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Tapirulàn: Una clip in anteprima del film d’esordio alla regia di Claudia Gerini

Claudia Gerini esordisce alla regia con Tapirulàn, film di cui è anche attrice e co-sceneggiatrice. Interpreta una donna che non ha il coraggio di affrontare il proprio passato e andare avanti, sebbene paradossalmente risolva i problemi degli altri.
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Tapirulàn è il film che segna l’esordio alla regia di Claudia Gerini. Dopo averla vista di recente in Mancino naturale nei panni di una madre che cela le sue insicurezze, Claudia Gerini firma il suo primo film. E dirige se stessa in un dramma tanto intimo quanto potente su una donna alle prese con i demoni del proprio passato.

In Tapirulàn, al cinema dal 5 maggio, Gerini interpreta Emma, un’esperta di e-counseling che passa le sue giornate nel chiuso del suo appartamento a rispondere alle chiamate di chi ha bisogno di supporto psicologico. Emma è totalmente connessa digitalmente al mondo che la circonda e ha perso consapevolezza della realtà. La sua vita è segnata da una corsa continua su un tapis roulant. Come se sfuggisse da qualcosa che la insegue o con cui non vuole fare i conti.

Sarà nello sviluppare empatia con i clienti che la chiamano, in particolar modo con uno, che Emma troverà il coraggio di fermarsi. E finalmente di affrontare un’impervia discesa che la porterà dritta alla risoluzione del suo più grande trauma interiore.

Correre per non andare avanti

Emma, la protagonista che Claudia Gerini porta in scena nel suo primo film da regista Tapirulàn, corre sempre. Corre sul suo tapis roulant e non si ferma, costantemente inseguita da quella che inizialmente sembra solo un’ossessione. Controllando il suo corpo, Emma ha la sensazione di controllare la sua stessa vita, una vita che dipende esclusivamente dai dispositivi digitali che ha in casa.

Un’app le ricorda cosa mangiare, quando mangiare o quante calorie ha bruciato durante la sua frenetica corsa. Nessun altro pensiero sembra affastellarle la mente. Del resto, da quando la pandemia da CoVid l’ha costretta a lasciare il suo posto fisico in un centro antiviolenza, ha ripiegato sul lavoro a distanza. Da remoto, ha annullato ogni contatto fisico, a eccezione di quelli sporadici con Max, l’amante occasionale portato in scena da Corrado Fortuna.

Tutto gira intorno alle chiamate che riceve, intorno a quei soggetti che hanno bisogno di qualcuno che dica loro cosa fare della sua esistenza spezzata. A ogni chiamata, a cui risponde senza scendere dal suo tapis roulant, Emma sa cosa rispondere. Dietro lo schermo di protezione dato da un gigantesco tablet, ha una certa propensione all’ascolto. Trova sempre la parola giusta da dire, il consiglio giusto da dare.

Almeno fino a quando non riceve la chiamata della sorella minore Chiara (Claudia Vismara), che non vede da 26 anni, dal momento in cui appena diciottenne ha abbandonato casa, famiglia e tutto il contesto in cui era cresciuta. Emma ha tagliato i ponti con tutti quanti e si è trasferita altrove senza dare alcuna spiegazione sulla sua scelta.

Chiara la chiama per dirle che il padre (Antonio Ferrante) è in fin di vita a causa di una leucemia. Ha bisogno di un trapianto di cellule staminali ma Emma è irremovibile. Il suo è un no secco, asciutto e deciso. Ed è in quel no che pian piano comincia ad aprirsi uno squarcio, una ferita che ancora sanguina e fa fatica a cicatrizzarsi.

Dopo quel no, qualcosa in Emma cambia. Muta il suo approccio con i clienti (e non pazienti) che la chiamano. Le sue valutazioni cominciano a essere negative, passano in secondo piano i suoi controlli medici e, soprattutto, si allenta la sua corsa, il suo voler controllare il presente per far sì che il passato non avanzi e prenda il sopravvento. Il legame di amicizia che si instaura con Lorenzo (Stefano Pesce), un cliente attanagliato dai sensi di colpa per la morte della figlia sedicenne, fa il resto.

La corsa di Emma si frena. Il vuoto intorno comincia ad aprire varchi e lascia che il suo traumatico passato, segnato dal più indicibile dei tabù, venga a galla. A nulla sono serviti i suoi studi di psicologia, la bioenergetica e la corsa. Bisogna che Emma scelga tra lo sparire e il rinascere.

Claudia Gerini in Tapirulàn.
Claudia Gerini in Tapirulàn.

Uno sguardo alla società di oggi

Claudia Gerini, regista, interprete e sceneggiatrice (con Antonio Baiocco e Fabio Morici), con il film Tapirulàn usa l’escamotage delle videochiamate dei clienti per offrire uno sguardo a tutto tondo sulle contraddizioni della società moderna e sui suoi problemi.

La sua Emma, ad esempio, è una donna tormentata, che non riesce a metabolizzare un trauma subito. Sceglie di scappare dal passato e di non rielaborarlo solo per rifuggire il dolore. Quello stesso dolore che, quasi per contrappasso dantesco, cerca di placare nei suoi clienti.

Protetta e a distanza, dal suo isolamento tecnologico, Emma affronta tutti i giorni problematiche e tematiche differenti. A ogni videochiamata veniamo catapultati nella dimensione delle storie dei singoli clienti. Conosciamo così le mille sfaccettature di un’epoca che ha saputo presentarci un conto alto da pagare. Ogni ritratto propone un dramma da analizzare, comprendere e tentare di risolvere, con soluzioni che non sempre hanno apparentemente un happy end. Bisogna aspettare i titoli di coda per capire come ciò che inizialmente sembra andare allo sfacelo trovi in realtà un esito felice, “normalizzante” e soddisfacente.

Da regista del suo film Tapirulàn, Claudia Gerini si mostra tecnicamente adeguata al compito che è chiamata a risolvere, ovvero al saper intrecciare le varie storie facendole risultare credibili, realistiche e veritiere. Affronta così temi come l’identità di genere e l’orientamento sessuale, nel caso del giovane Gianni (Alessandro Bisegna), le violenze che una donna è costretta a subire in casa dal proprio marito con la vicenda di Anna (Daniela Virgilio), l’uso di droga e la piaga dei pirati della strada con la storia di Davide (Niccolò Ferrero).

Ma scruta anche tematiche come la body positivity con la disperazione di Gaia (Lia Grieco) e le manie ossessive compulsive di Fabio (Maurizio Lombardi). E si addentra nella dimensione più intima e insondabile dell’elaborazione del lutto da parte di un genitore che si sente responsabile della morte della figlia con Lorenzo.

Non meno importante è il peso che Claudia Gerini in Tapirulàn, film al cinema dal 5 maggio prodotto da Stefano Bethlen per Milano Talent Factory con la collaborazione, tra gli altri, di Rai Cinema e Sky Cinema, dà alla tecnologia e al modo in cui ci ha rivoluzionato vita personale e professionale. Il suo lavoro di counselor prevede delle recensioni, a mo’ di prodotto acquistato online ed è da queste fortemente determinato, come ricorda il suo supervisore Marco (Fabio Morici). Siamo oramai talmente alienati da non accorgerci nemmeno che abbiamo perso il metro della valutazione oggettiva: tutto ci ha resi soggettivamente opinabili, in base alle simpatie o alle antipatie del momento.

Con Tapirulàn, Claudia Gerini è riuscita a realizzare un film dinamico nonostante un’impronta fortemente statica. Costantemente in scena, dal primo all’ultimo minuto, ha affidato al suo volto e, in particolare, ai suoi occhi il compito di trasmettere il percorso emotivo della sua Emma. La corsa sul tapis roulant diventa pian piano metafora della vita stessa, così frenetica da dover richiedere una pausa per guardarsi dentro.

Piace sottolineare come l’ottimo lavoro di montaggio di un’altra regista donna, Luna Gualano, abbia contribuito alla realizzazione tecnica di un’opera prima che merita più di una visione per quanto è piena di significati e rimandi. Perché il cinema d’autore deve spingere a riflettere sulla realtà raccontata senza travisarla ma solo filtrandola. E con Tapirulàn salutiamo la nascita di una nuova autrice da tenere d’occhio e non sottovalutare: Claudia Gerini.

Tapirulàn: Le foto di Claudia Gerini regista

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La clip in esclusiva

TheWom.it vi offre una clip in anteprima esclusiva di Tapirulàn, il primo film diretto da Claudia Gerini. Nella clip, potete vedere Emma alle prese con Anna, donna che tende a giustificare i maltrattamenti del marito, in un momento particolarmente duro e difficile.

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