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Santocielo: che bel film! – Perché andare a vedere la nuova opera di Ficarra e Picone

santocielo film
Abbiamo visto in anteprima Santocielo, il nuovo film di Ficarra e Picone per coglierne insieme a loro temi, domande e riflessioni. E abbiamo scoperto di essere di fronte a un cinema impegnato che punta sull’accettazione, sull’altruismo e sull’inclusione, senza se e senza ma.

Santocielo è il nuovo film con Ficarra e Picone che Medusa Film porta in sala dal 14 dicembre. Prodotto da Attilio De Razza per Tramp Limited in collaborazione con Medusa Film, Regione Siciliana – Assessorato Turismo Sport e Spettacolo e Sicilia Film Commission, Santocielo è diretto da Francesco Amato su una sceneggiatura degli stessi Ficarra e Picone, Amato, Davide Lantieri e Fabrizio Testini.

Santocielo vede inoltre la presenza degli attori Barbara Ronchi, Maria Chiara Giannetta e Giovanni Storti per raccontare una storia che, partendo da un presupposto quasi fantascientifico, diventa sempre più universale e affronta temi al centro del nostro dibattito pubblico sociale, puntando sull’accettazione delle diversità e sull’inclusione. Del resto, da sempre il cinema di Ficarra e Picone è sempre stato attento al mondo che ci circonda e alle sue idiosincrasie e, a far da trait d’union, al loro nuovo lavoro è uno spunto religioso 8e biologico) utile a un racconto tanto divertente quanto urgente.

La trama del film

Santocielo, il nuovo film di Ficarra e Picone, comincia in una dimensione lontanissima dalla nostra. Siamo nell’alto dei cieli, da qualche parte sopra l’orbita terrestre, dove un angelo di nome Aristide ha un lavoro d’ufficio che svolge mentre aspira a ben altro. Aristide (Picone) è uno degli addetti alla ricezione delle preghiere che arrivano dagli umani: in una sala che è pari a una catena di montaggio celestiale, classifica le preghiere, utili o inutili, con cui ognuno di noi si rivolge a Dio (Giovanni Storti), ma sogna per via della sua passione per il canto di entrare un giorno a parte del coro che allieta il Settimo Cielo.

Ben presto, però, come tutti gli angeli, è chiamato a partecipare a un’assemblea plenaria, a un piccolo Parlamento angelico in cui in maniera democratica, si dovrà decidere delle sorti dell’umanità: diluvio universale o nuovo messia è il dilemma da sciogliere. Disastro climatico, guerre, fanatismo, menzogna, avidità, divisioni, odio razziale e quant’altro, hanno messo a dura prova la pazienza del Paradiso. Per un solo voto, si opta per la venuta di un nuovo messia ma serve un nuovo “Gabriele” che, catapultandosi sul nostro pianeta, ingravidi la prescelta.

Sperando in un ritorno che lo affranchi dal suo ruolo e che, egoisticamente, ripaghi le sue aspirazioni canterine, Aristide si offre volontario. Arrivato sulla Terra, a causa di una serie di incidenti, equivoci e birre, finisce con il poggiare la sua mano “santa” sul ventre di Nicola (Ficarra), un bigotto e maschilista professore di un liceo cattolico lasciato da una moglie (Barbara Ronchi) a cui non vuole concedere il divorzio.

Ma come reagire il mondo intero di fronte a un uomo in attesa di un figlio e con tanto di pancione? Senza spoilerare troppo, possiamo dire “male”. In breve, Nicola diventerà il mostro da sbattere in prima pagina, deriso da giovani e mass media, additato come il “diverso” della situazione, trovando nell’angelo, nell’ex moglie, in una giovane suora (Maria Chiara Giannetta) e negli anziani di un piccolo e sperduto paesino gli unici aiutanti.

Santocielo, il poster del film.
Santocielo, il poster del film.

La religione come spunto di partenza

Non stupisce come Santocielo usi la religione come spunto di partenza del film: Ficarra e Picone hanno sempre avuto dei preti al servizio delle loro opere cinematografiche, come ha anche sottolineato la giornalista Ornella Sgroi in un libro dedicato alla loro filmografia. “La religione ci fornisce molti spunti di ispirazione: ci siamo resi conto negli anni come in ogni nostro film ci sia in un modo o nell’altro la figura di un prete. In Il Primo Natale, ad esempio, Valentino stesso era un prete, mentre per Santocielo abbiamo puntato ancora più in alto, su Dio stesso, interpretato da Giovanni Storti: dal momento che è il creatore di ogni cosa, compresa l’ironia e l’autoironia, non si arrabbierà!”, ha scherzato Salvo Ficarra nel presentare il film alla stampa palermitana.

“La religione che portiamo nei nostri film è molto più moderna di quella che certe figure vogliono imporre o comunque sbandierano. Poniamo allo spettatore tematiche religiose molto rivoluzionarie: in Santocielo parliamo di amore ma di quello sommo, senza confini, senza se e senza ma”.

Giovanni Storti nei panni di Dio nel film Santocielo.
Giovanni Storti nei panni di Dio nel film Santocielo.

L’amore contro le etichette

La religione non è però l’unica tema del film Santocielo. E curiosamente è forse il meno importante: con coraggio, lontano dal politicamente corretto che purtroppo edulcora certo cinema, il duo di attori affrontano alcuni dei temi molto importanti per la società contemporanea in cui siamo immersi, dalla monogenitorialità all’accettazione della diversità, dall’inclusione all’accoglienza. In un film distinguerei sempre le tematiche dalla struttura narrativa. Chiaramente, c’erano delle tematiche che avevamo voglia di affrontare, come abbiamo anche nei film precedenti”, ha fatto eco Valentino Picone.

“In L’ora legale, raccontavamo la responsabilità civile che ognuno di noi ha quando si reca con la sua matita dentro una cabina elettorale. Il primo Natale raccontava invece la storia universale della nascita di Gesù perché in un certo qual modo ci si era dimenticati che il 25 dicembre era il compleanno di Gesù e non la festa di Babbo Natale e lo abbiamo fatto attraverso la nascita di un bambino povero per parlare degli immigrati. I temi erano intenzionali, ovviamente. Per Santocielo ci siamo interrogati sull’amore e se fosse giusto circoscriverlo dentro regole prestabilite”.  Un messaggio che inequivocabilmente assume toni inclusivi e che forse in tanti farà arrabbiare, problema che Ficarra e Picone non si sono di certo posti.

Per la prima volta in scena non più come Salvo e Valentino ma come Nicola e Aristide, due maschere che permettono di rimescolare le carte e di non categorizzare nessuno dei due come “il buono” e “il cattivo” da redimere (entrambi lo sono), Santocielo vede Ficarra e Picone unire i loro sforzi da sceneggiatori con quelli del regista Francesco Amato. “Per quanto riguarda la struttura narrativa, avevamo voglia da tantissimi anni di fare un film sugli angeli”, ha spiegato Valentino Picone.

“Abbiamo casualmente scoperto grazie al nostro montatore che anche Francesco Amato (il regista di 18 regali ma anche di Imma Tataranni, ndr) aveva il nostro stesso desiderio. Ci siamo dunque incontrati e ne abbiamo parlato: in cinque minuti, è venuta fuori una storia del tutto nuova, che non era né la nostra né la sua, di un angelo che arriva sulla Terra per favorire la nascita di un nuovo Messia ma che, per errore, pone la mano sul ventre di un uomo e lo ingravida”.

Ficarra e Picone sul set di Santocielo.
Ficarra e Picone sul set di Santocielo.

L’altruismo

“Il punto di partenza di Santocielo era straordinario, ragione per cui ci siamo presi un paio di giorni per riflettere prima di metterci al lavoro insieme”, ha spiegato Valentino Picone. “Il film stesso mentre lo scrivevamo ci ha costretto ogni volta a prendere delle posizioni sui temi da affrontare ponendoci delle domande che ci impedivamo di andare avanti se non trovavamo delle risposte. Lo si dice di tutti i film ma noi di Santocielo siamo particolarmente orgogliosi”.

“Ogni volta che noi stessi lo riguardiamo, ci emozioniamo per aspetti diversi che pian piano vengono fuori. Lo abbiamo presentato in varie anteprime in giro per l’Italia e ogni sera cambia la percezione che ne ho”, ha continuato Picone.

“A Napoli, ad esempio mi sono emozionato quando Aristide fa un discorso sul significato del “pregare”. A Catania, invece, mi ha colpito la solidarietà che gli anziani del piccolo paesino mostrano a Nicola e Aristide in fuga rispetto alla poca delle nuove generazioni alla ricerca del “mostro”: forse perché più in alto e vicino a Dio, gli anziani sono più illuminati, hanno vissuto di più e hanno acquisito maggiore saggezza. E a Palermo, ho riflettuto su come Nicola venga trattato come un mostro dall’opinione pubblica in quanto “diverso” e su come nella sua diversità abbia trovato delle persone disposte ad aiutarlo in un angelo sprovveduto, in una quasi ex moglie in lotta con la sua razionalità e in una giovane suora che non ha ancora chiara la sua strada”.

L’altruismo è sicuramente uno degli aspetti di Santocielo che più colpisce, non solo gli spettatori in sala. “Ho riflettuto molto anch’io sull’altruismo dopo varie visioni del film”, ha voluto evidenziare anche Salvo Ficarra. “La storia parte con un angelo che arriva sulla Terra per motivi estremamente egoistici: odia l’umanità, la sua massima aspirazione è il diluvio e si offre volontario per la missione solo perché spera di essere ripagato con un posto di lavoro tra i cantori del Settimo Cielo. Eppure, il suo errore sulla Terra nasce da una spinta altruista: impone la mano sul ventre di Nicola, sebbene lo detesti, per salvargli la vita senza nemmeno riflettere sulle conseguenze del suo gesto”.

Francesco Amato, il regista del film Santocielo.
Francesco Amato, il regista del film Santocielo.

L’inclusione e il gender gap

Ma è la spinta verso l’accettazione della diversità, dell’inclusione e del cambio di prospettiva sulle relazioni tra uomini e donne che rendono Santocielo se non il miglior film di Ficarra e Picone il più bello, maturo e sensibile. “Santocielo si fonda inoltre sull’accettazione della diversità dell’altro”, ha precisato Salvo Ficarra. “Si racconta di una gravidanza al maschile per trasmettere un messaggio universale che può essere applicato a tutte le differenze che spesso separano, da quella di genere a quella sociale. Nicola, il mio personaggio, è un bigotto maschilista all’inizio della storia: per lui, le donne sono femminili (qualsiasi cosa essa voglia dire) fino a quando, vivendo la gravidanza, si mette nei panni dell’altro e va incontro a un profondo cambiamento di sensibilità, sradicando un pregiudizio dopo l’altro e dimostrando che è l’amore la via per superare tutte le difficoltà”.

Un amore che spesso deve scontrarsi con la paura atavica del nuovo che avanza, un timore che purtroppo in Italia è più vivo che mai. “Per tornare agli anziani del paesino di Montalbano Elicona, si rivelano più saggi perché hanno con il bagaglio culturale che hanno accumulato dentro maggiore forza e saggezza: sono pronti ad affrontare il nuovo senza avere paura”: è una delle conclusioni di Salvo Ficarra.

“Potrebbero essere presi a metafora della nostra nazione. C’è nel film una signora che pronuncia una battuta fondamentale: “Sapete da quanti anni qui non nasce più un bambini?”. Si accoglie quindi il “diverso” per evitare la prospettiva che il piccolo centro si spenga: non importa di chi sia il figlio che sta per nascere, l’importante è che nasca là e che porti la possibilità che il paesino rimanga in vita. Potrebbe ben applicarsi come pensiero a quella parte d’Italia che ancora si chiede chi siano gli Italiani”.

E a chi chiede se Santocielo possa trasmettere un messaggio civile sulla parità di genere, Valentino Picone non ha dubbi sulla risposta. “In questo momento in Italia c’è un acceso dibattito sulla condizione femminile. È evidente che abbiamo un problema culturale: viviamo nel Paese che solo l’altro ieri, nel 1981, ha abolito il delitto d’onore ed è chiaro che servirà tempo per risolverlo. Ma è così impensabile far sedere allo stesso tavolo Giorgia Meloni ed Eddy Schlein per cercare una soluzione? Non è un problema di destra o di sinistra”.

Santocielo: Le foto del film

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