Stefania De Toni è stata recentemente protagonista di una puntata di Amore criminale, il programma di Rai 3 del giovedì sera, nei panni di Elisa Bravi, una donna che è stata uccisa dal proprio marito solo perché sperava di autorealizzarsi minando in tal modo la sua figura di capofamiglia. Interpretare anche solo per ragioni di scena una donna vittima di violenza di genere non è mai facile e non lo è stato nemmeno per Stefania De Toni, attrice dall’animo sensibile che sin da piccola ha dovuto scontrarsi con una realtà maschilista di provincia.
Curiosa di evolversi come persona da quando era una bambina, per autodeterminarsi Stefania De Toni ha lasciato la sua famiglia (“non da Mulino Bianco”, come ci dirà lei stessa) e Pontelongo, piccolo centro in provincia di Padova, per raggiungere Roma e dedicarsi alla recitazione. Ed è da quel momento, grazie anche alla passione per lo yoga, che è nata una nuova Stefania De Toni, attrice ma anche aiuto regia per diversi registi e sceneggiatori come Enzo Bossio, Miriam Previati, Francesco Proietti ed Emanuela Rossi.
Intervista esclusiva a Stefania De Toni
“Sono veneta, originaria di un paesino della provincia di Padova. L’ho lasciato per studiare recitazione e oggi vivo a Roma, città nevralgica per chi vuol fare il mestiere di attore per il cinema, la televisione o la pubblicità”, mi risponde Stefania De Toni quando le chiedo di dov’è. “Proprio oggi mi hanno convocata per presentarmi a un casting domani. Solitamente ci danno qualche giorno in più per prepararci ma ciò che per me è importante è la memoria della battuta, anche perché non sai mai cosa ti chiederanno: ecco perché rimango “aperta” a ogni cambio di tono”.
L’aneddoto mi fornisce subito il là per chiedere a Stefania De Toni se soffra di ansia da prestazione. “Inevitabilmente, c’è. Ma nel momento in cui mi dicono di essere stata presa dimentico tutto! In passato, soffrivo molto i no, mi facevano sentire anche leggermente inadeguata, ma con il tempo ho capito che non dipendono da me ma dall’idea che si sono fatti su un personaggio: sono vari i fattori che incidono di cui non ho responsabilità diretta. Lo yoga mi è servito molto in tal senso”.
Ti abbiamo recentemente vista in una puntata di Amore criminale, il programma di Rai 3 che racconta storie di violenza di genere, nei panni di Elisa Bravi, la trentunenne assassinata nel 2019 dal marito.
Inizialmente avevo sottovalutato il materiale con cui mi sarei dovuta confrontare. Cominciando a leggere gli atti e scoprendo quello che la Bravi aveva realmente vissuto, dentro di me è cresciuta la voglia di diventare uno strumento per darle voce: come Elisa esistono tante altre donne, mia madre in primis, che sottovalutano quanto violento possa diventare un uomo. Quando i miei si sono separati, mio padre è diventato un uomo violento, sebbene non sia mai arrivato ad atti molto estremi: è forse questa la ragione che da donna mi porta a voler raccontare storie che risuonano in tutte noi e che accadono, purtroppo, quotidianamente.
Elisa aveva il sogno di creare una fattoria didattica. Spera di autorealizzarsi e di piantare le basi per una vita migliore alle due figlie. Voleva nutrire la propria famiglia e crescere con l’uomo che aveva accanto. Questi, invece, ha rivelato pian piano la su vera natura, un’indole che porta spesso gli uomini a non rispettare le scelte delle donne, a volerle al “loro posto” e a non accettare che sia lei a detenere maggiore potere in casa. Ma mi ha colpito anche come le vittime secondarie di quel caso fossero quelle due figlie che avranno per sempre un’esistenza segnata dal padre che ha ammazzato la loro madre.
Le dinamiche di potere sono spesso al centro di molte storie di violenza di genere.
Sono convinta che la donna debba essere indipendente da un punto di vista economico. Deve potere lavorare e avere i propri soldi da gestire come meglio crede. È un concetto che gli uomini non accettano per mille motivi, sottovalutando le conseguenze delle loro idee patriarcali. Ho conosciuto diverse donne che, seppur sposate con uomini impeccabili, si sono ritrovate in mezzo a una strada quando questi non ci sono stati più perché si erano affidate totalmente a loro rinunciando all’indipendenza o alla propria individualità.
Noi donne dobbiamo interiorizzare l’importanza del doverci reggere solo sulle nostre gambe. Nel mio caso, ho capito presto che mi dovevo sostenere da sola: provengo da una famiglia molto numerosa e non potevo contare sul sostegno degli altri. Ho conosciuto cosa significa essere indipendente già a 18 anni lavorando e avendo un mio stipendio: ero finalmente responsabile delle mie azioni.
Colpisce il modo in cui parli della tua famiglia.
Non era di certo quella del Mulino Bianco. L’andarmene di casa mi ha permesso di evolvere tantissimo come essere umano. Le difficoltà maggiori sono stare il lasciare le mie sorelle più piccole e il trovare un lavoro per mantenermi in una città che non conoscevo, Roma: dovevo pagarmi l’affitto e sostenermi. Ma non mi preoccupavo: stavo in quel momento dando un valore alla mia vita, finalmente non portavo più avanti una routine che non mi piaceva, fatta di un lavoro che non era il mio e di rapporti dettati dal luogo in cui vivevo che non mi permettevano, appunto, di evolvermi.
Quello di volermi migliorare è un desiderio che ho avuto sin dall’infanzia, già allora capivo che quella realtà non mi nutriva mi frustrava. Ho trascorso gli anni da ragazza a bere nel fine settimana e a mangiare all’inverosimile per colmare quel vuoto che sentivo. L’andare via è stato un salto nel vuoto: male che fosse andata, avrei sempre potuto tornare indietro. Ci ho provato e la vita mi ha dato tante possibilità, facendomi conoscere persone che mi sono state d’aiuto e su cui posso ancora contare (e viceversa).
Hai sempre sognato di fare l’attrice?
Più che altro è arrivato presto in me quel momento in cui mi sono detta che era l’ora di prendere una decisione forte per evitare che andando avanti con l’età non la prendessi. Ho imparato che la mia vita deve essere comunque bella ogni giorno: non potrei morire domani da persona frustrata. Dovrebbe essere l’obiettivo di tutti quanti: l’ho capito attraverso lo yoga che non bisogna stare con le mani nelle mani. Se qualcosa non accade è perché arriverà ben altro: mi è saltato un film di cui dovevo essere la protagonista ma non è un problema, ci sarà in futuro qualcos’altro di bello.
Comunque, ho sempre avuto la passione per la recitazione. Quand’ero piccola, mi dicevano in molti che somigliavo a Carol Alt, per via dei capelli castani, la carnagione chiara e gli occhi azzurri. Mi divertivo con mia sorella a imitare i personaggi dei film o dei cartoni animati ma, crescendo, avevo messo da parte ogni velleità: non potevo passare per la “pazza”, quando andava bene del paese. Il giudizio e il pregiudizio hanno fatto sì che mettessi da parte le mie aspirazioni: le reprimevo e quasi non le ricordavo più.
Tuttavia, un corso PNL mi ha aiutato: in una visualizzazione, mi sono vista vestita di bianco con l’Oscar in mano davanti alla platea che mi applaudiva. Da quel momento, mi si è aperto uno squarcio dentro: per un anno non ho dormito la notte chiedendomi cosa potessi fare o da dove potessi cominciare per concretizzare quella visione. Il caso ha voluto che chi organizzava i corsi avesse una figlia che lavorava in Rai, in un programma mattutino… ed è così che ho preso il treno per arrivare a Roma, dove ho trovato una stanza in condivisione con quelle che sarebbero diventate le mie amiche: una futura scenografa e due fumettiste.
Ho poi cominciato a sottopormi ai test di ammissione delle varie scuole di recitazione, entrando alla Fonderia delle Arti, la scuola di Giampiero Ingrassia. Sono venuti poi i primi lavori: sono stata presa per commedie, venivo scelta per il mio aspetto fisico e non per il mio spessore. Ecco perché oggi, da donna, dico no a progetti frivoli e mi concentro su storie che abbiano qualcosa da dire o che aiutino a riflettere.
E la tua famiglia cosa ne pensa oggi del lavoro che fai?
Mio padre è morto anni fa. Ho quattro sorelle: con la seconda e la quarta ho un rapporto quasi simbiotico, siamo del resto cresciute insieme e condividiamo il desiderio di migliorarsi come essere umani. Con mia madre e le altre due sorelle ci sentiamo ma siamo lontane: abbiamo modi diversi di concepire la vita.
Mangiavi all’inverosimile da ragazzina. Che rapporto hai oggi con il tuo corpo?
Ci ho litigato per molto tempo. Biologicamente, ho una certa struttura fisica che, quando ero più piccola, ha attirato molto presto i comportamenti, spesso anche aggressivi, del genere maschile. Ciò ha causato uno scontro anche duro tra chi mi sentivo dentro e il mio “involucro”. Oggi, invece, rispetto molto il mio corpo così com’è, non importa se con qualche chilo in più o in meno. Siamo in armonia e non mi soffermo più su quello che pensano gli altri: le mie due dimensioni, esteriore e interiore, si sono finalmente appianate.