Per Sofia Panizzi il 2024 è iniziato con la raccolta dei frutti del suo ultimo anno di lavoro. A pochi giorni dall’uscita di Te l’avevo detto, il film di Ginevra Elkann che la vede nei panni della figlia di Valeria Bruni Tedeschi alle prese con disturbi del comportamento alimentare, il 14 febbraio torna al cinema con Finalmente l’alba, la monumentale opera di Saverio Costanzo che celebra la magia del cinema attraverso il racconto della notte di formazione di una ragazza degli anni Cinquanta.
Sul set da quando adolescente è entrata nel cast della mitica serie tv I Cesaroni, Sofia Panizzi ha sempre avuto l’arte nel sangue. Figlia di una ballerina, ha infatti cominciato presto a muovere i primi passi nel mondo della danza classica e contemporanea prima di capire che la sua strada era la recitazione. Non è stato uno switch semplice, come ci racconta Sofia Panizzi nel corso di quest’intervista, e forse tuttora non sa nemmeno qual è stato il motivo che l’ha portata a voler interpretare le vite degli altri, a guardarsi dentro anche quando poteva spaventare e ad affrontare l’Accademia d’Arte Drammatica ‘Silvio D’Amico’.
Raggiungiamo Sofia Panizzi telefonicamente mentre è impegnata nelle prove del musical Aggiungi un posto a tavola, di cui a marzo debutterà una nuova edizione con Giovanni Scifoni e Lorella Cuccarini nel cast. E nella sua voce c’è la trepidazione di chi sa che deve affrontare nei panni di Clementina un pezzo della storia dello spettacolo italiano. Ma le sfide non la preoccupano, dal momento che per la prima volta su un palco potrà dal vivo recitare, danzare e cantare, sua altra grande passione finora nota a pochi.
Intervista esclusiva a Sofia Panizzi
Chi è Iris, la ragazza degli anni Cinquanta che nel film Finalmente l’alba muove i primi passi nel mondo del cinema?
Iris è la sorella maggiore della protagonista Mimosa: a lei spetta quasi il ruolo di introdurla, anche se in sordina, nel mondo del cinema. Rispetto a Mimosa, Iris è stata notata e invitata a fare un provino che, nella buonafede verso tutto che la circonda, crede che sia per un personaggio importante. Non è la cinefila di famiglia, non ha mai recitato in vita, eppure è molto emozionata per ciò che potrebbe attenderla. Emozione che si trasforma in disillusione e amarezza quando si rende conto di essere stata in qualche modo ingannata, ritrovandosi seminuda nella parte di una delle tante ancelle nel film in costume che si sta girando a Cinecittà.
Mentre Iris viene scelta come appunto una delle tante comparse, diverso è il ruolo che viene affidato alla sorella Mimosa. Cosa prova Sofia Panizzi quando ad esempio ad un provino viene scelto qualcun altro per un ruolo più importante del suo?
Alla base della mia reazione, c’è sempre un istinto di protezione e un atteggiamento di salvaguardia personale che porta a non far vivere male il momento. Lo si sviluppa nel tempo: non viene messa in discussione la mia bravura ma sono tanti i fattori che portano a una scelta che non potrei essere io. Cerco quindi di non prenderla come una questione personale: nessun accanimento nei miei confronti.
È un aspetto che in Finalmente l’alba torna anche nella storia del mio personaggio. Iris ci tiene ad entrare nel mondo nel cinema, pensa di poterlo fare dalla porta principale e vuole condividere l’esperienza con Mimosa. Quando poi sul set si rende conto che il suo, rispetto a quello che ottiene la sorella, è un ruolo minore, è sì scioccata ma non se la prenderebbe mai con Mimosa: la sorellanza presente all’inizio della storia è qualcosa che non si perde di vista e che non viene messa in discussione da un ruolo o da un altro.
Il rapporto di sorellanza è chiaro sin dalla prima scena che vediamo. Per volontà di Saverio Costanza, è stata anche una delle primissime a essere girata.
Ed è stata di fondamentale aiuto perché ha permesso a me e Rebecca Antonaci, l’attrice che interpreta Mimosa, di creare un ottimo rapporto. Da protagonista, lei stata scelta per prima e ha seguito i provini per i vari personaggio che avrebbero completato il cast e quindi anche i miei. Oltre a essere un’artista di talento, Rebecca è un amore di persona: sin da subito, abbiamo avvertito una certa vicinanza e, da sorella sia maggiore sia minore anche nella vita reale, ho sentito sin da subito un senso di protezione nei suoi confronti, lo stesso che lei restituiva a me.
E, se una delle tue sorelle venisse un giorno a dirti che vuole fare cinema, come reagiresti?
Non sarebbe un problema. Io e le mie sorelle siamo cresciute facendo tutte le stesse cose. Mia madre faceva danza e, poiché le sarebbe piaciuto che anche noi seguissimo quella strada, abbiamo praticato tutte danza partendo dalla classica, frequentato la stessa scuola e in più lo stesso corso di musical per tantissimi anni. Condividevamo la stessa passione e una sana dose di piccola rivalità ma poi ognuna di noi ha scelto il percorso che più rispondeva alle proprie esigenze. Delle tre, sono la sola che a 14 anni ha preso in considerazione l’idea di cominciare ad avvicinarsi al mondo della recitazione, anche se all’inizio non ero nemmeno sicura che volessi far questo lavoro.
Loro si sono poi dedicate una alla medicina e l’altra al marketing. Ed io ho anche tirato un sospiro di sollievo: non tanto per la competizione, non mi preoccupavo, ma per le difficoltà e la precarietà legate al mestiere. Non sarebbe stato facile per i miei genitori gestire tre attrici!
Anche perché quello di attore non è un lavoro per cui basta l’autodeterminazione: si è sempre in balia di scelte altrui e del caso.
Ma mi sento di aggiungere anche altro, senza voler insegnare niente a nessuno: a volte non bastano nemmeno le capacità e il talento. Ho studiato all’Accademia e ho visto tanti miei colleghi anche talentuosi non trovare mai il ruolo o l’occasione giusta. Trovo fondamentale ricordare che il lavoro di attore non dipende da noi stessi ma non per questo dobbiamo smettere di impegnarci e di crederci anche quando tutto non va come vorremmo.
Finalmente l’alba è un film ambientato negli anni Cinquanta. Catapultandoci in quel periodo, Iris e Mimosa sono due ragazze costrette a ubbidire al volere dei loro genitori. Come reagiresti tu se qualcuno provasse a importi cosa fare?
Anche in questo caso la mia risposta è viziata dalla mia esperienza di vita, estremamente positiva. Sono una giovane donna molto testarda e molto determinata: se la testardaggine può è essere considerata un difetto, la determinazione è un pregio. Ho avuto dalla mia due genitori a cui devo tantissimo per avermi permesso di fare ciò che volevo e per avermi incoraggiata e sostenuta, anche quando ho voluto provare esperienze che a prima vista non lasciavo presagire niente di ottimo. Se qualcuno provasse a impormi la propria volontà, non reagirei di sicuro bene: sono per la libertà, compresa anche quella di sbagliare perché è anche dalle circostanze negative che impari qualcosa.
Eppure, nel mondo del cinema e della televisione capita che si imponga qualcosa soprattutto alle attrici, a cui si chiede di uniformare il proprio corpo a quelli che sono ritenuti i canoni estetici di riferimento del momento. Ti è mai capitato che qualcuno abbia provato a importi un cambiamento?
È un argomento di cui oggi finalmente si parla liberamente: sono in corso dei cambiamenti che considero non solo belli ma fondamentali. Tuttavia, ho cominciato a sostenere provini da molto piccola in un periodo in cui le cose erano ‘diverse’ da oggi: nei confronti del corpo femminile si respirava tutt’altra aria e i modelli di riferimento erano differenti. Il canone di bellezza a cui le adolescenti pensavamo di dover corrispondere era quello delle modelle di Victoria’s Secret e, inevitabilmente, ciò era anche fonte di sofferenza. Non ne parlo in termini personali perché non è successo solo a me ma è successo a tutte e a tutti miei coetanei di doversi confrontare con un’immagine che finiva con il modellare i nostri pensieri: allineiamo tutti la mente a ciò che vediamo.
Crescendo e prendendo maggiore consapevolezza di me stessa, sono stata aiutata dalla maturazione culturale e sociale in atto ma è un processo ancora in divenire. Posso dire di avere molto più rispetto di me stessa oggi e, anche se può sembrare retorico, di amarmi.
Proprio di recente, è uscito al cinema Te l’avevo detto, il film di Ginevra Elkann in cui interpreto una giovane donna, la figlia di Valeria Bruni Tedeschi, che vive un grande disagio psicologico che si riflette sul suo fisico. Il suo corpo non corrisponde agli ideali di bellezza condivisi eppure il corpo che la interpretava era sempre il mio, lo stesso che negli anni Cinquanta di Finalmente l’alba era sinonimo di bellezza, carisma e attrazione. È la percezione degli altri che fa la differenza: da attrice, amo mettere il mio corpo al servizio della storia ogni volta che mi viene richiesto ma allo stesso tempo non perdo mai di vista il mio desiderio di non cadere vittima degli stereotipi.
Sono molto grata al film di Ginevra proprio perché il mio personaggio, Mila, non aveva come obiettivo quello di essere bello esteticamente, era molto ‘sporco’: la bellezza non può e non deve essere ricercata in ciò che prova a importi l’immaginario. Ed io sono contenta di essermi liberata da quest’ossessione e costrizione per il corpo che interessa non solo noi attori ma tutti quanti, soprattutto gli adolescenti. Non esiste solo la bellezza impossibile da raggiungere ma esistono diversi tipi di bellezza in cui specchiarsi e riconoscersi in modo sano e positivo.
Danza fino ai 14 anni e poi i provini per cinema e televisione. Qual è stato lo switch?
Ogni volta che mi viene posta come domanda, non so come rispondere: dovrebbe essere una di quelle risposte che maggiormente dovrei conoscere ma non è così. Il recitare è sempre stata quella valvola, quel canale attraverso cui lasciare emergere aspetti che nella vita di tutti i giorni difficilmente venivano fuori. Avevo scoperto il teatro sin da bambina e per me stare sul palco aveva il sapore della magia: interpretavo personaggi che erano molto lontani da me, potevo ridere e spingermi in qualcosa che non avrei mai fatto nella mia vita. Mi dava la possibilità di indagare realtà diverse dalla mia ma che esistono, dandomi anche il coraggio di andare più a fondo della mia stessa.
E forse è lì la ragione dello switch. Sul set a 15, 16 anni, ho realizzato di poter vivere pienamente in una dimensione astratta dalla realtà: è come avere la sensazione di stare in un altro mondo. Mi piace così tanto quella sensazione che ho cominciato anche a vivere esperienze come assistente alla regia: il set è un ingranaggio miracoloso che ti scollega dalla realtà pur continuando a parlare della realtà stessa e di emozioni che sono reali.
Per recitare, come insegnano anche nelle scuole, occorre conoscere se stessi. E per farlo bisogna necessariamente confrontarsi anche con gli angoli più bui della propria interiorità.
Esistono chiaramente dei ruoli che fanno più paura di altri proprio perché ti portano in luoghi di te stesso che normalmente non esploreresti in maniera così potente. L’aver esplorato il disagio mentale per Te l’avevo detto mi ha portata al dover vivere la stessa condizione psicologica del mio personaggio. Da attrice, è la sfida a cui aspiro: quando recito, voglio essere quella cosa in quel momento.
Ed è catartico farlo: è un modo per trasformare anche in “positivo” qualcosa di “negativo”… mi affascina e piace molto. È successo anche che mi spaventasse qualcosa ma è stato solo l’attraversarla e superarla che mi ha permesso di uscirne rinforzata.
Non fai fatica dopo a scrollarti di dosso i panni del personaggio?
Porterò sempre con me Mila e Iris, i due personaggi interpretati quest’anno: saranno sempre i miei portafortuna. E non esagero nel dirlo: sono entrambi personaggi molto belli che nel loro piccolo sono parte di grandi film. Ogni ruolo arricchisce il mio bagaglio senza mai essere una zavorra.
Ti aiuta il cinema a vincere i momenti di solitudine che tutti quanti inevitabilmente affrontiamo nella vita?
Al mille per mille. Il cinema mi ha aiutata sia quando mi ha fatto bene sia quando mi ha fatto male. È un mondo che può darti tanto (è il mio rifugio sicuro, il regalo più bello che mi faccio quando sono in difficoltà) ma che è anche fatto di attese: devi aspettare, devi credere e devi avere fede. Un po’ come accade a Nina, la protagonista di Il gabbiano di Cechov: è il ruolo a cui tutte aspiriamo per come ci riconosciamo in lei, un’attrice che non attraversa un periodo particolarmente fortunato ma non smette di avere fede.
Sarai a teatro dal 7 marzo con il musical Aggiungi un posto a tavola, con Lorella Cuccarini e Giovanni Scifoni. Interpreterai la protagonista Clementina.
Il musical è una sogno che si realizza: un’altra mia passione oltre alla recitazione è il canto. E per la prima volta nella mia vita canterò e reciterò in uno spettacolo: per me sarà una nuova grande emozione.