Al Torino Film Festival, Sharon Stone ha ricevuto la sua Stella della Mole e ha catturato l’attenzione del pubblico non solo per la sua presenza magnetica, ma anche per il suo impegno nel trattare temi profondi come la disparità di genere, la violenza contro le donne e la sua lunga carriera nel cinema. Durante un incontro che ha mescolato ricordi personali e riflessioni sociali per accompagnare la proiezione di Pronti a morire, Sharon Stone ha offerto uno sguardo unico sulla sua vita e sull'industria cinematografica ma non solo.
Con una combinazione di franchezza, passione e visione, Sharon Stone ha dimostrato ancora una volta di essere non solo una delle attrici più talentuose della sua generazione, ma anche una voce importante per il cambiamento sociale. Al Torino Film Festival, la star ha lasciato un segno indelebile, ricordandoci il potere della determinazione e dell'empatia.
L’amore per l’Italia e i ricordi di una carriera iniziata a Milano
«L’Italia ha un posto speciale nel mio cuore», ha ricordato Sharon Stone. «A 19 anni mi sono trasferita a Milano per lavorare come modella. È stato il punto di partenza della mia carriera. Ho vissuto momenti incredibili qui: ho scoperto l’arte, la moda, la cultura e, ovviamente, l’amore. Ho avuto un fidanzato italiano, e posso dire che è stata un’esperienza indimenticabile!».
Questo legame profondo con l’Italia è rimasto intatto negli anni. «Negli anni, sono sempre tornata in Italia. Ho portato i miei figli qui per insegnare loro l’importanza della cultura italiana, li ho fatti partecipare a laboratori di gelato e pizza, perché volevo che capissero la profondità e la ricchezza di questo Paese. L’Italia mi ha dato molto, e cerco sempre di restituire qualcosa tornando ogni volta che posso».
Pronti a morire: un progetto di sfida e orgoglio
Sharon Stone ha parlato ovviamente del film Pronti a morire, di cui è stata anche produttrice. «Questo film rappresenta molto per me,” ha spiegato. “Questo film è stato un capitolo speciale della mia carriera. Ho lavorato come produttrice, il che mi ha dato molta libertà creativa. Ho avuto il privilegio di collaborare con Dante Spinotti, un incredibile direttore della fotografia italiano, che ha saputo catturare ogni sfumatura visiva del film».
«Ho anche selezionato personalmente il cast: ho portato Sam Raimi dal mondo delle serie tv al cinema e ho aiutato Russell Crowe a ottenere uno dei suoi primi ruoli importanti. Ho anche insistito affinché Leonardo DiCaprio avesse un ruolo da protagonista, nonostante fosse all’inizio della sua carriera. La produzione è stata una sfida, ma anche un’enorme soddisfazione. È stato un progetto che mi ha permesso di esplorare il mio amore per il cinema da un’altra prospettiva, ed è qualcosa di cui sono molto orgogliosa».
Perché Sharon Stone non ha mai diretto un film
Nonostante il successo come produttrice, Stone Stone non è mai riuscita a realizzare il suo sogno di dirigere un film. «Ho cercato di farlo. Dopo aver prodotto Pronti a morire, avevo un progetto pronto: il copione era scritto, avevo scelto la musica, avevo tutto. Ho fatto il pitch a vari studi, ed è stato definito uno dei migliori pitch mai sentiti. Ma sapete qual è stato il problema? Il fatto che fossi una donna. Negli anni '90 e nei primi 2000, c’era una resistenza incredibile verso le donne nel cinema, specialmente se volevano assumere ruoli di potere come quello di regista».
«Non importa quanto fossi preparata o talentuosa, continuavano a dirmi che una donna non poteva farcela. È stato frustrante e scoraggiante. Alla fine, ho dovuto accettare che la mia intelligenza e le mie capacità fossero sprecate in quel contesto. Ho deciso di concentrarmi su altre cose, ma è una ferita che porto ancora dentro».
L’attrice ha parlato con frustrazione del suo senso di impotenza di fronte alla discriminazione di genere. «Non importa quanto fossi preparata o talentuosa, continuavano a dirmi che una donna non poteva farcela. È stato frustrante e scoraggiante. Ho sprecato tanto tempo cercando di convincere uomini meno intelligenti a darmi un’opportunità: è una ferita che porto ancora dentro».
Un forte messaggio sul femminicidio
Sharon Stone non ha evitato di affrontare uno dei temi più drammatici del nostro tempo: la violenza contro le donne. «È una questione enorme, una piaga che dobbiamo affrontare con urgenza», ha detto con tono fermo.
«Il femminicidio è una delle principali cause di morte per le donne nel mondo, e questo è inaccettabile: la prima causa di morte di una donna è per mano di un uomo. È fondamentale che non siano solo le donne a supportarsi tra loro, ma che anche gli uomini si assumano la responsabilità di educare e correggere altri uomini. Gli uomini devono riconoscere quando un loro amico non è una “brava persona” e devono agire per proteggere le donne nelle loro vite. È un momento storico in cui non possiamo più permetterci di guardare dall’altra parte. Dobbiamo lavorare insieme, uomini e donne, per creare una società più sicura e giusta».
Disparità salariale: un problema ancora attuale
Riflettendo sulle sue esperienze nel cinema, Sharon Stone ha messo in evidenza le disparità salariali tra uomini e donne. «È stata una battaglia continua. Quando ho fatto Basic Instinct, ho guadagnato 500.000 dollari, mentre Michael Douglas ha guadagnato 14 milioni. Quando ho lavorato a Pronti a morire, ho dovuto negoziare duramente per superare il tetto salariale di 1 milione di dollari, perché fino a quel momento nessuna donna era stata pagata di più. Era come se il valore del mio lavoro fosse sempre messo in discussione a causa del mio genere. Questo tipo di discriminazione è qualcosa che ho vissuto per tutta la mia carriera, e purtroppo è ancora una realtà per molte donne, non solo nel cinema, ma in tutti i settori».
Un forte impegno nella lotta contro l’HIV/AIDS
Sharon Stone ha condiviso anche il suo coinvolgimento nella lotta contro l’HIV/AIDS, una causa che ha abbracciato per decenni. «È stata un’esperienza che mi ha trasformata profondamente. Quando ho preso il posto di Elizabeth Taylor nella American Foundation for AIDS Research, pensavo di restare solo pochi anni. Alla fine, ci sono rimasta per decenni».
Stone ha raccontato quanto sia stata difficile questa battaglia, soprattutto senza il supporto globale che avrebbe meritato. «È stato un lavoro difficile, spesso senza il supporto che sarebbe stato necessario. Quando è arrivato il COVID, abbiamo visto come il mondo abbia reagito rapidamente per trovare un vaccino. Ma per l’HIV/AIDS non c’è stato lo stesso impegno globale: 40 milioni di persone sono morte prima che arrivassimo a una cura efficace. Questo mi ha insegnato quanto sia importante la compassione e l’uguaglianza. Non possiamo permettere che pregiudizi razziali, sessuali o di altro tipo determinino chi merita aiuto e chi no. Dobbiamo agire con razionalità e umanità».
Essere un’artista poliedrica: trovare equilibrio tra passione e creatività
Sharon Stone è un’artista completa: attrice, produttrice, pittrice e scrittrice. Ma come riesce a bilanciare tutto questo? «Credo profondamente che l’arte sia il mezzo più potente per esprimere ciò che le parole a volte non riescono a comunicare. Oggi viviamo in un mondo complesso, pieno di conflitti e divisioni. L’arte ci permette di oltrepassare queste barriere, di comunicare in modo puro e autentico. Che sia attraverso la pittura, la scrittura, il cinema o il teatro, l’arte ha il potere di unire le persone, di toccare il cuore senza bisogno di politiche o pregiudizi».
«Personalmente, trovo che ogni forma d’arte sia importante, ma ciò che conta è l’onestà. Quando esprimo me stessa in un quadro o in un ruolo cinematografico, cerco sempre di essere sincera. L’arte è il nostro ponte verso una comprensione più profonda del mondo e di noi stessi».
Un messaggio finale: vedere l’umanità negli altri
L’incontro si è conclusa con un messaggio di speranza. Sharon Stone ha invitato il pubblico a riscoprire l’umanità nelle persone accanto a noi. «Vorrei che ricordassimo tutti di vedere la bellezza nelle persone accanto a noi. Guardate la persona che avete vicino e immaginatela come un bambino: quella purezza e quella bellezza sono ancora lì, anche se spesso ce ne dimentichiamo. Solo ricordando la nostra umanità condivisa possiamo costruire un mondo migliore».