Torniamo a incontrare Serena de Ferrari, giovane attrice emergente che sta conquistando il pubblico italiano con il suo talento e la sua autenticità. Ma la Serena de Ferrari di oggi è molto diversa da quella che abbiamo conosciuto in passato: accompagnata dal sorriso, si rivela ancora una volta una persona profondamente riflessiva, in costante evoluzione e, nomen omen, serena.
Serena de Ferrari è arrivata a Palermo per On Air Fest accompagnata da sua sorella, e questo ci dà l'opportunità di esplorare con lei il significato della sorellanza nella sua vita. "La sorellanza per me è un legame che spero sia indistruttibile. Gli amici ci sono, poi non ci sono, vanno e vengono, ma una sorella è sempre con te. La sorellanza è quindi per me un punto di riferimento stabile, un legame che spero durerà per sempre", ci rivela sin da subito.
In questa intervista, esploreremo lati diversi di Serena de Ferrari. Parleremo fondamentalmente di legami e trasformazioni, di regole e realizzazione. Ci confronteremo sul suo recente percorso di crescita personale e di come ha deciso di smettere di fumare per riavvicinarsi al canto, un viaggio simbolico di separazione dalla vecchia Serena verso una versione di sé più sana e consapevole.
Scopriremo come Serena de Ferrari affronta le sfide della vita con una determinazione incrollabile, anche quando si tratta di separarsi da abitudini dannose e affrontare le proprie paure. La sua capacità di aprirsi e condividere le proprie fragilità è un esempio di forza autentica che può ispirare molti. Serena de Ferrari ci racconterà della sua esperienza nel trovare un equilibrio tra estetica e talento, e di come misura il successo non in base alla fama, ma alla capacità di toccare il cuore delle persone.
Ciò che pian piano emerge promette di essere un viaggio emozionante e motivante attraverso le esperienze di una giovane attrice che sta ancora scoprendo se stessa, ma che non ha paura di mostrarsi per quello che è. Serena de Ferrari ci invita a guardare oltre la superficie e a riconoscere la bellezza della crescita personale e della realizzazione autentica.
Intervista esclusiva a Serena de Ferrari
Sei arrivata a Palermo accompagnata da tua sorella. Cosa rappresenta la sorellanza per te?
La sorellanza per me è un legame che spero sia indistruttibile. Gli amici ci sono, poi non ci sono, vanno e vengono, ma una sorella è sempre quasi con te. Io e mia sorella abbiamo due anni di differenza, ma siamo cresciute come gemelle. Abbiamo vissuto praticamente ogni cosa insieme, condividendo esperienze e momenti importanti. Questo ci ha reso molto unite, creando un legame molto forte. La sorellanza è quindi per me un punto di riferimento stabile, un legame che spero durerà per sempre.
Questo legame vale anche sul set con chi non è tua sorella di sangue?
Per quei sei mesi di riprese, sì, secondo me. Sul set, sei costretto a stare insieme alle persone tutto il tempo, quindi si crea un legame molto forte e intenso, che per forza di cosa si spezza quando tutto finisce. Alcuni rapporti, però, si mantengono anche dopo, come quello che con Clotilde Esposito, una delle mie migliori amiche che ho conosciuto sul set di Mare fuori. Ancora oggi parliamo ogni giorno e ci vediamo il più possibile. Lei sa tutto di me, e io so tutto di lei. Altri rapporti invece si dissolvono, ed è giusto così, perché alla fine di ogni progetto bisogna separarsi e andare avanti.
A volte, occorre anche separarsi da noi stessi. Hai appena smesso ad esempio di fumare per riavvicinarti al canto. Rappresenta simbolicamente una separazione dalla Serena di prima?
Sì, assolutamente. Separarsi dal fumo è stato come separarsi da una parte di me che non stava bene. Grazie alla terapia, sto eliminando i pezzi marci uno ad uno. È un processo difficile, ma necessario per stare bene. È una metamorfosi faticosa, ma importante. Pian piano, con il supporto della terapia, sto lasciando andare vecchie abitudini e vecchie versioni di me stessa che non erano salutari. Ogni passo fa sì che mi avvicini allo star bene, anche se non è facile. Spesso ci si crogiola nella comfort zone del marcio ma dovremmo ricordarci che di vita ce n’è una sola: conviene quindi fare tutto ciò che si può per star bene. Faccio comunque ancora tanti sbagli ma per una nuova vita.
Esempi di sbagli?
Reitero certi comportamenti del passato o tic. Tendo ad esempio ad autosabotarmi ed è sbagliato, come se non riuscissi ad accettare le cose belle che possono arrivare.
Hai mai vissuto una grossa separazione amorosa?
La vecchia Serena non ha mai vissuto una storia seria: ho sempre avuto paura della delusione. La mia psichiatra mi dice sempre di buttarmi e di arrivare fino alla fine, anche a costo di farmi bocciare e non di farlo da sola, come invece tante volte ho fatto in amore come nello studio o in altre situazioni della vita. Ancora non ho avuto una grossa separazione amorosa perché in passato non mi sono mai buttata, non ho fatto quel salto nel vuoto. Forse è accaduto solo una volta, ma era una situazione talmente tossica che non la ricordo bene.
Cosa ti porta a definire una relazione “tossica”?
Oggi mi reputo “fortunata” perché curandomi pian piano attraggo persone più sane rispetto al passato. Sono anche fidanzata con un ragazzo con cui sto bene e cerco di mantenere una dimensione di coppia sana. Tuttavia, per me, una relazione è tossica quando l’altro non ti sostiene, non fa il tifo per te e lascia spazio alla gelosia, alla possessività e all’invidia. L’invidia, ad esempio, è terribile: si pena che esista solo tra le amicizie e, invece, ce n’è molta anche nelle coppie, soprattutto se i due fanno lo stesso lavoro. Quando il successo del partner diventa un colpo basso per te, vuol dire che non c’è amore: un compagno deve essere innamorato di te e delle tue realizzazioni.
Realizzazione è una bella parola…
La mia terapeuta mi insegna che ci sono tante realizzazioni, grandi e piccole. Rappresenta per me ancora qualcosa di non compreso fino in fondo proprio perché da perfezionista non riesco a trovare mai bella qualsiasi cosa che faccio. Di recente, ho sostenuto un esame al Conservatorio per riprendere gli studi: è stato molto emozionante ma anche difficile, tanto che in certi momenti avrei voluto andare via pensando di non farcela. Avevo paura di non riuscire perché comunque un esame è molto diverso da un provino: dipende solo dalla tua bravura, dalla situazione e dal momento.
Ed io avevo paura, una paura folle. La vecchia Serena sarebbe scappata, bocciandosi da sola. La nuova, invece, no: è andata e l’ha sostenuto. Non so ancora qual è stato il risultato ma, comunque vada, è stata per me una realizzazione perché ho rotto un pattern che in passato mi apparteneva.
Laddove tutti raccontano di un sé performante che nasconde sotto il tappeto la polvere delle proprie fragilità, tu le metti in mostra. Perché? Cosa ti spinge a farlo?
Le racconto perché, molto sinceramente, trovo superficiali e bidimensionali certe interviste che leggo e che non catturano il mio interesse. Mi lascio ispirare da artisti che hanno sempre parlato dal cuore: quando mi imbatto ad esempio in interviste a Glenn Gould mi emoziono per come si espone. E per me non è solo l’arte che fa l’artista ma anche la persona. Consapevole di quanta gente e di quanti coetanei mi seguano, mi piace far vedere loro chi sono sperando nel mio piccolo di essere d’ispirazione per qualcun altro. Mi si riempirebbe il cuore, se accadesse.
A proposito di followers, ti ha sempre divertito giocare con la provocazione. Cos’è per te la provocazione?
La provocazione per me oggi è non aver paura di mostrare chi sono veramente. È difficile, ma è importante essere autentici e fregarsene del giudizio degli altri. Mostrare la propria felicità e il proprio benessere è una forma di provocazione in un mondo dove spesso si è circondati da invidia e negatività. Essere se stessi, senza paura delle critiche, è la vera provocazione: “Guarda, sono ora felice e non permetto più a nessuno di schiacciarmi”.
Sono diventata talmente di roccia e sicura di me stessa da amarmi come non mai. E, quindi, la vera provocazione è far vedere agli altri che stai bene e che te sbatti della sciabola del giudizio. Ho provato sulla mia pelle come tanti amici siano lì con te finché stai male: spariscono poi quando stai bene. Ecco perché oggi ho veramente pochi amici ma buoni: so che non provano invidia, che mi vogliono bene e che sono felici per me.
Cosa rende oggi felice Serena?
Le realizzazioni che arrivano. Voglio comunque costruirmi una bella carriera e fare grandi cose. Ho sempre fretta ma ho imparato che ci vuole pazienza. Mi piacerebbe stare sempre sul pezzo e cerco di non farmi abbattere da un lavoro che, come tanti altri, facile non è, andando avanti per la mia strada e non ascoltando nessuno a eccezione di quelle poche persone che reputo illuminanti.
Come misuri il successo?
Sicuramente non in base alla fama o ai followers, non mi interessano quegli aspetti. Lo misuro semmai ma in base alla mia capacità di ispirare le persone. Voglio essere seguita per quello che faccio e per la mia autenticità, non per la banalità o l’estetica. Il successo per me è riuscire a toccare il cuore delle persone e essere un'ispirazione per loro. Quando qualcuno mi dice che ho avuto un impatto positivo sulla loro vita, mi sento realizzata.
L’estetica è però centrale per chi fa il tuo lavoro: è un po’ la carta d’identità con cui ti presenti e per cui spesso vieni anche valutata a un provino.
Ultimamente qualcosa sta cambiando anche in Italia: ci si sta aprendo a canoni estetici non più standardizzati ma unici. Però, sì, l’estetica gioca ancora un ruolo importante e personalmente a volte mi frena un po’: sono consapevole di avere dei tratti molto particolari. Anche se non li noto perché li vedo ogni giorno, sono gli altri a sottolinearli in positivo o in negativo: non ho l’aspetto di chi può interpretare il ruolo della ragazza della porta accanto e forse va anche bene dal momento che i ruoli che poi mi propongono sono sempre molto interessanti.
Vorrei però che si capisse che le attrici non devono essere valutate per la loro estetica: non sono delle modelle che devono rispondere a certi standard. Da questo punto di vista, ho smesso di martoriare il mio corpo. Prima avevo un rapporto molto problematico con il cibo mentre ora, grazie alla mia nutrizionista, ho imparato ad amarlo nel modo giusto. Seguo una dieta equilibrata e faccio sport regolarmente, cosa che mi fa stare bene: ho iniziato ad andare il palestra da un paio di mesi e mi fa stare bene.
Sto molto dietro al mio corpo. Chiaramente, ci sono delle restrizioni com’è giusto che sia perché vivere senza regole non ha senso. Anzi, ultimamente ho cominciato a guardare con un occhio diverso anche chi non si dedica le giuste attenzioni. Va bene la body positivity ma non sottovalutiamo che spesso è sintomo di depressione: mangiare tanto serve solo a riempire dei vuoti e segnare al mondo la propria presenza. Così come non mangiare o mangiare poco sottintende un desiderio di scomparire, di annullarsi e non farsi vedere.
Riappropriandoti di un corretto equilibrio con il cibo, cosa ti ha sorpresa maggiormente?
Quanto sia più buono il cibo cucinato con le proprie mani. Ho scoperto che è bello cucinarsi perché rappresenta un modo per amarsi e di darsi una regola. Prepararsi da mangiare da soli è un rito ma anche una piccola coccola, è un modo per nutrire il proprio corpo e la propria anima.
Quali sono le altre coccole che Serena riserva a se stessa?
Da quando sono più adulta, mi coccolo molto. Lo shopping, come per tante altre ragazze e ragazzi, è un po’ il mio punto debole: oggetti, vestiti e, soprattutto, libri. Riesco a leggerne più di uno in contemporanea, iniziandone uno nuovo ancora prima di finire l’altro. Mi piace vivere circondata di libri e, di recente, a Londra ho svaligiato un negozio di spartiti, con edizioni meravigliose di Bach e Vivaldi.
Alla luce delle esperienze passate di cui avevamo approfonditamente parlato, ritornare al Conservatorio è per te una coccola?
Lo è, sempre sperando di essere ammessa.
Non hai paura che si inneschino vecchie dinamiche?
No, perché sono una persona diversa. E quando lo sei anche gli altri ti trattano in maniera diversa. Poi, è cambiato anche il mio approccio alla musica, completamente differente da prima: è guidato dall’amore. Lo stesso che mi porta alla recitazione: le due arti possono convivere e non si escludono in alcun modo. Penso tra l’altro che si alimentino a vicenda.
E torni al Conservatorio per studiare canto.
Corteggiavo l’idea di riprendere gli studi da tempo. Da quando sono rientrata in Italia, ci tornavo per seguire dei corsi liberi: musica elettronica, clavicembalo o nuovamente pianoforte. Per girare Belcanto, la serie tv in onda in autunno su Rai 1 diretta da Carmine Elia, ho dovuto per forza di cose cantare ed effettivamente, senza peccare di presunzione, mi è riuscito bene. E ciò ha fatto sì che nascesse in me il desiderio di non gettare via l’emozione indescrivibile che mi restituiva. Ora che ho riprese il mio benessere mentale e ho anche la recitazione, cantare sarà per me un’esperienza diversa dal passato: è la realizzazione dell’opera d’arte totale, nell’accezione voluta da Richard Wagner.
In Belcanto, vesti i panni di una ragazza appartenente a un’epoca molto lontana dalla nostra. È stato facile confrontarsi con la sua psicologia?
Non posso spoilerare nulla ma ci sono stati dei momenti in cui l’ho un po’ giudicata. Interpreto un personaggio molto diverso da me ma è stato anche divertente attenersi a ciò che era scritto. Ed è stato anche molto bello farlo: già con il solo costume addosso sei costretto in qualche modo a diventare qualcun altro alieno da te.
Ti trovavi a tuo agio anche con il corsetto?
Mi piaceva indossarlo perché, come gli altri costumi o le parrucche, mi ricordava l’opera, un mondo la cui eleganza conosco molto bene per averlo frequentato e un po’ mi appartiene.
Da ragazza di un’altra epoca, dovrà sottostare alle regole. Regole che invece in Mare fuori Viola non accettava. E Serena tra le due posizioni dove si colloca?
Le regole sono molto importanti per me. Ne ho poche, ma sono ferree: seguire la mia testa, seguire il mio corpo, seguire il mio studio e rispettare le persone intorno a me.
Cosa reputi una mancanza di rispetto nei tuoi confronti?
Il rispetto per me è fondamentale: rispettare un’altra persona significa vederla, capire che ha una sua storia e comprendere che è in un certo modo per qualche motivo. Reputo l’indifferenza o il far finta di niente una grave mancanza di rispetto e fortunatamente non mi capita spesso di circondarmi di persone che condividono la mia stessa sensibilità.
Ti è mai capitato di voltarti dall'altra parte per rispetto di te stessa?
Sì, ma come capita a tutti: penso che sia giusto e necessario in certi momenti. Voltarsi dall'altra parte è a volte indispensabile per rispettare se stessi.