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“Salite sulla mia Ferrari White e godetevi l’estate”: Intervista esclusiva a Riki

Riki ha appena pubblicato il suo nuovo singolo, Ferrari White, con cui ritorna ad atmosfere spensierate ed estive. Lo abbiamo incontrato per un’intervista nel segno della sincerità, dall’esperienza in Sudamerica ai suoi trent’anni appena compiuti.
Nell'articolo:

Riki è tornato con un nuovo singolo, Ferrari White (Sony Music Italy/Columbia Records Italy). E si appresta ad accompagnare questa calda estate 2022 con un ritmo fresco che fa venir voglia di andare al mare. A 200 all’ora, come canta nella canzone, ma pur sempre con le giuste cautele. E Riki è uno di quei pochi ragazzi che, usciti da Amici di Maria de Filippi, è sempre andato a velocità massima. Non solo in Italia, come ha modo di ricordare nel corso di quest’intervista, ma anche all’estero, soprattutto in America Latina. Il successo in Argentina, ad esempio, è andato oltre ogni più rosea aspettativa ma non è stato il frutto del caso: Riki si impegna con tutto se stesso in tutto quello che fa.

Guardate la copertina di Ferrari White, il singolo prodotto da Big Fish. La trovate più sotto e vi accorgerete di quanta cura ci sia nella realizzazione grafica. Anche quella è frutto dell’impegno di Riki, che non ha mai messo da parte l’esperienza maturata nel campo del design. I suoi mondi sono sempre in comunicazione: con i primi soldi guadagnati con il lavoro di disegner, aveva prodotto le canzoni che poi erano andate a comporre il suo primo (e non solo) EP.

Ferrari White arriva, inoltre, in un anno particolare per Riki: quello del trentesimo compleanno. Eppure, Riki maturo lo era già in passato. Ne aveva dato dimostrazione sia dopo aver vinto Amici, devolvendo ad Amatrice il premio in denaro, sia a Sanremo 2020 quando ha invitato i suoi follower (e sono più di un milione e cento mila) a non televotare per lui. Le ragioni sarà lui stesso a spiegarcele.

Ma la maturità di Riki, l’artista italiano che nel 2017 ha venduto più dischi in Italia, passa anche per le sue posizioni in materia di diritti civili. A lui, eterosessuale, abbiamo chiesto quale pensa sia il diritto principale che vada riconosciuto alla comunità lgbtqia+ e la sua risposta è sincera, decisa e inappuntabile.

Intervista esclusiva a Riki

Descrivici cos’è Ferrari White. Come si inserisce nel tuo percorso artistico?

Ferrari White è un pezzo che vuole essere innanzitutto fresco, estivo, con sonorità diverse da quelle che ci si aspetta da me o comunque da quelle che sono tipiche dell’estate, dal reggaeton in poi. Parla di un viaggio che fai a bordo di una Ferrari che è white come poteva essere red. Ho scelto white perché, insieme agli autori del brano, mi sono fatto ispirare dalla Testarossa bianca di Miami Vice.

È il secondo brano che realizzo con la produzione di Big Fish. Le sonorità sono un po’ diverse dal primo singolo ma hanno di fondo una certa coerenza. Chiaramente, essendo tipicamente estivo, deve lasciare spensieratezza e non deve parlare grandi temi dell’umanità: è una canzone divertente. Ed è la prima che faccio non da solo. In passato, anche quando i brani erano firmati da più autori, ero sempre io a portare in studio sia testo che melodia, prima che la produzione apportasse i suoi cambiamenti.

Nel caso di Ferrari White, invece, l’idea non è partita da me ma da due autori, con cui ho poi collaborato allo sviluppo della stessa. Abbiamo cambiato un po’ di cose nel testo o nella melodia, rendendo il pezzo un po’ più mio con l’aggiunta di immagini che descrivono la ragazza: gli stivali da cowboy, la coda, lei che gioca con dei fumogeni d’argento. Robe un po’ più visive che appartengono al mio modo di scrivere e che raccontano quasi un cortometraggio.

Cortometraggio è la parola che restituisce la giusta dimensione di Ferrari White. È la sensazione che si ha sin dall’apertura della canzone, “A duecento all’ora, siamo quasi andati in coma”.

Volevo restituire l’immagine di due scappati di casa, sono sempre stato molto “pulito”. Non che Ferrari White non sia: non ha parolacce e non dice chissà che cosa. Però, volevo sporcarla un po’.

Ma io ci ho visto anche la volontà di voler ribadire metaforicamente che l'amore, anche quando è bello, comporta un pizzico di dolore.

Certo. C’è anche del dolore, sì. I protagonisti vanno al mare però magari la sera prima hanno litigato. Cercano ugualmente di essere spensierati e andare verso il mare a 200 all’ora, col vento in faccia, anche se prima erano andati quasi in coma ed erano un po’ “sporchi”. Ognuno la può interpretare come vuole.

Una delle cose che viene fuori dal testo di Ferrari White è l’importanza di vivere l’attimo, di coglierlo. Quanto è importante per te vivere l’attimo?

Ma io lo faccio tutti i giorni. Sembra la cosa più banale ma è la verità. Quello che faccio nella vita è cercare, soprattutto in alcuni momenti, di godermi il più possibile l'attimo. Non sono uno che programma troppo, che si fa troppe paranoie proiettate al futuro. Mi piace trasferire con l’immediatezza del testo di Ferrari White il concetto di “E goditela”, soprattutto d’estate. Ok, ci saranno mille problemi da affrontare durante l'anno, però ora come ora, d’estate, stai andando in vacanza: goditela e basta. Viaggia, vai a 200 all’ora, non ti schiantare, vai dritto al mare, divertiti.

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“Oggi è un altro giorno e noi siamo peggio di ieri”, dice la canzone. Com’è cambiato Riki rispetto a ieri?

Peggio di ieri spero di no (ride, ndr).

Se parliamo del testo della canzone, si fa riferimento appunto a quello che dicevamo prima: si può essere arrivati da una litigata, o reduci dall’aver fatto serata ed essere rinco, o appesantiti dai problemi al lavoro. Si, si sta peggio di ieri ma in qualche modo si deve “spurgare” e andare via.

Se parliamo di me, non sono peggio di ieri. Secondo me, sono meglio: se fossi peggio, sarebbe un problema. Sono cambiato. Se uno si vedesse ancora uguale a com'era il giorno prima, vorrebbe dire che non ha fatto alcun passo in avanti. Ho ancora tantissime cose su cui lavorare, che devo cambiare. Però, rispetto a un tempo, so gestire molto meglio determinate situazioni. E, anche a livello lavorativo, sono molto più tranquillo.

Nel bene o nel male, ci stanno quelle esperienze che ti fanno crescere e che ci tanno maturare. Ti fanno spostare il focus della tua attenzione e capire come evitare gli stessi errori quando si ripresentano.

Questo per te è anche un anno importante a livello personale. Hai tagliato il traguardo dei trent’anni. Sono stati più i sogni o le disillusioni?

Sono felice. Ma se mi chiedi quali sono stati gli anni più belli ti rispondo che sono stati quelli dell’università, quelli poco prima di Amici, perché chiaramente avevo meno responsabilità. Ero più spensierato e coltivavo il sogno e la voglia di voler fare il cantante mentre studiavo anche Design. Mi piaceva l’ambiente universitario e quello che studiavo, andavo molto bene e c’era anche spazio per divertirsi.

Sono stati anni molto belli in cui ho imbastito tutto quello che è stato il lavoro che è venuto dopo. Dallo studio del design mi sono portato la metodologia di scrittura: analisi e ricerca, concept, sviluppo e progetto del prodotto. Dopo la laurea, avevo aperto il mio studio di design. Con i primi soldi guadagnati ho prodotto le canzoni che ho portato dentro al mio primo EP. In realtà, ne avevo molte di più e sono andate nell’EP successivo. Da lì in poi di sogni ne ho realizzati e sono molto contento.

Certo, ho avuto dei momenti di down che sono coincisi con il periodo del CoVid. Ma è normale. È normale averceli, mi hanno fatto crescere: si accettano e sono molto utili.

Nel rivedere il tuo percorso, ci sono state due tue scelte che hanno rivelato tutta la tua maturità, nonostante fossi giovanissimo. Ad Amici hai ottenuto il primo posto nella categoria Canto nell’edizione a cui hai preso parte: hai però devoluto il premio in denaro ad Amatrice. A Sanremo 2020, invece, hai invitato i tuoi sostenitori a non televotarti.

Partiamo dal primo episodio. Quando sei dentro nella scuola di Amici, c'è un momento in cui capisci che le cose stanno andando bene, che il tuo obiettivo è molto vicino. Qual è il vero obiettivo di quel programma? Non solo farsi conoscere ma avere anche un disco che uscirà da lì a breve. Quel momento per me è arrivato a metà del serale: sentivo l’amore delle persone. Mi sentivo talmente bene che mi ricordo di essermi addormentato una notte in casetta pensando “Ok, semmai dovessi vincere, la mia vittoria più grande saranno l’affetto della gente e il disco che uscirà”. Per me, non erano i soldi.

Quei 50.000 euro, su cui non sputo sopra, non mi avrebbero cambiato la vita, sebbene fossero un premio molto importante. Quando la vittoria si è concretizzata, ho realizzato il sogno di trasformare la mia passione in lavoro: i soldi mi sembravano qualcosa di “freddo”. Mi è sembrato doveroso donarli ad Amatrice, dove c’era appena stato il terremoto: così facendo, li ho “riscaldati”. Li ho donati a un’associazione che lavorava per risanare e ristrutturare tutta la cittadina.

Arriviamo al capitolo Sanremo. Quando entri in quel vortice, devi avere un certo tipo di hype, un certo tipo di percorso e un certo tipo anche di progetto o di canzone. Secondo me, ho partecipato al Festival nel momento non giusto. Non vuol dire sbagliato ma non giusto quanto poteva invece essere. Dopo Amici, c’erano stati il mio primo album, un singolo estivo che era andato molto bene e un tour in Sudamericana che era stato un vero boom. Al rientro in Italia, è subito arrivato Sanremo e forse ho sbagliato a parteciparvi: dovevo aspettare.

Ci sono arrivato stanchissimo, avrei avuto bisogno di respirare prima. Come sapete, Sanremo è molto impegnativo e il risultato non è stato dei migliori. Mi esibivo sempre a tarda serata e stazionavo nelle ultime posizioni. Il televoto mi avrebbe aiutato ma non a vincere: sei salito di classifica ma non avrei vinto. A quel punto che senso avrebbe avuto far spendere dei soldi, anche solo un euro, a chi mi seguiva? Era inutile. Chi mi segue deve dimostrare l’amore nei miei confronti in altre forme. Tornando indietro, rifarei entrambe le cose allo stesso modo.

Riki.
Riki.

Hai citato l’esperienza in Sudamerica. Sono stati anni abbastanza movimentati.

È stata un’esperienza meravigliosa che purtroppo si è un po’ inceppata a causa del Covid. Non è una scusa ma è la verità: non c’erano i voli e si è bloccato tutto il mondo. Adesso la priorità è l’Italia ma ritorneremo anche là.

È iniziato tutto nel 2019, neanche tanto tempo fa. Mi hanno chiamato da Sony Latin dopo aver visto ciò che stavo facendo in Italia: pensavano che potesse funzionare anche dall’altra parte del mondo. Con Francesco (Facchinetti, ndr), il mio manager, e tutto il mio team abbiamo lavorato molto bene in Sudamerica. Abbiamo chiuso una collaborazione importante con i CNCO, il gruppo di Reggaeton lento, un pezzo che suonava in tutto il mondo.  Con loro ci siam piaciuti subito: è stato tutto molto istintivo, molto naturale.

Sono stato in Argentina, in Messico, a Miami. Avevo le persone fuori dall'albergo, gente che dormiva nei sacchi a pelo… è stata una bellissima esperienza. Le ragazze argentine, messicane o colombiane sono molto simili a quelle italiane. Sono molto calorose e passionali: dimostrano tutto il loro affetto ai loro idoli. È una cosa molto bella. Per dirvi, dopo il secondo o il terzo viaggio che ho fatto, c'era gente che mi aspettava fuori dall’aeroporto. E cento persone che ti aspettano con i cartelloni per darti il bentornato dall’altra parte del mondo non sono poche. Peccato che poi queste cose in Italia non si sappiano o non si raccontino. In Argentina o in Messico, ho visto delle cose incredibili… incredibili.  

Visto che mi hai citato l’affetto delle fan latinoamericane, quanto è importante il supporto dei follower qui in Italia e quanto è importante essere onesti con loro?

C’è una frase che cito spesso: ogni artista ha i fan che si merita. Nel senso che, se vai per esempio a un concerto, vedi quanta affinità c’è tra un artista e i suoi sostenitori. Si crea una relazione che somiglia all’amore o all’amicizia: chi si lega a te artista lo fa perché rivede qualcosa nei tuoi occhi o nel tuo carattere, nel tuo carisma, nel tuo modo di fare, che è affine a loro. È come se un artista fosse un brand nel quale rispecchiarsi.

La spontaneità e la sincerità nei confronti di chi mi segue sono sempre state le mie priorità. Sono sempre stato molto sincero, nel bene e nel male, con le persone che mi seguono. Fa parte anche del mio carattere: essere coerenti e sinceri ti fa cadere sempre in piedi e dormire sereno. Ho scritto le mie canzoni sempre non fingendo, che fossero belle o meno belle. Ho sempre voluto metterci tutto me stesso in tutto. Quando ci metti te stesso non puoi sbagliare, anche quando fai meno numeri di altre volte: io ho sempre scritto la canzone che volevo ascoltare in quel momento, in base al mio umore.

Questa tua affermazione fuga ogni dubbio a chi pensa che gli artisti che escono da un talent abbiano poca libertà o siano “telecomandati”.

Dopo un talent, la gente pensa che tu venga telecomandato o comunque che sia quasi succube di una serie di meccanismi. Ci sono ed è normale che ci siano perché devi rispondere a una serie di responsabilità legate proprio anche ai “datori di lavoro” o alle logiche di mercato che cambiano continuamente. Ma, se mi guardo dentro e mi guardo indietro, quello che ho fatto ha sempre rappresentato me, nel bene e nel male. Certo, seguivo i consigli che mi davano ma sono sempre andato avanti con la mia testa.

Si sta per concludere il mese del Pride. Da eterosessuale, quale pensi che sia il diritto più importante da riconoscere alla comunità lgbtqia+?

Obiettivamente, io non capisco perché ci sono ancora delle disparità. “Devi dare la possibilità di amare a ognuno come c**zo vuole e chi vuole”: questa è la cosa più importante. Questa è la classica cosa che uno dice, che adesso va anche tanto di moda e che a me fa incazzare. C’è tanta gente che ci marcia su ma poi forse non ci crede per davvero e lo fa semplicemente per marketing. Lo pensano davvero o perché fa comodo loro dirlo e ricevere consensi?

Se poi devo darti la mia risposta, come se fossimo in una stanza al chiuso solo io e te a parlare tranquillamente, ti dico: prova a pensare che stai obbligando una persona a non amare un altro o un'altra, a seconda dei casi, così, semplicemente perché lo dice chi? Lo dice cosa? Chi dice che tu non puoi amare chi vuoi? Questa è la cosa che mi trova assolutamente d'accordo: ognuno ama e vuole bene a chi vuole.

Per quanto riguarda i matrimoni o le adozioni, purtroppo, si creano dinamiche politiche anche difficili. Ma io penso: se uno non dà fastidio a nessuno, non invade la libertà altrui e non rompe le palle a un altro, perché non può farlo?

Però, siamo in un mondo ancora a volte indietro a livello di mentalità. Ci stiamo adesso, piano piano, aprendo sempre di più. Lo vedo soprattutto nelle nuove generazioni. Lo vedo anche in mia sorella che ha sedici anni e parla di alcuni temi che, obiettivamente, quando ero piccolo non è che non capivo: non se ne parlava. Questo è sicuramente un bene. D'altra parte, invece, c'è ancora tanta gente, forse tanti anche boomers se vogliamo, che rimane con idee vecchie o desuete e che secondo me non ci pensa neanche tanto. Ha imparato così e quindi va avanti così.

È brutto da dire ma c’è gente che è stata inculcata con quei pregiudizi lì. Conosco tantissime persone e amici che hanno sofferto veramente tanto per colpa della chiusura altrui. Per attitudine, tendo a sobbarcarmi ciò che qualcuno mi racconta e a ripensarci. Certe storie ti lasciano il magone: ma perché? Ma fai come vuoi. Ma non della serie “c**zi tuoi”: è proprio bello che fai come vuoi!

Si chiama sensibilità, non tutti ce l’hanno.

Posso aver tantissimi difetti, spesso vengo anche frainteso, però sicuramente non sono un insensibile. Non posso essere io a descrivermi però su alcune cose sì, posso dire di essere molto sensibile. Un paio di giorni fa sono stato ad esempio male andando alla partita in memoria di Michele Merlo. C’erano i suoi genitori e a distanza di un anno a loro non è cambiato niente.

Chiudiamo in maniera leggera. È salita qualcuna sulla tua Ferrari White?

Nessuna. Vado in vacanza da solo oppure vado con i miei amici. Che poi non si sbaglia mai ad andare in vacanza con gli amici. Proiettati nel futuro, da 0 a 100 Km/h in 5,8 secondi.

E cosa c’è nel futuro?

A me piacerebbe fare una ballad. Chissà che non arrivi già tra settembre e ottobre.

Riki.
Riki.
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