Il progetto Stellare è nato quasi per caso in uno di quei momenti della recente storia in cui tutti ci siamo ritrovati a dover rivedere la nostra quotidianità perché bloccati nel chiuso delle nostre abitazioni. È stato allora che tre produttori e musicisti provenienti da background differenti hanno unito le loro forze per una sorta di fight club musicale di cui la prima regola, come ci confermano loro stessi nel corso di un’intervista esclusiva, è che non esistono regole.
Abituati a lavorare al servizio di altri artisti e a seguire canoni prestabiliti dal pop, Ale Bravo, FiloQ e Raffaele Rebaudengo hanno cominciato per la prima volta a lavorare per loro stessi, campionando i suoni delle acque sottostanti al porto di Genova. Il risultato è qualcosa di unico nel suo genere di cui potranno avere un assaggio gli spettatori dell’Eolie Music Fest (con la direzione artistica di Samuel Romano e la co-direzione di Andrea Biviano), in corso fino al 7 luglio: quattro differenti grandi eventi saranno introdotti da altrettanti live set di Stellare, ispirati agli elementi della natura (aria, terra, acqua e fuoco).
Hanno già aperto le danze Elisa e Motta e hanno proseguito Piero Pelù, Miss Keta e i Motel Connection. Ma i prossimi opening di Stellare serviranno ad entrare nel mood delle atmosfere di artistici come Clementino, Ensi, La Rappresentante di Lista, i 99 Posse, i Sud Sound System e Africa Unite.
Ma a raccontarci cos’è Stellare e come la musica proposta si sposa con l’Eolie Music Fest sono direttamente Ale Bravo, FiloQ e Raffaele Rebaudengo, artefici di un’esperienza che non ha e non richiede confini spazio-temporali.
Intervista esclusiva a Stellare
La musica di Stellare viene definita spesso “ambientale”. Non vi sta un po’ stretto come termine?
Siamo tre produttori musicali, veniamo da tre contesti differenti e abbiamo tre background lontani dalla musica ambient: FiloQ proveniva dalla musica elettronica, Raffaele dalla musica classica e Ale dalla produzione. Ci siamo ritrovati a sviluppare il progetto di Stellare per una questione logistica e di collaborazione con Zone Portuaires, un festival portuale che ha luogo a Genova e che ha come tema i porti. È nato a Marsiglia qualche anno fa ma si è espanso anche a Genova.
Ci siamo, dunque, trovati a fare insieme un primo lavoro di indagine sui suoni del mare. Siamo partiti utilizzando suoni registrati sott’acqua dall’uomo di cui l’uomo stesso non sapeva dare una spiegazione. Abbiamo fatto delle mappature registrando intorno al porto di Genova tutti i suoni subacquei e da quei suoni abbiamo organizzato due session con otto producer, oltre a noi. Da quell’esperienza, abbiamo tratto anche il nostro primo album, Wave, che stiamo portando in giro in questo periodo. Probabilmente, è la stessa natura dei suoni da cui siamo partiti che ci ha portato a essere associati alla ambient music: è innegabile che ci siano, comunque, delle assonanze.
Sui vostri social campeggia una foto in cui siete impegnati a registrare i suoni emessi da una balenottera.
Nel progetto ci sono due brani che hanno dentro dei suoni emessi dalle balene. In particolare, in Bio-duck, brano che abbiamo eseguito per la prima volta a Salina durante la scorsa edizione dell’Eolie Music Fest e che abbiamo pubblicato di recente in concomitanza con il lancio della nuova edizione del festival.
All’Eolie Music Fest siete di scena anche quest’anno. Che esperienza è stata quella che vi ha portati a ritornare?
L’Eolie Music Fest è un festival talmente unico che non poteva che essere un’esperienza incredibile per diversi motivi. Dal concerto appena accennato che abbiamo avuto la fortuna di tenere su una cime di Salina al tramonto, una delle cose più incredibili delle nostre anche singole carriere che ci siamo portati a casa, fino alla possibilità di allestire uno studio alle Eolie, dove ospitare tutti i musicisti e i produttori che sono passati dal festival stesso. In più, lo scorso anno abbiamo iniziato a fare un lavoro unico nel suo genere utilizzando i suoni dei vulcani così come avevamo fatto a Genova con i suoi del mare.
Lo studio, ad esempio, è stato allestito anche per l’edizione di quest’anno dell’Eolie Film Fest. Al suo interno passeranno tutti i vari ospiti della rassegna. Ma, in più, saremo anche impegnati nel girare tra le varie isole dell’arcipelago per campionarne i suoni. L’obiettivo è quello di creare un sample pack, una library di suoni da dare ai vari produttori che hanno partecipato al Festival e non per sviluppare nuova musica a partire da quella base.
L’Eolie Music Fest ha a cuore l’ecosostenibilità, portando avanti un particolare connubio tra musica, territorio e natura. Che cosa significa per voi essere ecosostenibili?
L’ecosostenibilità è l’approccio che abbracciamo in continuazione. Ha a che fare con il consumo e sul come e quanto si consumano le cose che ci circondano. Ha a che fare con il rispetto della natura e, soprattutto, con quello che è lo stile di vita di tutti i giorni. Quando si è immersi in una location come quella delle Eolie, ci si accorge ancora di più di quanto duro possa essere il nostro impatto sulla natura rispetto alle vite che ci siamo costruiti. Si alza maggiormente la soglia di attenzione e si accendono ancora di più le spie degli allarmi.
Molto banalmente, facciamo attenzione al riciclaggio e a quanto far durare una cosa tra le nostre mani. Ecco perché l’ecosostenibilità è sinonimo per noi di attitudine di vita. L’Eolie Music Fest sta facendo in tale ottica un bel lavoro, a partire ad esempio dai mezzi elettrici utilizzati, con scarso impatto sull’ambiente circostante.
Attenzione all’ambiente che si riversa anche nella decisione di non costruire mega palchi: la maggior parte degli artisti che partecipano si esibiscono su un caicco turco di 27 metri.
Il caicco è lo stage vero e proprio. E il pubblico è dislocato su barche poste tutte intorno al caicco. Non vengono assolutamente costruite strutture impattanti sul territorio, così come non sono state realizzate lo scorso anno, quando noi per esempio abbiamo tenuto il nostro live a terra, in mezzo a un giardino. Per noi, questa è la vera integrazione tra musica, performance e territorio.
Tornando all’origine di Stellare, quando si è verificato nelle vostre vite il momento in cui è avvenuto lo switch che vi ha portato ad abbracciare in toto il progetto?
Il rapporto di stima tra noi tre è decennale. Ci conosciamo da tanto tempo e avevamo collaborato in passato a tantissimi altri progetti: artisticamente, quindi, ci frequentavamo da parecchio. Lo switch vero e proprio si è verificato quando è accaduta quella “cosa” di cui non diciamo nemmeno il nome che ha cambiato le vite di tutti quanti in generale. Era il 2020 e ci siamo tutti ritrovati forzatamente chiuse nelle nostre case.
Come accaduto anche ad altri colleghi, la reazione di Ale è stata quella di essere propositivi e di pensare come sfruttare quei giorni cristallizzati nel tempo per inventarsi qualcosa di nuovo che si sarebbe potuto fare dopo. Nelle nostre teste e nelle nostre telefonate abbiamo iniziato a immaginare di far qualcosa per noi stessi, prevalentemente.
Da produttori, siamo abituati a seguire dei binari e siamo al servizio degli artisti con cui lavoriamo. Un produttore è come un regista che gira un film ed è chiamato a condurre gli attori a dare il meglio, cercando però sempre quell’equilibrio magico tra l’ispirazione pura e il pensiero che ciò che sta realizzando dovrà essere sentito da qualcun altro, passare in radio e avere vita propria.
Fare qualcosa per noi stessi significava in primo luogo non seguire più alcuna regola ed essere liberi da qualsiasi forma di canone. In mente, avevamo una sorta di fight club in cui l’unica regola, per l’appunto, era non avere regole. Ed è così che è nato il progetto Stellare, a cui sono seguiti quei brani che stiamo suonando in questi giorni anche all’Eolie Music Fest.
Definite Stellare come una boutique label. Ci spiegate perché?
Dopo la pubblicazione delle nostre prime tracce suonate da noi più altri ospiti (amici che hanno partecipato alle session), è stato abbastanza naturale formulare come pensiero quello di condividere la nostra musica e la nostra esperienza artistica con altri artisti che si ritrovassero nella nostra sensibilità e che operassero sulla musica un discorso affine. Sin da subito, ha avuto il piacere di collaborare con noi Francesco Bacci per il progetto Lowtopic ma poi son seguiti anche diversi altri nomi.
Tutto ciò che riguarda Stellare nasce in modo naturale, un po’ come se si trattasse di frutti che crescono su un albero. Ed è ormai da un anno circa che a cadenza quasi mensile pubblichiamo dischi o tracce di altri artisti. E non solo di musica sperimentale: abbiamo ad esempio pubblicato il progetto di Samuel, direttore artistico dell’Eolie Music Fest, legato alla rivisitazione di alcune opere di Vivaldi in una chiave inedita tutta sua. Tutto ciò che pubblichiamo, però, come etichetta risponde a un solo principio: non deve rientrare nei canoni del pop, della canzone standard. Per noi, è importante che l’artista abbia modo di esprimere se stesso al meglio.
Dicevate che una delle vostre prime esperienze è legata alla registrazione dei suoni del porto di Genova. Quanto tempo ci si impiega per un progetto del genere?
Più che di tempo, parleremmo di fatica e strumentazione giusta. Servono innanzitutto dei microfoni che possano andare sott’acqua, che si chiamano idroni, e tutta una serie di attrezzature e di mezzi diversi da quelli che occorrono per registrare in studio. Occorre poi noleggiare un’imbarcazione per andare al largo e procedere ai prelievi che, come campioni in tutto e per tutto, vanno effettuati a diverse profondità per capire come cambia il suono. E, a differenza di quanto avviene in studio, non si ha nemmeno la possibilità di verificare immediatamente che quello registrato sia del materiale buono.
Effettuare dei campioni equivale un po’ al lavoro di un pescatore che lancia la rete e non sa mai cosa poi tira su, sperando che nel pescato ci sia qualcosa di interessante. L’aspetto interessante di cui ci siamo resi conti è che tutti i suoni del mare registrati, come crediamo qualsiasi altro suono della natura, è come se seguissero dei pattern. Dentro ogni suono, anche il più frammentato, c’è nascosta una musica, una melodia o ritmo: basta ascoltarli con le orecchie ben aperte, liberarsi dai confini in testa e seguire il flusso. È un po’ come se fosse proprio il mare a dirci quali note eseguire.
Mi fa pensare quasi al lavoro di un biologo marino…
E, infatti, stiamo cominciando a fare dei lavori con dei biologi molto interessanti. Ma è un discorso un po’ lungo di cui magari parleremo in un’altra occasione, anche perché si tratta di un progetto a lungo termine.
All’Eolie Music Fest metterete in scena quattro live set ispirati ognuno a un elemento della natura: acqua, aria, terra e fuoco. Come sono strutturati?
Non è facile spiegarlo a parole: bisognerebbe venire a sentirli. Abbiamo selezionato una serie di brani che ci piacciono e che, in una forma ibrida tra live set e dj set, sono affini agli artisti che si esibiscono sul caicco durante le serate di cui facciamo le aperture.
Siamo già partiti con Elisa e Motta lo scorso sabato, due artisti che secondo noi hanno in comune l’aria. Quando ascoltiamo la voce di Elisa, ad esempio, una delle prime cose a cui pensiamo è proprio l’aria e per tale ragione la scelta dei brani che abbiamo suonato ha seguito un mood più etereo, da musica elettronica nordeuropea per intenderci.
Nella serata dedicata al dub, in cui si esibiranno i 99 Posse, i Sud Sound System e Africa Unite, con la loro musica riconducibile a quella giamaicana e alle roots, la componente terra sarà invece molto forte. La scelta dell’elemento, quindi, è dettata dalla volontà di essere il più attinenti e adeguati agli artisti principali del caicco anche a livello musicale. Quando le barche degli spettatori cominceranno ad arrivare, saranno già durante l’opening avvolte dai suoni che caratterizzeranno la serata: nostra idea è quella di introdurli al mood che farà da filo conduttore.
Eolie Musc Fest: Le foto del concerto di Elisa e Motta
1 / 16Accennavate prima allo studio di registrazione allestito alle Eolie. Quale sarà il suo utilizzo concretamente?
Abbiamo allestito lo studio con il supporto di MidiWare, che non possiamo non ringraziare. Ci piacerebbe portare a termine un lavoro come quello fatto nel mare di Genova raccogliendo tutti i suoni delle Eolie: dell’Eolie Music Fest, dell’acqua, dei vulcani, dei movimenti del caicco mentre si preparano i concerti… l’idea è quella, appunto, della sample pack, ovvero di un piccolo archivio di suoni brevi che metteremo a disposizione gratuitamente per tutti i musicisti e producer che volessero provare a scrivere della musica usando i suoni delle Eolie. Tutto per pura condivisione: i semi delle Eolie, in questo modo, potrebbero essere raccolti anche da un producer di Tokyo per essere usati nella sua musica.
È difficile fare questo tipo di musica in Italia? Non è pop, non è radiofonica e non ha sicuramente mercato nel nostro Paese.
È musica di nicchia e in quanto tale non ha molto senso parlare solo di Italia. Trattandosi di musica che prevarica i confini della musica standard ed è molto lontana dalla forma canzone. Grazie anche alle piattaforme e alla condivisione online può però viaggiare per il mondo, raccogliere le sue piccole nicchie e finire spesse nelle playlist di ciò che si può ascoltare in sottofondo mentre si fa qualcos’altro.
Una curiosità da rotocalco: perché avete scelto come nome Stellare?
Pensando a qualcosa che andasse oltre i confini prestabiliti della pop music, la prima cosa che ci è venuta in mente che l’unico confine possibile è dato dal cielo. E dal cielo è stato abbastanza facile arrivare alle stelle. E volendo il mare è come se fosse un cielo sulla terra: le statistiche dico anche che sono più gli esseri umani che hanno camminato sulla Luna che quelli che hanno esplorato i fondali marini. Sono tuttora tra i posti meno esplorati del nostro pianeta, popolati da creature che vivono a profondità assurde e senza luce.
Quale sarà il vostro prossimo impegno una volta terminato l’Eolie Music Fest?
Saremo ospiti di un nostro artista il 7 luglio a Genova e poi suoneremo all’Electropark, un festival di musica elettronica molto interessante con dei nomi internazionali molto belli, il 15 luglio sulla terrazza del Museo del Mare di Genova.
Piccola curiosità personale per Ale. Mentre FiloQ e Raffaele sono di Genova, cosa porta te, originario di Torino, sul mare?
Dovremmo fare quasi un’intervista a parte per la risposta. Nella mia vita precedente, devo esser stato Hitler perché ho il terrore dell’acqua del mare: non sono per niente a mio agio. Tuttavia, sono cinque anni che tra Samuel (con il quale collaboro e che è un grande appassionato di mare e di barche) e Stellare mi ritrovo a suonare in posti dove c’è il mare o su imbarcazioni: non vedo quasi mai la terraferma ma c’è la musica a darmi coraggio.
Sono però fortemente convinto di una cosa: come persona, prima di tutto, occorre saper guardare dentro le proprie paure. Io ho paura del mare ma ho capito che il modo migliore per affrontare la paura è proprio stare in mare e cercare di farci pace. Bisogna sempre guardare l’abisso: è la regola.
LEGGI ANCHE: EOLIE, COSA VEDERE E COME ARRIVARE