Salve Maria è uno dei film in concorso internazionale al Festival di Locarno destinato a far discutere per il tema che tratta: le ‘madri assassine’. Adattamento del romanzo Le madri no di Katixa Agirre diretto da Mar Coll, il film Salve Maria racconta la storia di Maria, una promettente giovane scrittrice e neo-mamma, che si imbatte in un titolo agghiacciante: una donna francese ha annegato i suoi gemelli di dieci mesi nella vasca da bagno. L'orribile atto cattura l'immaginazione di Maria, diventando un'ossessione. Perché l'ha fatto? Da quel momento, lo spettro dell'infanticidio incombe sulla vita di Maria come una possibilità inquietante.
Salve Maria mostra la tensione e la complessità della cosiddetta maternità fragile. Strutturato come un thriller con elementi di mistero che sfociano talvolta nell’horror psicologico, mostra una realtà che poche volte viene raccontata sullo schermo (in Italia, si ricorda Maternity Blues, film ingiustamente sottovalutato) proponendosi di indagare con emozione, empatia e onestà cosa accade nella mente di una madre che la società tende a condannare come “non buona”. Protagonista nei panni di Maria è l’attrice Laura Weissmahr.
Una madre tormentata
“Ricordo che, nei primi mesi di vita di mio figlio Gaspar, spesso scherzavo su come fossi sorpresa che i bidoni non fossero pieni di bambini abbandonati. Dalla mia stessa esasperazione e posizione di privilegio, pensavo alle molte donne che diventano madri in condizioni molto più avverse, quelle che sono più instabili, quelle che sono più sole, quelle che non hanno risorse finanziarie, e le immaginavo piene di pensieri oscuri”, ha raccontato Mar Coll, la regista del film Salve Maria, nel ripensare alla sua maternità.
“In quel periodo, il libro di Katixa Agirre sulle "madri malvagie", come lei stessa lo definiva nella sua dedica, è capitato tra le mie mani, e mi ha fatto sentire molto confortata, perché queste madri che non rientravano nel modello standard non mi sembravano affatto malvagie, ma umane e riconoscibili. Anche quelle che erano capaci degli atti più terribili, come l'infanticidio, non suscitavano il mio rifiuto, ma compassione. Qualcosa che sarebbe stato difficile molto tempo fa, quando non ero riuscita a trovare le storie di maternità dissonanti sepolte dal tabù”.
“Maria, la protagonista della nostra storia, è una di queste "madri malvagie", che ha difficoltà a legarsi al suo bambino, sopraffatta da emozioni e pensieri fino a quel momento a lei sconosciuti. Il senso di colpa lacerante accompagna e complica una situazione che trova una risposta sociale esclusivamente attraverso incomprensione e giudizio implacabile, trascinando la madre in un isolamento pericoloso con conseguenze talvolta disastrose. Ecco perché ho sentito che questa storia poteva essere raccontata solo sotto forma di un thriller psicologico: la minaccia incombe su una madre tormentata dalla certezza della propria condizione mostruosa”.
Le madri no
Le madri no di Katixa Agirre, che fa da spunto al film Salve Maria, esplora temi profondi e controversi legati alla maternità, la creatività e i tabù sociali. La storia segue una narratrice, una giovane scrittrice e neo-mamma, che diventa ossessionata da un caso di cronaca in cui una donna ha annegato i suoi gemelli. Questa ossessione è alimentata dal fatto che la narratrice conosceva la donna in questione dai tempi dell'università.
Il romanzo si sviluppa come una combinazione di thriller psicologico e cronaca giornalistica, dove la narratrice decide di prendersi una pausa dal lavoro per scrivere un libro sul caso, cercando di comprendere le motivazioni dietro l'atto terribile. Attraverso l’indagine, il libro riflette sulle pressioni e i conflitti interiori delle madri, la colpa primordiale associata alla maternità, e le aspettative sociali spesso opprimenti.
Agirre approfondisce anche il legame tra maternità e creatività, dialogando con opere di autrici come Sylvia Plath e Doris Lessing, creando un ritratto complesso e disturbante della condizione femminile contemporanea