Shaila Gatta è la velina più longeva di Striscia la Notizia. È stata sul bancone del tg satirico di Canale 5 per oltre mille puntate, un record personalissimo di cui va fiera perché arrivato a coronamento di un percorso di studio, impegno, forza di volontà e dedizione sin da quando era bambina.
Del resto, il cammino di Shaila Gatta era in qualche modo già deciso dalle stelle. Alla nascita, la sorella maggiore Jessica ha voluto che si chiamasse Shaila, come una delle ragazzine che ballavano a Non è la Rai, quella fucina di talenti e nuovi volti coltivata da Gianni Boncompagni di cui Ambra Angiolini è stata il simbolo più clamoroso.
E Shaila Gatta è da bambina che ha cominciato a ballare. Laddove tutti giocavano per le strade di Secondigliano, lei muoveva quei primi passi che, appena adolescente, l’hanno spinta a lasciare casa e tentare la fortuna a Roma, a pochi chilometri più a nord. Se è vero che la fortuna aiuta gli audaci, tanto vero non è stato in un primo momento per Shaila Gatta: le difficoltà da affrontare sono state tante, dall’assenza di un materasso su cui dormire al peggiore degli incubi, un fidanzato tossico e manipolatore che ha cercato di spegnerla e annientarla.
Ma così come ti toglie la vita ti dà: la scuola di Amici di Maria De Filippi ha cambiato le carte in tavola, catapultando Shaila Gatta sotto i riflettori. E di coreografia in coreografia, con determinazione e sacrificio, autodeterminazione e consapevolezza, è arrivata sul bancone di Striscia la notizia, non per mercificare il corpo femminile ma per mettere in mostra ciò che negli anni aveva imparato.
Oggi, Shaila Gatta è una giovane donna serena, anche se perde ancora un po’ la pazienza, come ci dice lei. Ha una vita sentimentale felice, un rapporto stupendo con i genitori e un percorso professionale ben avviato, fatto non solo di televisione ma anche di lezioni private, insegnamenti via social, messaggi motivazionali da infondere e una linea beauty, totalmente ecologica, da seguire. Di questo ma anche di diritti, solidarietà, sentimenti, body shaming e percorso psicologico abbiamo parlato con lei, imparando quanto sia importante non soffermarsi alle apparenze.
Intervista esclusiva a Shaila Gatta
“Ho appena finito una lezione di canto. Invento sempre qualcosa di nuovo che mi arricchisca artisticamente e che mi dia più possibilità di creare: questo è un mondo di belle persone esteticamente, quello che ti permette di rimanere in pista e di puntare sempre più in alto è la professionalità”, esordisce Shaila Gatta quando la raggiungiamo telefonicamente per la nostra intervista. “Ho sempre avuto la voglia di arricchire le mie esperienze: la danza mi ha salvata dalla strada. Ho avuto la fortuna di avere dalla mia una famiglia che mi ha sempre protetta, di studiare e di provare delle passioni: quando ero bambina, ho cambiato tanti sport fino a quando non ho incontrato il mondo della danza classica che mi ha insegnato la disciplina dell’educazione, dell’impegno e del rispetto per sé e per gli altri”.
L’insegnante di danza classica nella realtà è anche più terribile della maestra Alessandra Celentano?
Sì, ma anche la maestra Celentano non scherza: è molto seria, onesta e sincera. Ed è giusto che sia così: se si elogiano troppo, le persone non capiranno mai se c’è da migliorare. È di fronte alla sincerità e alla critica che capisci se hai voglia e intenzione di migliorare in quello che fa: quando qualcuno ti butta giù, devi rialzarti da terra.
Insegnanti di danza classica a parte, nel corso degli anni anche tu hai incontrato persone che hanno cercato di buttarti giù e di impedirti di spiccare il volo?
Sai quante persone nel corso del tempo ci hanno provato? Tante, tra amici e parenti che non credevano in quello che facevo: “Ma dove pensi di arrivare con la danza che è un hobby?”. Ho sempre risposto loro che ci credevo, che sapevo cosa stessi facendo e che un giorno si sarebbero resi conto di quanto stessero sbagliando.
E tra le varie persone che hanno provato ad abbatterti c’è stato anche un fidanzato particolarmente tossico. Oggi di amori tossici si parla più facilmente ma così non era quando tu hai vissuto il tuo.
È un argomento che si tratta più facilmente ma di cui si parla ancora fin troppo poco perché la violenza psicologica viene sottovalutata. Ed è questo il problema della nostra società: uno schiaffo è più evidente agli occhi degli altri mentre un’offesa rimane nascosta. Fortunatamente, piano piano, le persone stanno cominciando a capire che la violenza mentale è molto grave: chi ne è vittima, viene plagiato e manipolato perché si vanno a toccare le sue debolezze e le sue fragilità. Ciò che è importante è riconoscere le personalità tossiche e cercare di lavorare sulla propria per evitarle.
L’ho imparato sulla mia pelle quando mi sono trasferita a Roma a sedici anni. Ero piccolissima e da un giorno all’altro non avevo più i miei punti di riferimento, che erano mia madre e mio padre (da sempre scettico che andassi via per ballare, da operaio il mondo della danza non era qualcosa che lo soddisfaceva). E quel fidanzato tossico ha premuto molto sulle mie debolezze e sul mio sentirmi molto sola quando in realtà non lo sono mai stata.
Ho scritto anche un libro dove racconto di tutto quello che ho provato e vissuto durante quel rapporto e quel periodo della mia vita, uno dei più tremendo che ho passato. Oggi, in qualche modo, devo dirgli grazie perché so cosa non voglio più: a volte penso che sia stato meglio aver vissuto tutto ciò da piccola, almeno da grande riesco a selezionare meglio chi mi si avvicina.
Parlarne apertamente è sempre importante per essere d’aiuto a chi sta vivendo la medesima situazione…
Ho scritto il libro proprio perché avrei voluto che qualcuno all’epoca mi avesse aiutato a capire cosa stessi vivendo. Ci sono tante ragazze intrappolate in situazioni più grandi di loro: se posso essere di aiuto nel dare una mano, lo faccio volentieri.
Che lo racconti una loro coetanea può essere di maggior stimolo per chi vive la stessa problematica. Ma il tuo impegno nei confronti degli altri va anche ben oltre. Sui social ti esponi molto sull’accettazione del proprio corpo. Anche nei tuoi confronti non sono mancati ad esempio degli episodi di body shaming: ti sei sentita ad esempio dire che un corpo allenato come il tuo non è femminile.
Ed è anche stranissimo che accada: si reclama e si esalta molto il body positive però evidentemente il messaggio non è chiaro a tutti. Sul posto di lavoro, ad esempio, non mi sono mancati episodi in cui il mio corpo rappresentava un problema perché “non rispettava un canone di bellezza classico”. Ma cos’è esattamente questo canone di bellezza classico? Chi lo ha deciso?
La mia bellezza è la mia bellezza, è quello che vedo io la mattina allo specchio ed è quello per cui lavoro ogni giorno. Io non mi sento bella. Mi sento donna non per come sono fisicamente ma per come reagisco di fronte agli eventi della vita. Quando una donna fa delle scelte, sa amarsi, sa volersi bene e sa essere quello che è: non importa se è in forma, se è magra o se è sovrappeso. Abbattiamo i pregiudizi sul corpo.
I pregiudizi e gli stereotipi sono stati qualcosa che ti hanno sempre accompagnata. Sei stata la velina più longeva della storia di Striscia la notizia…
Ho preso parte a più di mille puntate, considerando che sono tornata anche di recente per sostituire una delle ragazze che stava male: per me che vengo da Secondigliano era del tutto inaspettato pensare che un giorno sarei diventata la velina più longeva della storia trentennale di Striscia, è incredibile!
E uno dei pregiudizi che accompagna le veline è l’accusa che periodicamente viene mossa loro: la mercificazione del corpo femminile.
La vita è fatta di scelte e ognuno di noi sceglie il lavoro che più gli piace e, soprattutto, come usare il proprio corpo. C’è ad esempio chi scegli di fare i film porno ed è un lavoro che rispetto perché frutto di una scelta estremamente personale. Non sono d’accordo con chi parla di mercificazione del corpo femminile per le veline: abbiamo dimostrato proprio sul bancone di Striscia di essere delle professioniste. Quando ancora oggi mi fermano e mi riconoscono come velina, per me è una grande soddisfazione: le accuse lasciano il tempo che trovano. Del resto, il corpo è mio e lo gestisco io, no? Se a me piace ballare su un bancone, saranno affari miei.
Oltre a esser stata velina di Striscia e copresentatrice di Paperissima Sprint, sei anche socia di un’azienda che realizza prodotti legati al settore del beauty che si chiama Nuda.
Il nome nasce dalla scelta di mettere a nudo tutto ciò che siamo, pregi e soprattutto difetti. È qualcosa su cui mi impegno giornalmente anche con le ragazze che seguono le mie lezioni private di danza spingendole ad amarsi per come sono. Viviamo in un’epoca in cui la maggior parte delle persone si affida alla chirurgia estetica per qualsiasi tipo di cosa - non sono contraria, sono pro chirurgia – e si rischia spesso di oltrepassare il limite per inseguire uno stereotipo sociale che si avvicina alla “perfezione”.
Il problema, però, sta proprio nel concetto di perfezione: è una frase fatta ma la perfezione non esiste. Quindi, ragazze e ragazzi, impariamo a trasformare i nostri difetti, rendiamoli un punto di forza e giochiamoci sopra, ironizziamo su noi stessi: sarebbe un grande passo in avanti. Io provo a insegnare che mettersi a nudo vuol dire mettersi davanti allo specchio e cominciare a volersi più bene. Sono i difetti che ci rendono unici: ognuno di noi è diverso, io non potrei mai essere uguale a qualcun altro e viceversa ma sono unica, con i miei pregi ma anche con i miei difetti.
Qualcuno potrebbe obiettare che sono fortunata, che sono nata bella o che ho un bel fisico… Col cavolo, rispondo! Il bel fisico è frutto di una fatica enorme. Mi faccio un c**o così dalla mattina alla sera per essere come desidero io e non come vogliono gli altri: sforzo fisico ma anche psicologico, sacrificio e dedizione, rinunce e forza di volontà.
Forza di volontà e amore per se stessi ma anche amore per gli altri e dell’ambiente che ci circonda, dal momento che i prodotti di Nuda sono totalmente ecologici.
Sono molto amante della natura. E mi dispiace tanto della situazione che stiamo vivendo: mi preoccupa il futuro. Desidero dei figli ma mi spaventa molto l’idea di mettere al mondo un bambino che affiderò a un mondo che non si sa che fine farà. Aumentano le temperature, cresce l’inquinamento ma nessuno ai vertici fa niente per migliorare la situazione: noi nel nostro piccolo facciamo quello che possiamo ma chi ci comanda cosa fa per rendere il pianeta un posto migliore e non peggiore?
Se posso far qualcosa per aiutare la Terra, la faccio, motivo per cui tutto quello che ho creato con Nuda è riciclabile al 100%: no all’inquinamento e no agli sprechi. Ma mi auguro che anche i grandi e i potenti si rendano conto di quale schifo stiano lasciando ai propri figli, nipoti e pronipoti. Purtroppo, quando l’essere umano dà la priorità al guadagno a discapito del proprio ambiente, c’è un grave problema di fondo. E nella nostra società si punta fin troppo sul successo anziché sul successo interiore, sulla serenità e sullo star bene con se stessi. Si guarda più al narcisismo sociale che alla realizzazione di sé.
Le tue lezioni da danza e fitness sul web sono sempre legate alla trasmissione di insegnamenti motivazionali. Che cosa ti ha spinto a coniugare le due cose?
La sofferenza che ho provato da bambina e adolescente, le vicende che ho attraversato. Ho fatto delle scelte senza pensare al mio benessere ma a quello degli altri: sono stata poco egoista e a volte nella vita un po’ di sano egoismo serve. Per via di quello che ho provato, so cosa vuol dire lavorare dopo su se stessi ma per tanti è veramente faticoso farlo, fa paura accettare di aver sbagliato qualcosa e di non essere stati “perfetti”.
Mi rendo conto di vivere in una società in cui la comunicazione e la connessione tra le persone è venuta quasi a mancare anche a causa dei social. Per conquistare qualcuno, non ci si ferma più per strada ma si scrive su Instagram. È molto più facile trovare qualcun altro e rimpiazzare chi c’era prima. Si fa fatica a trovare l’amore vero perché ci sono molte distrazioni. Le mie lezioni motivazionali sono spinte dal voler ritrovare una connessione interna emotiva con gli altri: attraverso gli altri abbiamo la possibilità di conoscerci e di migliorare in qualche modo.
Migliorare significa andare oltre i pregiudizi di qualsiasi natura essi siano. Oltre a quelli legati all’essere velina, quando sei approdata sul bancone di Striscia hai dovuto affrontarne anche un altro: quello razzista. Di te e Mikaela si scrisse “la napoletana e l’africana: a quando un’italiana?”.
Oggi mi fa molto sorridere: quel tipo di dichiarazioni è semplicemente figlio dell’ignoranza. L’ignoranza non è stupidità ma è non sapere. Le persone ignoranti giudicano senza approfondire o senza conoscere. Non combatto il pregiudizio sulle mie origini: sono fiera di essere napoletana. Napoli ha sfornato alcuni dei più grandi artisti del mondo, quest’anno è una delle città più piene di turismo e ha una squadra di calcio che ci sta dando grandi soddisfazioni.
I pregiudizi ci saranno sempre, che la città in oggetto sia Napoli o qualsiasi altra. Per cui non preso molta attenzione alle parole, bisogna solo andare avanti e dimostrare il proprio valore.
Sei felicemente innamorata. Ma se per ipotesi un giorno dovessi innamorarti di una donna quale sarebbe la tua reazione?
L’amore per me è un sentimento molto astratto che nulla ha a che vedere con la sfera sessuale. Io amo le mie amiche, ad esempio: sono affascinata dal pensiero femminile. Per cui, se dovesse mai succedere di innamorarmi di una donna, saprei che l’amore nasce da un’attrazione che non si spiegare e che va ben oltre la questione sessuale. Insegniamo soprattutto alle nuove generazioni che l’amore non ha colore: non c’è niente di male nell’amare. Solo così possiamo ottenere delle leggi che permettano a due persone omosessuali di godere degli stessi diritti degli altri o di diventare genitori. Ci sono bambini che vengono abbandonati o maltrattati dalle famiglie “tradizionali”, come le chiamano, ma non sarebbe meglio per loro l’amore incondizionato di due persone (uomo e donna, donna e donna, uomo e uomo, senza alcuna differenza) che realmente li hanno a cuore?
Per me, l’importante è che ci sia amore in una famiglia e che i bambini crescano attraverso l’amore e non solo attraverso schemi e modelli di vita imposti. Essere genitori è una grande responsabilità, anche inconsciamente si sbaglia. I miei genitori, ad esempio, nel loro piccolo hanno provato in ogni modo a essere bravi genitori ma anche loro hanno sbagliato in qualcosa. Però, mi hanno donato una cose che è fondamentale: l’amore… l’amore per la famiglia, l’amore per i veri valori e l’amore per il sacrificio. Prima di essere papà e mamma, uomo e donna, sono stati due persone amorevoli.
Quali sono i tuoi prossimi impegni? Tornerai a Paperissima Sprint?
No, a Paperissima Sprint ci saranno due nuove ragazze: ne approfitto per fare loro un grosso in bocca al lupo perché sarà un’esperienza bellissima, sono delle ragazze molto giovani per cui auguro loro di divertirsi. Io mi sto dedicando ad altri progetti: come detto, sto studiando canto ma anche recitazione e ballo. Mi sono prefissata l’obiettivo di tornare a ballare nel piccolo schermo e ci riuscirò. Di più non posso dire ma a breve accadrà qualcosa.
Se tornassi indietro, ti ripresenteresti ad Amici di Maria De Filippi?
Assolutamente sì. È stata una delle esperienze più belle della mia vita. Ero un vulcano, avevo diciotto anni e nessun freno, nel bene o nel male. Ha rappresentato la mia grande occasione: non avendo economicamente tante possibilità, non avrei mai potuto ottenere quei miglioramenti così velocemente come nella scuola. Studiavamo 12 ore al giorno, era una vera e propria full immersion. Grazie alla notorietà di quel programma, ho potuto continuare a studiare (non ho mai smesso!) e iniziare a lavorare nei corpi di ballo televisivi. Se non avessi fatto Amici, di sicuro non starei qui oggi.
Spesso si è portati a pensare che quello che si vede in un talent sia finto o precostruito a tavolino…
Smentiamo questo luogo comune. Tante volte da fuori la gente vede solo quello che vuol vedere e non fa lo sforzo di capire cosa ci sia dietro a uno show. Prendiamo ad esempio gli stacchetti di Striscia: durano 30 secondi ma dietro c’è un grande lavoro di regia, di prove e di preparazione, ben 12 ore di lavoro e sudore. Lo stesso vale per Amici, dove sono stata me stessa, nel bene e nel male. Ho fatto fatica a farmi voler bene o conoscere: ero anche molto agguerrita, a diciotto anni ero arrabbiata con il mondo intero.
Ero molto aggressiva ma nessuno sapeva che dietro a quella maschera c’era una persona fragile che aveva sofferta e vissuto cose che le avevano causato dolore. Non bisogna mai giudicare dalle apparenze: dietro a persone che sembrano cattive o indisponenti spesso si cela solo chi vuole semplicemente proteggersi da una prossima delusione.
Quella sofferenza che ti portavi dietro era legata solo alla relazione tossica a cui abbiamo accennato prima?
Non solo. Ho vissuto diverse esperienze abbastanza complicate, anche in famiglia, che mi hanno portata a sviluppare un po’ la sindrome dell’abbandono. Già il solo fatto di dover “lottare” con mio padre per fargli accettare le mie scelte non è stato facile. Stare poi con chi giornalmente mi danneggiava tutti i giorni un po’ di più ha complicato ulteriormente le cose.
Ero arrabbiata per un insieme di pesi che mi sono portata addosso negli anni fondamentalmente perché evitavo di affrontarli. La terapia e l’impegno che ho messo su me stessa mi hanno aiutata oggi a superare la sofferenza e ad accettare quello che è accaduto: mi hanno portata a essere così come sono adesso e a ragionare in questo modo.
C’è qualcosa, anche di te stessa, che non sei riuscita ad accettare?
Il non avere pazienza. È una cosa su cui lavoro tutti i giorni: sto ad esempio studiando canto ma io vorrei già essere su un palco domani a cantare. Ma non si può, non è fattibile. Tutto richiede pazienza: il lavoro, l’amore, i rapporti, gli obiettivi… se non c’è pazienza, rischi di mollare: al primo no, ti rompi le scatole. Occorre invece perseveranza per andare avanti: è quella che ti rende fuori dal comune. E ci sto lavorando!
Anche perché hai di fronte a te tutto il tempo per farlo…
Mia sorella non sarebbe d’accordo. L’altro giorno mi ha detto che sto invecchiando: “Renditi conto che hai 27 anni!”.
Tua sorella è colei che ha deciso anche il tuo nome alla nascita. Che rapporto avete?
Mia sorella Jessica mi ha segnato l’esistenza. Ha scelto lei il mio nome, Shaila, perché in televisione guardava Non è la Rai e le piaceva una ballerina che si chiama Shaila Risolo, che ho poi conosciuto anni dopo quando ho raccontato quest’aneddoto. Guardando lei in tv, chiedeva a mia madre di farle una sorellina mora da far diventare ballerina da grande!
Io e mia sorella abbiamo cinque anni di differenza. Per anni, il nostro è stato un rapporto di amore e odio, non ci trovavamo su niente. Quando lei ha cominciato a uscir di casa e frequentare i primi ragazzi, io giocavo ancora con Cicciobello, per dare un’idea di quanto fossimo distanti. Tutto è cambiato nel momento in cui siamo cresciute, quando a vent’anni ho lasciato quel ragazzo tremendo con cui stavo: è lì che abbiamo cominciato a ritrovarci. Adesso siamo molto unite: mi rendo conto di quanto avere un fratello o una sorella nella vita sia un miracolo. La mia mi è stata d’aiuto nei momenti più terribili…
Lei è la mia parte razionale, il mio inconscio che mi fa ragionare, apre gli occhi e riporta con i piedi per terra. È lei che mi dice le cose più brutte in faccia quando nessun altro me le direbbe. E lo fa perché mi ama e mi stimola a migliorarmi.
La solidarietà al femminile, quindi, esiste.
Assolutamente sì. Ma anche in ambito lavorativo: noi veline, la bionda e la mora, non siamo in contrapposizione come vorrebbero invece gli altri. Ognuno di noi è bravo in qualcosa e mettersi in competizione con qualcun altro non è da intelligenti, sarebbe proprio inutile. Le veline hanno la stessa identità, lo stesso ruolo e la stessa importanza: andare avanti è una gara con se stessi semmai e con le proprie doti, a prescindere da chi si ha al proprio fianco.
Se avessi la possibilità di incontrare la te piccola, cosa diresti a quella bambina che sognava di diventare ballerina?
Ero una bambina molto tosta: non ho mai avuto paura di niente. Se c’è una cosa a cui non ho mai rinunciato è il desiderio di ballare, motivo per cui mi sentirei di dirle di continuare così come sta facendo e di non avere paura di essere testarda com’è: “il lavoro è l’unica cosa che ti salverà sempre, anche dai rapporti malsani o malati”. Tutte le volte che hanno provato a toccarmi il lavoro, per me era sempre finita. So solo io quali sacrifici ho affrontato o come mi sentivo quando pur di ballare dormivo per terra perché non avevo soldi per comprare un letto.
È stato facile crescere a Napoli?
So che Secondigliano o Scampia vengono ricordati sempre e solo per i loro lati negativi. E il racconto dei film o delle serie tv non aiuta. Certi problemi non esistono solo a Napoli ma anche altrove, in tutte le città del mondo: noi napoletani siamo forse più rumorosi rispetto a qualcun altro! Per me non è stato complicato crescere a Napoli perché ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia improntata a certi valori. Anche a me sarebbe piaciuto da piccola scendere per strada e stare con i ragazzini che vedevo giocare dal mio quinto piano ma mia mamma ha preferito farmi coltivare dei sogni, ha cercato di capire quali fossero le mie passioni e mi ha spinta a studiare. Se avessi perso tempo in mezzo alla strada, non avrei ricavato niente di quello che sarebbe stato il mio futuro, fosse stato la danza, l’università o qualsiasi altra cosa.
A Secondigliano ci sono delle realtà difficili, non lo nego, ma c’è anche tanta brava gente, onesta e accogliente. Sono cresciuta bene lì e non ho mai avuto timore di starci. Quando sono a casa mi sento più tranquilla di quando sono a Milano. Ripeto: tutto dipende da come ti hanno fatto crescere. Se hai un genitore che ti segue, che ti vuole bene e che ha tempo da dedicarti, il rischio che prendi una strada sbagliata si riduce. Altrimenti, è più semplice incontrare qualcuno che ti porti altrove.
E tuo padre? Ha cambiato idea sul ballo?
Mio padre è quello che piange ogni volta che mi vede in televisione. È il mio primo fan e mi sostiene in tutto quello che faccio. Mi ci sono voluti anni per capire che la sua era solo paura. Aveva paura di mandarmi a 16 anni, da sola, ad affrontare un mondo che fondamentalmente è pieno di squali. Ha sempre creduto in me ma a differenza di mamma non l’ha mai esternato. Per me, oggi, vederlo gioire o piangere di felicità è una grande soddisfazione non aver mollato e avergli dimostrato che ce la potevo fare.
Cosa vorresti che si scrivesse un giorno di te?
“Shaila Gatta è una bella persona non solo artisticamente”. Mi piacerebbe questa frase perché è quella che mi sento ripetere da chi frequenta le mie lezioni: rimane loro impresso un bel ricordo. A me piace entrare in empatia con l’energia della gente. Mi piacerebbe anche essere ricordata come una professionista esemplare che ha continuato a imparare costantemente, studiando e mettendosi alla prova: è solo così che si può arrivare a quello che si desidera. Nulla è impossibile se ti impegni e non ti arrendi al primo “no”.