Sofia Sole ha appena pubblicato il suo primo singolo in italiano, Un giro di troppo (Pirames International). Dopo la partecipazione a The Voice of Italy, un percorso di formazione negli Stati Uniti (al conservatorio AMDA di Los Angeles e alla New York University di Steinhardt) e la collaborazione con il leggendario produttore CeCe Rogers, Sofia Sole sceglie la sua lingua per cominciare un nuovo percorso che la porterà a svelarsi brano dopo brano.
Un giro di troppo, un campionario di immagini che evocano quanto fragile, agitato e anche spaventoso, possa essere l’amore a vent’anni, è infatti il primo passo che Sofia Sole fa per mostrare chi è e raccontarsi agli altri. La musica e la voce potente di Sofia Sole diventano un mezzo con cui la giovane cantante vuole entrare in relazione con i suoi coetanei, con coloro che spesso non si sentono rappresentati dalle canzoni e che non si riconoscono nei temi trattati.
E Sofia Sole non ha paura di mostrare le proprie vulnerabilità, siano esse un amore finito o un periodo di vita in cui ha convissuto con l’ansia. Cantare ma anche parlare per lei fa parte di un percorso di crescita che giorno dopo giorno la vede maturare e acquisire determinazione, come ci racconta in questa intervista in esclusiva.
Intervista esclusiva a Sofia Sole
“Sono molto emozionata. Sto vivendo un sacco di nuove esperienze e sto conoscendo tanta gente bellissima”, inizia così la nostra intervista con Sofia Sole, raggiunta telefonicamente.
È appena uscita la tua prima canzone in italiano, Un giro di troppo. Cantare in italiano significa anche denudarsi e non nascondersi più dietro una lingua, cosa che l’inglese ti permetteva di fare.
Ho sempre cantato e anche scritto in inglese non perché esprimessi concetti diversi rispetto all’italiano ma perché mi sentivo più libera: non tutti capivano cosa volessi dire. Scrivere e cantare in italiano ha significato mettere da parte ogni mia paura e arrivare a tutti.
Quando hai capito che era arrivato il momento di fare il grande salto e cambiare lingua?
Da piccola, avevo il sogno dell’America. Sono andata a studiare negli Stati Uniti e me ne sono innamorata. Tuttavia, il CoVid ha fatto cambiare qualcosa: sono rimasta in Italia e ho scoperto l’amore per il mio Paese maturando la decisione di rimanere qui… ma non è stata solo quella la molla: quando mi sono innamorata di un ragazzo, mi è venuto spontaneo cominciare a raccontare i miei sentimenti in italiano. Nelle mie precedenti canzoni in inglese non parlo di relazioni realmente vissute ma di situazioni inventate: raccontare la propria esperienza è più sincero e liberatorio.
Ed è liberatorio anche esporre la fine di una storia d’amore?
È molto spaventoso: c’è il rischio che il diretto interessato lo capisca. Ma mi son detta che non faccio musica per raccontare i miei segreti: la faccio per far sì che gli altri si possano relazionare a ciò che scrivo e canto io. Quando ascolto le canzoni di chi ha vissuto una storia simile alla mia, sono contenta perché mi sento capita. Volevo che gli altri provassero la stessa sensazione davanti a una mia canzone.
Tutti abbiamo bisogno di sentirci rappresentati anche nelle canzoni e di sapere che a vent’anni un amore può finire o può essere fragile, agitato o spaventoso. Quello che fa più paura dell’amore è ciò che viene dopo: il salto nel vuoto. Che cos’è per te l’amore?
Sono una fifona in amore. Detto sinceramente, sono una frana e del tutto negata con i gesti. La musica mi ha aiutato a esprimermi e a essere sincera. Sono andata dal ragazzo di cui mi ero innamorata a dirgli che mi piaceva solo dopo un giro di troppo, appunto… non consiglio però di farlo perché, come capite dalla canzone, non è andata bene! Vivere e scrivere dell’esperienza mi ha aiutato ad accettare che sono molto emotiva e va bene anche così: sono molto spaventata dall’amore ma sto crescendo e credo che sia normale anche questo… quando sento le farfalle nello stomaco è un po’ un disastro!
La canzone ti ha aiutato a smettere di avere paura di dire “ti amo” a qualcuno ma soprattutto a te stessa. Perché non riuscivi a dirtelo?
Sono, anzi, ero molto insicura. In questi ultimi mesi sono però cambiate tante cose nella mia vita. Non sapevo che direzione dare alla mia musica, cosa volessi fare, dove volessi studiare. Solo con il tempo, ho iniziato a vedermi bella e a capire l’importanza della mia musica. A vent’anni, non sai bene cosa vuoi fare: rischiare con la musica o studiare? Alla fine, faccio entrambe le cose: ho voluto rischiare ma ho voluto anche una base più solida, frequentando l’Università. E scegliere di fare musica mi ha fatta crescere e spinta ad amare me stessa: tutti i giorni faccio quello che mi piace e ho sempre voluto.
Decidere di fare musica significa anche trovare qualcuno che crede totalmente in te.
Io ho trovato Gianmarco Grande, un produttore che crede ciecamente in me, e Federica Morrone, un’autrice con cui ho creato un grande rapporto di amicizia. Avere due persone inserite nel mondo della musica che mi sostengono e spronano, lavorando e divertendoci insieme, mi ha cambiato la vita… mi ha fatto dire “allora, dai, non faccio così schifo”: è stato quando hanno iniziato a credere in me che ho cominciato a farlo anch’io.
Che facoltà hai scelto di frequentare?
Studio Comunicazione e Management all’Università La Cattolica di Milano, in inglese. Sono all’ultimo anno e, se Dio vuole, mi laureo. Ma nel frattempo lavoro anche in una casa editrice e scrivo articoli per Posh Magazine. A me piace tantissimo scrivere, dicono che mi riesce bene e, quindi, ho deciso di studiare Comunicazione appositamente.
In Un giro di troppo, canti “La mia vera forza è mostrarsi debole”. Quanto è complicato farlo in un momento in cui, dai social in poi, ti vogliono performane, vincente e sicura, sul modello della “donna che non deve chiedere mai”?
Quando inizi a credere in te stessa è giusto farlo. Per noi donne il mondo musicale non è facilissimo da affrontare: non siamo molte a scrivere e produrre, ad esempio. E c’è un bel carico di lavoro e di emozioni con cui fare i conti. Spesso è pensante entrare in uno studio dove non si conosce nessuno e ritrovarsi al cospetto di tutti uomini più grandi di te… pensi: “Oh, Madonna santa, dove sto andando? Cosa sto facendo?”. Ma occorre non arrendersi e mostrare ciò che si sa fare, fragilità comprese. Per me è importante far vedere le proprie debolezze, compreso in amore: non è necessariamente una cosa brutta.
Da quando hai 16 anni nella tua vita sono successe tantissime cose però la musica ti ha fatto dannare…
Mi ha fatto dannare perché ho fatto anche tanti provini e ho preso tantissime porte in faccia ma davvero tante: dai talent show ai produttori che non volevano più lavorare con me. Se ne parla poco ma non è facile trovare un produttore che ti segua, che si innamori della tua voce o che ti capisca. Ho avuto tante idee e progetti che volevo portare avanti e che sono stati completamente cestinati: non si credeva nel mio genere musicale… E l’essere donna non mi ha agevolato, motivo per cui sono convinta che da donna più cose si fanno fare meglio è. Per cui, ho imparato a suonare il pianoforte, ho imparato a scrivere e ho imparato a produrre. Oltre alla vocazione e al talento, ho dovuto fare leva sull’impegno.
Le porte in faccia sono frutto in qualche modo del gender gap? Si dice che ad esempio i ragazzi della tua età abbiano più possibilità delle ragazze…
Tutti i provini che ho sostenuto si concludevano sempre con una mini sfida tra me e un ragazzo: alla fine, vinceva sempre lui. Non so se sia per il gender gap o per il genere musicale proposto (i ragazzi tendono a proporre sempre indie o rap, qualcosa di molto lontano da ciò che porto io) o per entrambe le cose. A Los Angeles, però, non avvertivo nessun tipo di differenza quando studiavo: il mio corso, ad esempio, era frequentato da quasi tutte donne. Ho cominciato ad avere problemi quando sono tornata in Italia e ho notato come fossero sempre i ragazzi a passarmi davanti ma non ho una risposta certa sul perché accadesse. L’unica cosa che so è che in Italia ci sono tanti uomini in più che cantano rispetto alle donne.
Cosa ti aspetti da Un giro di troppo?
È la mia prima canzone e non so cosa aspettarmi: è un salto nel vuoto. Non so se mi andrà bene o male ma rappresenta l’inizio di un percorso: sto preparando l’uscita di altri singoli in italiano. Spero che chi mi conosce già noti il cambiamento e chi, invece, non mi conosce dica “Finalmente, la voce fresca di una ventenne che parla di qualcosa che è simile a quello che ho vissuto io”. Il mio obiettivo è riuscire a entrare in relazione con le ragazze ventenni. Seguo molto Olivia Rodrigo ed è lei il mio modello di riferimento: non ha paura a mostrarsi per la ventenne che è e a divertirsi con la sua musica. Come lei, ho voglia di parlare alle mie coetanee di storie andate male ma anche di ansia, di come si cresce e di come si affrontano le paure.
Hai appena citato la parola ansia…
Ho sofferto di attacchi di panico per due anni. Ora ho imparato a gestire l’ansia dopo aver comunque affrontato un percorso per superarla. Ma è stata molto forte: uscivo poco di casa e ha influito a livello sociale, per un periodo non ho avuto nemmeno amici. Fortunatamente, adesso è tutto completamente cambiato: sono tornata ad uscire, ad avere molti amici, a divertirmi e a sentirmi molto libera. In quel momento ho però scritto tante canzoni: è sempre importante far vedere agli altri che non siamo supereroi e che si possono superare le avversità… i miei sono stati due anni molto pesanti ma ne sono uscita.
I miei genitori mi hanno fortunatamente sostenuta: mia madre, avendo sofferto anche lei tanto di ansia, mi ha sempre capita. Erano esausti ma li capisco: non è semplice vedere una figlia che soffre di ansia… Mio padre mi portava ogni sera a fare una passeggiata per farmi uscire di casa e chiacchierare. A loro ho sempre detto tutto: sono i miei più grandi amici e devo tutto a loro.
Quando si ha qualcosa che ci tormenta, occorre sempre parlare con qualcuno…
Con i genitori è stato per me più facile. Con gli amici a volte è più complicato farlo: avevo paura a dire e spiegare loro come stavo. Mi sono trovata sola anche perché continuavo a dare buca a ogni proposta di uscita: il mio timore era che non mi capissero. I genitori, invece, sono i soli che possono aiutarti in qualsiasi caso: il loro amore è incondizionato e non ha bisogno di tante spiegazioni. Quindi, ragazzi e ragazze, parlate sempre con i vostri genitori, dite loro tutto!
Che descrizione daresti di te stessa guardandoti allo specchio?
Non saprei: mi vengono più difetti che pregi! Direi che mi sento forse più grande di quello che sono, è come se avessi avuto più esperienze rispetto ai miei coetanei e ciò mi avesse fatto matura un po’ più in fretta. Sono molto romantica ma in amore per me è un disastro… e poi determinata e molto curiosa. Ecco, curiosa è la parola che più si adatta a me, sia nella musica sia nella vita in generale.