Il regista rumeno Cristian Mungiu presenta in concorso al Festival di Cannes il suo nuovo film RMN. Si tratta di un’analisi non giudicante delle forze trainanti del comportamento umano di fronte all’ignoto, del modo in cui percepiamo l’altro e della maniera in cui si relazioniamo con un futuro inquietante.
Scritto dallo stesso Mungiu, RMN arriverà nelle sale italiane prossimamente grazie a Bim Distribuzione. Nato nel 1968, Mungiu è uno dei più apprezzati registi rumeni e ha già vinto la Palma d’Oro a Cannes nel 2007 grazie a 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni, film sull’aborto illegale. Sulla Croisette sono stati premiati, con diversi riconoscimenti, anche i suoi quarto e quinto film, Al di là delle colline e Un padre, una figlia.
Cosa racconta il film
RMN, il nuovo film di Cristian Mungiu, racconta la storia di Matthias (Marin Grigore). A pochi giorni dal Natale, l’uomo torna nel suo villaggio natale, multietnico, in Transilvania, dopo aver lasciato il lavoro in Germania. Vuole impegnarsi maggiormente nell’educazione del figlio Rudi (Mark Blenyesi), lasciato per troppo tempo alle cure della madre Ana (Macrina Barladeanu), e aiutarlo a liberarsi dalle ansie, irrisolte e irrazionali, che lo tormentano. Matthias si preoccupa anche per il vecchio padre Otto (Andrei Finti) ed è desideroso di vedere la sua ex amante Csilla (Judith State).
Quando alcuni nuovi lavoratori vengono assunti nella piccola fabbrica che Csilla gestisce, la pace della piccola comunità è in pericolo. Le paure e le ansie attanagliano anche gli adulti. Frustrazioni, conflitti e passioni esploreranno mandando in frantumi la parvenza di pace che si respirava prima.
Come una risonanza magnetica
A raccontare la genesi e le tematiche affrontate dal film RMN è lo stesso regista Cristian Mungiu. “RMN si svolge in Transilvania, la provincia più occidentale della Romania, e, in particolare, in un piccolo villaggio multietnico, poco prima dello scoppio della pandemia da CoVid, tra il Natale del 2019 e l’inizio del 2020. La storia è quella di Matthias, che torna dalla Germania (dove lavorava in una fabbrica), e di Csilla, che è il numero due di un panificio industriale che si trova nel villaggio”.
E chiarisce sin da subito il mistero del titolo: “RMN sta per risonanza magnetica nucleare, uno screener cerebrale che rileva le cose che non si vedono in superficie. Un po’ come fa il mio film”.
La Transilvania
RMN, il nuovo film di Cristian Mungiu, è ambientato in Transilvania, quella che per tutti è la terra di Dracula. Ma la scelta è stata dettata da altri fattori, soprattutto storico-sociali. “Ricordo di aver visto Frankenstein Junior di Mel Brooks negli anni Ottanta. Il film era divertente, soprattutto per noi rumeni: il protagonista prende un treno a New York per arrivare a Bucarest, presentata come la capitale della Transilvania. Per tutti, la Transilvania diventava quindi un posto alla fine del mondo, popolato di vampiri e mostri.
Non mi soffermerò troppo sulla vera storia della Transilvania. Dico solo che è una regione da sempre contesa tra due paesi, che è passata ora da una parte ora dall’altra. Un po’ come l’Alsazia e la Lorena. I due paesi sono la Romania e l’Ungheria. Rumeni e ungheresi, dunque, vivono insieme in Transilvania.
Ma non sono gli unici ad aver popolato la regione. Circa 700 anni fa, i Sassoni ricevettero delle terre in questa regione, vicino ai Carpazi. Quindi, vi hanno vissuto anche i tedeschi. La maggior parte di loro se ne andò negli anni Settanta quando Ceausescu li ha venduti alla Repubblica Federale Tedesca per 5000 marchi a testa. Gli altri, invece, se ne andarono dopo la caduta del comunismo. Sono però rimaste le loro case, le loro chiese, i loro cimiteri e i loro villaggi.
In Transilvania, poi, ci sono anche molti Rom. I primi arrivarono come schiavi o servitori circa 200 anni fa e in molti successivamente si sono stabiliti nelle case abbandonate dai tedeschi dopo la loro partenza.
Con così tante etnie, la Transilvania è diventato il terreno di gioco preferito dei movimenti populisti o nazionalisti di ogni tipo. Negli anni Novanta, sono esplose violente tensioni, che hanno provocato diverse vittime. Poi le cose si sono calmate: la povertà ha costretto tanti a emigrare all’estero per lavoro. Di tanto in tanto, però, il nazionalismo fa ancora capolino, soprattutto prima delle elezioni.
Non fraintendetemi, però: RMN non parla di una situazione in particolare della Transilvania. E solo del fatto che rumeni, ungheresi e tedeschi condividono lo stesso territorio. Parla dei russi e degli ucraini, dei bianchi e dei neri, dei sunniti e degli sciiti, dei ricchi e dei poveri, dei grandi e dei piccoli… Non appena appare un altro individuo, lo si percepisce immediatamente come appartenente a un altro clan e, quindi, come un potenziale nemico”.
“RMN è una storia sulla globalizzazione e sui suoi effetti collaterali. Ognuno ha la sua lingua, la sua bandiera, la sua religione, la sua tradizione”.
Mioritza
La storia raccontata da Cristian Mungiu nel film RMN ha molti punti in comune con Mioritza, un popolare poema folcloristico rumeno. Ha dichiarato Mungiu: “Mioritza racconta la storia di tre pastori e dei loro greggi. Questi pastori provengono da diverse regioni. Uno di loro ha più pecore ed è più ricco; così, gli altri due decidono semplicemente di ucciderlo e impadronirsi del suo gregge. La sua pecora preferita, il suo fedele cane e la natura in generale cercano di avvertirlo ma il pastore lascia che il destino faccia il suo corso, che tutto vada come deve andare”.
“In Romania esiste una sorta di filosofia di vita legata a Mioritza”, ha proseguito Mungiu. “Si rifà sia alla mentalità del postere sia alla geografia rumena: si segue il ritmo delle salite e delle discese, delle colline e delle valli”.
“Ma, al di là di Mioritza, RMN fa riferimento anche alla storia recente. Prima della pandemia, alcuni proprietari di fabbriche nella contea di Székely hanno preso in considerazione l’idea di assumere lavoratori venuti da lontano, dal momento che la gente del posto se n’era andata a lavorare in Europa occidentale. Un’altra fonte di ispirazione è anche la storia delle miniere d’oro di Rosia Montana, in Transilvania. Porta con sé un bel dilemma: dovremmo dare lavoro a persone che estraggono l’oro con il cianuro o preservare l’ambiente per le generazioni future?”.
“E, infine, ho fatto appello alle periodiche segnalazioni sulla presenza di animali selvatici e ai loro effetti collaterali. La Romania ha, apparentemente, la più grande popolazione di orsi e lupi d’Europa”.
I TEMI
Nel suo nuovo film, RMN, Cristian Mungiu si interroga su alcuni grandi dilemmi della società moderna: la solidarietà opposta all’individualismo, la tolleranza contro l’egoismo e politicamente corretto confrontato con la sincerità. Mette anche in discussione il bisogno atavico di appartenenza e identificazione con la propria etnia e l’esigenza di guardare agli altri, diversi per qualche ragione socioculturale, con riserva e sospetto.
“RMN è una storia che contrappone antichità (percepita come degna di fiducia) ad attualità (percepita come caotica”, ha evidenziato il regista. “Sulla furbizia e sulla falsità di alcuni valori europei, più rivendicati che applicati. Di discriminazione e intolleranza, pregiudizio, stereotipi, autorità e liberà. Di codardia e di coraggio, di individui contrapposti alla collettività, di destino personale contro destino collettivo. E di sopravvivenza, povertà e paura di un futuro cupo”.
“RMN evoca gli effetti della globalizzazione su una piccola comunità ancorata a tradizioni secolari. I valori del passato si sono dissipati, internet non ne ha portati di nuovi e ha generato difficoltà a distinguere la verità dalle opinioni personali. Ma affronta anche gli effetti collaterali del politicamente corretto: non si può più parlare a voce alta quando le proprie opinioni divergono da quelle condivise. Le persone esprimono meno i loro pensieri ma questi, accumulandosi, finiranno per esplodere”.
“Al di là delle connotazioni sociali, RMN è un film che parla di come le nostre convinzioni plasmino le nostre scelte, i nostri istinti, i nostri impulsi irrazionali e le nostre paure, liberando l’animale che c’è in noi”.