Simone Belli non è solo il make-up artist più noto d’Italia ma è anche l’organizzatore di un evento magico che da ben dodici anni unisce bellezza, amore e messaggi di pace in vista del Natale: il Christmas Beauty Day, a cui partecipano moltissime celebrities del panorama italiano (Carolina Crescentini, Matilde Gioli, Lea Gavino, Chiara Bordi, Giorgia Arena, Pauline Fanton, Francesca Chillemi e tantissime altre ancora). L’appuntamento quest’anno è per domenica 10 dicembre presso il Mediterraneo al Maxxi, ospitato negli spazi del Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo.
Quali sono le atmosfere dell’evento ce le racconta Simone Belli nel corso dell’intervista esclusiva che si ha concesso. Ma su tutti i dettagli che con passione ci illustra ci piace soffermarci su uno in particolare: l’Albero dell’Amore, dedicato a Fondazione Mente che i suoi fondatori hanno creato per cercare di colmare le mancanze e le lacune che ci sono per i bambini e i ragazzi con disturbi del neuro sviluppo con particolare attenzione all’autismo.
Consulente d’immagine di fama internazionale, Simone Belli è tra i professionisti più richiesti da aziende e celebrities, un vero e proprio punto di riferimento del settore Beauty. La sua professionalità lo vede protagonista in ogni ambito creativo: dal cinema al teatro; dalla televisione alla moda; dalla musica all’arte. Tra le ultime novità più cool, la creazione di un brand di make-up che porta la sua firma (AK Simone Belli), per regalare a ogni donna il segreto della bellezza perfetta. Ha anche un’Accademia attraverso la quale cerca di tramandare i segreti della sua arte ed è noto per aver preso parte a diversi programmi televisivi, nazionalpopolari come Detto fatto (“mi piace vedere la gente sorridere”, ci rivela tra le righe) e settoriali su canali come Fox Life o Sky Arte.
Tuttavia, quello che emerge dal nostro incontro con Simone Belli è il racconto di una vita sempre in crescita, in cui non si è fermato nemmeno di fronte alle difficoltà cercando di portare bellezza anche quando viveva drammi personali o affrontava periodi delicati. Scoprirete così la sua infanzia, fatta di campioncini Avon e tuta, ma anche l’anno in cui ha insegnato, con severità, in una scuola elementare e il suo più grande sogno: vivere la storia d’amore della sua vita.
Intervista esclusiva a Simone Belli
“Sono immerso tra pacchi di pasta e regali di Natale da ultimare”, è il primo dettaglio che Simone Belli ci svela del Christmas Day che si terrà il 10 dicembre a Roma. Sta completando gli ultimi dettagli di un evento che cura in ogni minimo dettaglio senza mai delegare scelte e responsabilità ad altri, caratteristica che nel suo percorso di vita e di carriera ha contribuito a un successo che nel mondo, non solo nel panorama italiano, non ha eguali.
“Quest’anno il Christmas Day ha un motto tutto suo: The Tree of Love, l’albero dell’amore. Nello specifico, si tratta di un modo per essere vicino al mondo dell’autismo pur senza dichiararlo esplicitamente. Non amo sbandierare ai quattro venti la beneficenza perché credo che vada fatta e tenuta per sé: quando la dichiari, non fai altro che usarla a tuo favore. Tutti gli ospiti verranno accolti con una palla di Natale: la sceglieranno e insieme costruiremo insieme quest’albero enorme posto in quello che definisco un giardino fatato. Nel giardino dei balocchi ci saranno tra le altre cose una violinista che suona dal vivo (Diana Dragos), un massaggiatore (Giovanni Vasta) lo zucchero filato, i popcorn, elfi, folletti, luci e candele (in collaborazione con Yankee Candle)”.
Com’è nato il Christmas Day?
È nato per gioco da qualcosa che non esisteva. Spesso viene definito come evento internazionale e altre volte come inusuale ma la realtà è che nasce da un desiderio semplice: siamo abituati a partecipare a feste dove dopo un po’ ci si annoia perché nascono con lo scopo di parlare di lavoro. Il Christmas Day è invece un evento emotivo vero e proprio in cui, tra una sorpresa e una meraviglia, ci si può far massaggiare, truccare e pettinare, e si possono scegliere dei gioielli veri e propri per i capelli, applicati appositamente dagli hair-stylist presenti. Ma non solo: c’è spazio anche per l’oroscopo e le previsioni per l’anno che verrà di Corrado Belli, per un percorso olfattivo e per la presenza dei migliori professionisti del settore Beauty, quelli che solitamente si incontrano altrove e in altri contesti. Chi vi partecipa non deve avere voglia di andare via (ride, ndr).
Puoi anche trovare anche qualcosa di insolito. Sono veramente circondato da pasta, mi sono innamorato di un’azienda siciliana e della loro filosofia legata ai tre grani (Donna Itriya). La pasta farà da collante: è quell’elemento che unisce tutti, è un piatto di pasta che si mangia quando si sta tutti insieme. E il Christmas Day ha come obiettivo lo stare insieme: è per me l’occasione di incontrare tutti i miei amici, dagli attori e dalle attrici a quelli personali, gli addetti ai lavori, i giornalisti, gli uffici stampa…
In più, una delle caratteristiche peculiari è data dal far incontrare gli sponsor con l’utilizzatore finale per far conoscere meglio i loro prodotti, che non solo vengono regalati ma anche testati direttamente o fatti indossare. Presenteremo, in collaborazione con due dottoresse, Elena Vescovi e Federica Pulcini, anche due nuovi macchinari: uno per la crioterapia sul viso e uno per provare la biodermogenesi. Tutto è studiato e organizzato in modo che ci sia una certa connessione, nulla è lasciato al caso.
Dalla passione con cui lo descrive emerge quanto tu ci abbia lavorato…
È un evento che curo con quanto più amore possibile. Anche perché amo più fare regali che riceverli. Sono ancora legato a una certa tradizione degli anni Ottanta, per cui ogni regalo deve essere accompagnato da una letterina o da un biglietto: mi emoziona vedere le persone che si emozionano. Ragione per cui, ad esempio, tutti gli ospiti all’evento riceveranno una bag con i propri regali prima di essere accompagnati dai “folletti” (i miei assistenti) nel percorso che li attende, tra drink, tiramisù (il Su Tiramisù) e panettone. Non c’è nessuno che andrà via senza il proprio “sacco di Babbo Natale”. Sarà presente anche Trudi, un noto brand di peluche per cui mia mamma impazzisce!
L’evento ha perso l’aggettivo Beauty che per dodici anni lo ha caratterizzato, anche in pieno CoVid. Lo sanno in pochi ma anche durante la pandemia si è svolto in maniera molto “particolare”…
È vero. Mi sono inventato un calendario dell’avvento pur di portare i miei regali. Ogni giorno sceglievo uno sponsor e andavo personalmente in casa delle attrici di cui curo il make-up vestito da Babbo Natale, sorprendendole: bussavo alla loro porta e mi presentavo con il mio pacco regalo. Era la mia coccola personale, quella stessa coccola che ogni anno non faccio mancare grazie all’evento.
Curiosità personale: ci saranno dei fiori?
I fiori vengono alla fine: ci sarà un enorme pannello di fiori dove chi lo desidera potrà fare le foto. Ho delegato il compito della composizione a un flower designer di Roma, Dario Galanti, un artista che adoro, e non so ancora cosa si sta inventando. Ovviamente, ho chiesto che non si mischino troppi colori: personalmente, sono un amante dei tulipani e i miei preferiti sono quelli bianchi. Solo da poco sto cominciando ad apprezzare le orchidee e mi piacciono anche le peonie. Preferisco, come capirai, le monocromie o le cromie soft.
Il tulipano ha una caratteristica molto particolare: anche se reciso, continua a crescere… un po’ come te, con un percorso sempre in crescita.
I fiori recisi, a dire il vero, mi spaventano ma sono una realtà che esiste. Vivo in una casa con un giardino pieno di fiori e di piante, anche se spesso non so come prendermene personalmente cura: occorre grande conoscenza e cultura. A volte, mi sembra di stare in Thailandia, ho persino il bambù (ride, ndr)! Sui fiori recisi, potremmo aprire un grande capitolo: spesso i fiori nascono per quello, avrebbero già di loro poca vita… e, tornando ai tulipani, li preferisco piantati che in vaso.
Grazie per il paragone con il mio percorso. Credo che nella vita di tutti bisogna assecondare quello che è il disegno per cui si nasce. Io sono stato fortunato nell’aver potuto contare sull’aiuto dei miei genitori e nell’aver individuato i colori giusti per riempire pian piano il mio disegno. Già a sette anni organizzavo il “circo” sotto casa: utilizzavo i campioncini dei trucchi Avon per realizzare dei ritratti. Trascorrevo le ore del pomeriggio a disegnare, disegnare e disegnare: ho guadagnato i miei primi soldi facendo ritratti alle mamme e ai bambini del vicinato. Crescendo, andavo a truccare chi me lo richiedeva facendo l’autostop per spostarmi nei paesi limitrofi o coinvolgendo i miei amici patente muniti.
Anche nella scelta del percorso di studi ho aggiunto colori. Alla maturità, ho aggiunto due specializzazioni: sono un disegnatore di gioielli (titolo che sto adesso usando per la mia collezione di trucchi) e sono uno scultore e decoratore. Dopo la maturità, mi sono anche iscritto a Storia dell’Arte all’Università La Sapienza, anche se già ero un truccatore e la vita aveva deciso cosa avrei dovuto fare. In qualche modo, lo studio mi avrebbe dato degli strumenti in più per il futuro, lezione che cerco di trasmettere anche agli alunni della mia Accademia.
Ma hai anche per un anno fatto l’insegnante in una scuola…
Volevo fare il professore e ho preso una seconda maturità, quella magistrale. Mi sono presentato all’esame portando quelle materie che nei tuoi precedenti anni di studio non avevi presentato alla maturità precedente. Per un anno, mi sono ritrovato a insegnare per il tirocinio nella stessa scuola elementare che avevo frequentato io: ero diventato un collega delle mie stesse maestre, condividevo lo stesso spazio di coloro che mi avevano formato e forgiato.
È stata un’esperienza che ancora oggi mi porto dentro: da bambini ho imparato a relazionarmi con il mondo in maniera diversa, adeguandomi al loro modo di vedere le cose. Ma le mamme non mi adoravano particolarmente perché ero molto severo con i voti: non li regalavo. Spesso nel tentativo di non ferire nessuno, si dice a tutti che sono bravi ma è sbagliato: in questo modo si incentivano i bambini che non vogliono far nulla a continuare a non far nulla.
Ti hanno aiutato più i corsi di trucco o lo studio?
Se penso al Simone Belli truccatore di oggi, non ho dubbi: mi ha aiutato lo studio dell’arte, la scultura, la passione per Caravaggio e Artemisia Gentileschi, la tridimensionalità di Van Gogh. Ho portato proprio Van Gogh alla maturità e piansi anche mentre parlavo di lui: mi ha insegnato a trasformare il dramma in arte. Un insegnamento che lo scorso anno ho dovuto ricordare quando ho vissuto due lutti importantissimi, il mio consulente di vita da vent’anni e un mio nipote di 27 anni.
È stato per me l’anno zero, quello in cui ho ricominciato tutto da capo. Ed è stato difficile farlo perché uno dei due lutti è stato due giorni prima del Festival del Cinema di Venezia, dove dovevo curare il trucco di molte star. Ho saltato i primi due giorni ma dopo sono andato: il trucco di Matilde Gioli è stato il frutto di quel momento. I bambini mi hanno insegnato ad esempio che nella vita occorre imparare solo dalla parte belle: non potevo esprimere la mia malinconia sul volto di una donna o sulle sue peculiarità da esaltare.
Non posso stare un giorno senza truccare. Ma, come dicevamo prima, la vita cambia. All’attività di truccatore, da cui non mi allontanerò mai, ho aggiunto quella di imprenditore: ho creato una linea di trucchi, ho un’agenzia tutta mia, insegno in un’accademia, copro eventi in cui si truccano anche trecento persone… mi ritrovo a dover gestire di più da un punto di vista professionale e, contemporaneamente, ho una vita privata parallela che cerco di portare avanti. Fortunatamente, posso contare sulle persone di cui mi sono circondato, che credono nel mio progetto e che vengono gratificate per il loro lavoro, ragione per cui in tanti in giro mi odiano: credo che le persone vadano premiate per i loro sforzi, non mi interesso del giudizio altrui ma penso solo a coltivare il mio giardino.
Sono sempre stato un grande sostenitore della trasparenza, della fedeltà e dell’onestà. Spesso mi chiedono se mi rendo conto di dove sono arrivato. Rispondo sempre di “no” ma perché per me il successo è avere dei truccatori oggi che lavorano per me da 15 anni a cui ho potuto trasmettere la mia idea di arte.
È quasi impossibile oggi trovare dei posati di attrici senza che nei credits compaia il nome della tua agenzia.
Le prime due attrici che ho truccato sono state Sabrina Impacciatore e Valentina Cervi. Venivo dal mondo spietato della moda e ho “inventato”, non lo dico per presunzione, quasi un lavoro: prima il trucco delle attrici per le première era affidato ai truccatori di cinema. Ho avuto come una sorta di visione di quello che sarebbe stato un percorso di crescita e l’ho seguita.
A proposito di futuro, mi auguro che finisca presta l’era dell’influencer, gente che spesso con nessuna qualifica parla di trucco o di prodotti senza averne contezza. Capisco che i social paghino molto ma serve competenza per consigliare qualcosa: prima di usare un prodotto, lo testo io per primo, ne valuto la composizione e persino l’odore o la resa. Ho rinunciato a fior di quattrini di fronte a prodotti che non mi convincevano: i soldi non vengono prima della propria credibilità e delle proprie convinzioni. Non posso tradire trent’anni di lavoro e chi mi reputa professionista con un prodotto non valido solo perché mi pagano.
Talento, estro e creatività: cosa rappresentano per te? Cosa ha più importanza?
Non saprei scegliere perché si incastrano perfettamente tra di loro. Senza la creatività non ci sarebbe estro ma senza talento non potresti metterla in atto. A questi elementi, aggiungerei anche la visionarietà. Per farti un esempio, ho curato di recente un matrimonio a Palermo e ho utilizzato delle maschere che, a vederle allo stato naturale, erano veramente brutte ma che grazie a una certa visionarietà ho customizzato con cristalli Swarovski rendendole opere d’arte. Riuscivo a vederle ancora prima di realizzarle: quando nella mia testa si palesa un’immagine so cosa sto cercando ancora prima di trovarlo.
Quindi, non puoi separare estro, creatività, talento e visionarietà, che insieme costituiscono un’attitudine di vita che coniugate con studio ed esperienza danno origine a qualcosa di nuovo. Per la mia linea di prodotti, ad esempio, abbiamo studiato un nuovo packaging che si rifà al mondo dei gioielli: ho dovuto fare appello alla mia conoscenza da maestro orafo. Se non avessi avuto quel tipo di studio alle spalle, non so se avrei potuto dare fogo alla mia creatività: è un discorso che si può estendere anche alla cura della materia prima o dei colori.
A differenza di molti altri, mi occupo io stesso della formulazione dei miei prodotti aiutando i chimici: mentre loro testano i prodotti sulle mani, io li provo sul viso (ride, ndr). Ma curo personalmente anche la profumazione dei prodotti stessi: non mi piacciono quelle troppo evocative, a meno che non abbiamo una storia particolare dietro. Sono così maniacale che seguo da vicino persino la grafica, il peso della carta, il sigillo della confezione, l’eventuale nastro… sono forse un po’ meticoloso: non riesco a delegare agli altri la scelta.
Mania di perfezionismo?
Un po’ sì, anche se mi rendo conto che la perfezione non esiste. È un concetto che odio: secondo me, è l’imperfezione che rende la perfezione. Dietro alla perfezione non vedo nulla, dietro l’imperfezione invece intravedo tanto studio. Più che altro, ci rimango male se qualcosa non riesce come me lo sono prefigurato.
Ciò non pesa sulla tua vita privata? Riesci a scindere il lavoro da Simone?
È un tutt’uno e, quindi, è molto difficile per me scindere le due sfere. Ci sto però provando: è lo step di vita a cui ambisco.
Non deve essere facile essere Simone Belli.
No, non lo è. Nel frattempo sorrido: mi ha fatto la stessa osservazione qualcun altro un paio di giorni fa quando ho dovuto accontentare ad esempio la richiesta di un’attrice che voleva delle extension da 86 cm. Era impossibile trovarle a Roma ma ce l’ho fatta. Anche perché mi diverte quando la sfida si fa ardua: in un certo senso, non mi posso permettere di sbagliare. Non tollero la domanda “Ma si può fare?”: una soluzione a qualsiasi cosa si trova sempre. Anche quando sembra non esserci, va trovata.
Qual è il lavoro più difficile con cui ti sei confrontato negli anni?
Tra i tanti, direi quello fatto per Achille Lauro durante le cinque serate del Sanremo 2020 in cui è stato presente come ospite. Realizzare ad esempio la lacrima di sangue non è stato una passeggiata nemmeno a livello tecnico. Certe sfide mi tirano fuori l’anima e le emozioni: penso anche al trucco della “regina di perle”, che non era facile applicare su un uomo come Achille, con un volto quasi vampiresco. Occorreva trovare la giusta dimensione: le perle erano anche diversa misura e dovevo star attento alle simmetrie… non so se si può prefigurare come difficoltà (ride, ndr). Ma spesso la difficoltà maggiore è anche legata al tempo: c’è chi chiama la mia agenzia per trucco e capelli in mezz’ora ma anche le richieste all’ultimo minuto vanno prese, una soluzione c’è sempre.
Durante il Christmas Day ci sarà spazio per le previsioni. Quali saranno, secondo te, il must have del 2024?
Tanto scintillio e tanta luce: in una sola parola, glow. Dopo il CoVid, siamo tornati finalmente a brillare e la luce è stata interpretata anche nel make-up. Mi auguro però che ci sia in giro tanta naturalezza e meno maschere: la maschera è un’illusione e spesso si illude la persona a cui viene applicato di essere altro. Sono convinto che invece vada sottolineato ciò che quella persona è realmente, quello che ha veramente da dire. Mi auguro dunque che molte donne possano chiarirsi con se stesse: sarebbero molto più belle senza tutta quella roba addosso, possono brillare anche di luce propria.
E cosa auguri a te stesso?
Di poter condividere tutto quello che ho creato finora con qualcuno. Mi rendo conto di non aver avuto mai modo di vivere una storia d’amore profonda, vera, grande e importante. Mi innamoro tutti i giorni ma non ho mai vissuto quella che possiamo definire la storia d’amore della mia vita. Con l’Albero dell’Amore cerco di dare amore con la speranza che arrivi anche a me. Come dico spesso al mio psicologo, mi piacerebbe andare in palestra e trovare nell’armadietto il biglietto di qualcuno che mi scrive perché vuole conoscermi: sono un ragazzo cresciuto negli anni Ottanta, dopotutto. In passato, quando capitava che qualcuno mi piacesse, gli mandavo un mazzo di fiori ma tutti mi dicevano che era troppo, l’altro si spaventava. Ma mi chiedo: perché uno deve avere paura di un gesto semplice che dimostra solo il bene e che non equivale di certo a un “mi vuoi sposare?”.
Sto bene anche da solo, sia chiaro. Ma a 48 anni vorrei potermi regalare la possibilità di condividere chi sono con qualcuno al mio fianco: sono un acquario ascendente leone, un sognatore eterno. Non ho mai festeggiato San Valentino in vita mia ma mi piacerebbe farlo. La vita mi ha regalato tanto senza scendere mai a compromessi ma non ancora il grande amore. Anche se ho ricevuto tanto amore dalle donne, da coloro a cui sono riuscito inconsciamente, anche grazie alla televisione, a regalare un sorriso.
Da ragazzino, ha pesato la tua scelta di dedicarti al make-up, ai tempi considerato qualcosa di tipicamente femminile e non maschile?
Ti lascio immaginare. Ero un ragazzino di paese ed è ovvio che il pregiudizio fosse forte. Tuttavia, la parte più coraggiosa di me, quella del Leone, ha fatto sì che non pesasse su chi ero e chi volevo essere, superando l’emotività di quello che subivo. Il bello è che oggi dagli stessi vengo accolto con tappeti rossi e mazzi di fiori. Ho avuto la fortuna di avere due genitori che mi hanno sempre sostenuto, nonostante venissero da un contesto lontano da quello che mi apprestavo a vivere io.
Mio padre era un tecnico e fa tuttora parte, a 85 anni, della pro loco: mi portava con lui a fare i carri di Carnevale o a prendere parte alle gare di atletica leggera. Mia madre, che ha 81 anni, lavora ancora al bar, che è posto di fronte alla scuola che frequentavo io: ama stare a contatto con i bambini e servire loro la colazione. Ho anche avuto tre fratelli più grandi, che mi hanno amato e aiutato a essere forte.
È grazie a un mio fratello che a 18 anni ho indossato il mio primo paio di jeans: non chiedetemi perché ma stavo sempre in tuta. Mi ha portato in discoteca e mi ha cambiato l’esistenza: sono entrato grazie a lui nell’interazione del gruppo, diventando super ricercato dagli altri. Da ragazzino timido mi sono trasformato in leader quasi, vivendo anni bellissimi con amici meravigliosi.
Dai 17 ai 24 anni ho fatto una gavetta assurda: organizzavo sfilate nei centri commerciali, di cui curavo ogni aspetto, dalla regia alla ricerca degli sponsor. Tanta roba… ah, ho anche giocato a pallavolo: avevo iniziato in prima elementare ed ero anche stato selezionato per una squadra di serie C. Ricordo quanto ho pianto: ho scelto di non andarci perché non era il mio destino. A proposito di sport, mio padre mi portava a gareggiare alla maratona di Aprilia ma arrivavo sempre ultimo. E la ragione è facile da individuare: preferisco le cose brevi, veloci e intense ai 5 km da percorrere di notte (ride, ndr).
Possiamo definirti un anticipatore di tendenze?
È un merito che mi prendo. Ho sdoganato per primo il trucco sulle attrici, come accennavo prima. Lo smoke eyes è frutto di una mia intuizione così come l’idea che in alcuni casi più strucco un volto più lo trucco. Ho messo il rossetto nero sulle labbra di Laura Chiatti sul red carpet di Venezia quando ancora la bocca nera faceva “carnevale” secondo molti. Sono anche stato il primo truccatore non di cinema che è stato chiamato su un set: per Valentina Lodivini, in Cambio tutto. Tra l’altro, Valentina Lodovini, Carolina Crescentini, Sabrina Impacciatore e Valentina Cervi sono state le prime attrici a credere in me.
È sempre tutto così rose e fiori?
Ovviamente, no: un giorno mi leverò i sassolini dalle scarpe. Ma c’è ancora tempo per i segreti: vedo in tv personaggi che raccontano di loro una versione fantascientifica. Dicono tutte di essere buone ma… Quando trucco, mi devo divertire e devo star bene: non mi interessa il nome ma le persone. Le mie sono scelte di cuore.