recitazione e canto mi ha anche fatto riavvicinare al musical: uno dei miei più grandi sogni è quello di interpretarne uno. Il risvegliare questo in me forse porterà a qualcosa di bello in futuro. Chissà.

La scorsa estate sei stato in vacanza in Sicilia e hai documentato le tue nuotate. Il nuoto in mare aperto è sempre sinonimo di libertà. Che vuol dire per te “libertà”?

Tutto: è complesso spiegarlo a parole. Avere la libertà di uscire a fare una passeggiata per assaporare la natura è qualcosa di impagabile, ad esempio. Si potrebbero scrivere poemi interi sul significato della parola: per me, è sinonimo di tutto ciò che mi circonda. Se non fossi libero, non potrei vivere ciò che di bello ho vissuto finora.

Hai posto mai limiti alla tua libertà?

Molte volte, sì. Forse per paura, non ho fatto, non ho detto e non ho agito quando avrei dovuto. E tante volte me ne sono anche pentito. È accaduto soprattutto in passato: oggi sono molto più diretto. Pur conservando sempre la mia umiltà e rimanendo con i piedi per terra, sto provando a vivere di più. E libertà è vivere in tal senso.

Hai anche la libertà di viverti il successo senza troppi retropensieri?

Nel mio caso, non userei la parola successo: preferisco sempre rimanere ancorato alla realtà. Non so ancora nemmeno quale sia il metro di misura del successo (sorride, ndr). A oggi vivo quello che mi è accaduto in maniera serena, non ho mai avuto problemi a uscir di casa e mi auguro che non accada mai. Sono sempre il Riccardo che gira per le vie di Roma o di Pavia con i suoi amici e che ha voglia di non farsi limitare nella sua quotidianità.

È cambiato però il tuo rapporto con i social nel tempo…

Sì, condividevo molto di più prima e non adesso. A volte potrei anche pubblicare cavolate come tutti, cose che per altri rappresentano la normalità, ma non lo faccio perché comunque penso da personaggio pubblico di dover stare attento ai contenuti. Tanto che spesso finisco per usare i social, soprattutto TikTok, per sfogliare i contenuti altrui, guardarli, ridere o avere notizie dal mondo che altrimenti mai avrei.

Dici che la popolarità (chiamiamola così) non ha cambiato il tuo rapporto con chi da sempre ti circonda. E con i nuovi arrivati? Temi che la gente ti possa avvicinare in quanto attore e non in quanto ragazzo?

La paura o il sospetto c’è sempre ma il mio sesto senso è molto forte: riesce a capire subito le intenzioni, cosa va bene e cosa non. E, comunque, sì: ho sempre i miei amici, gli stessi di prima, a cui ripeto che, semmai dovessi cambiare atteggiamento e non essere più il Riccardo che hanno conosciuto, hanno il dovere di prendermi per le orecchie e di riportarmi a terra. Me lo ripeto tutti i giorni: spero di non cambiare mai e di essere sempre me stesso.

A proposito di rapporti con gli altri, colpisce quello sincero e idilliaco che hai creato con Jenny De Nucci, anche dopo la fine della vostra relazione. Qual è il grande segreto in questi casi per rimanere amici?

Ci sono stati degli alti e bassi, non sempre tutto è andato liscio. Oggi ci siamo ritrovati: abbiamo parlato tanto e credo che risieda lì la chiave di svolta che ha fatto sì che ritornassimo a essere quegli amici che eravamo prima di stare insieme.

Nelle situazioni difficili, oltre che confrontarti con il tuo terapista, tendi a chiedere il supporto di qualche amico?

Facevo parte di coloro che cercano di salvarsi da soli. Ma oggi il mio approccio è diverso: razionalizzo io il problema, poi chiedo alle persone di cui mi fido e infine ritorno a me per arrivare a una conclusione. Quindi, è un po’ un mix delle due situazioni. Di sicuro, c’è che chiedo a chi mi sta più vicino, i miei genitori o i miei migliori amici, e che mi ascolto molto per quel sesto senso di cui prima.

Riccardo De Rinaldis Santorelli e Barbara Venturato nella serie tv Mameli.
Riccardo De Rinaldis Santorelli e Barbara Venturato nella serie tv Mameli.

Quando ti guardi allo specchio, chi vedi?

Un ragazzo che non vede l’ora di arrivare a concretizzare i suoi sogni.

Con i capelli lunghi o corti? (il riferimento era a come appariva nella serie tv Vivere non è un gioco da ragazzi, ndr).

Non erano i miei capelli (ride, ndr). La cosa divertente è che quando ho sostenuto i provini avevo i capelli più lunghi del solito per via di un film che stavo girando. A riprese concluse, li ho tagliati per poi scoprire che Rolando Ravello, il regista della serie, aveva pensato al mio personaggio con i capelli lunghi… Morale della favola, ho portato le extension: le ho tenute per due mesi e mezzo e cambiate due volte. Un supplizio!

Il film in questione era Headshot, rimasto al momento il tuo unico lavoro al cinema. È dettato dal gioco delle circostanze per cui non arrivano progetti giusti o dal fatto che ti qualificano come un attore televisivo?

C’è stato un momento in cui avevo paura dell’etichetta. Ma poi è passato: le proposte per il cinema arrivano ma non è ancora arrivato per me il momento giusto per il progetto giusto. Sono tuttavia tranquillo: devo tutto alla televisione. Non avendo mai studiato recitazione, la televisione mi ha salvato insegnandomi come muovermi su un set, come parlare e come far sì che tutto sembri naturale. Ma anche la precisione…

In un gioco di proiezioni tra passato e futuro, cosa diresti a quarant’anni a quel bambino che andava con la mamma a far provini per gli shooting?

Non preoccuparti: va tutto bene. Cresci, sbaglia, sii felice, ama e non porti troppe domande.

Sei felice?

Sono molto fortunato e grato all’universo per avermi regalato questa vita.

Mameli: Riccardo De Rinaldis Santorelli - Le foto

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